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Autore: OfeliaMontgomery    13/08/2015    0 recensioni
|| Claribel Ravenstorm frequenta il secondo anno all'accademia Ravenstorm, scuola gestita dal padre adottivo. Claribel è una mezza-demone ed è costantemente presa in giro per il suo aspetto e il suo sangue demoniaco e, secondo ai suoi compagni simile a Samara di The Ring. Claribel, in realtà è una ragazza molto timida e molto sensibile, infatti più volte si ritrova a piangere nella sua stanza. All'accademia Ravenstorm vi sono anche altre razze miste, tra cui: mezzi-vampiri, mezzi-licantropi, mezze-streghe e stregoni, mezze-fate, mezzi-elfi e mezze-sirene. Infatti la sua unica amica si chiama Aqua ed è una mezza-sirena.
Ma un giorno l'arrivo di un nuovo alunno sconvolgerà la vita di Claribel. Scoprirà da lui la verità sul suo vero padre che la sconvolgerà tremendamente. Persone che ha sempre pensato la odiassero, si avvicineranno a lei per aiutarla nella sua battaglia contro al suo stesso padre, ovvero Lucifero in persona. ||
[AGGIORNAMENTI SETTIMANALI]
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«Ho dimenticato il diario in classe, vado a prenderlo. Ci vediamo in classe» dissi ad Aqua, mentre feci retromarcia ed iniziai a correre verso l'aula demoniaca.
Quando entrai nell'aula, la trovai, per fortuna, ancora vuota. Mi avviai a passo spedito verso il mio banco e presi il diario dal porta libri sotto ad esso.
Lo misi in borsa e poi di corsa uscii dalla classe. Non stavo guardando dove stavo andando, come sempre d'altronde, e mi scontrai con il petto duro di qualcuno. Caddi al suolo come un sacco di patate e picchiai malamente il fondoschiena.
«Ahi» esclamai emettendo un forte verso di dolore. Ero finita con culo per terra e con esso, anche tutti gli oggetti che poco prima si trovavano dentro alla mia borsa.
«S-scusa» balbettai imbarazzata, con le guance in fiamme e con lo sguardo rivolto verso il pavimento. Non avevo il coraggio di alzare lo sguardo. Ma il tipo con cui mi ero scontrata non diceva nulla e questo mi rendeva ancora più nervosa.
Sentii il ragazzo ridere con gran enfasi e pensai che si stesse prendendo gioco di me, «Tranquilla, capita a tutti di avere la testa fra le nuvole» disse infine. Beh, in verità io ero sempre così e poi non ero proprio fra le nuvole, semplicemente non stavo guardando davanti a me per non incrociare lo sguardo di altre persone.
«Gomen nasai» mi alzai lentamente e con un po' di fatica. Sembravo un bradipo da quanto mi muovevo lentamente e goffamente. Ciuuin mi salì alla svelta sulla spalla destra, prima si era intrufolato dentro alla mia borsa per dormire un po', e si nascose fra i miei capelli, come prima in classe. Raccolsi le mie cose e le ficcai con violenza dentro alla mia borsa poi alzai appena lo sguardo e incrociai gli occhi con quelli di lui che erano glaciali e penetranti. Aveva la pupilla verticale, quindi era un mezzo demone come me. Il problema era che quel ragazzo non l'avevo mai visto prima ed io conoscevo tutti almeno di vista e sapevo i nomi di tutti, compresi insegnanti, bidelli e cuoche.
Aveva capelli corvini, scalati e lunghi fino alle spalle, che gli incorniciavano quel viso perfettamente squadrato e levigato. La pelle era diafana e faceva contrasto con lo scuro dei capelli e il chiaro di quei piccoli occhi magnetici. Sul labbro inferiore portava un piercing a cerchio e gli stava dannatamente bene. Lo rendeva ancora più sexy. Alt Claribel, non erano pensieri da fare in quel momento.
Le guance mi si tinsero nuovamente di rosso ed iniziai a balbettare sillabe a caso. Il ragazzo rise nuovamente, «Calma, non ti mangio» disse scherzosamente e accennando un sorriso che aveva quel qualcosa di tetro, ma allo stesso tempo affascinante.
«Sei nuovo?» gli domandai distogliendo lo sguardo da lui per puntarlo verso qualcos'altro, come le mie unghie appuntite che necessitavano di un aiuto da parte di Aqua.
«Sì. Trasferito oggi e penso di aver appena perso la prima lezione. Questi corridoi sono infiniti e ad ogni svolta, mi sembrava di sbagliare strada e quindi facevo retromarcia e provavo un'altra via. Ho perso un'ora in questi corridoi, ma alla fine ci sono arrivato all'aula demoniaca» disse leggermente imbarazzato, grattandosi la nuca.
«S-siamo in classe insieme, quindi. Sono la figlia del preside, quindi con me non ti p-puoi perdere» balbettai mettendomi al suo fianco.
«Bene. Allora andiamo mia dolce guida. Comunque sono Sebastian» replicò lui.
Il rosso sulle mie guance aveva deciso di non abbandonarmi perché le sentivo bollenti e il mio cuore aveva iniziato a battere freneticamente nel petto.
«C-claribel».
Incominciai a muovere qualche passo e Sebastian mi seguì a ruota.
«Piacere C-claribel» disse scherzosamente, facendomi battere ancora più velocemente il cuore nel petto.
«Comunque è uno zurkoi quel piccolo demone, vero?» domandò di punto in bianco, dopo essersi messo al mio fianco e indicato Ciuuin, che aveva fatto sbucare la testolina da sotto i miei capelli.
«Sì, si chiama Ciuuin» risposi accarezzando la testolina del zurkoi, sfiorando con i polpastrelli le piccole cornine dure. Sebastian mi sorrise poi tornò a guardare davanti a sé.
Dopo aver svoltato a sinistra al bivio infondo a quel corridoio, ci imbattemmo in mio padre che si stava mangiucchiando un pasticcino, sicuramente preparato da Sheena, la cuoca.
«Preside Ravenstorm» esclamai cordialmente. Lui mi guardò torvo poi posò il suo sguardo su Sebastian e sorrise.
«Bambina mia quante volte ti ho detto che puoi tranquillamente chiamarmi papà» esordì guardando dalla mia parte. Gli sorrisi imbarazzata.
«E' imbarazzante chiamarti papà davanti agli altri» dissi grattandomi la nuca in imbarazzo. Lui mi lanciò un'occhiataccia poi tornò sorridente come sempre.
«Vedo che ha già fatto la conoscenza di mia figlia, signorino Black» questa volta si
rivolse a Sebastian che annuì ed infine accennò un sorriso.
«Mi sono perso e la sua dolcissima figlia si è offerta di accompagnarmi verso l'aula della prossima lezione» spiegò Sebastian cordialmente poi accennò un sorriso ed infine tornò ad essere serio.
«Fantastico! Allora vi lascio andare» esclamò fin troppo allegro mio padre. Emisi un sospiro impercettibile agli altri due, poi aspettai che mio padre si allontanasse da noi.
«Bye, bye. Ah, tesoro, durante la pausa pranzo vieni nel mio ufficio» mio padre ci salutò con la mano poi svoltò l'angolo e scomparve dalla nostra visuale.
Emisi un forte sospiro di sollievo. Mio padre si ostinava a volersi far chiamare papà anche quando eravamo in ambito scolastico e non famigliare. Mi vergognavo troppo a chiamarlo papà davanti ai miei compagni di classe. Non volevo dare a loro un altro motivo per prendermi in giro; non volevo dare a loro un altro motivo per ferirmi.
«Simpatico tuo padre» parlò Sebastian con voce calma, accennando anche un piccolo sorriso.
Gli sorrisi timidamente, con anche il rossore sulle guance ad accompagnarmi.
«Sei davvero graziosa quando sorridi. Beh, ora è meglio andare in classe, no?» sentii il cuore fare una capriola nel petto, era il primo ragazzo a farmi un complimento. Mi sentivo così felice che non riuscivo a smettere di accennare dei timidi sorrisi. Poi annuii.
Dopo due svolte a destra e una a sinistra, arrivammo davanti alla porta di legno, dipinta di azzurro dalle mezze sirene e con inciso sopra la scritta: aula marina.
Feci un profondo respiro, mentre cercavo di calmare il battito del cuore e il nervosismo. Avevo persino le mani sudate. Odiavo entrare dopo che tutti gli altri si trovavano già al loro posto.
Bussai alla porta; dopo aver ricevuto il consenso da parte del professore per entrare, varcai la soglia con Sebastian al mio seguito.
Mi spostai di fianco, spiaccicandomi contro alla lavagna poi iniziai a balbettare qualcosa come il nome di Sebastian. Sentii i miei compagni ridacchiare, seguite da battutacce rivolte verso, secondo loro, la mia stupidità.
Strinsi i pugni lungo ai fianchi poi dopo aver preso un gran respiro, presentai a tutta la classe il nuovo arrivato.
«L-lui è S-sebastian Black, da oggi studierà qui» balbettai un po', ma almeno ero riuscita a pronunciare il suo nome e cognome.
Sebastian si passò una mano fra la folta chioma corvina e mezza classe - le ragazze - iniziarono a fare apprezzamenti sul suo aspetto, nonostante fosse un mezzo demone.
«Piacere» parlò con voce soave e profonda mentre guardava l'intera classe con i suoi occhi penetranti.
Sentii i ragazzi - di tutte le razze - fare versi di disapprovazione. Sentii anche che un licantropo borbottò un «tiratala di meno, che sei solo un sporco mezzo demone» con fare scazzato.
Stavo tremando come un gattino bagnato, quando Aqua balzò in aria e con due falcate mi raggiunse. C-che diamine stava succedendo?
Aqua mi sorrise diabolicamente poi mi afferrò violentemente il polso e strinse con gran forza le dita intorno ad esso e, sotto alle proteste e grida del professore, mi trascinò fuori dalla classe.
«A-aqua che fai? Fermati!» protestai cercando di divincolarmi dalla sua presa ferrea, ma lei era molto più forte di me, quindi fu inutile cercare di fermarla. Si fermò solamente dopo che ci fummo allontanate per bene dall'aula marina. Lasciò il mio polso dolorante ed io potei finalmente massaggiarmi la parte lesa.
Feci due passi in avanti e grazie alla mia grandissima sfiga, inciampai nei miei stessi piedi. Ero sul punto di cadere in avanti e picchiare il viso, quando due braccia mi avvolsero da dietro e il mio cuore perse un colpo. Aqua spalancò gli occhi poi iniziò a boccheggiare come un pesce fuor d'acqua.
«Che faticaccia. Per seguirvi ho rischiato di perdermi almeno due volte» la voce vellutata di Sebastian mi arrivò alle orecchie come una dolce melodia. Iniziai a tremare imbarazzata; le guance ritornarono ad tingersi di un rosso scarlatto e il cuore cominciò a battere all'impazzata. Mi mancava il respiro e non riuscivo a stare calma. Sarei potuta morire di crepa cuore da un momento all'altro, per colpa di Sebastian occhi di ghiaccio.
Lo sentii ridacchiare vicino al mio orecchio destro e il mio cuore fece due salti mortali nel petto. Sentirlo così vicino, mi rese ancora più nervosa.
Poi senza preavviso, le braccia forti e muscolose di Sebastian si slacciarono dal mio corpo ed io tornai a respirare. Feci profondi respiri poi cercai di calmarmi ed infine mi girai verso di lui, facendo svolazzare nell'aria i miei lunghi capelli.
«S-sebastian, c-che ci fai qui?» chiesi balbettando con le gote arrossate. Davanti a quegli occhi penetranti e a quel viso perfetto, ero incapace di formulare una frase senza balbettare. Mi sentivo in imbarazzo e nervosa. Era stato il primo ragazzo a rivolgermi la parola senza insultarmi o prendermi in giro. E mi aveva persino fatto un complimento sul mio sorriso. Forse era anche per questo che mi sentivo così nervosa, oltre al fatto che fosse un ragazzo di una bellezza accecante.
«Il professore mi ha mandato a cercarvi» alzò le spalle poi le scrollò con nonchalance. Dopodichè guardò oltre alle mie spalle e fece un sorriso a trentadue denti ad Aqua, che ancora non aveva proferito parola.
«Piacere di conoscerti» le disse gentilmente.
Aqua lo fissò per una manciata di secondi poi ricambiò il sorriso, «Aqua. Piacere mio».
Io, in mezzo a loro due, mi sentivo leggermente di troppo. Mi schiarii la voce, attirando la loro attenzione su di me, «F-forse è meglio tornare in classe. S-sebastian non può perdere un'altra ora» dissi timidamente.
I due acconsentirono senza fare storie. Quindi eccoci qui, nell'aula marina a provare a fare degli esercizi con l'elemento dell'acqua.
Ovviamente ad Aqua gli esercizi uscirono alla perfezione, essendo una mezza sirena. Mentre io feci cilecca almeno una quindicina di volte, prima di arrendermi e mandare tutto al diavolo.
Sebastian, non sapevo come, ci riuscì al primo colpo. Ne rimasi sbalordita perché l'elemento dell'acqua veniva padroneggiato meglio dalle sirene, dalle fate, dalle streghe e dagli elfi. Dopo che tutti ebbero provato a fare l'incantesimo con scarsi risultati a parte quelli sopra citati, la campanella suonò, segnando la fine della seconda ora.
 
La prima giornata scolastica finii molto lentamente. Aqua era già scappata verso la mensa, mentre Sebastian era circondato di mezze demoni che gli facevano delle avances. Lui si aprì in un sorriso smagliante poi si passò sensualmente una mano fra i capelli e, le mezze demoni gli fecero diversi apprezzamenti ed emisero gridolini imbarazzanti.
Roteai gli occhi seccata poi sgattaiolai via e mi diressi verso l'ufficio di papà.
L'ufficio di mio padre si trovava al primo piano, alla fine dell'ala ovest.
Camminavo lentamente, lungo quel corridoio un po' cupo e dalle pareti grigiastre.
Ciuuin si dondolava in avanti e indietro sui miei capelli. Ridacchiava divertito. E la sua risata era infantile e adorabile.
Le luci a neon sul soffitto traballavano leggermente e proiettavano strane ombre sul muro. Mio padre non si era ancora deciso a farle cambiare con quelle nuove e quindi quel corridoio era il meno illuminato dell’accademia.
Mi piazzai davanti alla porta di legno scuro che portava all'ufficio di mio padre o presidenza, poi feci un profondo respiro, bussai due colpi ed infine stetti in attesta di una sua risposta.
«Entra tesoro» la risposta di mio padre non tardò arrivare.
Aprii lentamente la porta poi entrai al suo interno e un profumo nauseante di vaniglia mi invase le narici, facendomi storcere il naso per la nausea appena venuta.
«Ciao papà» lo salutai tranquilla, accomodandomi sulla poltrona di fronte alla cattedra di mio padre.
Come sempre lo studio o presidenza, decidete voi come chiamarlo, era pieno zeppo di fogli sparsi ovunque. Libri aperti buttati a terra come se fossero spazzatura. Cera di candele colata sul davanzale della stanza. Lui e la sua mania per le candele profumate, almeno ogni tanto poteva controllarle, per non fare colare dappertutto la cera. Ma invece no, lasciava che la cera rovinasse la mobilia. Ed infine cartoni, sacchetti e lattine di cibo spazzatura, buttati nel cestino, già pieno fino all'orlo.
«E quel demone?» chiese alzando il viso dal suo libro e indicando con lo sguardo Ciuuin.
Ciuuin batté le mani tra loro poi fece una piccola smorfia sorridente, «Ciuuin, ciuu» mormorò affettuosamente.
«Si chiama Ciuuin ed è un zurkoi. Durante la lezione nell'aula demoniaca abbiamo fatto delle evocazioni e lui è apparso dentro al mio pentacolo» spiegai sorridendo a Ciuuin. Lui mosse la manina poi si nascose nuovamente fra i miei capelli.
Mio padre annuì poi si aggiustò gli occhiali sul naso e tornò con lo sguardo sul suo libro.
«Clari, ho delle commissioni da farti fare» ecco svelato il motivo per cui mi voleva nel suo ufficio. Mio padre non usciva quasi mai dall'accademia - chissà per quale motivo -, quindi mandava o me o Aqua. Non che mi dispiacesse uscire dall'accademia, ma proprio ora dovevo andarci? Io avevo fame.
«Devo andarci proprio ora?» domandai, grattandomi una guancia.
Lui mi sorrise, «Certo che no! Puoi tranquillamente mangiare, ti ho fatto comprare una pizza» tirò fuori, da sotto alla cattedra, la scatola contenente la pizza e l'appoggiò sopra alla pila di fogli che si trovavano su quel macello che non si poteva definire scrivania.
Gli sorrisi affettuosamente poi mi fiondai sulla pizza. Aprii la scatola e la mia pancia a quella vista meravigliosa, iniziò a brontolare affamata. Pizza con patatine e salame, la mia preferita.
Presi una prima fetta e me la portai alla bocca. Ne diedi un enorme morso poi me la gustai al meglio. Il gusto del salame e delle patatine invase la mia bocca e le mie papille gustative fecero i salti di gioia. Diedi altri due morsi e finii la prima fetta. Una fetta tira l'altra e la pizza finì prima di quanto mi aspettassi.
«Sono felice che tu abbia fatto amicizia con il signorino Black, sarebbe bello se diventasse il tuo fidanzato» mio padre spezzò il silenzio che si era creato con questa bellissima frase imbarazzante. Mi strozzai con l'acqua e per poco non ci rimanevo secca. Iniziai a tossicchiare poi annaspai un po' d'aria ed infine guardai con aria torva mio padre che mi fissò confuso «Ho detto qualcosa di strano?» domandò.
Alzai gli occhi al cielo, «Oh...no, tranquillo. Hai solamente detto che dovrei fidanzarmi con un ragazzo che nemmeno conosco e solo perché ci hai visti insieme in un corridoio» replicai.
Mio padre alzò le spalle poi mi accennò un sorriso, «E che c'è di male?».
Strabuzzai gli occhi poi mi portai una mano alla fronte e scossi la testa, «Sei un caso perso. Lasciamo stare» dissi svelta.
Mio padre alzò un sopracciglio, poi fece per parlare, ma alla fine lasciò perdere.
«Hai fatto una lista di cosa devo comprare? Ah, sappi che voglio usare la chiave magica, non ho intenzione di prendere un battello per andare dall'altra parte della città» dissi seria, mentre picchiettavo le dita sul legno scuro della cattedra.
L'Accademia Ravenstorm era situata in mezzo ad una fitta boscaglia e divisa dal resto della città da un vasto lago. Il Lake Cemetery. Per poter tornare alla civiltà dovevi o prendere un battello o usare una chiave magica che fungeva da portale. Ed io preferivo di gran lunga il portale. Facevi più in fretta e mi evitava le nausee che mi faceva venire il battello.
Si chiamava Lake Cemetery perché in quelle acque gelide e profonde si trovavano i rimasugli di cadaveri e ossa di persone del mondo paranormale, cioè le razze non umane. Il lago per quelli delle nostre razze fungeva da cimitero e questa cosa mi faceva venire i brividi, perché da piccina mio padre portava molto spesso me e Aqua a nuotare in quelle acque. Solamente dopo molti anni scoprii il vero significato di quel lago e del suo nome.
Gli umani avevano i normali cimiteri e le loro bare, noi avevamo le bare e cadaveri e ossa sul fondo del lago.
«Certamente. E se non vuoi andare da sola, chiedi ad Aqua o a Sebastian di accompagnarti» replicò mio padre con tono premuroso poi mi consegnò la chiave magica, che teneva sempre nella tasca dei pantaloni e la lista delle cose da prendere. 
Le afferrai al volo, sorrisi amorevolmente a mio padre poi mi alzai dalla poltrona, lo salutai con la mano ed infine uscii alla svelta da lì.
Mi chiusi la porta alle spalle poi mi lasciai andare in un forte sospiro esasperato. Mio padre ce la metteva tutta per farmi esasperare. Sapevo già che quella sera l'avrei passata nell'ufficio di papà a ripulire quel porcile, che non poteva essere chiamato presidenza.
Mi rigirai nella mano la chiave poi sorrisi vittoriosa. La chiave aveva l'impugnatura a forma di cuore, con incastonato al centro un diamante a forma di goccia. Era fatta in ora ed era abbastanza piccola.
Sloggiai da quel corridoio buio e ritornai nell'ala centrale, dove incontrai Sebastian in preda ad un esaurimento nervoso. Era seduto sul bordo della fontana, che si trovava al centro della gigantesca stanza, e stava fumando una sigaretta e ogni tanto imprecava pure. Con la mano libera continuava a mandare avanti e indietro il suo trolley.
Mi soffermai a guardarlo, stando appoggiata al muro, vicino all'inizio del corridoio che
portava all'ala est e con il cuore che mi batteva in gola per l'agitazione.
I raggi solari che filtravano dalla grande vetrata, all'entrata dell'accademia,
illuminavano il viso perfetto di Sebastian, facendolo sembrare quasi un Dio. Era di una bellezza insurreale, non vera, quasi angelica, ma allo stesso tempo demoniaca. Perché era risaputo che molti demoni erano di una bellezza quasi impossibile da descrivere. Maestosa, perfetta.
Sebastian sembrò percepire la mia presenza perché girò il capo verso di me e mi sorrise, quasi come se fosse felice di vedermi.
Ricambiai timidamente il sorriso, anche se penso sia improbabile che l'abbia visto da quella distanza.
Le mie gote incominciarono a tingersi di rosso, quando vidi che con passo felino si stava avvicinando a me.
«Ecco qui la mia piccola salvezza. Sto letteralmente sclerando, devo raggiungere il mio dormitorio, ma non so da dove devo passare» disse esasperato, aggrappandosi con le mani alle mie spalle. Sentivo la pressione delle sue grandi mani sulle spalle e un forte brivido mi percorse la spina dorsale. Sotto al suo tocco la mia pelle si infiammò, nonostante non avessimo avuto un contatto fra pelli.
Mi sentivo letteralmente andare a fuoco. Ogni parte del mio corpo fremeva sotto al suo tocco.
«C-che succede?» domandai con le gote arrossate e con il cuore che batteva all'impazzata nel petto.
Lui spostò lentamente le sue mani dalle spalle alle mie guance, e mi accarezzò con i polpastrelli la pelle bollente e arrossata delle gote.
«Ti prego aiutami. Come faccio ad arrivare al mio dormitorio?» mi guardò supplichevole.
«Q-Quando sei arrivato, in segreteria ti hanno dato una chiave magica, giusto?» cercai di non incrociare il suo sguardo magnetico perché sennò mi ci perdevo in quegli occhi color ghiaccio.
Sebastian ci pensò su un attimo, «Questa?» chiese, tirando fuori dalla tasca della sua giacca di pelle, la chiave magica dedicata ai dormitori. Era una chiave dall'impugnatura a forma di cerchio con incastonata all'interno un rubino circolare.
«La, nascoste dai tre pilastri di pietra grigia, ci sono sette porte, ognuna di esse porta ai rispettivi dormitori, se si usa la chiave magica» indicai i tre pilastri di pietra grigia che sostenevano il secondo piano.
Per salire al secondo piano, si potevano usare le scale di destra o le scale di sinistra. Erano grandi e ampie scale, dal corrimano in oro con due sfere in cima e alla fine di esse e ricoperte da un maestoso tappeto rosso. Mio padre non si era fatto mancare nulla per rendere l'accademia un posto accogliente e da ricordare.
«V-Vieni, ti accompagno» dissi balbettando, afferrandogli la mani della giacca per poi trascinarlo verso i tre pilastri. Sebastian non si divincolò dalla mia presa, anzi ridacchiò penso divertito dalla mia improvvisa intraprendenza, che tra l'altro non sapevo da dove mi fosse uscita.
Arrivati davanti ai tre pilastri, ci fermammo. Lasciai la presa dalla sua giacca e balbettai uno «scusa» imbarazzata. Poi con il viso abbassato, passai attraverso il pilastro centrale. Sebastian mi seguì a ruota, stando dietro alle mie spalle, il che mi rendeva molto nervosa.
Quel piccolo corridoio era poco illuminato, quasi buio. C'era solamente una piccola lampadina che penzolava dal soffitto e illuminava molto parzialmente quel corridoio corto e stretto.
Di fronte a noi si trovavano sette porte di diversi colori, con incisi sopra gli stemmi delle razze.
Azzurra e con lo stemma a forma di onda, del medesimo colore, era quella delle mezze sirene.
Viola e con lo stemma a forma di una rosa blu era quella della mezze fate.
Verde e con lo stemma di un quadrifoglio era quella dei mezzi elfi.
Arancione e con lo stemma di un pipistrello era quella dei mezzi vampiri.
Gialla e con lo stemma di una luna crescente era quella dei mezzi licantropi.
Grigia e con lo stemma di una stella a cinque punte era quella delle mezze streghe e stregoni.
Ed infine rossa e con lo stemma a forma di stella rovesciata era quella dei mezzi demoni.
«B-basta infilare la chiave nella serratura della porta rossa, quella che porta al dormitorio demoniaco, aprila e poi entrarci dentro. È come un portale, solo che funziona solamente con i dormitori» gli spiegai indicando la porta rossa.
Sebastian spostò il suo sguardo dalle porte a me. Mi guardò attentamente poi mi sorrise contento.
«Grazie dell'aiuto» replicò lui, accarezzandomi una guancia che sembrò andare a fuoco sotto al suo tocco.
Perché succedeva questo? Avevo avuto contatti con altri miei compagni maschi, ma non mi era mai capitata una cosa del genere. Non sentivo la pelle bruciare sotto al tocco di altri e non mi sentivo così nervosa, cioè molto più nervosa, quando gli altri miei compagni mi guardavano.
Perché lui mi faceva questo effetto? Era una cosa legata al nostro sangue demoniaco?
«Clari, che succede? Ti sei imbambolata di colpo» Sebastian mi riportò al presente, scuotendo leggermente il mio corpo. Il suo tocco era leggero e gentile, nonostante stesse cercando di riportami nel mondo dei vivi, spezzando il mio flusso di domande sul perché mi rendesse così nervosa.
«Ah? Sì, scusa» le guance assunsero un colore ancora più acceso, facendomi diventare un peperone vivente.
Sebastian emise una melodiosa risata, che mi fece imbambolare a fissarlo e, il mio cuore perse un battito alla vista di quel pezzo d'arte.
«Dovevi andare da qualche parte?» domandò di punto in bianco. Annuii decisa, poi ficcai svelta la mano nella tasca della mia giacchetta di jeans e afferrai la chiave magica, stringendola fortemente in essa. Di colpo la frase che mi aveva detto prima mio padre, mi rimbombò nella testa come un forte mal di testa. E se non vuoi andare da sola, chiedi ad Aqua o a Sebastian di accompagnarti.
Potevo provare a chiederglielo, mal che vada mi diceva di no. Peccato che mi si era seccata la gola e sentivo l'agitazione salire dalle viscere. Sentivo il cuore battere fortemente e velocemente, persino nelle orecchie. Sembrava essere sul punto di scoppiare.
Sebastian mi guardava in attesa di una risposta, ma non riuscivo a proferire parola. Ero come bloccata. Le parole vorrebbero uscire, ma la voce sembrava essere scomparsa, come la mia borsa preferita dopo averla lasciata in una stanza da sola con Aqua.
Deglutii rumorosamente poi presi un profondo respiro, «Devo fare delle commissioni per mio padre. Ti va di venire con me?» chiusi gli occhi e gli strinsi fortemente in attesa di una sua risposta. Incrociai le dita delle mani e dei piedi per una sua risposta positiva.
«Certamente» mi sorrise dolcemente ed io mi sentii in paradiso.

 

  
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