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Autore: VvFreiheit    11/08/2015    9 recensioni
La Mikandy più lunga che sia mai stata scritta.
La loro vita raccontata dagli albori fino al 2015.
1000 pagine di word, 200 capitoli, 4 anni e mezzo di pubblicazione.
.
Andò a posare le mani sulle sue ginocchia, accucciandosi di fronte a lui, cercando da quella posizione i suoi occhi, che ancora se ne stavano in contemplazione del pavimento della stanza. “Scusami” disse scandendo con dovizia ogni suono di quella parola.
“Grazie” rispose Mika inaspettatamente. Andy sorrise chiudendo gli occhi e lasciando che nella maglia del moro si celasse la sua emozione, stringendolo più forte a sé. Un grazie che esprimeva tanto, che possedeva nel profondo tutti le ragioni per cui era venuto alla luce in quel preciso istante.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Andy Dermanis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano le 4 di pomeriggio, Londra era coperta da un nebbiolina alquanto fastidiosa e cupa e la pioggia scendeva ad intermittenza provocando il continuo schiudersi ed richiudersi dei tipici ombrelli inglesi in mano ai passanti che velocemente percorrevano le strade trafficate della capitale inglese.

Mika, zaino in spalla, correva in direzione dell’entrata della metropolitana, l’ombrello lui l’aveva lasciato a casa ma in quel momento poco gli importava. Era in ritardo per l’appuntamento che il suo manager gli aveva fissato e sperava solamente che non vi fosse troppa gente ad aspettare il treno a quell’ora.

Gli faceva ancora un certo effetto pensare alla parola manager, associata al suo nome. Da pochi mesi infatti, l’ambizioso ragazzo americano-libanese era finalmente riuscito ad ottenere ciò per cui aveva vissuto gli ultimi 10 anni della sua giovane vita: un contratto con una casa discografica.

Da quando, quel fatidico giorno di fine 2006, le porte della Universal si erano aperte per lui e la sua musica, la sua vita professionale non aveva fatto altro che andare sempre meglio. Il suo album, a cui aveva dato titolo “Life in Cartoon Motion” era in cima alle classifiche di mezzo mondo, e con esso le sue canzoni: Relax (Take it easy) e Grace Kelly.
Insieme al suo management ed ad alcuni collaboratori che la compagnia gli aveva messo a disposizione, aveva anche imbastito quello che sarebbe stato un primo vero tour con una band alle spalle ed un’intera crew, che lo avrebbe seguito in giro per il globo.

A tal proposito, quel pomeriggio, alla sede della casa discografica, si sarebbero riuniti per la prima volta tutti coloro che avrebbero fatto parte della vita professionale di Mika, per i mesi a venire e insieme avrebbero iniziato le prove, previste per le ore 16:30.

Fortunatamente il secondo treno che arrivò in stazione, non era eccessivamente affollato e il ragazzo riuscì anche a trovare un posto a sedere per quel quarto d’ora di viaggio che lo aspettava.
Estrasse il cellulare dalla tasca, le 16:15, forse sarebbe potuto arrivare in orario. Alzò per un attimo lo sguardo dal display e si ritrovò faccia a faccia con il suo riflesso, che dal finestrino della metro lo osservava.

I capelli erano bagnati e ricadevano in maniera non troppo ordinata sul viso, la giacca di finta pelle resa lucida dalle goccioline gli donava un aspetto vagamente trasandato.
Gli ultimi giorni erano stati frenetici e anche quel pomeriggio si era ritrovato a fare le cose di corsa.

Il viaggio in metro lo passò a cercare di immaginarsi i volti delle persone che avrebbero lavorato con lui, in quella che sarebbe stata la prima grande avventura live con la sua musica.
La fermata a cui doveva scendere giunse velocemente e Mika quasi la mancò, assorto nei suoi pensieri.

Quando finalmente uscì in strada, la pioggia stava fortunatamente concedendo una tregua e poté incamminarsi senza infradiciarsi ulteriormente i vestiti. Giunto a poche decine di metri dalla casa discografica si sentì chiamare da una voce che conosceva fin troppo bene.

Decise di non girarsi e proseguire il suo cammino ma, proprio quando pensava di essere sfuggito alla sua vista, sentì una mano sulla spalla e di nuovo quella voce farsi strada fino alle sue orecchie.
Senza nemmeno voltarsi si limitò ad un freddo “Cosa vuoi?!”

Il ragazzo moro si portò di fronte a Mika, cercando la sua attenzione e gli disse: “Dai Mika, ascolta. Ho sbagliato settimana scorsa. Non vorrai lasciarmi proprio adesso che le cose ti stanno andando bene?”

Gli chiese sfacciatamente Adam, colui che fino ad una settimana prima, per quasi un anno aveva fatto parte della sua vita, e che pochi giorni prima, aveva avuto la bella idea di sbatterlo fuori da casa sua e dalla sua vita, dopo essere rincasato per l’ennesima volta semi-ubriaco, alle 5 del mattino.
Era chiaro ormai da tempo che all’appariscente ragazzotto dai corti capelli neri, interessava più la sua vita professionale, e ciò che da essa avrebbe potuto trarre, rispetto alla persona che Mika poteva essere per lui affettivamente parlando.

Il ricciolino, innamorato di lui, non era riuscito a troncare i rapporti e mandarlo a quel paese, ma da quando quella sera Adam, infuriato con lui per qualche stupido motivo, gli aveva intimato di andarsene dalla sua vita, Mika si era promesso che da quel momento con lui, aveva chiuso per sempre.

“Qui quello che ha buttato fuori l’altro da casa non sono io. Potevi pensarci prima, e adesso scusami ma devo andare o farò tardi!” puntualizzò garbatamente Mika dribblando poi l’imponete figura di fronte a sé e incamminandosi di nuovo.

“Non fare il coglione!” lo rimbeccò Adam afferrandolo per un braccio. Mika a quel punto alzò lo sguardo e gli rivolse un’occhiataccia gelida e tagliente che gli fece allentare la presa.

“Adam, lasciami o giuro che non rispondo delle mie azioni!” gli intimò scostando malamente la mano dal suo braccio e mostrando il suo lato aggressivo, che raramente nella vita, aveva fatto capolino tra i modi gentili ed educati del 23enne.

Il ragazzo, intimidito dallo sguardo minaccioso del riccio, lo salutò velocemente e tornò sui suoi passi, lasciando Mika a percorrere gli ultimi metri che lo separavano dal cancello della sede della Universal.

Prima di varcare la soglia, si sistemò velocemente la massa di capelli disordinati e inspirò profondamente per togliersi di dosso la rabbia che il suo ex-ragazzo gli aveva fatto salire poco prima.

Entrò nella hall della major e venne accolto dalla simpatica segretaria che fin dal primo giorno si era sempre dimostrata una sua fan.
“Ciao Sarah! Sono in ritardo, come sempre!” esclamò Mika sorridente buttando un veloce sguardo all’orologio che segnava le 16:40

“Mika ehi! Cosa vuoi che siano 10 minuti! Sono nello studio D al terzo piano. Buon lavoro.” lo informò, salutandolo poi con un occhiolino.

Il giovane salì a grandi falcate le scale, non volendo attendere l’ascensore e pochi attimi dopo bussò con forza alla porta.

“Avanti” lo invitò Ian, il suo manager.

“Buonasera. Scusate il ritardo” salutò timidamente puntando gli occhi verso il pavimento e evitando cautamente gli sguardi delle numerose persone sedute ordinatamente attorno al grande tavolo ovale.

“Perfetto, ora ci siamo tutti quanti.” iniziò il distinto signore dall’aspetto giovanile, indicando a Mika la sedia libera a capotavola. Il ragazzo prese posto compostamente e fece una veloce ricognizione delle persone che lo circondavano.

“Mika, questi sono coloro che lavoreranno con te nel tuo prossimo tour.” spiegò Ian.
“C’è gente con anni di lavoro alle spalle e gente che come te, è promettente ma alla prima esperienza” continuò indicando alcuni di loro.
“La squadra non è molto grande, ma tra loro c’è tutto ciò che ti serve per avere una tournée eccellente” spiegò velocemente.

“Allora, la tua band sarà composta da: Luke, alle tastiere, ai cori ed eventualmente ad una seconda chitarra.” sentendosi nominare, un ragazzo moro, piuttosto giovane si alzò e salutò Mika e i presenti.

“Piacere Mika. Sono entusiasta di questa avventura”

“Continuando alla tua destra ci sono Mike e Martin, rispettivamente al basso ed alle chitarre” altri due ragazzi si alzarono e salutarono sorridenti.

“Ai cori ci saranno poi Saranayde e Sam, che accompagneranno Ida e Erika che ben conosci” indicò Ian puntando il dito verso il gruppetto seduto alla sua destra, tra i quali vi erano le amiche: Ida che con lui aveva studiato a Royal college of Music ed Erika.

“A conclusione della band abbiamo poi Cherisse alla batteria e percussioni.” una ragazza di colore dall’aria simpatica si alzò e salutò calorosamente i presenti.

“Il resto della crew è invece composto da Jerry: tour manager, Andreas: cameraman, Nick: tecnico delle luci e Mark: tecnico del suono” a quel punto i quattro ragazzi si alzarono salutando uno per volta. Due di loro erano ragazzi sulla trentina, gli altri due erano decisamente più giovani, quasi suoi coetanei, o così gli pareva.

“Tutto chiaro?” chiese Ian cortesemente.

“Ehm sì” affermò Mika senza molta convinzione. Non aveva capito a quali di loro appartenessero gli ultimi 4 nomi che Ian aveva elencato, della sua band se ne ricordava giusto un paio e non era nemmeno sicuro che quei nomi fossero abbinati alle giuste facce.

“Ti vedo un attimo perplesso ma vedrai che nel giro di poco tempo li conoscerai tutti a menadito.”
lo rassicurò comprensivo il giovane signore.

“Allora… io direi che siamo pronti per una prima prova generale!”
Al pronunciare queste parole, tutti i presenti si alzarono dal tavolo e si accinsero a seguire Ian che li avrebbe condotti nella grande area della casa discografica dove un palco e tutto l’occorrente per preparare uno show erano disposti in attesa della squadra.

Mentre tutti insieme scendevano le scale, Mika ne approfittò per studiare da lontano ogni singola persona. Alcuni sembravano già conoscersi da tempo, da come chiacchieravano amichevolmente, altri si avvicinavano per fare conoscenza, altri ancora se ne stavano in disparte più timidamente.  

Erika e Ida si fermarono un attimo in attesa di lui, lasciando che gli altri passassero avanti.

“Allora?? Come ci si sente ad avere una band e dei collaboratori tutti per sé?” chiese raggiante Ida, che come lui sognava una carriera nella musica, nel mondo della classica, nel suo caso.

“Te lo dirò tra qualche giorno, quando avrò realizzato la cosa” rispose candidamente il ragazzo, ancora confuso da tutte quelle novità.

“Ok! Fammi uno squillo quando sarai pronto!” lo prese in giro amichevolmente la ragazza appoggiando una mano sulla sua schiena.

“Eccoci, siamo arrivati” annunciò Ian aprendo il pesante portone tagliafuoco insonorizzato e accendendo i faretti che inondarono l’ampio spazio di luce.

Era un grande capannone molto capiente dove occasionalmente venivano tenuti dei concerti, ma che per lo più veniva usato per le prove degli allestimenti e delle scenografie per i tour degli artisti che lavoravano con la Universal.

Mika sgranò gli occhi. Finalmente un palco vero, enorme, professionale. Come quelli che aveva passato tutta la vita a sognare. Era lì davanti a lui e di lì a poco lui ci sarebbe salito sopra, con la sua band alle spalle ed i suoi tecnici di fronte.

Una scarica di adrenalina lo pervase e un sorriso gli si allargò in viso senza che lui potesse fare nulla per impedirlo.

I ragazzi della squadra intanto presero posto dietro ai loro strumenti.

Così come lui, allo stesso modo, quel giorno, in quella sala c’era un altro ragazzo che stava vedendo il suo sogno finalmente realizzarsi. Aveva solo 21 anni, ma aveva passato tutta la vita, dal suo ottavo compleanno, quando i genitori gli regalarono una rudimentale videocamerina, a filmare tutto ciò che gli passava davanti agli occhi, e negli ultimi anni, a montare le proprie riprese ed inviarle a chiunque sapeva avrebbe potuto aprirgli una porta verso il lavoro a cui voleva consacrare la sua vita.

Si era sentito leggero, il giorno in cui gli era stato comunicato, tramite una telefonata, che la Universal lo aveva scelto per fare da cameraman ad un cantante emergente al suo primo tour ed in quel momento, con la sua videocamera professionale in mano, pronto alla prima prova della sua nuova vita, si sentiva sé stesso fino in fondo.

Dopo aver premuto il tasto REC, il giovane Andreas, che tutti chiamavano amichevolmente Andy, puntò la cinepresa verso il ricciolino che, appena entrato dalla porta, guardava il palcoscenico con aria sognante.

Capiva la sua gioia, la capiva pienamente, si ritrovò a pensare mentre con un sorriso in viso osservava lo sguardo raggiante tramite le lenti della sua fedele compagna di vita.

Mika si sistemò sul palco e avvicinatosi al microfono prese la parola “Ehm, scusate se sono di poche parole ma devo ancora realizzare il tutto. Volevo ringraziarvi e spero di condividere nel migliore dei modi questa avventura con voi” augurò alla sua squadra.

Mika era stato avvisato che i musicisti conoscevano già le sue canzoni e che quindi potevano, senza indugi, iniziare le prime vere prove.

“Iniziamo con Grace Kelly?” chiese alla band.

Immediatamente la solare Cherisse diede un veloce sguardo agli altri membri del gruppo e dopo un paio di colpi di bacchette intonò la prima canzone.

Mika immediatamente si sentì a proprio agio e con un rush di adrenalina intonò i primi versi della canzone che lo stava facendo conoscere al mondo intero.  

Mentre la band suonava, Nick e Mark, i tecnici delle luci e del suono, iniziarono il loro lavoro, sistemando con cura i fari, posizionando l’occhio di bue e settando i volumi dei vari strumenti grazie all’ausilio del mixer.

Andy intanto riprendeva ora da vicino, ora da più lontano Mika e i diversi componenti di quella che sarebbe stata la sua famiglia itinerante per i prossimi mesi a venire.

Le prove durarono una mezz’oretta, durante la quale la sintonia e la complicità tra i diversi componenti della crew crebbe a poco a poco.

Mika cantò e suonò insieme al gruppo, iniziando a impartire ordini e chiedere consigli circa dei giochi di luce che si potevano attuare sulle canzoni più ritmate, ad alcuni effetti sonori che desiderava avere sui pezzi più lenti.
Nella sua mente, iniziò a progettare alcune versioni acustiche da suonare durante i concerti più privati e le condivise con i musicisti, i quali subito presero di buon grado l’idea del giovane cantante, provando e riprovando con lui i nuovi arrangiamenti, finché tutto non fosse come gli piaceva.

Avevano presto capito che il giovane era agli inizi ma non di certo nuovo al mestiere, che sapeva stare su un palco ed era in grado di dirigere una squadra, con umiltà ma allo stesso tempo con fermezza.

La complicità con i suoi musicisti, alla fine della giornata era già ben presente, e di questo tutti quanti furono ben contenti. I presupposti per lavorare in sintonia c’erano tutti, musicalmente parlando.

Per quanto riguardava gli altri membri della squadra invece, Mika doveva ancora prendere confidenza. Soprattutto perché, nei suoi anni di lavoro alla Royal Opera House, delle luci, delle riprese e dei suoni, spesso si occupavano altre persone, e lui non aveva la dimestichezza che invece spiccava in campo musicale.

Ma ci sarebbe sicuramente stato tutto il tempo necessario per imparare, Mika ne era certo.

Alla fine della giornata, il gruppetto si divise e ognuno tornò alle proprie case, dandosi appuntamento per il giorno seguente, questa volta alle 2 di pomeriggio.

Quando Mika tornò a casa quella sera, venne accerchiato dalla sua famiglia.

“Allora?? Com’è la squadra??!” chiese sua sorella Yasmine, di 5 anni più grande che insieme a lui stava preparando le sceneggiature e che con molta probabilità avrebbe preso parte al tour.

“C’è qualche ragazzo carino?” chiese la 16enne Zuleika, spuntando alle spalle dei due ragazzi.

“Zuly! Prima ci sono io!” la apostrofò Paloma, che da brava 25enne, reclamava i suoi diritti.

“Ragazzi! A cena!” Chiamò dalla cucina il padre, facendo accorrere i 4 figli attorno al tavolo dove padre, madre e fratellino erano già seduti composti.

Durante la cena, Mika raccontò la sua prima giornata di lavoro e decise poi di andare a letto presto, per recuperare un po’ di sonno che in quei giorni aveva perso.  

La mattina seguente, fresco come una rosa, decise di prendere la metropolitana verso mezzogiorno, andare a mangiare qualcosa con un paio di amici e poi dirigersi verso la sede della sua casa discografica, per una volta tanto, in anticipo.

Arrivò alla Universal all’una e trenta spaccate e si incamminò subito verso la grande sala prove.
Spinse la porta verdognola ed entrò nello stanzone, sollevando la leva che accendeva i potenti faretti, a lato del palco. Il grande spazio era deserto e silenzioso e i suoi passi leggeri rimbombavano come in un vecchio film. Si fermò per un attimo in centro, a lato del mixer, in mezzo alla platea e inspirò profondamente chiudendo gli occhi. L’odore agrodolce che le sue narici trasmisero al cervello, gli sembrò il profumo più bello mai sentito, profumo della soddisfazione e della gioia di essere nel posto in cui si è sognato di essere per tutta la vita.

Lentamente, scrutando ogni dettaglio, si avviò verso il palco, salendo i 5 gradini in ferro scuro e facendo ben attenzione a raggiungere il palco con il piede destro. Come si doveva fare in ogni palcoscenico, prima di un’esibizione, per evitare di portarsi con sé, la sfortuna.

Era superstizioso Mika, forse era parte della sua cultura orientale, non ci poteva fare nulla.

Giunto al centro del palco spostò di poco lo sgabello nero in pelle e si sedette davanti all’imponente pianoforte a coda, alzando lo sportello e accarezzando i tasti lievemente.
Senza troppo pensare, lasciò che le mani corressero da sole tra il nero ed il bianco degli 88 tasti, componendo ciò che in quel momento il cuore gli comandava
 
Le note dolci e malinconiche, risuonarono per la grande sala, provocando una risonanza estremamente accentuata che a Mika fece quasi venire i brividi.

Over my shoulder, running away, 
Feels like i’m falling, losing my way


Iniziò a cantare, spargendo la sua voce cristallina per l’ampio spazio e fondendola alla perfezione con le note che le sue dita stavano componendo.

Cold and dry,
Cold and dry.


Non sapeva cosa l’avesse spinto a suonare proprio quella canzone in quel momento.
Era in netto contrasto con la spensierata gioia di quei giorni, e forse esattamente per quello, il suo io più inconscio gli aveva imposto di addentrarsi in quella sfumatura così cupa del suo essere, per ricordargli ciò che aveva dovuto passare per arrivare dove era in quel momento, e rendersi conto ancor meglio della fortuna che la vita gli stava facendo trovare sul suo cammino, ora.

Fog out my daylight, torture my night, 

Intanto, nei corridoi della casa discografica, un giovane biondino si stava incamminando, pur con qualche minuto di anticipo com’era solito per lui, verso la sala prove dove la squadra si sarebbe radunata di lì a 10 minuti. Ad un certo punto udì una dolce melodia provenire proprio da quella direzione.

Gli parve strano. pper prima cosa, la stanza era completamente insonorizzata, e per seconda, era presto, e il luogo doveva ancora essere deserto.

Accelerò il passo e si ritrovò davanti alla porta della sala semiaperta, da cui filtravano le note e un tenue sprazzo di luce artificiale.

Andy accese la telecamera. Non sapeva cosa avrebbe trovato al di là di quella porta da cui provenivano poche note suonate al piano, ma non voleva rischiare di perdersi qualcosa di interessante.

Feels like I’m falling, far out of sight, 

Il falsetto cristallino risuonò tra i muri grigi e spogli prendendo Andy per mano.
Il giovane cameraman proseguì trovandosi davanti, ad alcune decine di metri di distanza, il ragazzo riccio che ad occhi chiusi suonava l’imponente strumento e cantava con una voce estremamente dolce e melancolica.

Cold 

Dei brividi percorsero le braccia del giovane, facendo traballare appena le immagini registrate.

Drunk

Andy si ritrovò a chiudere gli occhi, assaporando la magia che si stava trovando davanti.

Tired

Stranamente, non gli importava di come le riprese stessero venendo in quell’istante.

Lost

Un brivido vero e proprio gli attraversò la spina dorsale, facendolo avvampare appena.

La voce si fermò un attimo, mentre le dita, lentamente andavano a far risuonare i martelletti con un lieve tocco.

Andy si fermò un attimo a pensare, assaporando quella melodia intensamente.

Forse il giorno precedente era rimasto troppo concentrato sulle riprese, per notare ciò di cui il ragazzo era capace, forse la presenza scarna della sola voce, accompagnata al pianoforte era alla base di quell’incantesimo a cui stava assistendo.
Forse era la canzone, che era riuscita ad entrargli nel profondo, ad insinuarsi sotto la pelle e smuovere i suoi sentimenti più profondi.
Andy non lo sapeva con certezza.

Ciò di cui era sicuro era che in quel preciso istante, avrebbe solo voluto che tutto ciò non finisse.

Purtroppo i suoi pensieri furono interrotti dal silenzio che calò sulla sala qualche secondo più tardi.

Spense la videocamera, affidandosi ora ai suoi occhi azzurri, per vedere ciò che succedeva sul palcoscenico.

Mika rimase seduto davanti al pianoforte, scrutando i dintorni. In un attimo i suoi occhi si fermarono a pochi metri dalla porta, dove scorse una figura nella penombra.

Con fare inquieto si alzò dallo sgabello e scese i 5 gradini, diretto verso la porta.

Andy vide i movimenti del giovane, che stava per arrivare nel punto nel quale si trovava, semi-nascosto dalle luci dei faretti.

Avrebbe voluto fuggire, preso dall’imbarazzo per quella che gli era sembrata l’intrusione in un momento intimo, ma le sue gambe non volevano saperne di schiodarsi da quel metro quadro di pavimento.

Prima che potesse continuare la sua riflessione interiore, la figura alta e slanciata del cantante si avvicinò, fermandosi a meno di un metro da lui.


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Buonasera! 
Allora, da dove comincio... Questo capitolo è l'inizio della mia prima long.
Chi mi segue già con Household, conoscerà il mio modo di scrivere e vedere le cose, ossia saprà che ho bisogno di spunti reali o molto verosimili per poter trarre ispirazione, e che sono una maniaca dei dettagli. 
A differenza della mia raccolta di One-shot però, qui non ci sarà l'ispirazione per ogni capitolo, ma solo ogni tanto, quando mi ricorderò da dove ho preso gli spunti per le cose reali che troverete all'interno della storia. (Perchè nel mio cervello c'è un tale casino che non immaginate hihih ;))
In questa storia ho pensato di ripercorrere come secondo me è nata e si è sviluppata la storia tra i due protagonisti, compagni veri nella vita reale. Sarà diversa dal capolavoro che è You Made Me, ma spero vi possa piacere anche questa visione dei fatti.

Si sa che i due ragazzi stanno insieme da 8 anni ma Mika non ha mai detto come lui e Andy si siano conosiuti ed in quale momento.
In una recente intervista sul corriere della sera, Mika ha accennato ad un momento della sua carriera in cui era in bilico tra la gioia del successo che Life in Cartoon Motion stava avendo, e la recente fine della sua storia d'amore con un ragazzo che lo aveva sbattuto fuori casa alle 5 del mattino, proprio in quel periodo.
Ipotizzando che lui abbia quindi conosciuto Andy, successivamente, questa è la mia personale interpretazione romanzata di questa storia.
Il titolo significa: due persone uguali, due della stessa pasta.
A voi lettori, l'ardua sentenza! Aspetto di leggere i vostri pensieri ;)
A presto, Vv

 
  
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