Libri > Percy Jackson
Ricorda la storia  |      
Autore: AnnabethJackson    12/08/2015    3 recensioni
| Percabeth | College!AU | Alcool | Annabeth!Ubriaca |
È un normale venerdì sera e Percy Jackson sta uscendo dalla piscina, quando inciampa in Annabeth Chase, una sua compagna di corso, ubriaca.
Così, tra commenti idioti, situazioni imbarazzanti e sguardi furtivi, i due passano una notte all'insegna della pazzia, durante la quale, chissà, potrebbe anche sbocciare l'interesse reciproco.
______________________________________
C'era qualcosa che non andava.
«Me la sto spassando, amico!» esclamò Annabeth mettendo una mano davanti alla bocca per mascherare una risatina stridula.
C'era davvero qualcosa che non andava, già.
«Oookay...» mormorò Percy mentre aggrottava le sopracciglia, perplesso.
Sentiva il bisogno di dire qualcosa per sbloccare la situazione quando, all'improvviso, Annabeth si chinò in avanti, avvicinandosi pericolosamente al viso di Percy. In contemporanea, alzò la mano destra e, con l'indice proteso e gli occhi spalancati, toccò leggermente la fronte di lui.
«Che stai fac–»
[Partecipante al contest "Cross The Olympus Guys" indetto da Kirame amvs]
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson, Percy/Annabeth
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nick autore EFP/Forum: AnnabethJackson (EFP) | Roses98 (FFZ)
Fandom/s: Percy Jackson
Titolo: Quella volta in cui Victoria's Secret mise all'angolo Percy Jackson
Rating: Giallo
Pairing: Percy/Annabeth
AU: College!AU
Prompt: Alcool
Generi: Comico | Fluff | Sentimentale
Avvertimenti: //
Note: //
Tipo storia: One-Shot
Conteggio parole: 5500 (esclusi note e titolo)
NdA: 
1) Ad un certo punto compaiono ripetutamente le parole “whiscky” e “Perchy”. Entrambe sono scritte volutamente in modo errato e sono da interpretare come uno strascico della lingua, caratteristico degli ubriachi.
2) Probabilmente, con la storia della formica, si sfiorerà il genere demenziale, ma bisogna ricordare che Annabeth è pur sempre ubriaca e che si dicono cose senza senza quando si è ubriachi, no?
3) Con altrettanta probabilità, Percy risulta essere un po' OOC.
4) Lettore avvisato, mezzo salvato! Questo storia è ad alto contenuto di ignoranza, ma sapete come si dice, no? Quando ci sono disastri, la Percabeth c'è sempre! Buona lettura ^^ Ci vediamo giù!
Partecipante al “Cross Olympus guys!Contest” di Kirame amvs 






 
Quella volta in cui Victoria's Secret mise all'angolo Percy Jackson
 




Bip-Bip
I fanali della sua vecchia auto si accesero e si spensero nel giro di un secondo, dopo che lui ebbe premuto il testo di apertura sulla chiave.
Con il borsone della piscina su una spalla e le gocce d'acqua che gli imperlavano ancora la fronte, Percy camminava in direzione della sua macchina, pronto a tornare in camera dopo l'allenamento. Erano quasi le 11 di venerdì e questo, secondo il 90% degli studenti americani che frequentano il college, significava solo una cosa: divertimento, divertimento e ancora divertimento.
Jason, il suo migliore amico e compagno di stanza, aveva provato più e più volte a convincerlo che sprecare le serate dei suoi anni migliori in una piscina non sarebbe servito ad altro che intossicargli il cervello con il cloro, ma Percy si era limitato ad alzare le spalle, a rivolgergli un piccolo ghigno e a dargli una pacca sulla schiena. Gli aveva inoltre ricordato che, se lui fosse rimasto fuori per tutta la sera, Jason avrebbe avuto casa libera per spassarsela con Piper, la sua fidanzata, senza che lui stesse tra le palle – o almeno così diceva Jason quando Percy entrava in camera proprio sul più bello. Così, alla fine Jason aveva chiuso il becco e Percy se n'era andato in piscina, felice di potersi isolare dal resto del mondo per po' grazie all'acqua.
Chiariamoci, non c'era nulla di male nel passare una serata tra un pub e l'altro, con una fresca lattina di birra nella mano destra e una bella ragazza nella sinistra. Non avrebbe certo disprezzato anche una conclusione con la suddetta ragazza, ma dopo la complicata rottura con Rachel, Percy aveva deciso di prendersi una pausa dal genere femminile. E non c'era stacco migliore di una bella nuotata serale, quando la piscina era praticamente deserta e l'acqua meravigliosamente limpida.
Clip-clap. Clip-clap.
Con le infradito ai piedi, Percy pregustava già il momento in cui avrebbe posato le chiavi nella ciotola con i pesciolini all'ingresso, per poi raggiungere la sua stanza, spogliarsi, rimanendo solo in boxer, e rilassarsi giocando alla play – magari anche con le cuffie nelle orecchie visti i rumori molesti che provenivano di solito dalla camera di Jason il venerdì sera.
Dopo aver appoggiato il borsone a terra, mise la mano sulla maniglia della portiera e...
«Oooohhh!»
Percy si bloccò, rimanendo immobile per qualche secondo mentre alle sue spalle sentiva una risatina stridula seguire quell'esclamazione. Lentamente si girò verso destra, in direzione della strada e, a una ventina di metri di distanza, vide una ragazza ferma sotto un lampione che ondeggiava pericolosamente avanti e poi indietro, come se il suo equilibrio fosse un po' instabile.
Dalla posizione in cui era, Percy non riusciva bene a distinguerne i tratti, ma, accigliandosi maggiormente, riconobbe i capelli biondi e la figura slanciata di Annabeth Chase, una sua compagna del corso di filosofia.
Sebbene fosse anche una grande amica di Piper, Percy aveva scambiato davvero poche parole con quella ragazza, per lo più riguardanti temi scolastici. Eppure, malgrado la poca confidenza, sapeva che Annabeth era la migliore studentessa del suo corso e, ascoltando altre persone, non solo: secondo il suo amico Leo, che frequentava ingegneria meccanica, Annabeth dava il massimo in tutte le materie, nessuna esclusa.
Quando Percy arrivava a lezione di filosofia, lei era già lì con un foglio bianco sul banco e una matita in mano, pronta a prendere appunti.
Il fatto che Annabeth andasse in giro da sola il venerdì sera, con una gonna un po' troppo corta – decisamente più succinta dei suoi abituali jeans – e un top un po' troppo attillato, mandò in confusione Percy che, curioso e leggermente preoccupato, le si avvicinò.
«Ehi, Annabeth!» chiamò facendo un cenno con la mano e un sorriso di circostanza.
Prima ancora di raggiungerla, sentì uno strano odore nell'aria, un misto di whisky scadente – credetemi, lui se ne intendeva – e vaniglia. Vagamente confuso, Percy si mise di fronte alla ragazza, la quale assottigliò le palpebre, come se non riuscisse bene a riconoscerlo. Qualche secondo dopo, però, spalancò gli occhi e il viso le si illuminò.
«Percy. Jackson. Percy Jackson!» esclamò con un sorriso smagliante.
Dal canto suo, lui aggrottò la fronte, annuendo lentamente con la testa. «Già. Proprio io...» mormorò. «Allora, che ci fai in giro a quest'ora da sola?»
Annabeth ridacchiò nuovamente e Percy andò completamente in confusione.
Chiariamoci: era abituato alle ragazze che ridacchiavano in continuazione. Rachel stessa, nei primi mesi in cui avevano cominciato a uscire, starnazzava come una papera ogni qualvolta lui apriva bocca. Ma Annabeth non sembrava affatto quel genere di ragazza: seria e dedita allo studio com'era, dubitava fortemente che in vita sua avesse mai ridacchiato come il resto delle oche in circolazione. Percy ricordava vagamente una conversazione avuta con Piper un paio di settimane prima, mentre aspettavano Jason che stava facendo la doccia: in qualche modo erano finiti a parlare di Annabeth e Piper non aveva mai smesso un secondo di cantarne le lodi. Gli era quasi parso che Piper stesse cercando di convincerlo a chiedere di uscire alla sua amica, ma aveva accantonato quel pensiero in fretta davanti al film Nemo, che davano in televisione quella sera.
C'era qualcosa che non andava.
«Me la sto spassando, amico!» esclamò Annabeth mettendo una mano davanti alla bocca per mascherare una risatina stridula.
C'era davvero qualcosa che non andava, già.
«Oookay...» mormorò Percy mentre aggrottava le sopracciglia, perplesso.
Sentiva il bisogno di dire qualcosa per sbloccare la situazione quando, all'improvviso, Annabeth si chinò in avanti, avvicinandosi pericolosamente al viso di Percy. In contemporanea, alzò la mano destra e, con l'indice proteso e gli occhi spalancati, toccò leggermente la fronte di lui.
«Che stai fac–»
Percy non ebbe nemmeno il tempo di chiarire la situazione che Annabeth barcollò pericolosamente in avanti e, un secondo dopo, finì tra le sue braccia, ma lui la prese prima che potesse cadere a terra. Con la faccia di Annabeth Chase spiaccicata sul suo petto un po' umido per via della piscina e le mani dalla presa forte sui suoi avambracci, Percy decise che quella era una delle serate più strane da quando aveva iniziato il college, tre anni prima. E, credetemi, ne aveva viste davvero tante di situazioni assurde avendo Jason come migliore amico.
Ironicamente, Percy pensò che se fosse stato così semplice far cadere letteralmente le ragazze tra le sue braccia, non si sarebbe mai dovuto preoccupare di andare a caccia, termine alternativo con cui Jason definiva l'attività di filtrare – al solo pensiero gli venivano i brividi.
«Ehi! Stai bene?» domandò preoccupato ad Annabeth, abbassando lo sguardo sulla sua testa bionda. Così facendo, però, si ritrovò con il naso nei capelli della ragazza e non poté proprio evitare d'inspirare. Percepì subito un dolce profumo di vaniglia, proprio come quello che aveva sentito mentre le si avvicinava prima. Gli piaceva.
Lei non rispose subito e nemmeno accennò di volersi staccare da Percy. Al contrario, spostò lentamente la mano destra sul suo petto, vicino alle sterno, e cominciò a battere un dito a intermittenza.
«Bum, bum. Bum, bum» sussurrò Annabeth, scandendo i suoni lentamente, in concomitanza con il dito. «Percy, il tuo cuore batte come un tamburo. Bum! Mi piacciono i tamburi. Amo i tamburi. Bum
Percy non sapeva se ridere per quelle buffe parole, oppure poggiare una mano sulla fronte di Annabeth, per accertarsi che non stesse delirando in balia della febbre. Contro la sua stessa volontà, si ritrovò a scegliere la prima opzione, cingendo poi la vita della ragazza con un braccio, preoccupato che potesse cadere di nuovo.
«Annabeth? Sei sicura di stare bene?» domandò alla fine, staccandosi la ragazza dal petto abbastanza da riuscire a vederla in faccia.
«Certo che sto bene!» rispose lei, annuendo vigorosamente. Ma smise subito di muovere la testa perché barcollò leggermente in avanti.
«Quanto hai bevuto?»
Non ci voleva di certo un genio per capire che Annabeth fosse brilla – beh, forse un po' più che brilla. Nulla di strano se si pensa al numero di studenti nei bar il venerdì sera, ma Percy faticava a immaginare una Annabeth seduta al bancone, con un boccale di birra davanti a sé e numerosi shot di tequila vuoti. Anzi, se doveva proprio essere sincero, era restio anche a credere che la ragazza tra le sue braccia avesse mai bevuto un goccio di alcool in vita sua.
Annabeth alzò le spalle, aggrottando poi la fronte. «Un paio di wis... whic... whiscky, mi pare» rispose, strascicando la lingua. «Ma c'era questo bel ragazzo che riempiva magicamente il mio bicchiere con un semplice schiocco di dita! Io lo appoggiavo vuoto sul bancone e un'attimo dopo quello era di nuovo pieno! Sai fare anche tu le magie, Perchy
«Ehm... no. Mi dispiace» rispose Percy, un po' spiazzato dalla piega che aveva preso la conversazione. «Come mai sei in giro da sola? Lo sai che è pericoloso?»
La preoccupazione del ragazzo era reale tanto quanto lo era l'evidente ebrezza di Annabeth che, dal canto suo, strizzò le palpebre, nel tentativo di afferrare un qualche concetto.
«Piper è con Jasc... Jason. E io stavo camminando, ma poi ho visto una formica attraversare la strada e quindi l'ho seguita. Sai, dovevo accertarmi che raggiungesse la sua casa sana e sha... salva.»
Percy pensò seriamente di avere dei problemi di udito perché mai e poi mai nella vita avrebbe immaginato di sentir dire una frase del genere ad Annabeth Chase, nemmeno sotto allucinogeni. Per questo, decise saggiamente di non commentare, preferendo concentrarsi sul fatto che la ragazza era andata in un pub da sola e che un troglodita doveva averle riempito il bicchiere fino a farle abbandonare il buonsenso. Se mai avesse trovato quel coglione patentato, difficilmente l'avrebbe lasciato andare senza prima regalargli un bell'occhio nero.
«Su, forza, ti accompagno in camera» disse, prendendo delicatamente Annabeth per un braccio, in modo che lei lo seguisse verso la sua macchina.
«Okay, però prima devo vedere dove va la formica» mormorò Annabeth, voltando la testa a destra, dietro la schiena, ma continuando a camminare al fianco di Percy, senza opporre alcuna resistenza.
«Certo, certo...» Percy annuì lentamente, spostando il braccio sulle spalle della ragazza, per assicurasi che quella non decidesse all'improvviso di seguire davvero una formica immaginaria, il che era altamente probabile.
La cosa che lo preoccupava di più in quella faccenda era che Annabeth se ne andasse in giro tutta sola: e se, invece di lui, avesse avuto la sfortuna d'incontrare un maniaco sessuale? Che le sarebbe successo? Percy si appuntò mentalmente di fare un bel discorsetto a Piper nel momento in cui avrebbe messo piede in casa: d'amica, era suo compito accertarsi che lei stesse bene anche se, in effetti, Annabeth era grande e vaccinata; intelligente com'era, poi, doveva per forza conoscere il rischio di girare senza nessuno che l'accompagnasse, sopratutto se aveva deciso di bere un po' più del normale.
A Percy quella storia puzzava terribilmente... C'era qualcosa che davvero non quadrava, e lui era intenzionato a scoprirlo.


 

 
«Ehi, formichina, come stai? Tutto bene?»
Attonito, Percy guardò Annabeth che, con la mano alzata davanti al naso, parlava al suo dito indice, su cui, evidentemente, credeva sostasse una formica. Per tutta la durata di quel breve – ma intenso – viaggio dalla piscina al suo dormitorio, Annabeth non aveva smesso un secondo di sussurrare al suo dito, confabulando qualcosa d'incomprensibile. Percy aveva deciso di non chiedere, preferendo concentrarsi sulla strada e sul trovare una spiegazione a quella storia, con risultati deludenti.
Alla fine, dopo essere arrivati al parcheggio, Percy aveva aiutato Annabeth nel scendere dalla macchina senza inciampare, sicuro che lei sarebbe finita con la faccia a terra senza una sua mano.
Chiamatelo sfiduciato, ma Percy non faceva più affidamento sull'alcool da quella volta in cui si era trovato personalmente a mangiare la terra di un formicaio, giusto per restare in tema entomologico, in seguito a una gara di birra pong contro Jason.
Prima che ricominciasse a parlare con la sua amica formica, Percy era riuscito a farsi dire il numero della camera nel dormitorio, ma poi Annabeth si era persa e non c'era stato verso di estirparle altre parole di senso compiuto.
Quindi, quando finalmente riuscirono ad arrivare davanti alla porta della sua stanza, ovviamente chiusa, Percy si diede dello stupido per non aver approfittato del breve momento di lucidità per chiederle anche la chiave.
«Annabeth, mi potresti dare la chiave della tua stanza?» domandò lentamente, usando il tono più accondiscendente e pacifico del suo repertorio.
In tutta risposta, la ragazza annuì e poi, con la lingua tra i denti, prese ad armeggiare con gli shorts che indossava, girando un paio di volte su sé stessa nel tentativo di raggiungere la tasca sul sedere. Percy decise che fosse meglio dimenticare l'ultima scena, sicuro che, in condizioni normali, Annabeth non l'avrebbe mai fatto di sua spontanea volontà. Tutto sommato, però, doveva ammettere che un po' buffa lo era: assomigliava a uno di quei cuccioli di cane irrequieti, pronti a correre per chilometri avanti e indietro piuttosto che arrendersi nell'acchiappare il bastone lanciato dal padrone.
Annabeth alzò la chiave per mostrarla trionfalmente a Percy il quale, sorridendo divertito, allungò la mano per prenderla. Ma, proprio quando le sue dita erano a due centimetri dal metallo argentato, la ragazza spostò fulmineamente la mano, nascondendo la chiave all'interno del reggiseno che si riusciva a intravedere dal top nero attillato.
«Se vuoi la chiave, credo tu debba prendertela da solo» annunciò Annabeth, accompagnando la frase con una risatina – di nuovo.
Okay, quello decisamente confermava l'ipotesi che Percy aveva cominciato a formulare in macchina, mentre guardava la ragazza parlare con il proprio dito indice: Annabeth Chase si trasformava in una mezza oca quando beveva. Mezza perché, sotto sotto, rimaneva sempre la solita ragazza ligia alle regole, un po' riservata.
In fondo, però, Percy era felice di aver conosciuto quel lato di Annabeth, allegro ed estroverso: poteva scommettere dieci bigliettoni che fosse uno dei pochi ad aver avuto il piacere di vedere Annabeth Chase ubriaca.
Percy abbassò lo sguardo sulla scollatura della ragazza, intenzionato a scoprire quanto in profondità stesse la chiave – non per lo spettacolo, ovviamente, cosa andate a pensare? –, e si trovò a deglutire quando Annabeth inspirò, mettendo bene in risalto le sue curve.
Certo, gli sarebbe bastato allungare un po' la mano, e con le unghie di due dita prendere la chiave, evitando al minimo ogni contatto con la pelle morbida dei suoi seni – perché sì, una parte del suo cervello sapeva che Annabeth aveva la pelle morbida –, e tutto si sarebbe risolto in pochi minuti. Ma Percy era pur sempre un gentil uomo, ben diverso dal coglione del pub, e non avrebbe mai messo le mani nel reggiseno di una ragazza ubriaca per scherzo, nemmeno se la stessa fosse stata d'accordo.
Non rimaneva che un'unica cosa da fare.
«Annabeth Chase, dammi subito quella chiave, altrimenti chiamo la madre della tua amica formica e le dico di venirla a prendere. È questo che vuoi?»
Percy non riusciva a credere di averlo detto veramente, ma la sua minaccia sembrò andare a segno perché, dopo aver sbuffato sonoramente, Annabeth recuperò la chiave e la mise nel palmo della mano di lui, aperto in avanti.
«Sei proprio un guastafeste» borbottò la ragazza facendo il broncio.
Percy decise di non badarci, così la fece spostare delicatamente dalla porta, per poter raggiungere la serratura senza urtarla ulteriormente; era già instabile per conto suo.
Purtroppo, nel momento esatto in cui abbassò la maniglia, Percy venne colpito pesantemente, e rischiò di cadere sul serio a terra, se non fosse stato per i suoi riflessi pronti: probabilmente, un lottatore di wrestling avrebbe fatto meno danni. Un urletto stridulo seguì quel trambusto.
«Pipì, pipì, pipì, pipììììì...»
Percy fece appena in tempo a vedere una figura indistinta – che identificò come Annabeth a causa dei capelli biondi – e una porta sulla parete destra sbattere che tutto finì, e lui si trovò a cavallo tra il corridoio del dormitorio e la stanza di Annabeth Chase, con una chiave calda in mano e il presentimento di essere stato teletrasportato in una realtà alternativa, dove le persone facevano esattamente il contrario del normale, e di cui lui era l'unico superstite sano di mente.
Scosse la testa, trovando la situazione così buffa che proprio non poté evitare di scoppiare a ridere: con un po' – un bel po' – di alcool nel sangue, Annabeth era una vera forza della natura.
Quando alla fine si calmò, Percy chiuse la porta, guardandosi attorno nella stanza con malcelata curiosità. Sia chiaro, per principio odiava le persone che ficcavano il naso negli affari altrui, ma era davvero molto curioso di scoprire un po' di più sul conto di Annabeth, e la sua stanza poteva rivelare molti dettagli.
Ad esempio, la prima cosa che saltava all'occhio era la libreria stipata di tomi, che occupava una parete intera. Fogli ben impilati sulla scrivania, lenzuola senza una piega, sedia allineata perpendicolarmente al tavolo... In quella stanza non c'era una singola cosa fuori posto, segno evidente che Annabeth fosse una grande fanatica dell'ordine.
Poi lo sguardo di Percy cadde su una massa a terra, posta tra il letto e l'armadio a muro, che sembrava essere l'unico elemento fuori posto. Si chinò per raccoglierlo e proprio non poté evitare di sghignazzare come un quattordicenne nella stanza della propria sorella maggiore, che ficca il naso nel cassetto della biancheria intima, quando prese coscienza di ciò che teneva in mano: un reggiseno di pizzo rosso che, ad occhio e croce, doveva appartenere all'ultima collezione Autunno Inverno di Victoria's Secret. E no, non era un maniaco di lingerie, ma Jason aveva questa strana abitudine di sfogliare i cataloghi assortiti del marchio e, per caso, Percy si era trovato a darci un'occhiata qualche volta – quelle riviste erano persino meglio di Playboy, a volte.
Scosse la testa per scacciare quei pensieri che lo stavano un po' destabilizzando, così decise di concentrarsi sul motivo per cui era in quella camera: assicurarsi che Annabeth stesse bene. E considerando gli strani rumori provenienti dal bagno, non ne era poi così sicuro.
«Ehi, tutto bene lì dentro?» domandò ad alta voce, dopo aver bussato alla porta.
Dall'interno si sentì un tonfo, seguito da un «Sì, tutto okay!» attutito.
Percy dubitava che fosse tutto okay, ma decise di non voler sapere cosa stesse succedendo, pensando che l'ignoranza, a volte, poteva essere una vera benedizione.
«Perfetto! Allora credo proprio che me ne andrò a casa perc-»
«NO! Dammi solo un attimo che...» la voce di Annabeth si spense gradualmente finché nella stanza calò il silenzio, con Percy che si dondolava nervosamente da un piede all'altro, perplesso sul da farsi. Una parte di lui – una grossa parte di lui – non voleva affatto tornare a casa. Dopotutto, doveva ammettere a se stesso che la serata si era rivelata più divertente del previsto. Il problema era un'altro: quale scusa avrebbe trovato per trattenersi? Annabeth era ubriaca e aveva seriamente bisogno di smaltire la sbornia con una bella dormita, quindi Percy sarebbe solo stato di intr-...
La porta del bagno si aprì di colpo, con uno slancio tanto forte che andò a sbatté contro il muro producendo un suono ovattato. Ma a Percy non importava proprio nulla se la maniglia d'ottone si fosse ammaccata perché davanti a lui svettava Annabeth, la quale indossava esclusivamente un paio di décolleté nere e – mancò poco che Percy soffocasse con la sua stessa saliva – un'altro completino di Victoria's Secret, questa volta appartenente alla collezione Primavera Estate dell'anno precedente.
Percy aprì la bocca per dire qualcosa, ma c'era il serio rischio che dalle labbra gli uscissero solo degli strani suoni, la cui provenienza non era molto chiara, per cui decise saggiamente di starsene in silenzio e limitarsi a deglutire, cercando con ogni particella del suo essere di distogliere lo sguardo da tutto quel ben di Dio. Perché sì, a quel punto Percy si trovava costretto ad ammettere che Annabeth era una bella ragazza, e Dio solo sapeva quanto fosse sexy in quel momento.
Ora, se non siete maschi, c'è una cosa che dovete sapere: non c'è assolutamente nulla di più sensuale – tranne forse la nudità completa – di una donna in biancheria intima – sia benedetta Victoria con i suoi segreti! – e tacchi.
Perché Annabeth si ostinava a nascondere quella vita sottile e le lunghe gambe toniche? Percy non sapeva molto della sua vita privata, ma era un vero miracolo che nessun ragazzo se ne fosse ancora accorto perché, altrimenti, Annabeth non sarebbe mai andata a ubriacarsi in completa solitudine un venerdì sera, sicuro come l'acqua calda.
La ragazza gli sorrise in modo strano mentre camminava in direzione del letto. Il suo ancheggiamento sarebbe stato anche sensuale se, a un certo punto, non avesse ondeggiato un po' troppo verso destra, rischiando seriamente di cadere per l'ennesima volta quella sera. In qualche modo, però, riuscì a raggiungere il letto senza riportare gravi danni dove si sedette, accavallando una gamba sull'altra e mostrando talmente tanta pelle nuda che i peli delle braccia di Percy si rizzarono.
Dal canto suo, il ragazzo non sapeva proprio cosa fosse giusto dire o fare. Partendo dal presupposto che per quella sera aveva pensato semplicemente di tornarsene a casa e stendersi, ora si trovava davanti una ragazza più nuda che vestita, la quale, oltre a essere ubriaca, gli rivolgeva sguardi provocanti, dopo aver passato l'ultima ora a fare una cosa più strana dell'altra, come ad esempio parlare con le formiche.
Distolse lo sguardo da Annabeth, cercando qualcosa di più interessante da guardare, ma il fato doveva avercela con lui quella sera perché, inavvertitamente, i suoi occhi caddero sull'unico reggiseno fuori posto della camera, il quale non lo aiutò di certo a spegnere i bollenti spiriti che cominciava a sentire.
Ti prego, Signore, abbi pietà di me, implorò.
Qualcuno lassù doveva averlo davvero sentito perché, pochi secondi dopo, accadde l'ennesima cosa senza senso della serata: Annabeth scoppiò a piangere. Non un pianto silenzioso, no! Un vero e proprio fiume di lacrime, con aggiunta di singhiozzi violenti e guance paonazze.
Qualsiasi pensiero lussurioso stesse passando per la testa di Percy svanì di botto, mentre lui si domandava perché diavolo Annabeth fosse passata dal filtrare con lui– sì, era quasi sicuro che lei ci stesse provando – al piangere disperata.
Percy era davvero, davvero confuso e anche un po' spiazzato: non era affatto abituato a trovarsi da solo con una ragazza in lacrime – quasi nuda, per di più. Solitamente, se arrivavano a togliersi i vestiti, le donne sorridevano, ridevano, ansimavano. Ma non piangevano.
Si affrettò a scacciare quel pensiero per nulla pertinente alla situazione, considerando che loro non si erano nemmeno mai baciati, e a correre in soccorso ad Annabeth, circondandole la schiena con un braccio. Mossa inutile visto che lei lo travolse in un abbraccio stretto, nascondendo il viso nel suo petto e artigliandogli la maglietta tra due pugni, mentre le lacrime inzuppavano il cotone grigio.
Percy si irrigidì involontariamente, con gli occhi spalancati: non si aspettava uno slancio così diretto da parte di Annabeth, sopratutto viste le condizioni critiche in cui riversava.
Sentì chiaramente i seni di lei premere sul suo addome e le braccia esili ma forti stringerlo con più forza mano a mano che i secondi passavano, così alla fine si rilassò e ricambiò la stretta, pensando che, in questo modo, Annabeth avrebbe potuto sentire di essere compresa.
Ma compresa per cosa?
«Ehi! Tranquilla, va tutto bene...» mormorò Percy con il naso nei capelli della ragazza mentre la cullava lentamente. «Perché piangi?»
Ciò che Annabeth fece dopo, fu di sottrarsi dall'abbraccio lentamente e in contemporanea tirare su con il naso. Una cosa non proprio sensuale, insomma; ma, quando Percy le lanciò un'occhiata, non poté evitare di pensare che fosse una delle ragazze più belle che avesse mai visto, anche con il moccio al naso e le guance paonazze.
Nel frattempo, Annabeth si era allungata sul letto, infilando una mano sotto il cuscino per poi tirarne fuori un foglio tutto spiegazzato, completamente pieno di scritte in penna blu, ad esclusione di un segno rosso nell'angolo in alto a destra.
Quando Percy comprese che quello era un test dal quasi massimo punteggio, si chiese come ciò potesse spiegare l'improvvisa crisi di pianto di Annabeth, ma non ebbe il tempo di chiederlo perché la ragazza prese ad agitare le mani, con uno sguardo disperato.
«Questo è un disastro di proporzioni epiche! Quasi peggio del diluvio universale e del tradimento di Giuda, Percy!» esclamò mentre si passava le mani tra i capelli scompigliati. «La mia media è rovinata per sempre! Dove finirò, eh? Te lo dico io! Sotto un ponte, ecco dove! A fare compagnia agli altri barboni, con una bottiglia di whi... whischy in mano e la barba sporca!»
Percy la guardò per qualche istante attonito, poi fece un sorrisetto divertito, capendo di aver trovato la risposta sia alle lacrime che al motivo per cui Annabeth era ubriaca.
«Quindi è per questo che sei andata al pub da sola, questa sera?» domandò, giusto per averne la conferma e, quando Annabeth annuì mogia, lui le alzò il mento con un dito, per guardarla dritta negli occhi. Percy rimase intenerito da quella scena: non aveva mai visto nessuno preoccuparsi a tal punto per aver preso poco meno della perfezione in un test, ma, per quanto potesse sembrare strano, poteva capire il motivo che aveva spinto Annabeth a comportarsi in quel modo. Dopotutto, lei era abituata a dare sempre il massimo in qualunque cosa facesse e non tollerava meno dell'eccellenza. Non ci voleva mica un genio per capirlo.
«Primo: non finirai sotto un ponte e non diventerai una barbona solo perché hai sbagliato un paio di risposte, okay? Sono certo che diventerai un grande...» si bloccò, rendendosi conto di non sapere cosa volesse fare Annabeth dopo il college.
Fortunatamente, lei gli andò in aiuto mentre si puliva il naso con un fazzolettino.
«Architetto.»
«Esatto, diventerai un grandissimo architetto! Costruirai case, edifici, grattacieli e... anche quei ponti sotto i quali vivono i barboni» disse per alleggerirle un po' la tensione.
Annabeth sorrise leggermente.
«Secondo» riprese Percy. «Non è affatto un disastro. Vedila più come una prova: ora tutti sappiamo che non sei un mostro che prende sempre la lode, ma che puoi sbagliare esattamente come noi altri mortali» mormorò, spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Lei sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
Era bella. Molto bella. Percy si stupì di non essersene accorto prima di quella sera, sopratutto visto che durante le lezioni di filosofia, di solito si guardava attorno annoiato per la maggior parte del tempo. E poi, beh, era quasi nuda e sopratutto single, proprio come lui...
Percy Jackson, piantalo subito!, si rimproverò. Annabeth era sia emotivamente che fisicamente instabile e non era né nel suo carattere né nell'educazione che sua madre gli aveva impartito approfittarsi di una donzella ubriaca, nemmeno se questa gli si offriva spontaneamente nuda. Se proprio voleva combinare qualcosa con Annabeth, avrebbe dovuto aspettare il giorno successivo.
Ma poi i suoi nobili piani andarono in fumo quando lei alzò lo sguardo, con gli occhi che brillavano, incrociando il suo, e sorrise.
Non un sorriso lascivo come quello del bagno, né timido come suo solito. Solo... diverso.
Percy percepì il momento esatto in cui l'atmosfera si fece strana perché qualcosa tra di loro cambiò, e si ritrovarono ad avvicinare il viso l'uno a quello dell'altra, lentamente, mentre gli sguardi rimanevano concatenati da una forza invisibile.
E poi, nell'istante in cui le loro labbra si sfiorarono, Annabeth spalancò gli occhi, pallida in volto, ritraendosi di scatto dalle braccia di Percy e correndo verso il bagno con una mano sulla bocca, dove vomitò whiscky a volontà.


 


Era la mattina di un bel sabato, il sole splendeva sul campus e gli studenti passeggiavano tranquilli, decisi a godersi il caldo prima che arrivasse definitivamente l'Inverno.
Annabeth si svegliò con la luce che filtrava dalla finestra del bagno negli occhi, e pensò di stare per morire lì, seduta stante. Non solo un forte mal di testa le comprimeva il cervello, ma il suo materasso doveva essere diventato improvvisamente di pietra perché le facevano male sia le braccia che le gambe. Ciò che però la stupì maggiormente, fu di sentire qualcosa di morbido sotto il collo e uno strano calore che si irradiava dalla schiena, come se fosse stata sdraiata su un termosifone.
Che le fosse arrivato il ciclo? Era per quello che si sentiva così di merda?
Strizzò le palpebre mentre si metteva seduta e, non appena i suoi occhi si abituarono alla luce, rimase confusa nel constatare che sotto di lei non c'era un materasso, ma un vero e proprio pavimento di pietra, simile a quello del suo bagno.
Girò la testa verso destra e si trovò faccia a faccia con un lavandino e una doccia, altrettanto familiari perché quello era davvero il suo bagno nel quale lei, evidentemente, aveva deciso di passarci la notte.
E la situazione era destinata ad assumere una piega ancora più sinistra perché vide una maglietta di cotone grigio adagiata sul pavimento, a qualche centimetro da lei, che a dispetto del resto del bagno, non le era per nulla familiare. Il battito aumentò.
Ma il disastro avvenne quando sentì un sospirò alle sue spalle e Annabeth, con il cuore in gola, si voltò, scoprendo che, accanto a lei, dormiva un ragazzo senza maglietta, con un braccio allungato per farle da cuscino e i capelli neri scompigliati selvaggiamente.
«E tu che diavolo ci fai qui?!» esclamò, cercando inutilmente di limitare il tono isterico.
Quando lui aprì gli occhi, rivelando di averli di un verde intenso, Annabeth capì di essere nei guai. Grossi, grossi guai. Perché quello era Percy Jackson, l'amico del ragazzo di Piper, suo compagno di corso e, ultimo ma non meno importante, il ragazzo per cui aveva una cotta da mesi.
Percy Jackson. Nel suo bagno. Senza maglietta.
Che aveva fatto di male per meritarsi tutto questo?
«Buongiorno anche a te! Come stai?» domandò il ragazzo mentre si stropicciava gli occhi, accennando un sorriso gentile.
Tutto ciò era sbagliato. Assolutamente sbagliato.
Annabeth abbassò il capo per cercare di distogliere lo sguardo dagli addominali di Percy e desiderò non averlo mai fatto perché, confermando la strana e assurda ipotesi che cominciava a formularle in testa, vide di essere nuda, ad esclusione del misero reggiseno coordinato a mutandina di pizzo di Vitoria Secrets che le aveva regalato Piper l'anno prima, in occasione di un appuntamento particolarmente atteso.
Con il cuore che le batteva furiosamente e le guance rosse per l'imbarazzo, si affrettò a recuperare la maglietta grigia dal pavimento per cercare di coprirsi il più possibile.
«Ehi! Stai bene?» domandò Percy preoccupato davanti all'espressione impanicata di Annabeth.
«C-che è successo?» chiese lei, evitando il più possibile d'incrociale gli occhi di lui. Non poteva credere di starlo per domandare, ma doveva sapere e c'era soltanto un modo.
«Abbiamo... Abbiamo fatto...»
Azzardò un'occhiata da sotto le ciglia e si stupì nel vedere che Percy aveva la fronte aggrottata, un'espressione perplessa dipinta sul volto. Voleva proprio vederla morta?
«... Sesso?» sussurrò, facendo una smorfia.
Finalmente la nebbia diradò dalla faccia di Percy che, dal canto suo, prima spalancò gli occhi, poi scoppiò in una breve risata, accompagnata dallo scuotimento energico della testa.
«No, se tenerti caldo con il mio corpo non vuol dire fare sesso» commentò, accennando un sorrisetto imbarazzato. «Ma credo ci fossimo abbastanza vicini a un certo punto, ma poi tu... beh...» e fece il gesto di mettersi il dito indice in bocca, accennando poi al water con la testa.
«Santiddio...» mormorò Annabeth, inorridendo al pensiero della pessima figura che aveva fatto davanti a Percy. Non esattamente il modo migliore per mostrarsi desiderabile agli occhi del ragazzo per cui avevi una cotta da mesi!
Ma c'era ancora qualcosa che non quadrava in quella storia, per esempio: perché c'era proprio lui lì con lei? E sopratutto, perché diavolo era senza maglietta?
«Cos'è successo?» chiese esitante, non proprio sicura di volerlo sapere.
Percy le raccontò tutta la storia, da quando l'aveva trovata davanti alla piscina, al momento in cui si era addormentato, non prima di essersi assicurato che lei stesse bene. Così, Annabeth scoprì di non reggere molto bene l'alcool e che il modo migliore di tenere caldo a una persona era trasmetterlo con il proprio corpo.
Probabilmente, al mondo non c'era mai stata persona più in imbarazzo di quanto lo fosse lei in quel momento mentre ascoltava di com'era uscita dal bagno praticamente nuda e di come – per l'amor di Dio! L'alcool le aveva avvelenato il cervello? – avesse cominciato a parlare con una formica immaginaria.
Per fortuna, Annabeth non ebbe il tempo di metabolizzare tutte quelle orribili informazioni perché, non appena Percy smise di raccontare quanto whisky assunto avesse vomitato, il ragazzo domandò: «Allora, ti andrebbe di uscire con me questa sera? Possiamo mangiare una pizza e magari andare al cinema. Prima però devo fare una sosta al pub in cui sei stata ieri... E ricordami di prendere del ghiaccio per la mano!»

Ciò che accadde dopo non ci è dato sapere, ma non furono poche le volte in cui Percy si trovò a ringraziare Victoria's Secret per i magnifici cataloghi di lingerie prodotti.
 
 
Macciao, bella gente!
Eccomi qui con l'OS di cui vi ho parlato l'altro giorno sulla pagina FB. Come potete vedere è una College!AU, ovviamente con protagonista la Percabeth u.u
È stata scritta per un contest quindi gli elementi erano quelli che erano (?). La storia non mi entusiasma moltissimo per vari motivi, ma secondo Giuls andava bene così, so, l'ho lasciata invariata.
Btw, non so esattamente cosa ne sia uscito, ma mi sono divertita parecchio a scriverla, in particolare le parti di Annabeth ubriaca perché sì, credo sia una vera forza della natura quand'è brilla.
Veniamo quindi alle solite domande: vi è piaciuto? Che ne pensate? Troppo demenziale? Troppo no-sense? Beh, magari fatemelo sapere con un commentino ^^
Altra cosa: ho aperto un nuovo contest sul forum di efp con Kirame amvs. Se siete interessanti, fate un salto qui ^^
Come sempre un grazie a tutti coloro che mi seguono <3 Vi voglio bene!
Un bacione gigantesco,
Annie
 

Come sempre, potete trovarmi qui
[
Facebook – Ask  Wattpad  Tumblr ]
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: AnnabethJackson