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Autore: muffin_is_mine    11/08/2015    2 recensioni
La prima volta che ti vidi, ti catalogai come una secchiona super presa dai libri, eppure mi sembravi una persona interessante. Ma cercai comunque di non farci caso e me ne stetti zitto a guardarti da lontano. I miei amici mi perdevano in giro perché stavo guardando una secchiona, e lo sapevo che lo eri, ma non immaginavo che una secchiona potesse essere così carina.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Cara Riley,
la prima volta che ti vidi credevo di vedere una sfigata. Eri con i tuoi genitori e giravi tra le bancarelle del paese con aria del tutto annoiata, il telefono stretto in una mano e lo zainetto di pelle bianco appeso su una spalla sola. Era una domenica e potevi si e no avere sedici anni. Era pieno luglio e tu avevi la faccia completamente rossa, avevi decisamente preso troppo sole quel giorno, al mare. Eri talmente carbonizzata che non ti si vedevano delle fantastiche lentigini sul naso. La maglietta che indossavi aveva le spalle scoperte. Avevi legato i capelli castani tirati su in una crocchia completamente rovinata. Le converse nere erano talmente pulite da sembrare nuove, si notava da quanto tempo le avevi solo dalle scritta ALL STAR sbiadita dietro. Uno degli ultimi dettagli che mi ricordo di aver visto era una parte di pelle nuova e quasi bianca sulla spalla, in mezzo a tutto quel rosso, una piccola voglia chiara e quasi invisibile.
La prima volta che ti vidi, ti catalogai come una secchiona super presa dai libri, eppure mi sembravi una persona interessante. Ma cercai comunque di non farci caso e me ne stetti zitto a guardarti da lontano. I miei amici mi perdevano in giro perché stavo guardando una secchiona, e lo sapevo che lo eri, ma non immaginavo che una secchiona potesse essere così carina.
Non ti vidi più per lungo tempo e iniziai a dimenticare tutti i dettagli che avevo notato in te. Pensavo perfino di averti dimenticato, ma non immaginavo che potessi essere così ben marcata nei miei pensieri. Mi ero visto con altre ragazze e avevo iniziato il mio terzo anno di liceo, tu probabilmente dovevi ancora iniziare il secondo.
 
La prima volta che ti parlai, che ebbi il coraggio di parlarti, mi sentii uno stupido. Fin dal primo giorno di liceo mi ero annoiato a morte fissando i miei soliti, anziani, professori. Poi, uscendo in corridoio per la pausa, ti ho vista passare. Avevi l’aria persa e non avevi ancora fatto amicizia, ti eri appena trasferita in quella scuola. I tuoi capelli erano sempre gli stessi, ma quel giorno li avevi sciolti. Le tue scarpe avevano un po’ ceduto ed ora sembravano decisamente più vecchie e sbiadite. Le lentigini ora erano molto più che visibili sul naso, sugli zigomi e sulla spalla, o almeno per quella piccola porzione che tenevi scoperta. Così, senza accorgermene, passai ogni giorno appoggiato alla porta d’emergenza, fumando una sigaretta nonostante i professori mi guardassero male. Dopo una settimana o due ti eri fatta delle amiche. Andavi in giro con loro e chiacchieravate di un mio compagno di classe che piaceva alla tua amica. Col il passare del tempo conobbi anche il nome della tua amica, Clara, e riuscii a scoprire il tuo da una delle sue conversazioni urlate, Riley. Clara si era accorta che io ti guardavo spesso, e tu mi lanciavi delle strane occhiate a volte. Mi facevano ridere, sembrava volessi uccidermi con lo sguardo. Non ti piaceva essere guardata. Ti piaceva startene in disparte, per fatti tuoi. Eppure io non potevo farne a meno di stare lì a studiarti da lontano, come fossi un capitolo di biologia. (tu lo sai quanto amo la biologia!)
Non avevo mai avuto l’opportunità o il coraggio di venirti a parlare, eppure quel giorno credo che il destino si fosse stancato di aspettarmi. (Tu credi nel destino?)
Stavo camminando per i corridoio tra il cambio di una lezione e l’altra. Avevo una voglia matta di caffè e forse non ero l’unico. Ti trovai alla macchinetta tutta intenta ad aspettare la tua cioccolata calda. Per un motivo strano, appena arrivato, mi schiarii la voce. Tu feci un salto che in un’altra occasione mi avrebbe fatto ridere, eppure in quel momento mi fece solo sentire in colpa. Mi scusai a mezza voce e tu mi sorrisi, mi dicesti che era colpa tua perché eri sovrapensiero e io mi ritrovai, quasi senza rendermene conto, a chiederti a cosa stessi pensando. Tu mi dicesti solamente che erano dei pensieri troppo lunghi e complicati per potermeli spiegare in breve tempo. Detto questo, te ne andasti con la tua cioccolata senza girarti a guardarmi.
Mi sentii veramente un’idiota, ma almeno ti avevo parlato. Mi sentivo un’idiota realizzato. E anche un po’ pedofilo, non eri molto più piccola di me, ma io ero già maggiorenne all’ora.
 
La prima volta che ci ritrovammo davvero ad avere una conversazione sensata eravamo entrambi in punizione. Tu eri come terrorizzata, io ero ormai abituato. Non eri mai finita in punizione, quel giorno invece ti ci avevano mandata perché eri arrivata in ritardo senza giustificazione. La tua espressione era esilarante, ma riuscii fortunatamente a non ridere. Io non mi ricordo più per quale motivo ero lì, ma sono sicuro che tu lo sai. Vero?
Feci una battuta sul fatto che il professore fosse sordo, ma non stavo parlando con te, era riferita al vuoto. Eppure tu abbandonasti per un attimo la tua espressione terrorizzata e ti mittesti a ridere. Iniziammo a parlare e alla fine tu ti presentasti. Il tuo nome suonava strano sulle mie labbra, eppure così adatto a essere pronunciato da me. Il mio nome, invece, ti fece sorridere. ‘’ Axel ‘’ dicesti sorridendo dolcemente ‘’ come mio fratello ‘’ .
Allora non sapevo che tuo fratello era andato in un posto sicuramente migliore di quell’inferno chiamato Terra e Presente. Me lo dicesti molto tempo dopo. Eppure le tue fossette mi fecero capire molte cose su me stesso. Una delle più importanti fu sicuramente quella che mi permise di conoscerti. Non mi importava che tu fossi più piccola di me, perché, andiamo! Siamo nel ventunesimo secoli e avevamo solo tre anni di differenza o giù di lì. Avevo sempre pensato che l’età fosse importante, invece, in quel momento il mio cuore mi mandò a farmi fottere e si innamorò di te.
 
La prima volta che feci un passo avanti ti chiesi il numero di telefono. Ce ne stavamo di nuovo in punizione. Durante la pausa avevamo iniziato a parlare e a salutarci e tu, quel giorno, mi dicesti che ti avevano di nuovo messa in punizione con il professore sordo. Avevi fatto di nuovo ritardo. Io mi ci feci mettere apposta. Volevo di nuovo stare due ore da solo con te. Mi misi a gridare e a scherzare in classe durante la lezione e la signorina Dorman mi mandò in punizione per disperazione. E fui ben contento di venirci. Ci mettemmo di nuovo a parlare e chissà per quale motivo preciso tu mi raccontasti della tua poesia preferita, Bere una Coca con Te.
Mentre mi stavi raccontando dell’autore della poesia me ne uscii con un semplice ‘’ mi dai il tuo numero? ‘’. Tu mi guardasti come se fossi pazzo, poi mi facesti di nuovo quel sorriso dolce. ‘’ Era ora che me lo chiedesti ‘’ quella frase non me la dimenticherò mai. Sembravi così sorpresa eppure così felice. Appena me lo dicesti io l’avevo già imparato, il tuo numero era ormai impresso a fuoco nella mia memoria.
 
La prima volta che tu facesti la prima mossa successe nello stesso giorno. Ero io, questa volta, a parlarti del mio autore letterario preferito. Poi tu mi chiedesti semplicemente ‘’ Ti va di uscire con me… non so… qualche volta… una passeggiata… non so… ? ‘’ e io fui più che felice di accettare.
 
La prima volta che ti baciai eravamo al nostro… terzo (?) appuntamento. ( so di avere la memoria corta, sei sempre stata tu la sapientona). Eravamo andati al parco del tuo paese, eravamo seduti su una panchina verde di ferro e ce la ridevamo su una mia battuta stupida. Eri così bella quando ridevi e poi ho sempre pensato che il blu ti donasse. Avevi tinto la punta dei tuoi capelli di blu ed eri… fantastica! Eri così cambiata eppure così uguale a sempre. E ridevi, tu a scuola non ridevi spesso. Ti limitavi a ridere a qualche mia battuta, solo con me o con Clara. E mi sentivo sempre così fortunato a vederti ridere. Non so cosa mi spinse a baciarti, ma lo feci e basta. Era come baciare una ragazza per la prima volta, di nuovo. Era il tuo primo bacio, e io lo sapevo. Eppure era come se tu fossi stata fatta per baciare solo me. E io ti baciai, promettendo a te e a me stesso che non avrei più baciato nessun’altra dopo aver baciato te.
 
La prima volta che litigammo tu eri furiosa con me. Ero stato bocciato a fine anno, in pratica sarei dovuto venire nella tua stessa classe a settembre. Ma la vera cosa che ti faceva infuriore era la mia solita abitudine di arrendermi e lasciare tutto al caso. Non studiavo da almeno otto mesi e non avevi intenzione di studiare. Io ti urlavo che semplicemente non mi andava di farlo, ma tu mi dicesti un’altra cosa che mi rimarrà per sempre impressa nella memoria ‘’ se vuoi mandare la vita a puttane, trova un modo più originale. Farti bocciare a scuola ti farà solo sembrare stupido! ‘’. Parole sacre.
La nostra rabbia smise di esistere in quello stesso momento in cui smettesti di parlare. Mi fissavi ancora furiosa, ma la rabbia stava via via scemando via dai tuoi occhi e dai tuoi lineamente  facendomi sembrare di nuovo giovane e bella come sembra. La rabbia ti invecchiava e ti rendeva una donna ormai in piena carriera. Tu non sapevi neanche se andare al college a quell’epoca.
 
La prima volta che facemmo l’amore accadde nello stesso giorno. Mentre mi guardavi, nei tuoi occhi la rabbia divenne qualcosa di diverso… divenne paura. Avevi paura che mandassi veramente la mia vita a puttane. Tu volevi il meglio per me, e io capii davvero quanto ti amavo. Amavo ogni singola parte di te. Ogni singola volta che mi rimproveravi perché fumavo troppo, quindi mi rubavi la sigaretta dalle dita e la finivi tu al mio posto. Ero costretto a baciarti per sentire il sapore netto della nicotina ancora una volta prima che sparisse per le successive due ore. Amavo il tuo modo di farmi cambiare vita. A partire dalle sigaratte. Prima le fumavo ogni due ore, poi ogni quattro, poi una al giorno, poi metà a ciascuno due volte al giorno. Era un compromesso che io ero felice di accettare. Fino alle mie abitudini nello studio. Mi aiutasti a rimettermi in sesto con tutte le materie, e io aiutai te con biologia (tu odi biologia) Amavo i tuoi capelli, il tuo profumo, le tue lentigini, le tue insicurezze, la tua inteliggenza, la tua passione mentre mi parlavi delle poesie o dei tuoi libri preferiti, di qualsiasi cosa. Amavo te. E ti amo tutt’ora.
Furono tutti questi i pensieri che mi affolarono la mente in quel momento, poi semplicemente sparirono e io ti baciai. Secondi dopo sparì anche la tua maglia, la mia felpa, i tuoi jeans, i miei pantaloni calati e tutto quello che ci divideva. Avevi ancora sulla pelle il profumo della doccia appena fatta e il tuo letto era inebriato dalla tua essenza preferita. Fu come avere di nuovo la mia prima volta, la vissi da capo insieme a te. Fu fantastico.
 
La prima volta che ti dissi quando ti amavo successe immediatamente dopo. Eravo entrambi stesi sul tuo letto, coperti dal pesante piumone perché non indossavamo nulla. Ti abbracciavo stretta e avevamo le mani intrecciate. Tu mi guardavi con un mezzo sorriso stanco sulle labbra, non ti eri più mossa molto da come stavi. Sussurai quelle piccole e brevi parole quasi in un sussurro ma tu mi sentisti lo stesso. Il tuo sorriso si allargo e nascondesti il viso rosso nel mio collo. ‘’ Ti amo anche io ‘’. Mi farò tatuare quelle parole da qualche parte perché mi resero la persona più felice al mondo.
 
 
La prima volta che ti facesti un tatuaggio avevi appena compiuto diciotto anni e volevi festeggiarli in un modo unico, morendo di dolore. Quel giorno risi talmente tanto da farmi davvero male alla faccia. Però mi divertii parecchio. Ti regalai io quel tatuaggio e decidemmo di farne uno in comune. I nostri genitori ci avrebbero uccisi. O almeno, i tuoi. I miei non c’erano già più. Tu non li incontrerai mai, spero. Loro terranno compagnia a tuo fratello John in quel posto migliore di cui parli sempre. Decidemmo di farci una di quelle rune che escono da uno dei tuoi libri preferiti che ci legavano come fratelli, come amici. Io non ero tuo fratello, ero il tuo ragazzo e avrei picchiato chiunque avesse detto il contrario, ma tanto per cominiciare ero il tuo migliore amico. E tu eri e sei tutt’ora la mia migliore amica. Mentre io ridevo, conoscendo già il dolore che fare un tatuaggio ti causava, tu piangevi e ridevi al mio fianco, stringendomi la punta delle dita perché eri troppo lontana per stringere l’intera mano. Eppure non ti pentisti mai di quel tatuaggio, neanche quando tua madre lo scoprii. Tu l’avevi fatto sulla spalla, io, invece, proprio sul collo.
 
La prima volta che incontrai i tuoi fu una giornata… disastrosa.  I tuoi erano ancora arrabiati con te per il tatuaggio nonostante fossero già passati due mesi. Noi avevamo parlato del college da scegliere. Avevamo ormai quasi finito la scuola, insomma… il nostro ultimo anno! E ci eravamo fatti un’esame di coscienza comune. Entrambi volevamo fare qualcosa di importante… volevamo entrambi fare qualcosa di grande, salvare delle vite. Tu pensavi a tuo fratello e io ai miei genitori. Ci sarebbe costato un occhio della testa, ma volevamo entrambi diventare medici. E, se questo non vuoi chiamarlo destino, entrambi avevamo il sogno di andare nella stesso college. Il problema era dirlo ai tuoi.
I tuoi genitori sono delle persone fantastiche, ma appena videro il mio tatuaggio, che sfoggiavo orgoglioso in qualsiasi occasione possibile, andarono fuori di testa. Poi cenammo in silenzio, io e te ci guardavamo spesso, seduti di fronte, e ridevamo sottovoce come idioti. Tuo padre mi chiese a qualche college avessi fatto domanda, e tu glielo dicesti al mio posto. Entrambi i tuoi genitori si fissarono sconvolti quando capirono cosa significava. Quando unirono i puntini.
 
La prima volta che ti chiesi di venire a vivere con me successe quella stessa sera. Eravamo ancora seduti a quel tavolo e la carne era ormai finita. Tuo padre e tua madre mi facevano domande sulla mia vita e io ero felice di rispondere, nonostante tuo padre mi facesse paura. Omettemmo molto del nostro rapporto, ad esempio tutte le volte che restavo a dormire nel tuo letto mentre loro dormivano nella stanza accanto senza sapere nulla, e tutte le volte che me ne andavo alle prime luci dell’alba, scendendo dalla stessa finestra dalla quale entravo rischiando di rompermi l’osso del collo. (mi sono sempre chiesto per quale diamine di motivo non volevi cambiare la tua stanza con quella del piano di sotto, dovresti spiegarmelo). Mentre parlavamo del college tu dicesti che ti sarebbe piaciuto avere un appartamento tutto tuo. Io ti guardai come se fossi pazza, e mi uscii talmente spontaneo chiedertelo che subito dopo mi sentii uno stupido. ‘’ Potremmo prenderne uno in comune ‘’.
Tua madre svenne. È divertente pensarci ora, glielo dovrò ricordare la prossima volta che la andiamo a trovare. Tuo padre, invece, si scolò la birra appena aperta per intero. Eppure tu non te ne accorgesti e mi guardasti come se fossi il tuo paradiso terrestre. ‘’ Sarebbe… figo ‘’.
 
Potrei scrivere altre mille pagine raccontando di tutte le prime volte che hanno reso il nostro rapporto così speciale. Sarebbe un momento perfetto per rievocare tutte le nostre avventure e chissà cos’altro. Ma vorrei poterlo fare in un altro momento. Ormai sono anni che stiamo insieme. (ti ricordo che sei tu la sapientona e io non sono capace di ricordare quanti sono precisamente).
Che ne dici di ricordarli tutti magari in un evento formale? In un matrimonio come quelli che leggevi sempre nei tuoi libri, magari?
Girati, ti prego.
Axel.
 
Mi girai come in preda a una specie di convulsione. Axel era alle mie spalle e mi fissava in attesa di una mia reazione, una qualsiasi. I suoi capelli neri e ricci erano scompigliati in quel solito stesso ciuffo che portava fin da quando lo vidi per la prima volta a scuola. Non sapevo di averlo già incontrato prima, da qualche parte. Mi sentivo la testa pressurizzata da qualche strana pressione che non conoscevo. Eppure ero brava in Fisica.
Sospirai e mi resi conto di non essere capace di farlo in modo concreto. Rantolavo a tratti e non respiravo affatto bene. Un attacco di panico, in quel momento, non ero per niente gradito. Gli occhi azzurri cielo di Axel mi fissarono in cerca di una mia reazione che arrivò un po’ in ritardo.
Sorrisi e una lacrima mi scese lungo la guancia, lui lo interpretò come un invito a iniziare il discorso che aveva sicuramente provato mille volte davanti allo specchio.
‘’ So di essere un disastro ambulante, nella vita e soprattutto nelle parole, ma farti sapere una cosa. Io… insomma… oh merda… - risi divertita, ritrovando un minimo di respiro -  non sono capace di fare questi discorsi, voglio solo dirti quando cazzo ti amo, e scusarmi per tutte le parolacce che dico, e quanto vorrei passare il resto della mia vita con te. Ci siamo messi insieme quasi perché sembrava qualcosa di ovvio, che doveva essere fatto se volevo vederti ridere e se tu volevi vedermi fare una vita seria e farmi evitare di mandarla a puttane. Non abbiamo avuto una vita facile, ma quando ti ho vista per la prima volta io ho capito che trovandomi sarebbe stato tutto più semplice. E così è stato, infatti. Poi mi sono innamorato di te, e non ho più messo. Non ti ho mai scritto una lettera e questo discorso in effetti non ha senso – mi asciugai le lacrime ormai completamente in discesa libera – ma mi sentivo in dovere di farlo perché non sarei mai riuscito a dirti tutte quelle cose, tutti i miei sentimenti, a voce alta e con un discorso sensato. Mi ha dovuto aiutare tua madre, se proprio lo vuoi sapere. Io ti amo e… beh… abbiamo una casa nuova, abbiamo entrambi un lavoro e abbiamo entrambi finito l’università e proprio qualche settimana fa… ho inziato a pensare che ci mancava solo una cosa per iniziare una vita nuova completamente insieme… ‘’ Axel si passò frenetico una mano tra i capelli. Aveva la faccia rossa e questo mi fece scoppiare a ridere.
‘’ Me lo vuoi chiedere prima dell’anno nuovo oppure devo farlo io? ‘’
‘’ Nono! Quindi… Riley mi vuoi sposare? Ti prego ‘’
Risi di nuovo e lasciai la lettera sul tavolo, mi avvicinai a lui e sorrisi ‘’ Si, ovvio scemo ‘’
Lui mi guardò come se gli avessi appena detto che avevamo una fornitura di gelato infinita a vita. Si inginocchiò e mi mostrò una scatolina di velluto nera. La aprì e per prima cosa vidi solo un luccichio. Poi notai anche il fantastico oro bianco. Sbiancai. ‘’ Oh mio Dio ‘’ balbettai.
Allungai la mano sinistra e lasciai che mi infilasse l’anello al dito. Si rialzò e gli saltai praticamente in braccio, incrociando le braccia dietro la sua schiena. Lo baciai con calma e mi strinsi a lui. Ricordavo a memoria la lettera.
‘’ Amo il tuo discorso, nonostante credo che non abbia davvero avuto senso. Ma devo ringraziare la mamma per averti aiutato a scrivere quella lettera perché è stata fantastica. Perché non mi hai mai detto prima che mi avevi già incontrata. E poi io non sono una sfigata! ‘’
‘’ Non lo sei mai stata, e comunque ho scelto di tenermelo per me per potertelo dire in un momento come questo ‘’.
‘’ E comunque, sapientone ignorante, stiamo insieme da nove anni, era pure ora che mi chiedessi di sposarti. E ho sempre creduto che il destino mi avesse fatto un favore enorme per averci fatto incontrare. Ho capito di essere innamorata di te nel momento in cui mi hai detto che forse sarebbe stato divertente metterci insieme e vedere come andata. Questo non l’hai scritto nella lettera ‘’.
‘’ Mi sono sentito stupidissimo in quel momento… insomma… come fai a chiedere alla ragazza che ti piace se si vuole mettere con te come se stessi chiedendo a tua madre se vuole un bicchiere d’acqua mentre guarda un film? ‘’
Scoppiai a ridere e scrollai le spalle ‘’ A me hai fatto parecchia tenerezza ‘’
‘’ Sono tenero? ‘’
‘’ Un po’ ‘’
‘’ Sul serio? Dovrò farmi più tatuaggi allora… ‘’
‘’ Ti amo, scemo ‘’
‘’ Anche io, signora Winchester ‘’

HiYo,
Non so chi leggerà questa storia, ma spero che lo faccia qualcuno perché io personalmente l'adoro. Se la legge qualcuno che già mi conosce, io mi scuso. Per prima cosa voglio chiedere scusa per la mia ENORME assenza e per aver cancellato la mia storia, ma purtroppo non posso continuarla. Probabilmente ne pubblicherò una nuova, e se lo farò sarete i primi a saperlo.
Per seconda cosa mi voglio scusare per gli errori grammaticali, io sono sicura di averla controllata ma non sono sicura di averli tolti tutti, se ne trovate qualcuno siete liberi di farmeli notare, così spariranno haha.
Spero che questa storia vi piaccia quanto piace a me, ma in ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate.
Se poi avete voglia di leggere altre mie One Shot, nel mio profilo ne troverete altre.
Vi saluto, con affetto
K.

 

   
 
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