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Autore: Micole    14/08/2015    2 recensioni
"Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo." [Lev Tolstoj, Anna Karenina]
Bruno vive a Napoli, ha un passato duro alle spalle e poche speranze per il futuro, qualcuno lo descriverebbe come un ragazzo perso, lui ama definirsi un demone.
Ambra viene dalla Maremma Toscana, cerca di nascondere il suo passato dietro tanti muri e facendo troppi errori.
Un amico in comune, due storie pesanti, due ragazzi distrutti, un passato che pesa più della vita che è ancora da vivere.
Estratto:
-Mà, era carnevale, le ragazze si vestivano da bamboline e i ragazzi da principi. Oggi al massimo ci saranno fantasmi, diavoli e pirati; nessuno spera, né vuole, incontrare la sua anima gemella.- Disse Bruno togliendo con delicatezza il bicchiere di vino dalle mani della madre e svuotandolo nel lavandino.
- E tu invece da cosa ti sei travestito?- [...]
- Da demone.- Rispose sorridendo sull'uscio e tirando sulla testa il cappuccio tanto da far sparire più di metà viso nell'ombra.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Il buio dell'alba

 

Roberto passeggiava a piedi nudi lungo il balcone osservando le luci dell'alba illuminare il Vomero. 

Ascoltava.

Lui era un ragazzo che ascoltava molto e parlava poco. Forse però una descrizione del genere è già troppo approfondita. 

Roberto parlava, eccome se parlava. Con gli sconosciuti. 

Aveva, e forse ha ancora, la strana capacità di farsi conoscere meglio dalle persone con sguardi e silenzi. 

Oltre ai suoi familiari comunicava, o meglio interagiva in quel suo modo particolare ed intimo, solo con due persone.

 

Mostrarsi per quello che era realmente era per lui qualcosa di molto intimo, così intimo che le sue fidanzate non si erano neanche potute avvicinare al vero Roberto. Ultimamente, invece, la ragazza che stava frequentando era entrata in lui, con la delicatezza di una piuma che si posa sulla superficie di un lago, ma aveva scatenato al centro di quel lago un vero tsunami. 

 

Roberto si stava scoprendo dipendente da questa ragazza, e la cosa non gli faceva provare neanche tutto il terrore che si era immaginato potesse derivare dal mettere il cuore in mano ad un'altra persona. Era incredibilmente felice. Anche se, pensandoci, non aveva ancora raggiunto con questa l'intimità che aveva con l'amica di sempre. Si chiedeva se mai un'altra donna avrebbe potuto rimpiazzare il suo ruolo. Si chiedeva se il loro rapporto avesse un nome, si chiedeva cosa sarebbero stati se avessero abitato nella stessa città.

 

Forse era proprio di quella ragazza che stava parlando con la sua amica, quando quest'ultima scoppiò in lacrime. 

In quei momenti si sentiva impotente, voler bene ad una ragazza con la quale da anni condividi discorsi notturni e non poterla mai abbracciare, perché lontana almeno cinquecento chilometri poteva essere distruttivo. 

 

Cercò di farla parlare, per capirla, per consolarla, per poter ascoltare la sua voce, ma si rese conto che lei era esattamente come lui. 

Non parlava mai di sé. 

 

Sentì il proprio cuore stringersi in un buio gelido, eppure il sole stava sorgendo luminoso iniziando ad illuminare il suo terrazzo fiorito, così curato dalla madre, inconsapevole di quanto fosse rilassante, per il figlio maggiore, quel luogo, durante le lunghe chiacchierate notturne con l'amica.

 

Non avevano mai parlato di giorno quei due, a parte il giorno in cui si conobbero.

 

La filosofia di vita della sua amica si basava sul fatto che la notte succedessero le cose più interessanti. Lei era una di quelle che di notte scriveva, convinta che l'assenza di luce fosse la vera fonte di ispirazione poiché nel buio le emozioni erano amplificate: la paura, il dolore, l'amore.

Nel buio si susseguivano quelle azioni che normalmente sarebbero state nascoste dagli occhi dei pieni pregiudizi, quelle libere da convenzioni e buonismi. 

 

Per assurdo, secondo lei, le cose di notte facevano più rumore del dovuto anche se fatte in silenzio, ed era un  rumore bellissimo: era musica.

 

La sua amica era fermamente convinta che  fosse la parte buia della giornata a dover essere  vissuta e quella luminosa per dormire. 

 

Il mondo girava evidentemente nel verso sbagliato ed era anche incapace di correggersi ottuso dalla comodità delle proprie convinzioni.

 

Dopo vari minuti di silenzio la sentì parlare : «Ieri mamma mi ha dovuto svegliare nel pieno della notte. Urlavo troppo. Urlavo cose che non avevano senso, ma ero così convinta di ciò che dicevo che aveva creduto fossi sveglia. Urlavo solo una frase: "Devo morire sola. Io devo stare sola "».

 

Non c'era bisogno di ulteriori spiegazioni per Roberto, lui sapeva cosa intendesse la sua amica.

Era un periodo particolare per lei: sua madre stava per sposarsi. 

Non che la ragazza fosse contro il matrimonio, o contro quest'uomo, che anzi era ciò che di meglio potesse capitare ad una donna come la madre, ma ai suoi occhi era come vedere l'ultima persona che credeva potesse cedere nuovamente all'amore finire attanagliata nelle maglie appiccicose di quella ragnatela disgustosa.

 

L'ultima sua certezza cadeva. 

 

Era allora vero che non si poteva vivere la vita in solitudine, si chiedeva la ragazza. 

Esisteva davvero il fantomatico amore, di cui tutti avevano bisogno che però trovava solo chi non cercava? 

No.

Sapeva che non era così. Lo avrebbe dimostrato, a se stessa, al mondo, alle donne che si facevano mettere i piedi in testa e le mani addosso in nome di questo sentimento così egoistico che veniva chiamato 'amore'

 

L'amore non esiste 

è l'effetto prorompente

di dottrine moraliste 

sulle voglie della gente 

è il più comodo rimedio alla paura 

di non essere capaci a rimanere soli

 

Così cantava, a buona ragione,  Max Gazzè, un altro che - la ragazza ne era convinta- viveva di notte. 

 

Roberto si accasciò lungo il muro esterno del terrazzo facendo strisciare la schiena fin al punto in cui si trovò seduto, pronto ad ascoltarla piangere lacrime silenziose. Sapeva che non avrebbe pianto per davvero, non si sarebbe sfogata, non completamente. Sapeva che gli avrebbe detto poco. Sapeva che da quel poco lui avrebbe capito.

 

Erano anni che le ripeteva che lei era forte, una roccia. 

Per quanto i due amici potessero essere incredibilmente simili erano anche molto diversi.

Lui le invidiava da sempre il saper stare da sola.

Lei desiderava essere capace di farsi voler bene e di diventare indispensabile per qualcuno, proprio come veniva naturale fare a lui.

 

Il cellulare di Roberto vibrò improvvisamente e contemporaneamente una moto sotto al suo terrazzo azionò gli abbaglianti per tre volte. 

 

Era il richiamo dell'altro suo confidente silenzioso. 

 

 

Come poteva abbandonare l'una per l'altro?

Non poteva dare delle priorità, pensò mentre leggeva velocemente il messaggio che aveva illuminato lo schermo del telefono.

 

Sono come lui, erano le uniche parole che Bruno aveva scritto.

 

Dall'altra parte la sua amica interpretò il suo silenzio come un saluto e gli augurò la buona notte con voce mesta.

 

"Scusami Ambra, scusami, scusami!" Pensava Roberto mentre apriva il portone del palazzo e stringeva gli occhi per osservare il viso del suo amico, nascosto dal casco integrale nero, in contro luce.

 

*Nella foto uno scorcio del panorama del quartiere Vomero sul golfo di Napoli.

  
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