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Autore: gateship    16/08/2015    2 recensioni
Strusciò i capelli sulla guancia sinistra dell'uomo, che fremette, aprendo gli occhi. “Sto cercando di riposare, io.”
“Mi sei mancato.”
WARNING: Omega!verse [Alpha!sherlock] [Omega!john]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È un Omega!verse un po' diverso da gli altri che ho letto (che poi, è solo uno, il resto è tutto a rating rosso).

Ho voluto accentuare la differenza tra Alpha e Omega il più possibile, fino all'eccesso, rendendo gli Alpha benestanti, gli Omega... praticamente delle nullità, creare un'atmosfera tetra.

Spero di esserci riuscita bene, riuscendo, anche se stravolgendo un po' il normale contesto degli omega!verse, a tenere i personaggi IC e a rendere questa shot interessante... anche se credo che per un AU del genere sia troppo sdolcinata, o forse no... come ho detto, non conosco ancora bene il genere e vi prego di perdonarmi per eventuali errori.


Un commento, sia positivo che negativo, è sempre bene accetto, anche perchè davvero, su questa shot non sono per niente convinta! :)

 

 

 

 

Il vicolo era stretto e buio, umido, fetido persino.

Un miscuglio eterogeneo di sudore e ormoni, l'uno ancora distinguibile rispetto all'altro.

Le scarpe dell'uomo schizzarono fango ad ogni passo, piccole gocce marroni che si distribuivano irregolarmente nel territorio circostante, raggiungendo le pareti degli edifici che circondavano la via.

Uno spazio angusto, stretto.

Ora riusciva a percepirne l'odore.

Gli Omega. L'ultima ruota del carro di una società che risplendeva di gloria: Alpha, Beta.

E poi loro, prede facili, piacevoli, inoffensive.

Londra ne era piena, nei posti più sporchi e sudici della capitale inglese, lontano dal centro, in periferia.

“Dov'è lui?” chiese l'uomo bruscamente, le mani infilate nelle tasche del cappotto lungo e macchiato. La sciarpa scura attorno al collo, che sembrava fare tutt'uno con l'oscurità della notte.

Il ragazzo dinanzi a lui annuì spaventato, “Di qua, Signor Holmes, di qua.” sussurrò concitato, facendogli strada in quella rete di cunicoli a cielo aperto.

“Qualche miglioramento?” chiese la voce baritonale di Sherlock, i capelli ormai zuppi dalla pioggia che gli sferzava il viso, infrangendosi sul marciapiede sporco.

“Ha ripreso conoscenza qualche ora fa, non sapevamo come dirglielo, quindi...”

Il detective alzò la mano sinistra, guantata, zittendolo con un gesto, “Non importa. La ferita?”

“Si sta cicatrizzando, lentamente, ma...”

Sherlock annuì.

Non avrebbe dovuto portare John con sé, quella notte, avrebbe dovuto prevederlo, come aveva sempre fatto.

Prevedere che gli avrebbero sparato alla spalla.

Ma come, poi?

Un criminale, Alpha, riuscivano a sentirne entrambi l'odore, sporco.

Poi lo sparo.

Quale ospedale prendeva in cura gli Omega?

Se erano pochi i pazienti di quella categoria, poi, i medici erano del tutto inesistenti.

Giusto qualcuno era grado di esercitare, e solo in studi privati, come Watson, per esempio.

Cos'altro aveva potuto fare, se non portare John nelle strade nelle quali gli Omega vivevano? Nelle strade dove lui era cresciuto?

Neppure Mycroft, con la sua posizione minore nel Governo Inglese, sarebbe riuscito ad ottenere più di tanto.

Si fermò, bloccando il flusso dei suoi pensieri.

“Vi... vi lascio soli.” balbettò il ragazzo che lo aveva accompagnato sino a quel momento; fino alla piccola tettoia che teneva all'asciutto le poche persone accampate sotto di essa.

Sherlock non rispose, limitandosi a osservare il corpo esanime di John, la bocca leggermente aperta, appena sufficiente per far passare aria, un leggero russare che indicava il suo essere addormentato.

Holmes gli si inginocchiò accanto, fiutandolo, fissandolo con sguardo felino.

Sorrise mestamente, toccando con le labbra il lobo dell'orecchio dell'Omega.

Il profumo che lo circondava incrementò, e John gemette nel sonno.

Sherlock ghignò, continuando ad ispezionare ogni centimetro del suo viso con la lingua, inumidendogli le palpebre. Strusciò i capelli sulla guancia sinistra dell'uomo, che fremette, aprendo gli occhi. “Sto cercando di riposare, io.”

“Mi sei mancato.” gli sussurrò all'orecchio, il fiato caldo che si infrangeva contro la pelle, aprendone i pori.

“Mmm...” fece in tutta risposta John sistemandosi sul suo grembo, “Anche tu.”

Sherlock arricciò il naso, “Hai bisogno che qualcuno ti cambi le bende?” gli sussurrò, chinandosi per continuare a sfiorargli le labbra con fugaci baci, rabbrividendo ad ognuno.

Dio, come gli era mancato toccarlo.

“Lo ha già fatto Mike.” disse Watson, ricambiando le attenzioni dell'altro con sguardo stanco.

Il trentenne annuì, passandosi una mano sulle labbra per poi sfiorare con l'indice la spalla dove John era stato ferito, “Fa male?” la voce roca, gli occhi chiari fissi in quelli del medico.

“Abbastanza, ma mi hanno riempito di morfina.”

“Sopravviverai.” disse con un sorriso, passandogli una mano tra i capelli.

“Voglio dormire.”

“Fallo, allora.” gli intimò il detective, continuando ad accarezzargli la fronte.

John annuì, toccando con il viso l'inguine dell'uomo con un piccolo sospiro.

Le labbra di Sherlock si inclinarono brevemente, mentre il ragazzo si appoggiava alla parete dell'edificio, le mani del medico tra le sue.

“Ho pensato che sarei morto, Sherlock.” gli disse una voce qualche minuto più tardi. Calma, pacata, impastata dai farmaci.

Al risveglio John non avrebbe ricordato niente, con ogni probabilità.

Ma era stato così vicino, questa volta.

L'urlo, il vederlo cadere a terra.

I loro odori che per un attimo erano cambiati: quello di Sherlock si era trasformato, aveva sentito la pelle diventare come fuoco, l'odore dell'aura che lo avvolgeva mutare.

E John non ne aveva emanato più nessuno, solo per un secondo, il mondo era crollato addosso a Sherlock Holmes.

Quello stesso legame che li aveva tenuti in vita e che ora aveva cercato di ucciderli.

“Anche io. L'ho pensato anche io.” gli sussurrò all'orecchio, mantenendo le palpebre abbassate, rafforzando la stretta sulle mani dell'uomo.

Calò di nuovo il silenzio, interrotto solo da qualche leggero grugnito di dolore da parte di John.

Dopo qualche minuto, quando il detective pensò che l'uomo potesse finalmente essersi addormentato, una voce arrochita dal sonno e dalle mille fatiche spezzò il tepore che si era creato “Sherlock?”

Lui mosse la testa, gli occhi socchiusi, le palpebre che impedivano alla luce dei lampioni di filtrare, “Mmm?”

“Promettimi che quando mi sveglierò non sarà un sogno, che sarai ancora qui.” disse la stessa voce assonnata mentre la schiena di John iniziava a rilassarsi, Sherlock che ricominciava a passargli una mano tra i capelli.

Il detective inspirò brevemente, beandosi di quell'odore che, seppur solo per un attimo, aveva temuto di perdere per il resto dei suoi giorni, poi annuì, passando le dita tra le ciocche brizzolate del medico, “Sempre.”

  
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