Eclipse
Prologo Di
te e di me.
Meravigliosa.
Ella scendeva le scale del tempio sacro, attorniata da
drappi in oro e argento. Le labbra schiuse, rosse,
parevano petali d'uno di quei ciliegi rigonfi di fiori
rossastri e i capelli lunghi, sciolti sulle spalle, fili
di seta color dell'ebano. Emanava quiete, una sensazione
di pace profonda che s'insinuava nell'animo prepotente,
catturando ogni singola fibra dell'essere. Scendeva coi
piedi scalzi, lasciando dietro di sé scie di luce
accecanti. Al collo, lungo, scendeva un pendente
circolare appeso ad un filo sottile. Le mani, aperte in
avanti sui palmi reggevano uno specchio ovale mentre sul
fianco destro, dormiente nel fodero, giaceva probabilmente
una vecchia katana con l'elsa incastonata di
preziosi. “Chi
sei?” La voce tuonò nel buio,
prepotente, spezzando per un singolo istante l'immagine
dell'equilibrio disegnata dai passi silenziosi della
donna. Non rispondeva, eppure quel suo sorriso rimaneva
inalterato sulle labbra. Buio, intenso, permeava il resto
del tempio. Lei sola era luce tra le cose,
nient'altro. "Susanoo" una voce, distante,
quasi inudibile s'impadronì del silenzio,
nuovamente. Confusione, attrazione, desiderio di
sfiorare quella luce. “Chi sei?” Lo chiese
nuovamente, ma la domanda fu ignorata per la seconda volta.
Poco a poco, sentì il respiro frantumarglisi in
gola, come se minuscole schegge di vetro gli si fossero
conficcate alla base del collo. Le braccia si sollevarono
in modo quasi autonomo, governate da una forza sconosciuta,
innaturale. Erano catene invisibili quelle che sentiva
sui polsi, se vi fosse stata abbastanza luce, avrebbe
scorto il lento arrossarsi della pelle, come se un
qualcosa avesse preso a stringergli la carne in una
morsa. Tentò di scuotersi in avanti, sporgendo il
busto ed il collo per liberarsi da quell'assurda
prigionia. “Liberami! Bastarda!” No, non
l'ascoltava: continuava a muoversi d'una lentezza eterna,
quasi quell'immagine fosse stata messa là
apposta per farlo impazzire. Sbarrò gli occhi, le
pupille all'interno dell'iride si strinsero mentre le
braccia si sollevavano, stavolta in modo autonomo,
per tentare di spezzare le robuste catene del
nulla. "Susanoo..." ancora quella voce. Lo
chiamava e lo corrompeva, dentro, l'animo era diviso in due
: una parte confortata dalla luminosità di
quella figura mistica, irreale. L'altra, corrosa dalla
bramosia di possedere i tre oggetti che portava
addosso. Finalmente la donna sfiorò coi piedi
nudi l'ultimo scalino, sino a sfiorare il pavimento
sottostante. Quando ne toccò la superficie, il
suolo prese a muoversi come fosse uno specchio d'acqua,
disegnando cerchi concentrici di dimensioni vaghe. "Guarda
Susanoo..." il riverbero di quella voce da inudibile
s'accese improvviso, costringendolo ad abbassare lo
sguardo verso il basso, sullo specchio d'acqua. Chi
è ...? Un corpo inerme, nudo, riverso al
suolo privo di vita. Pareva stesse dormendo, era così
sereno quel volto che non dava l'impressione della morte
e le guance, pallide, erano ancora macchiate d'un sottile
carminio. La donna estrasse la spada, senza sformare il
sorriso che portava fisso sulle labbra, la sollevò
sopra la testa trattenendola con entrambe le mani. La
distanza tra la lama ed il petto della fanciulla s'eclissò
in pochi istanti. Ciò che accadde in meno di un
secondo, agli occhi di lui, parve durare una vita
intera. Non conosceva colei che era stata,
probabilmente, immolata per una qualche causa. Non
sapeva il perché di tutto quel sangue, non se lo
stava neppure chiedendo. Aveva solamente sentito una
fitta, lacerante e profonda all'estremità del petto,
come se la lama di quella katana avesse trafitto anche lui
nel medesimo punto. Le labbra s'erano aperte in un grido
silenzioso, non era uscito nulla dalla sua bocca. Un
groppo alla gola gli aveva impedito di urlare con tutta la
sua forza. Le mani s'erano strette alle catene
invisibili per tentare di strappare gli anelli che lo
relegavano. Un dolore immenso che non corrispondeva a
quello fisico, bensì ad un senso di vuoto
incolmabile che l'aveva colto improvviso senza dargli
tempo di ribellarsi a tutto questo. Sentiva la pelle del
volto scottarsi di lacrime copiose ed irrefrenabili, più
le respingeva e più le conche degli occhi ne
rigettavano. Perché l'hai fatto ... perché...
Aveva parlato infine, con le parole spezzate dai
singhiozzi. Atroce. Quel male lo stava divorando
psicologicamente e fisicamente. Si era arreso alla forza
delle catene che si materializzarono, divenendo
bronzo. Mentre l'ultima lacrima scivolava silenziosa,
sentì di poter pronunciare il suo nome
infine...
"AKANE" Ranma si alzò
di scatto dal futon, sollevando la mano all'altezza del
collo. Gli mancava il respiro, lo sentiva quasi assente. La
fronte, le braccia ed il torace erano madidi di sudore. Si
guardò intorno disorientato, quasi come se quella
stanza non corrispondesse alla realtà. Dov'era
finito quel tempio? La mano, passò dal collo sino
alle labbra, sollevandosi poi sulla fronte. Riprese a
respirare finalmente, mantenendo gli occhi spalancati nel
vuoto per alcuni secondi prima di realizzare di trovarsi in
camera sua. E' stato un ... incubo. Vagò con
lo sguardo oltre il buio, cercando nello spiraglio della
finestra un riverbero di luce artificiale proiettata
dall'esterno. Quando lo trovò, si sentì
meglio. Perché aveva fatto un sogno simile? No,
non aveva mangiato nulla di strano durante il giorno e
nemmeno durante la notte. Un sospiro lungo gli catturò
le labbra, donandogli sollievo. Si voltò sulla
sua destra, cercando l'immagine dell'enorme panda al suo
fianco che russava beato. Non sarebbe riuscito a
dormire nuovamente, lo sentiva. Lasciò
scivolare la mano nuovamente, soffermandosi con l'indice
sulla punta del naso per timore di scoprire qualcosa. Ciò
che aveva immaginato, non tardò a manifestarsi sotto
i polpastrelli quando il dito raggiunse la guancia. Un
brivido freddo gli attraversò la schiena. La fronte
si rabbuiò, la bocca si contrasse verso l'alto e le
labbra si tesero da una parte in una smorfia amara.
Quasi quelle lacrime fossero state segno di peccato su quel
volto. Era debolezza, era sottomissione. Non potevano
appartenergli. Le asciugò via col dorso della
mano, in un gesto di stizza e di rabbia. Forse non era per
quello che sentiva il sangue ribollirgli nelle vene
impazzito. Il solo ricordo di quella lama, la sola ombra
di quell'idea lo faceva impazzire. Doveva scrollarsi via
quel pensiero in un qualche modo, un bagno. L'ideale. Si
alzò, facendo attenzione a non inciampare sulle
cianfrusaglie abbandonate qua e la per la stanza. Imboccò
il corridoio prendendo le scale per scendere al piano
inferiore. Era un fascio di nervi tesi, sarebbe bastato un
nonnulla per farlo esplodere come dinamite. S'incoraggiò
mentalmente non appena i passi s'interruppero dinanzi alla
porta del bagno. Entrò, lasciando scivolare di
dosso il pigiama. Lasciò scorrere l'acqua per alcuni
istanti, prima di fissarsi su d'un angolo preciso della
vasca, laddove lo specchio della luna formava un
triangolo luminoso di luce. Persino quel riverbero gli
ricordò l'incubo. Scosse la testa immergendosi
nell'acqua bollente completamente. Non voleva pensare, non
voleva ricordare. Riemerse dopo pochi secondi,
accorgendosi di non avere più ossigeno sufficiente
per restare in apnea. No, non s'era calmato per niente.
Il contatto con quell'elemento l'aveva innervosito
maggiormente. Si alzò, uscendo fuori dalla vasca
per avvolgere un asciugamano attorno alla vita e
raggiungere la cucina. Socchiuse gli occhi, sollevando
il polso e guardandolo, gli parve di scorgere i segni rossi
provocati dalle catene. Stava impazzendo per un sogno,
che idiozia. Si fermò dinanzi alla porta della
cucina, di lato, notando la luce intermittente del
frigorifero balenare fioca . C'era qualcun altro? Non
si mosse, attendendo qualche minuto all'ombra. Non
ricevendo alcun segnale dall'altro presente, si limitò
a posare la mano sull'interruttore prima di sobbalzare
improvvisamente. Quando la luce s'accese, si ritrovò
faccia a faccia con l'oggetto di quel suo incubo. "Ranma!
Mi hai messo paura, ti sembra il momento di giocare a fare
il fantasma?" lo rimbeccò Akane, mentre
tratteneva in bilico tra indice e pollice una tazza di
latte fumante, che avrebbe rischiato di capitolare e
schiantarsi per terra, se non avesse avuto i
giusti riflessi per afferrarla in tempo. Lui rimase a
fissarla incerto per qualche istante, prima d'accigliarsi
ed ergersi arrogante come al solito sulla minuta figura di
lei. "Senti chi parla, che c'è, hai fatto un
brutto sogno e non riesci a dormire?" la canzonò
con una brutta smorfia sulle labbra, estraendo la lingua
in una boccaccia finale. Parlava lui. Non era di certo
lei la pusillanime in questione. Akane lo guardò
torva, sfoderando in seguito uno dei suoi sorrisetti
derisori "Non è che invece sarà stato il
contrario..." lo sussurrò con tale sarcasmo
da metterlo con le spalle al muro. Bingo! L'unica
cosa che il codinato fu in grado di fare fu un'ennesima
smorfia e nient'altro. Lo sguardo di Akane si spostò
poi verso il basso, disegnando il corpo di Ranma in
tutta la sua interezza. Poco a poco vennero a galla,
evidenti, i primi segni d'imbarazzo da parte di
lei. Ovvio, aveva visto quello stupido mille volte mezzo
nudo, non era di certo questo a stupirla ma ... forse il
fatto che sotto quella luce, coi capelli schiacciati sul
volto e quelle dannate, dannatissime stille d'acqua che
scivolavano giù dai pettorali quasi a farlo apposta
: beh, in quel caso, signori le era concesso eccome
d'arrossire. Lui la fissò interrogativo, come al
solito, la sua proverbiale ottusità valicava le
soglie dell'impossibile. Non solo non capì, ma
fece di meglio. Divaricò leggermente le gambe
spostando i palmi delle mani sui fianchi, in modo da
sporgersi in avanti col resto del corpo a pochi, pochissimi
centimetri da lei. In quel momento, la tazza le scivolò
realmente dalle mani frantumandosi con tanto di schizzi di
latte ovunque. Ranma spiccò un breve salto
indietro, salvandosi per tempo dall'ustionarsi un piede.
"Sei la solita, quanto sei goffa...Akane?"
sbatté le palpebre un paio di volte, notandola
immobile ad osservare in basso decisamente
imbarazzata. Lui si chinò sulle ginocchia,
raggiungendola con lo sguardo. "Ehi?" la
picchiettò sul gomito leggermente risvegliandola
dal torpore improvviso. "VUOI VESTIRTI?" lo
gridò così forte da far tuonare i muri della
casa circostanti. Lui s'allontanò da lei di
qualche passo, osservandosi. Quando finalmente comprese,
una scia rossa d'imbarazzo s'impossessò violentemente
delle guance, costringendolo a volgere lo sguardo
altrove. Akane dal canto suo fece lo stesso, cercando di
non pensare al salto di poc'anzi che di Ranma aveva
mostrato ben più del paradiso. "Vado a
cambiarmi" lo disse quasi dispiaciuto, il tono della
sua voce s'era leggermente abbassato e arrochito. Perché
non avrebbe dovuto farlo? Scosse la testa ripetutamente,
come se un pensiero malsano glie l'avesse appena
traversata da parte a parte. Possibile che lei l'avesse
trovato sexy? Gli venne quasi da ridere immaginandosi Akane
fare dubbi pensieri su di lui. Eppure, in un qualche
modo, la cosa gli aprì le labbra in un sorrisetto
alquanto compiaciuto. Sapeva d'essere piacente, eccome
se lo sapeva, ma un cenno da parte di lei valeva molto più
di qualsiasi altro complimento da parte delle altre
miriadi di fidanzate sparse per Nerima. Ammettere che
gli aveva fatto piacere? Quando mai! Anzi, tentò
addirittura di nascondere la palese evidenza auto
convincendosi di essersi preso una qualche malattia
incurabile. Come potrebbe minimamente interessarmi
una come lei. Si volse un'ultima volta per
squadrarla. Fianchi larghi, larghissimi. Seno
inesistente, corporatura da lottatore di sumo. Per
carità. Cercò di auto convincersi di
pensare tutto questo, quando si dice che l'auto suggestione
miracola la gente. Non s'accorse, nel formulare tutto
ciò, d'essersi soffermato ben più del dovuto
su di lei, su ogni dettaglio del suo corpo. visto
dall'esterno, pareva che lui la stesse divorando con gli
occhi e non che stesse tentando di offenderla
mentalmente. Lei si accorse della sua insistenza,
rimanendo perplessa e in fondo, molto in fondo anche ...
contenta? Era davvero felice d'essere guardata a quel
modo? Certo, ma anche il corpo di lei reagì in
modo totalmente differente, come la legge degli opposti
prevedeva. Lui reagì di bocca. Lei di
mano. "Non pensare che ti stessi osservando per
chissà quale motivo, stavo semplicemente chiedendomi
come fai ad entrare dentro quel pigiama con un fisico
del genere" e le parole si espansero come una miriade
di dardi appuntiti. Acido, maligno e
provocatorio. Insultarla era il suo passatempo
prediletto a quanto pare. Lei da bravo maschiaccio,
rispose sollevando la prima cosa che le era capitata a
tiro, ovvero il forno a microonde 'gentilmente'
sradicato dalla sua naturale posizione con tanto di spina e
connessi. "Brutto ..." non finì neppure
la frase che uno schianto seppellì la testa del
povero codinato nel pavimento sottostante, e si ritrovò
come uno struzzo immerso nella sua boria. "k...kawaikunee"
fu l'unico commento che riuscì ad esalare
prima di vederla, con la coda dell'occhio, sparire
dietro la porta più infuriata che mai. Era
successo di nuovo. L'orgoglio di entrambi aveva
prevalso su ogni schema logico.
Susanoo... Uscita
di scena Akane, il ricordo di quella voce tornò
nuovamente presente e ciclico in testa. Si sollevò
a sedere, facendo cadere dietro di sé il forno
ammaccato. Chiuse gli occhi, portando le mani
all'altezza delle orecchie. "Basta, dannazione!
Vattene" lo chiamava, più quel nome veniva
pronunciato e più la rabbia gli saliva in gola
nuovamente, assieme al sapore della nausea. Perché
continuava ad essere tormentato a quel modo da un
normalissimo sogno?
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