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Autore: Alexroof    30/01/2009    9 recensioni
I tre tesori d'Oriente, la luce e l'ombra che combattono con le scimitarre in aria ed il suo sguardo bambino che si perde nell'osservarmi, mentre ancora una volta metto in gioco tutto me stesso solo per lei.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akane Tendo, Altro Personaggio, Ranma Saotome
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Eclipse



Prologo
Di te e di me.





Meravigliosa. Ella scendeva le scale del tempio sacro, attorniata da drappi in oro e argento.
Le labbra schiuse, rosse, parevano petali d'uno di quei ciliegi rigonfi di fiori rossastri e i capelli lunghi,
sciolti sulle spalle, fili di seta color dell'ebano.
Emanava quiete, una sensazione di pace profonda che s'insinuava nell'animo prepotente, catturando ogni
singola fibra dell'essere. Scendeva coi piedi scalzi, lasciando dietro di sé scie di luce accecanti.
Al collo, lungo, scendeva un pendente circolare appeso ad un filo sottile. Le mani, aperte in avanti sui palmi
reggevano uno specchio ovale mentre sul fianco destro, dormiente nel fodero, giaceva probabilmente una vecchia
katana con l'elsa incastonata di preziosi.
Chi sei?”
La voce tuonò nel buio, prepotente, spezzando per un singolo istante l'immagine dell'equilibrio disegnata dai passi
silenziosi della donna.
Non rispondeva, eppure quel suo sorriso rimaneva inalterato sulle labbra. Buio, intenso, permeava il resto del tempio.
Lei sola era luce tra le cose, nient'altro.
"Susanoo" una voce, distante, quasi inudibile s'impadronì del silenzio, nuovamente. Confusione, attrazione, desiderio
di sfiorare quella luce.
“Chi sei?” Lo chiese nuovamente, ma la domanda fu ignorata per la seconda volta. Poco a poco, sentì il respiro
frantumarglisi in gola, come se minuscole schegge di vetro gli si fossero conficcate alla base del collo. Le braccia si
sollevarono in modo quasi autonomo, governate da una forza sconosciuta, innaturale.
Erano catene invisibili quelle che sentiva sui polsi, se vi fosse stata abbastanza luce, avrebbe scorto il lento arrossarsi
della pelle, come se un qualcosa avesse preso a stringergli la carne in una morsa.
Tentò di scuotersi in avanti, sporgendo il busto ed il collo per liberarsi da quell'assurda prigionia.
“Liberami! Bastarda!” No, non l'ascoltava: continuava a muoversi d'una lentezza eterna, quasi quell'immagine fosse
stata messa là apposta per farlo impazzire.
Sbarrò gli occhi, le pupille all'interno dell'iride si strinsero mentre le braccia si sollevavano, stavolta in modo autonomo, per
tentare di spezzare le robuste catene del nulla.
"Susanoo..." ancora quella voce. Lo chiamava e lo corrompeva, dentro, l'animo era diviso in due : una parte confortata dalla
luminosità di quella figura mistica, irreale. L'altra, corrosa dalla bramosia di possedere i tre oggetti che portava addosso.
Finalmente la donna sfiorò coi piedi nudi l'ultimo scalino, sino a sfiorare il pavimento sottostante. Quando ne toccò la superficie,
il suolo prese a muoversi come fosse uno specchio d'acqua, disegnando cerchi concentrici di dimensioni vaghe.
"Guarda Susanoo..." il riverbero di quella voce da inudibile s'accese improvviso, costringendolo ad abbassare lo sguardo
verso il basso, sullo specchio d'acqua.
Chi è ...?
Un corpo inerme, nudo, riverso al suolo privo di vita. Pareva stesse dormendo, era così sereno quel volto che non dava l'impressione
della morte e le guance, pallide, erano ancora macchiate d'un sottile carminio.
La donna estrasse la spada, senza sformare il sorriso che portava fisso sulle labbra, la sollevò sopra la testa trattenendola con entrambe le mani.
La distanza tra la lama ed il petto della fanciulla s'eclissò in pochi istanti. Ciò che accadde in meno di un secondo, agli occhi di lui, parve durare
una vita intera.
Non conosceva colei che era stata, probabilmente, immolata per una qualche causa.
Non sapeva il perché di tutto quel sangue, non se lo stava neppure chiedendo.
Aveva solamente sentito una fitta, lacerante e profonda all'estremità del petto, come se la lama di quella katana avesse trafitto anche lui nel medesimo punto. Le labbra s'erano aperte in un grido silenzioso, non era uscito nulla dalla sua bocca.
Un groppo alla gola gli aveva impedito di urlare con tutta la sua forza. Le mani s'erano strette alle catene invisibili
per tentare di strappare gli anelli che lo relegavano.
Un dolore immenso che non corrispondeva a quello fisico, bensì ad un senso di vuoto incolmabile che l'aveva colto
improvviso senza dargli tempo di ribellarsi a tutto questo.
Sentiva la pelle del volto scottarsi di lacrime copiose ed irrefrenabili, più le respingeva e più le conche degli occhi
ne rigettavano.
Perché l'hai fatto ... perché...
Aveva parlato infine, con le parole spezzate dai singhiozzi. Atroce. Quel male lo stava divorando psicologicamente
e fisicamente. Si era arreso alla forza delle catene che si materializzarono,  divenendo bronzo.
Mentre l'ultima lacrima scivolava silenziosa, sentì di poter pronunciare il suo nome infine...


"AKANE"
Ranma si alzò di scatto dal futon, sollevando la mano all'altezza del collo. Gli mancava il respiro, lo sentiva quasi assente.
La fronte, le braccia ed il torace erano madidi di sudore. Si guardò intorno disorientato, quasi come se quella stanza non corrispondesse
alla realtà. Dov'era finito quel tempio?
La mano, passò dal collo sino alle labbra, sollevandosi poi sulla fronte. Riprese a respirare finalmente, mantenendo gli occhi spalancati
nel vuoto per alcuni secondi prima di realizzare di trovarsi in camera sua.
E' stato un ... incubo.
Vagò con lo sguardo oltre il buio, cercando nello spiraglio della finestra un riverbero di luce artificiale proiettata dall'esterno.
Quando lo trovò, si sentì meglio.
Perché aveva fatto un sogno simile? No, non aveva mangiato nulla di strano durante il giorno e nemmeno durante la notte.
Un sospiro lungo gli catturò le labbra, donandogli sollievo.
Si voltò sulla sua destra, cercando l'immagine dell'enorme panda al suo fianco che russava beato. Non sarebbe riuscito a dormire
nuovamente, lo sentiva.
Lasciò scivolare la mano nuovamente, soffermandosi con l'indice sulla punta del naso per timore di scoprire qualcosa.
Ciò che aveva immaginato, non tardò a manifestarsi sotto i polpastrelli quando il dito raggiunse la guancia.
Un brivido freddo gli attraversò la schiena. La fronte si rabbuiò, la bocca si contrasse verso l'alto e le labbra si tesero da una parte
in una smorfia amara. Quasi quelle lacrime fossero state segno di peccato su quel volto. Era debolezza, era sottomissione.
Non potevano appartenergli.
Le asciugò via col dorso della mano, in un gesto di stizza e di rabbia. Forse non era per quello che sentiva il sangue
ribollirgli nelle vene impazzito.
Il solo ricordo di quella lama, la sola ombra di quell'idea lo faceva impazzire. Doveva scrollarsi via quel pensiero in un qualche modo,
un bagno. L'ideale.
Si alzò, facendo attenzione a non inciampare sulle cianfrusaglie abbandonate qua e la per la stanza.
Imboccò il corridoio prendendo le scale per scendere al piano inferiore. Era un fascio di nervi tesi, sarebbe bastato un nonnulla
per farlo esplodere come dinamite.
S'incoraggiò mentalmente non appena i passi s'interruppero dinanzi alla porta del bagno. Entrò, lasciando scivolare
di dosso il pigiama. Lasciò scorrere l'acqua per alcuni istanti, prima di fissarsi su d'un angolo preciso della vasca,
laddove lo specchio della luna formava un triangolo luminoso di luce. Persino quel riverbero gli ricordò l'incubo.
Scosse la testa immergendosi nell'acqua bollente completamente. Non voleva pensare, non voleva ricordare.
Riemerse dopo pochi secondi, accorgendosi di non avere più ossigeno sufficiente per restare in apnea.
No, non s'era calmato per niente. Il contatto con quell'elemento l'aveva innervosito maggiormente.
Si alzò, uscendo fuori dalla vasca per avvolgere un asciugamano attorno alla vita e raggiungere la cucina.
Socchiuse gli occhi, sollevando il polso e guardandolo, gli parve di scorgere i segni rossi provocati dalle catene.
Stava impazzendo per un sogno, che idiozia.
Si fermò dinanzi alla porta della cucina, di lato, notando la luce intermittente del frigorifero balenare
fioca . C'era qualcun altro?
Non si mosse, attendendo qualche minuto all'ombra. Non ricevendo alcun segnale dall'altro presente, si limitò a posare
la mano sull'interruttore prima di sobbalzare improvvisamente.
Quando la luce s'accese, si ritrovò faccia a faccia con l'oggetto di quel suo incubo.
"Ranma! Mi hai messo paura, ti sembra il momento di giocare a fare il fantasma?" lo rimbeccò Akane, mentre tratteneva in bilico
tra indice e pollice una tazza di latte fumante, che avrebbe rischiato di capitolare e schiantarsi per terra, se non avesse avuto i giusti
riflessi per afferrarla in tempo.
Lui rimase a fissarla incerto per qualche istante, prima d'accigliarsi ed ergersi arrogante come al solito sulla minuta figura di lei.
"Senti chi parla, che c'è, hai fatto un brutto sogno e non riesci a dormire?" la canzonò con una brutta smorfia sulle labbra,
estraendo la lingua in una boccaccia finale.
Parlava lui. Non era di certo lei la pusillanime in questione.
Akane lo guardò torva, sfoderando in seguito uno dei suoi sorrisetti derisori "Non è che invece sarà stato il contrario..." lo sussurrò
con tale sarcasmo da metterlo con le spalle al muro.
Bingo!
L'unica cosa che il codinato fu in grado di fare fu un'ennesima smorfia e nient'altro. Lo sguardo di Akane si spostò poi verso
il basso, disegnando il corpo di Ranma in tutta la sua interezza. Poco a poco vennero a galla, evidenti, i primi segni d'imbarazzo da parte
di lei.
Ovvio, aveva visto quello stupido mille volte mezzo nudo, non era di certo questo a stupirla ma ... forse il fatto che sotto quella
luce, coi capelli schiacciati sul volto e quelle dannate, dannatissime stille d'acqua che scivolavano giù dai pettorali quasi a farlo
apposta : beh, in quel caso, signori le era concesso eccome d'arrossire.
Lui la fissò interrogativo, come al solito, la sua proverbiale ottusità valicava le soglie dell'impossibile.
Non solo non capì, ma fece di meglio. Divaricò leggermente le gambe spostando i palmi delle mani sui
fianchi, in modo da sporgersi in avanti col resto del corpo a pochi, pochissimi centimetri da lei.
In quel momento, la tazza le scivolò realmente dalle mani frantumandosi con tanto di schizzi di latte
ovunque.
Ranma spiccò un breve salto indietro, salvandosi per tempo dall'ustionarsi un piede.
"Sei la solita, quanto sei goffa...Akane?" sbatté le palpebre un paio di volte, notandola immobile
ad osservare in basso decisamente imbarazzata.
Lui si chinò sulle ginocchia, raggiungendola con lo sguardo. "Ehi?" la picchiettò sul gomito leggermente
risvegliandola dal torpore improvviso.
"VUOI VESTIRTI?" lo gridò così forte da far tuonare i muri della casa circostanti. Lui s'allontanò da lei
di qualche passo, osservandosi. Quando finalmente comprese, una scia rossa d'imbarazzo s'impossessò
violentemente delle guance, costringendolo a volgere lo sguardo altrove.
Akane dal canto suo fece lo stesso, cercando di non pensare al salto di poc'anzi che di Ranma aveva mostrato
ben più del paradiso.
"Vado a cambiarmi" lo disse quasi dispiaciuto, il tono della sua voce s'era leggermente abbassato e arrochito.
Perché non avrebbe dovuto farlo? Scosse la testa ripetutamente, come se un pensiero malsano glie l'avesse
appena traversata da parte a parte.
Possibile che lei l'avesse trovato sexy? Gli venne quasi da ridere immaginandosi Akane fare dubbi pensieri su di lui.
Eppure, in un qualche modo, la cosa gli aprì le labbra in un sorrisetto alquanto compiaciuto.
Sapeva d'essere piacente, eccome se lo sapeva, ma un cenno da parte di lei valeva molto più di qualsiasi altro
complimento da parte delle altre miriadi di fidanzate sparse per Nerima.
Ammettere che gli aveva fatto piacere? Quando mai! Anzi, tentò addirittura di nascondere la palese evidenza auto convincendosi di essersi preso una qualche malattia incurabile.
Come potrebbe minimamente interessarmi una come lei.
Si volse un'ultima volta per squadrarla.
Fianchi larghi, larghissimi. Seno inesistente, corporatura da lottatore di sumo. Per carità.
Cercò di auto convincersi di pensare tutto questo, quando si dice che l'auto suggestione miracola la gente.
Non s'accorse, nel formulare tutto ciò, d'essersi soffermato ben più del dovuto su di lei, su ogni dettaglio del suo corpo.
visto dall'esterno, pareva che lui la stesse divorando con gli occhi e non che stesse tentando di offenderla mentalmente.
Lei si accorse della sua insistenza, rimanendo perplessa e in fondo, molto in fondo anche ... contenta?
Era davvero felice d'essere guardata a quel modo?
Certo, ma anche il corpo di lei reagì in modo totalmente differente, come la legge degli opposti prevedeva.
Lui reagì di bocca.
Lei di mano.
"Non pensare che ti stessi osservando per chissà quale motivo, stavo semplicemente chiedendomi come
fai ad entrare dentro quel pigiama con un fisico del genere" e le parole si espansero come una miriade di dardi
appuntiti. Acido, maligno e provocatorio.
Insultarla era il suo passatempo prediletto a quanto pare.
Lei da bravo maschiaccio, rispose sollevando la prima cosa che le era capitata a tiro, ovvero il forno a microonde
'gentilmente' sradicato dalla sua naturale posizione con tanto di spina e connessi.
"Brutto ..." non finì neppure la frase che uno schianto seppellì la testa del povero codinato nel pavimento sottostante,
e si ritrovò come uno struzzo immerso nella sua boria.
"k...kawaikunee" fu l'unico commento che riuscì ad esalare  prima di vederla, con la coda dell'occhio, sparire dietro
la porta più infuriata che mai.
Era successo di nuovo.  L'orgoglio di entrambi aveva prevalso su ogni schema logico.

Susanoo...
Uscita di scena Akane, il ricordo di quella voce tornò nuovamente presente e ciclico in testa.
Si sollevò a sedere, facendo cadere dietro di sé il forno ammaccato. Chiuse gli occhi, portando
le mani all'altezza delle orecchie.
"Basta, dannazione! Vattene" lo chiamava, più quel nome veniva pronunciato e più
la rabbia gli saliva in gola nuovamente, assieme al sapore della nausea.
Perché continuava ad essere tormentato  a quel modo da un normalissimo sogno?




  
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