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Autore: feminabeata    16/08/2015    1 recensioni
[Traduzione. Pairing: WooGyu.]
Alcune cose è meglio dimenticarle, ma l'amore non è una di queste.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jang Dongwoo, Kim Sunggyu, L/Kim Myungsoo, Nam Woohyun
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Salve! Eccomi con un'altra traduzione dopo Suitors, siccome qualcuno mi aveva chiesto di tradurre ancora.
Preciso che la seguente traduzione non è stata corretta da una beta reader e perciò potrebbe essere farcita di errori di battitura, errori grammaticali e chi più ne ha più ne metta, quindi mi scuso in anticipo.
Spero che apprezzerete sia la storia che la traduzione. Le critiche costruttive sono sempre ben accette!
Buona lettura e a presto~



Awake


Merda, ho dormito troppo. A giudicare dalla luce che filtrava attraverso le tende e le sue ciglia, era pomeriggio inoltrato. Aveva le palpebre pesanti, non riusciva a tenerle aperte del tutto, e sentiva il corpo debole e indolenzito e… Spilli e aghi, gli era capitato spesso di sentire il dolore venire descritto a quel modo. Credeva di aver provato qualcosa del genere in passato, ma in quel momento gli sembrava di avere degli aghi conficcati nel braccio. Lo sguardo annebbiato gli cadde sul proprio braccio sinistro. Merda! Aveva effettivamente qualcosa nel braccio. Era una… una… merda, non era importante come si chiamasse. Ma sapeva cosa voleva dire.

Questo è il posto in cui vanno le persone malate. Si tirò su di colpo, guardandosi freneticamente in giro per la propria piccola porzione della stanza condivisa, delimitata da tende. “Eng!” riuscì soltanto ad emettere un debole gemito invece di gridare aiuto. Aveva la gola troppo annodata, troppo secca. C’era troppa tensione nelle corde vocali. Tossì cercando di migliorare la situazione, col risultato che la gola incominciò a bruciargli. “C-c’è nessuno?” riuscì finalmente a dire, tra un colpo di tosse e l’altro.

La tenda si aprì di scatto. “Oh porca troia! Sei sveglio!” Era un uomo, un piccolo uomo in preda alle grida, che era decisamente troppo rumoroso per il posto in cui vanno le persone malate. Il sorriso sul suo volto tra un po’ gli avrebbe strappato le labbra screpolate a metà. L’uomo aveva un aspetto orribile. A giudicare dalle apparenze, avrebbe potuto essere un paziente anche lui, se non fosse che stava indossando una camicia e dei pantaloni. E i suoi occhi stavano luccicando di felicità. “Infermiera!” Il volto gli divenne serio a quel richiamo. Alzò un dito, pregando l’altro di avere pazienza, “Torno subito”. Poi chiuse di nuovo la tenda e uscì dalla stanza.

“Infermiera! Infermiera! Sunggyu è sveglio! Il paziente Kim Sunggyu è sveglio!”

Sunggyu, pensò l’uomo sdraiato a letto, inclinando il capo. Chi sarebbe?

***


L’uomo di bassa statura lo disse per primo, “Cazzo! Hai l’amnesia.”

“No, non è vero”, ribatté il paziente. L’idea era ridicola. L’amnesia era immaginaria, qualcosa sviluppato dagli scrittori per quelle sceneggiate che mostravano in quella specie di scatola che si illumina. Poteva giurare che la propria mente fosse semplicemente troppo stanca per ricordare qualcosa, perfino delle semplici parole, o il nome di quell’uomo esile che non lo lasciava neanche un momento. Non poteva avere l’amnesia. Era assurdo.

“Lei ha l’amnesia”, annunciò il dottore, dopo una serie di esami. L’uomo basso sorrise compiaciuto. Il paziente avrebbe voluto strappargli il sorriso dalla faccia a suon di sberle, ma riusciva a stento a sollevare le braccia sopra la propria testa. “La sua memoria potrebbe tornare”, continuò il dottore. “Sì, le sue lesioni erano gravi, ma l’ho vista tornare in casi peggiori. Non ci resta che tenere duro fino a quando non succederà.”

Il paziente scherzò dicendo che non aveva fretta. Il dottore e l’uomo risero alla battuta con un tenue sorriso sui loro volti. Apparentemente, non era una cosa su cui scherzare, ma per il paziente era esilarante. Chi poteva avere una tale sfortuna? Solo Kim Sunggyu, che era lui, a quanto pareva… e se l’era dimenticato. Non era divertente, in una qualche lugubre e contorta maniera?

Non lo era per tutti. Appena il dottore lasciò la stanza, il sorriso di circostanza scomparve dal volto dell’altro uomo. “Non ti ricordi di me”, affermò. Non era una domanda.

“No, per niente”, rispose il paziente, con un tono di voce indifferente e sfacciato. Stava cercando in tutti i modi di trattenere le risate perché sapeva che la cosa disturbava l’altro.

L’uomo di bassa statura prese nella propria mano quella del paziente che era adagiata sul letto. La strinse forte. Ma non faceva male. Avvertì un certo tepore, come se qualcuno l’avesse avvolto in una coperta, confortandolo. Il calore cominciò a diffondersi in tutto il suo corpo. “Il mio nome è Nam Woohyun”, incominciò l’uomo di bassa statura, catturando lo sguardo del paziente. “E sono il tuo migliore amico.”

***


Kim Sunggyu aveva 27 anni ed era un magistrato presso il tribunale locale. Aveva avuto un incidente automobilistico. Aveva guidato ad una velocità eccessiva. Una tempesta si era abbattuta sulla città troppo violentemente. L’auto di Sunggyu era scivolata sull’asfalto bagnato, perdendo il controllo, e si era schiantata contro un albero. Era rimasto in coma per alcuni giorni.

Sunggyu era un orfano, oltretutto. Il padre di Sunggyu era morto quando quest’ultimo frequentava il liceo e sua madre era deceduta due primavere fa.

Ma Kim Sunggyu non era solo al mondo. Aveva degli amici che erano diventati la sua famiglia. E aveva una sorella maggiore che gli faceva visita il più frequentemente possibile. E aveva un migliore amico.

Tutto questo era stato detto al paziente dall’uomo basso, um, er… Woohyun. Ma il paziente non poteva evitare di sentirsi come se Woohyun gli stesse semplicemente raccontando una storia. Non aveva idea di cosa fosse un magistrato. Sapeva guidare? L’idea di mettersi al volante gli gelava il sangue nelle vene. E i propri genitori… il paziente non aveva provato nulla quando gli era stato detto che era un orfano… a parte un senso di compassione verso Kim Sunggyu, verso qualcun altro. Il paziente non riusciva a ricordare i propri genitori. Non aveva alcun ricordo di loro. Non aveva nulla su cui piangere.

E per quanto riguardava il cosiddetto “migliore amico”, il paziente aveva l’impressione che quella non fosse tutta la verità. Woohyun gli stava nascondendo qualcosa. Da quanto il paziente aveva capito, Woohyun gli era rimasto accanto fino a quando si era svegliato. Woohyun aveva ricoperto il ruolo di suo tutore legale in sostituzione di sua sorella ed era stato il solo a parlare con i medici. Ed era anche stato colui che aveva pagato le spese mediche.

Woohyun non sembrava solo un migliore amico. Sembrava qualcosa di più, e gli trasmetteva anche quella sensazione.

Il paziente si sentiva felice con l’altro attorno. Anche se la sua vita faceva schifo in quel momento, sapeva che le cose si sarebbero sistemate perché aveva Woohyun. E potevano superare tutto questo insieme.

***


Sunggyu era temporaneamente disabile. La sua caviglia si era sfracellata (a causa del piede premuto sul freno). Quando venne dimesso, Woohyun si offrì di stare con lui fino a quando non fosse riuscito a rimettersi in piedi (una battuta molto triste e leggermente insensibile che riuscì a strappare una risata a Sunggyu). Ma quell’offerta aveva anche sorpreso Sunggyu. Aveva dato per scontato che loro due vivessero già insieme. Non avrebbe dovuto essere così?

Ma Kim Sunggyu viveva in un appartamento con una stanza sola. Ed era pure piccolo. Continuava ad andare a sbattere contro Woohyun ad ogni angolo. Non era fastidioso, però. Era confortevole.

Inoltre essere temporaneamente zoppo e avere una voragine nella memoria non era poi così male se questo significava che poteva poltrire in giro per casa con Woohyun. Il suo amico stava facendo del proprio meglio per riempire i vuoti nella memoria di Sunggyu, parlandogli dei loro amici comuni e vicende del passato. Ma come prima, era come se Woohyun gli stesse solo raccontando storie che riguardavano qualcun altro. Gli piaceva ascoltarle, comunque. Se avesse incontrato Sunggyu, era abbastanza sicuro che sarebbero andati d’accordo e sarebbero diventati amici velocemente. Ma Sunggyu era lui, in realtà. Lui era Sunggyu. Non poi essere amico di te stesso. E la cosa gli fece venire mal di testa.

Ad ogni modo, Sunggyu continuava a sostenere di aver ‘dimenticato’ come si fa a cucinare, quindi ordinavano da asporto oppure Woohyun cucinava per lui. Sunggyu preferiva la seconda opzione, anche se Woohyun non era un gran cuoco, ma più che altro gli piaceva il fatto che Woohyun lo facesse per lui, come un servo. Come un piccolo adorabile maggiordomo che rispondeva ad ogni suo singolo cenno e richiamo.

Ma tutto questo durò solo per il weekend. Woohyun doveva tornare al lavoro quel lunedì, dicendo che aveva già saltato troppi giorni lavorativi. Sunggyu aveva ancora la settimana libera, perciò se ne sarebbe stato da solo nel proprio bilocale, che all’improvviso gli sembrava troppo grande senza la presenza di Woohyun. E Sunggyu era da solo per la prima volta da quando si era svegliato. Era il momento di affrontare la realtà. Era giunta l’ora di cominciare a conoscere Sunggyu.

Sunggyu girovagò per l’appartamento. Raccolse oggetti a caso, li esaminò attentamente, chiedendosi cos’avessero significato per lui un tempo. E le persone nelle foto incorniciate… Woohyun gli aveva detto tutti i loro nomi e Sunggyu li aveva dimenticati praticamente nel momento stesso in cui li aveva sentiti. Ma, apparentemente, aveva provato affetto per loro. C’era un’ampio sorriso sul suo viso, sia nelle foto che nella realtà. Quei volti gli erano familiari. I miei amici, pensò, accarezzando il vetro con i polpastrelli. Quando li avrebbe rivisti?

Prima di quanto avesse immaginato. Sentì qualcuno premere i tasti del tastierino numerico della serratura della porta. Qualcuno stava entrando. Erano due persone.

Sunggyu fece cadere velocemente lo sguardo sulla foto che stava tenendo tra le mani. Erano le stesse persone della foto. I miei amici. Indietreggiò di un passo per sicurezza mentre gli altri due gli si avvicinarono. A Sunggyu i due uomini sembravano familiari, ma il cuore cominciò a battergli forte e venne travolto dall’istinto di correre e nascondersi. Specialmente quando uno di loro balzò verso di lui, avvolgendolo in un abbraccio. “Sei vivo”, disse l’estraneo uno tra le lacrime.

“Hyung!”

“Umph!” l’altro estraneo si catapultò contro il fianco di Sunggyu, stringendolo forte in un abbraccio, togliendogli l’aria nei polmoni.

“Non posso credere che tu ti sia svegliato dopo che me ne sono andato. Sei troppo crudele”, si lamentò l’estraneo uno, lasciando andare Sunggyu, finalmente. Il secondo estraneo gli stava ancora appiccato, silenzioso.

“Uh, mi dispiace”, mormorò Sunggyu, dando pacche di conforto sulla schiena dell’estraneo due, sperando che gli si sarebbe levato di dosso al più presto. L’estraneo due alla fine si ritrasse, ma rimase al fianco di Sunggyu, sorridendo e basta. Gli angoli della bocca di Sunggyu si piegarono verso l’alto in un sorriso incerto. I suoi occhi vagarono freneticamente da un estraneo all’altro. Un silenzio opprimente piombò su di loro, soffocante quanto gli abbracci che aveva appena ricevuto.

L’estraneo due smise di sorridere dolcemente. Sbarrò gli occhi. “Non ti ricordi di noi?”

“No”, ammise Sunggyu. L’estraneo due camminò all’indietro fino a quando la sua schiena si scontrò con la parete, cercando di dare spazio a Sunggyu o cercando egli stesso di scappare da una situazione imbarazzante. Abbassò lo sguardo sui propri piedi.

“Woohyun non ti ha detto che saremmo venuti?” chiese l’estraneo uno.

Sunggyu scosse la testa. “Si è svegliato tardi e se n’è andato di fretta.”

L’estraneo uno annuì e si mordicchiò le labbra. Poi fece un sospiro. “Bene allora, io sono Jang Dongwoo e quello è Kim Myungsoo. E siamo tuoi amici”, li presentò Dongwoo con un sorriso luminoso e un tono gentile. “Siamo qui per occuparci di te.”

Era diverso con Dongwoo e Myungsoo, e Sunggyu sospettava che le cose fossero probabilmente diverse da com’erano normalmente quando si trovavano insieme. O Myungsoo era veramente così distaccato e silenzioso? Quel ragazzo a stento rivolgeva la parola a Sunggyu. O forse era perché non ne aveva avuto la possibilità. Dongwoo era occupato a riempire ogni momento di silenzio parlando, spesso dicendo cose senza senso. A tratti era difficile per il cervello di Sunggyu seguire il filo. In realtà gli era venuto mal di testa tentando di stare al passo con la conversazione. Sunggyu non riusciva neanche a scacciare quell’alone di imbarazzo che aleggiava su loro tre. Era come se li stesse incontrando per la prima volta, ed era effettivamente così, sotto un certo punto di vista. Stava anche cominciando a venire assalito dai sensi di colpa. Dongwoo e Myungsoo a volte sembravano feriti quando non riusciva a ricordare certe cose, a ricordare loro.

Dopo aver sofferto in silenzio per un po’, Sunggyu decise che era il momento di andare a darsi una ripulita e schiacciare un pisolino (e ingoiare una generosa quantità di antidolorifici). Dongwoo gli chiese se avesse bisogno d’aiuto per lavarsi e Sunggyu sperò si trattasse di una battuta e ci rise sopra, a disagio. Myungsoo non disse nulla, come sempre.

Quando Sunggyu si chiuse la porta della camera da letto alle spalle, sospirò e si massaggiò energicamente le tempie. In quel momento avrebbe dovuto chiamare sua sorella. Avevano parlato ogni giorno da quand’era successo l’incidente. Sua sorella aveva due bambini piccoli e viveva a tre ore di distanza. E Woohyun le aveva assicurato svariate volte di avere tutto sotto controllo. Perciò se n’era rimasta a casa e aveva insistito che suo fratello la chiamasse spesso. Ma il cervello di Sunggyu era troppo offuscato e dolorante per intrattenere un’altra conversazione, quindi inviò un veloce messaggio che diceva “Sono vivo” alla propria noona dal cellulare di ricambio (il cellulare che aveva avuto una volta si era ridotto in mille pezzi durante l’incidente). Le sole persone su quel telefono erano la sua noona e il suo migliore amico. Immagino che dovrei chiedere a quei due i loro numeri, pensò con un sospiro, ributtando il telefono sul letto. Ma non adesso.

Dopo essersi fatto una doccia e aver preso le medicine, si avvicinò all’armadio per cercare dei vestiti da indossare. Era strano. Era come fare shopping in un negozio d’abbigliamento, il suo negozio preferito dove ogni cosa era perfettamente nel suo stile. Beh, immagino di essere stato io a sceglierli, pensò, esaminando tutti i vestiti appesi alle grucce nell’armadio. Poi si fermò. Un sorriso prese forma sul suo volto. Sfilò la tuta da ginnastica rossa dalla gruccia. Quella non era sua. Spiccava tra gli altri vestiti dai colori neutri come un segnale luminoso. Tenendo la tuta con una mano, tornò a rovistare nel proprio armadio. Ce n’erano altre tre. Di certo non era lui ad evere una fissa per le tute da ginnastica. E la taglia era un po’ troppo piccola per i suoi gusti. Sunggyu prese la manica rossa della giacca e se la portò al naso. Non aveva lo stesso odore del resto dei vestiti. Ma era familiare, caldo, confortante. Quindi la indossò e, improvvisamente, si sentì al sicuro, anche se era ridicolo, sembrava un’insegnante di ginnastica del liceo. A Sunggyu non importava.

Tornò in bagno poco dopo per lavarsi i denti. Mentre stava per afferrare lo spazzolino da denti, finalmente si rese conto che ce n’erano due. Perché non l’aveva notato prima? Era possibile che la sua mente stesse diventando più coerente? Oppure i suoi occhi avevano qualche problema e stava vedendo ogni cosa sdoppiata? No, c’erano veramente due spazzolini. Sunggyu li stava sorreggendo entrambi in quel momento, uno in ogni mano, ragionando su qualche dei due fosse il proprio. Poi ridacchiò. Immaginò che non avesse importanza quale decidesse di usare. Stava già indossando una tuta da ginnastica che non era sua. Avrebbe sul serio avuto importanza se avesse usato anche lo spazzolino di qualcun altro (specialmente quando si sentiva già come se stesse conducendo la vita di un’altra persona)?

Tutto pulito e cambiato, Sunggyu si lasciò cadere sul letto. Non era ancora stanco. Rotolò su un fianco con cautela, cercando di non disturbare la propria gamba infortunata. Nell’ultimo periodo non aveva dormito sul letto e aveva dormito sul divano, invece. Non era un fastidio per lui. Era troppo imbottito di farmaci per farci caso. Ma solo perché lui non stava usando il letto, non significava che nessun altro lo stesse facendo. Le lenzuola di Sunggyu avevano lo stesso odore della tuta da ginnastica. Adagiò la testa sul cuscino e aprì uno dei cassetti del comodino.

“Aish!” Si era alzato troppo velocemente e aveva contorto la gamba infortunata. Si morse la lingua, trattenendo le grida, e i suoi occhi lucidi vagarono in direzione della porta. L’ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento era che quei due non-proprio-estranei entrassero e cominciassero a fare storie. Ma non entrarono. Sunggyu sospirò e tornò a rivolgere la propria attenzione al cassetto, tirando fuori un tubetto di lubrificante e riviste patinate con foto di addominali definiti tra le altre cose. Li strinse entrambi nei pugni con forza, mentre il cuore cominciò a battergli forte nel petto. Sunggyu aveva avuto la sensazione di essere così. Era positivo sapere che anche il vecchio sé stesso avesse accettato il fatto di essere gay.

Quando fu sul punto di rimettere il tubetto mezzo vuoto e le riviste nei cassetti e cercare tranquillamente di dimenticare di averli mai trovati, Sunggyu trovò un bigliettino abbandonato sul fondo del cassetto. A giudicare dalle condizioni, era un vecchio messaggio. Gli angoli erano arrotolati verso l’interno. Era spiegazzato, probabilmente perché era stato letto moltissime volte. Ma Sunggyu non si chiese mai perché il vecchio sé stesso l’avesse conservato. Anche il nuovo sé stesse l’avrebbe tenuto.

Buongiorno, Gyu! Dormito bene? Sono uscito a correre. Tornerò presto. Non preoccuparti! Il tuo prezioso Nam Woohyun è sano e salvo. Il caffè è nella caraffa.

Non c’era nulla di incredibilmente speciale in quel bigliettino. Era abbastanza banale, ma era anche Woohyun che si comportava come il solito presuntuoso sé stesso. Ciò nonostante, era proprio per quel motivo che a Sunggyu piaceva, perché era banale ed era Nam Woohyun. E così strinse forte il biglietto nella propria mano, abbandonandosi al sonno.

***


Ore dopo, venne svegliato da Dongwoo e Myungsoo, che volevano salutarlo e assicurarsi che mangiasse prima che loro due se ne andassero. Perciò loro tre si sedettero intorno al tavolo e mangiarono un pasto veloce. Dongwoo dominò nuovamente la conversazione; però parlò più piano e lentamente, dato che si stava stufando pure lui. Myungsoo non parlò granché neanche stavolta, ma fu il solo a servire Sunggyu e a ripulire ogni volta che rovesciava qualcosa, cosa che succedeva spesso. Aveva ancora le braccia deboli.

Con grande sollievo di Sunggyu, il suono della serratura del proprio appartamento gli giunse alle orecchie.

“Sembra che il maritino di hyung sia a casa”, osservò Myungsoo con una leggera risata. Ma poi serrò immediatamente la bocca e guardò Sunggyu con gli occhi sbarrati. “Io, uh, ah”, balbettò.

“È una battuta che facciamo tra di noi”, spiegò velocemente Dongwoo mentre la porta dell’appartamento si apriva. “Una volta voi due eravate coinquilini e noi vi chiamavamo ‘maritini’. Ecco perché. Ma adesso non lo siete più, perciò è un po’ come un divorzio?” Dongwoo improvvisò una battuta e rise. Poi si alzò da tavola. “Nam-goon! Ho preparato la cena”, disse ad alta voce, dando il benvenuto a Woohyun.

Woohyun entrò nella cucina e posò le mani sulle spalle di Sunggyu mentre studiava il cibo disposto sul tavolo. “Hm, sembra commestibile”, commentò, per poi aprirsi in una piccola risata. “Allora, come sta il paziente?”

“Sto bene”, rispose Sunggyu con un sorriso. Molto bene.

“Hey! Quella tuta è mia!”

“Oh, davvero? Devo essermene dimenticato.”

***


Il giorno seguente, solo Dongwoo venne a far visita a Sunggyu. Era meglio avere un solo amico lì. Ospitare due amici a casa rendeva l’appartamento un po’ troppo stretto. Inoltre, come poi venne a sapere, Dongwoo era l’amico che Sunggyu conosceva da più tempo, sin dai tempi del liceo. Gli altri li aveva conosciuti all’università. Perciò Dongwoo poteva raccontare a Sunggyu alcune cose della loro città natale, come loro due decisero di andare a studiare a Seoul.

Lentamente, passo dopo passo, Sunggyu cominciò a realizzare che il modo in cui si comportava con Dongwoo fosse diverso, particolare. Senza rendersene conto, trattava Dongwoo in modo più brusco rispetto a Woohyun e Myungsoo. Poteva alterarsi con lui. Poteva minacciare di colpirlo. E sapeva che Dongwoo avrebbe reagito con un ampio sorriso e un sacco di versi a caso che significavano poco e niente. In qualche modo sapeva che Dongwoo fosse più di un sempliciotto. Oltretutto, quando ordinarono del pollo, Dongwoo si assentò per andare a lavarsi le mani. Sunggyu si avventò sul cibo. Sollevò un’ala di pollo, ma poi la rimise a posto. Non gli andava più. Quando Dongwoo tornò, esultò, “Assa! Mi hai lasciato le ali! Sei troppo generoso con me, hyung.”

E quello fu il momento in cui Sunggyu se ne rese conto: non aveva completamente dimenticato ogni cosa. Certi impulsi erano ancora radicati nel suo cervello. Erano ancora funzionanti. Avrebbe dovuto fare maggiore affidamento su di loro.

Sfortunatamente, prima che Sunggyu potesse esplorare un altro po’ i propri impulsi con Dongwoo, Woohyun tornò a casa con un’ora d’anticipo.

“Sunggyu! Andiamo a visitare il tribunale!”

***


Sunggyu provò una sensazione vagamente simile ad un déjà vu quando fece il proprio giro all’interno del tribunale. Woohyun lo spinse sulla sedia a rotelle da ufficio a ufficio. Il Magistrato Kim era apparentemente parecchio popolare negli uffici. Molte persone gli si avvicinarono, chiedendogli come si sentisse, cosa riuscisse a ricordare, se fosse sul serio il caso di tornare al lavoro così presto. Neppure lo stesso Sunggyu era certo di essere pronto, ma Woohyun insisteva che sarebbe uscito di testa se fosse rimasto in quell’appartamento troppo stretto ancora per molto. Sunggyu confidava che l’altro lo conoscesse meglio di quanto lui conoscesse sé stesso. Sarebbe stato lì lunedì alle 9.

L’ultimo ufficio che visitarono fu quello di Sunggyu. “Non ti torna in mente nulla?” chiese Woohyun, spingendo Sunggyu fino alla sua scrivania.

Sunggyu si sollevò dalla sedia a rotelle con un grugnito e prese posto dietro alla scrivania. “Non ancora”, rispose, facendo scorrere un dito lungo il legno scuro e lucido. Guardò la placca con il proprio nome posata sulla scrivania. “Devo essere stato qualcuno d’importante”, scherzò, rimettendo a posto la placca.

“Lo sei”, rispose Woohyun, sedendosi su uno degli angoli della scrivania. L’unico spazio che non era ricoperto da fogli. “Hai visto quante persone sono venute a salutarti? Perfino Sungyeol è corso fuori dal suo ufficio quando ha sentito che eri qui.”

“Sungyeol?”

“Il ragazzo alto”, spiegò Woohyun. “Una volta ti lamentavi continuamente dicendo che era stato mandato sulla terra per rendere la tua vita un inferno, ma sembra che lui ti rispetti sinceramente, solo che lo dimostra a modo suo.”

“Sul serio?” Beh, questo spiegava la fitta d’irritazione che aveva provato quando aveva sentito la voce acuta di Sungyeol provenire dal fondo del corridoio. Sunggyu sbuffò ironicamente e alzò lo sguardo dalla scrivania per incontrare quello di Woohyun. “Immagino che le persone siano attirate dal mio char… chari… uh, fascino.”

“Eung, sei piuttosto charismatico”, Woohyun trovò indirettamente la parola che Sunggyu stava cercando. Lo faceva spesso nell’ultimo periodo. Era meno imbarazzante quando erano loro due da soli. Woohyun non lo faceva mai sentire stupido perché non ricordava le cose. Si limitava a ricordarle per lui e si comportava come se Sunggyu non avesse dimenticato come si chiamassero le bacchette per il cibo tipo sette volte. Però fu imbarazzante quando Sunggyu chiese ad uno dei propri colleghi di lavoro dove si trovasse il più vicino ‘coso da cui esce l’acqua’ perché non era riuscito a ricordare come (cazzo) si dicesse lavandino. In teoria avrebbe dovuto essere intelligente, autoritario, uno che dispensava solamente verdetti (su questioni semplici, ma era lo stesso), eppure non era riuscito a ricordare una cosa così semplice.

Riuscirò davvero a farcela?

Una mano gli strinse la spalla. Sunggyu si voltò e vide l’altro rivolgergli un sorriso gentile. “Sembri stanco. Andiamo a casa”, suggerì.

Sunggyu afferrò la mano che gli stava sulla spalla e la strinse nella propria. “Andiamo a casa”, ripeté in un sussurro.

***


Mentre stavano tornando a casa, Woohyun rivelò che c’era più di un motivo per cui aveva deciso di portare Sunggyu in tribunale. Quando percorsero la rampa d’uscita della tangenziale, i suoi occhi continuarono a lanciare occhiatine nervose a Sunggyu. “Che c’è?” chiese Sunggyu con una leggera risata.

“Non provi niente?” chiese Woohyun, incredulo.

“Beh, sono stanco. La testa mi sta per esplodere. La gamba mi fa male e prude da morire”, si lamentò Sunggyu. “Ma non è diverso dal solito. Perché?”

“Non hai notato nulla? Proprio niente?” ribatté Woohyun.

Sunggyu ci pensò per un momento e scosse la testa. “A parte il guardrail messo male, no”, rispose.

“Sunggyu”, borbottò Woohyun in un sussurro. Sembrava che volesse aggiungere qualcos’altro, ma non disse nulla.

Sunggyu fissò Woohyun per alcuni minuti. L’altro era completamente concentrato sulla strada, anche se in quel momento erano fermi al semaforo. Era come se stesse cercando di far scattare il verde con la forza del pensiero.

“Quello è il punto in cui è successo l’incidente, non è vero?”

Woohyun lanciò una veloce occhiata al proprio amico, per poi tornare a guardare la strada. Il semaforo era ormai verde e le auto alle loro spalle stavano impazientemente suonando il clacson, imponendogli di muoversi. Sunggyu riuscì a stento a cogliere l’affermativo “Eung” tra l’insistente rumore dei clacson. “Volevo vedere se avrebbe risvegliato la tua memoria. Ma non ricordi veramente niente?” chiese Woohyun. Le sopracciglia aggrottate gli conferivano un’espressione preoccupata.

“No, vuoto totale.”

***


La memoria è una cosa buffa. Molte persone sanno che c’è la memoria a breve termine e poi c’è quella a lungo termine. Ciò che non sanno è che la divisione non finisce lì. Anche all’interno della memoria a lungo termine, le informazioni sono conservate in differenti parti del cervello. Quella che mancava a Sunggyu era la memoria episodica, cioè rimembrare eventi del passato che sono processati nell’ippocampo e sono conservati nella neocorteccia. Aveva comunque mantenuto la memoria semantica, che registra fatti e concezioni, che sono immagazzinati nelle cortecce frontali e temporali (il fatto che non riuscisse a ricordare le parole dipendeva più che altro da una limitata soglia dell’attenzione e da un cervello annebbiato). E così, quando qualcuno gli chiedeva dell’incidente, non riusciva a ricordare. Ma quando qualcuno gli chiedeva aiuto sulla decisione da prendere per un caso, Sunggyu era in grado di ricordare la legge esatta a cui dovevano attenersi.

Quando era passato per il luogo dell’incidente, non aveva provato assolutamente nulla fuori dall’ordinario. Ma quando aveva visto il volto di Woohyun dopo essersi svegliato la prima volta, aveva provato moltissime cose, troppe. Quei sentimenti non facevano altro che crescere sempre di più man mano che trascorrevano il tempo insieme. Perché Nam Woohyun non era semplicemente un episodio casuale della sua vita, era una costante. Era un dato di fatto. E la questione era che Sunggyu lo amava ed era abbastanza sicuro che Woohyun lo ricambiasse, che stessero insieme.

Non era solo per le tute da ginnastica nell’armadio, il secondo spazzolino da denti nel bagno, o il bigliettino nel cassetto. Era per il fatto che Woohyun non l’avesse praticamente mai lasciato solo da quand’era successo l’incidente, era per quanto loro due si trovassero bene insieme e per i baci delicati che Woohyun posava sulla testa di Sunggyu quando quest’ultimo fingeva di dormire.

Stavano insieme. Doveva essere così per forza.

E così, quella sera, quando tornarono a casa dopo la visita in tribunale e cenarono, Sunggyu decise di sperimentare nuovamente con i propri impulsi, decise di fidarsi di loro. Quando Woohyun si sporse verso Sunggyu per raccogliere il suo piatto sporco, Sunggyu mormorò “grazie” e gli diede un bacino sulla guancia. E quando Woohyun voltò immediatamente la testa nella sua direzione con gli occhi praticamente fuori dalle orbite, Sunggyu lo baciò sulle labbra.

Woohyun fece cadere il piatto a terra, che emise un forte rumore, e si raddrizzò. “C-che cos’era quello?” farneticò, toccandosi le labbra con le dita.

Sunggyu sorrise, trionfante, e parlò con voce cantilenante, provocando l’altro, “So tutto.”

“Sai cosa?” le sopracciglia di Woohyun si aggrottarono nuovamente. Gli sarebbero venute presto le rughe se non fosse stato attento.

Sunggyu rise e rispose, “Di noi.”

“Sunggyu…” Woohyun disse di nuovo il suo nome con lo stesso tono che aveva usato in macchina.

Un rumore stridente riempì la stanza quando Sunggyu tirò indietro la sedia e si alzò barcollando su un piede solo. Avvolse le braccia intorno al collo di Woohyun per sorreggersi e in modo da far scorrere le proprie dita tra i capelli lunghi dell’altro. Sunggyu si sentì quasi felice vedendo il volto di Woohyun sprofondare maggiormente nella perplessità. Sunggyu aveva sventato il suo piano. Aveva vinto.

“Capisco perché tu me l’abbia nascosto”, cominciò Sunggyu. “Non riuscivo a ricordarmi di te. Sarebbe stato strano. ‘Hey, tu mi ami. Non ricordi?’ Chi ci avrebbe creduto? Specialmente se si tratta di te”, lo prese in giro, ridacchiando. Ma quando vide tristezza negli occhi dell’altro, la risata gli morì in gola. Sunggyu si mordicchiò il labbro prima di continuare con tono serio. “Devi esserci stato male. Mi dispiace. Però, Woohyunnie, io non ho dimenticato. Non veramente. Ho avuto la sensazione che tu fossi mio dal momento in cui mi sono svegliato.” Verso la fine di quel discorso trionfante, Sunggyu posò una mano sulla guancia di Woohyun e incominciò a sporsi in avanti. E nel momento in cui le loro labbra si sfiorarono, Woohyun si abbassò e si liberò dall’abbraccio dell’altro, col risultato che Sunggyu cadde in avanti e per poco non finì con la faccia a terra. Fortunatamente, Sunggyu afferrò il bordo del tavolo riuscendo a salvarsi, ma dopo essersi raddrizzato, alzò lo sguardo verso l’altro. Il cuore gli sprofondò nello stomaco.

Woohyun si trovava sul lato opposto della stanza, con la schiena appoggiata alla parete. I suoi occhi erano sbarrati e il suo respiro era irregolare. Era come se fosse stato assalito. “Hyung! Sunggyu-hyung”, lo richiamò Woohyun tra un ansimo e l’altro. “No… Non siamo… Io non sono”, farneticò, guardando ovunque tranne che nella direzione dell’uomo di fronte a sé.

“Io sono sposato!” sganciò la bomba, alla fine.

Sunggyu barcollò. Gli era sfuggita la presa sul tavolo. Aveva i palmi sudati e le ginocchia deboli. In quel momento neppure lui aveva il coraggio di guardare l’altro. “Tu… sei sposato?” ripeté.

“S-sì.”

Sunggyu sbatté il pugno chiuso contro il tavolo. E lo fece ancora e ancora, ogni colpo sempre più debole, fino a quando la mano aperta semplicemente si adagiò sul tavolo. “Tu… tu sei rimasto con me per giorni!” gridò con voce spezzata. “Non sapevo… non so NIENTE! E ADESSO mi vieni a dire che sei sposato?! Ma che cazzo?!”

Woohyun avanzò catualmente di un passo. “Non pensavo…”

“No, non pensavi”, Sunggyu lo colse alla sprovvista e i loro occhi si incontrarono di nuovo. Sunggyu fissò l’altro con gli occhi assottigliati dal rancore fino a quando non riuscì a vedere nient’altro che le lacrime che gli stavano allagando gli occhi. “Non posso crederci.” Woohyun avanzò di un altro passo, ma non lo fece per andare a consolare il proprio amico.

“Io… devo andare. Mia m-moglie mi sta aspettando”, balbettò, recuperando le proprie cose e avviandosi all’uscita.

“Vattene!” gridò Sunggyu mentre la porta si chiudeva violentemente. “E non tornare.”

Quella notte, Sunggyu pianse per la prima volta da quando era in grado di ricordare. Non sapeva cosa l’avesse trattenuto dal farlo prima. Aveva immaginato di essere semplicemente un uomo dagli occhi privi di lacrime. Ma ciò che realizzò in quel momento fu che lui prima aveva avuto speranza; aveva avuto ottimismo. Quella speranza, tuttavia, era appena uscita dalla porta.

Pianse per diversi motivi: il dolore che non voleva attenuarsi, la frustrazione per non riuscire a ricordare, i genitori che aveva perso in vita e nei ricordi, la sorella che stava trascurando, il futuro che sembrava tremendamente difficile. Stava piangendo per ogni cosa, tutto in una volta. Ma principalmente, stava piangendo perché Woohyun non ricambiava il suo amore e probabilmente non l’avrebbe mai fatto.

Perché se Woohyun non lo amava, se non stavano insieme, nulla in quel nuovo mondo aveva senso. Non c’era niente che quadrava. E l’attualmente ignorante Kim Sunggyu non sapeva più cosa credere.

***


Nel bel mezzo della notte, venne svegliato da un mal di testa micidiale e da un pensiero improvviso. Il tubetto di lubrificante nel cassetto, era mezzo vuoto. Se non lo stava usando con Woohyun, doveva averlo usato con qualcun altro. Ma chi?

E lo spazzolino da denti? Anche quello era di qualcun altro? O Sunggyu stava facendo economia e ne aveva comprati due perché erano in offerta? O era di Woohyun, che aveva l’abitudine di trascorrere la notte nell’appartamento di Sunggyu? Cosa che avrebbe spiegato anche le numerose tute da ginnastica. O le cose stavano così o Sunggyu le aveva rubate all’altro quando aveva traslocato. Sembrava qualcosa che avrebbe potuto fare (perché di quante tute da ginnastica una può mai aver bisogno se non è un insegnante di educazione fisica? Sunggyu aveva semplicemente salvato Woohyun da sé stesso portandole via). E quello stupido biglietto, che in quel momento si trovava accartocciato nel bidone della spazzatura. Sunggyu poteva averlo conservato sin dai tempi in cui avevano vissuto insieme. Un momento del loro tempo insieme, una traccia dell’amore non corrisposto di Sunggyu.

Si sedette sul letto. Sapeva che in teoria non avrebbe dovuto mischiare l’alcol con le medicine, ma chissenefrega, non era in grado di superare il resto della nottata restando sobrio. Gli ci volle una vita, ma alla fine rotolò giù dal letto e saltellò fino al frigorifero.

E quello fu il momento in cui lo vide.

Sunggyu non l’aveva mai visto prima. Qualcun altro si era sempre occupato di cucinare, di portargli da bere, di servire Sunggyu in quel periodo di necessità. Non aveva neanche mai aperto il frigorifero da quand’era tornato a casa dall’ospedale, figuriamoci veramente guardarlo. Ma proprio lì, schiaffato nel centro delle porte bianche del frigorifero, c’era il campanello d’allarme di Sunggyu: l’invito alle nozze di Woohyun.

Sunggyu emise uno sbuffo sarcastico. Woohyun aveva mentito. Non era sposato… per il momento. La data era fissata per il prossimo mese. Era proprio sotto ai nomi della sposa e dello sposo scritti in patinate lettere corsive e una famosa citazione sull’amore di qualche autore (che scriveva stronzate).

Sunggyu avvertì nuovamente un nodo in gola e gli occhi diventargli lucidi. Staccò l’invito di nozze dalla porta del frigo e lo gettò nella spazzatura. Non voleva vederlo mai più, neanche per un solo istante.

***


Toccava a Myungsoo sorvergliarlo quel giorno, cosa positiva per Sunggyu perché non gli andava molto di parlare. Loro due si scambiarono solo una manciata di parole. La maggior parte di queste furono “Vuoi stare da solo?” alle quali Sunggyu annuì e Myungsoo se ne andò dopo pranzo, lasciando Sunggyu da solo per il lasso di tempo più lungo da quand’era tornato a casa.

Sunggyu si chiese perché non avesse quasi mai avuto del tempo per starsene da solo. Praticamente c’era sempre stato qualcuno insieme a lui nel piccolo appartamento. Perché sprecarti a vivere da solo se poi non sei mai effettivamente solo, giusto?

Ma dopo alcune ore trascorse a guardare tv spazzatura, Sunggyu (ri)scoprì che odiava stare da solo, lo detestava con tutto il cuore. Restava solo lui con i propri pensieri, che non erano mai positivi, specialmente in quel frangente.

Valutò di prendere il telefono e chiedere a Myungsoo di portargli qualcosa e, in qualche modo, convincere il più giovane a trascorrere la notte con lui. Poi si ricordò di essere un uomo adulto, e che se aveva intenzione di trascorrere il resto della propria vita come un eterno scapolo (perché non si sarebbe mai ripreso dall’imbarazzo della sera precedente), avrebbe fatto bene a cominciare a starsene da solo da quel momento in poi.

E per inaugurare quel nuovo stile di vita, aveva bisogno di alcol. A quanto pareva, i suoi ‘babysitter’ non si fidavano di lui e l’intero appartamento era a secco. Non c’era neanche una goccia di liquore da qualche parte, come Sunggyu aveva scoperto la notte precedente. Tutto quello che doveva fare era recarsi al super mercato che l’uomo-che-aveva-intenzione-di-dimenticare gli aveva fatto vedere giorni prima. Ma appena uscì dall’appartamento, fu costretto a rientrare. Aveva dimenticato il portafoglio.

Dopo aver comprato alcune bevande e schifezze varie al super mercato, fece lentamente ritorno al proprio appartamento. Teneva la borsa della spesa stretta tra i denti siccome doveva usare le stampelle per muoversi lungo il marciapiede e poi all’interno del palazzo. Una volta entrato nell’ascensore, quando le porte stavano per chiudersi, una voce acuta esclamò, “Oppa!” Una mano si infilò tra le porte, impedendo loro di chiudersi. Le porte tornarono ad aprirsi, rivelando una ragazza alta ed esile con indosso una divisa scolastica. “Sunggyu oppa!”

“Hm?” il verso interrogativo di Sunggyu venne soffocato dalla busta della spesa. Si levò la borsa dalla bocca e chiese, “Chi sei?”

“Oppa!” si lamentò la ragazza, pestando un piede a terra. “So che hai l’amnesia, ma non posso credere che tu abbia potuto dimenticare la tua fidanzata.”

Sunggyu squadrò la ragazza da capo a piedi. Oltre a non essere il suo tipo, sarà stata a stento maggiorenne, o forse neanche quello. Il legale dentro di lui non avrebbe mai acconsentito ad una relazione del genere. Emise uno sbuffo ironico, “La mia fidanzata, huh? Da quanto tempo stiamo insieme?”

“Un anno”, rispose la ragazza senza ombra di esitazione.

Sunggyu alzò gli occhi al cielo. “Sì, perché io mi metterei insieme ad una minorenne”, replicò.

“L’età è solamente un numero”, sostenne la liceale con un luminoso sorriso e un cenno della mano, come se infrangere la legge fosse una sciocchezza.

Con la mano che sorreggeva la busta della spesa, Sunggyu posò due dita sulla fronte della ragazza e la spinse indietro. “Torna a scuola, Sujeongie. Età è una parola”, la rimproverò. Il campanello dell’ascensore suonò, informandoli che avevano raggiunto il loro piano. E quando Sunggyu uscì dall’ascensore, un altro campanello risuonò nella sua mente. Aveva ricordato il nome della ragazza.

Non riusciva a ricordare nient’altro sul conto della giovane. Presumeva che fossero vicini di casa, ma riuscire a ricordare il nome di qualcuno a quel modo era una novità. Mi sta tornando la memoria?

Sujeong, d’altra parte, non l’aveva neanche notato. Rise, essendo stata colta con le mani nel sacco. Camminò all’indietro lungo il corridoio, rivolta verso Sunggyu, stringendo forte la tracolla della propria borsa scolastica. “Valeva la pena provarci”, ammise Sujeong in un sussurro. Poi inclinò il capo. “Mi sono sempre chiesta perché non lo facciano mai nei drama. Dire alla persone con l’amnesia che loro due sono innamorati. È la perfetta opportunità per il secondo personaggio maschile di diventare il protagonista e conquistare la ragazza”, la sua voce stava crescendo ad ogni parola, diventando sempre più sicura di ciò che stava dicendo.

“Aigoo”, Sunggyu pareva un po’ una vecchia zitella, ma quella ragazza necessitava di darsi una svegliata. Sunggyu era più che felice di farle aprire gli occhi, “Uno non può semplicemente dire a qualcuno che sono innamorati. L’amore è un sentimento che non si può fingere. Non puoi farglielo provare dicendogli che è così e basta.” Al contrario di Sujeong, la voce di Sunggyu stava diventando più debole ad ogni parola, più spenta. Finì per borbottare a bassa voce e digitò rabbiosamente il codice della serratura elettronica.

Sujeong strinse le labbra, riflettendo. “Vero”, concordò. Poi trasalì e schioccò le dita. “E se semplicemente non provasse certi sentimenti in un primo momento? A volte l’amore ha bisogno di crescere…”

“Va a casa, Sujeong”, la interruppe Sunggyu, aprendo la porta. Riusciva già ad avvertire l’ennesimo mal di testa incombere su di sé. “Non sono dell’umore. Mi sto stancando.”

“Va bene”, la liceale ci rinunciò e si allontanò a testa bassa.

Dopo aver chiuso la porta, Sunggyu si sentì in colpa per averla mandata via, ma il senso di colpa durò solo un secondo. Qualcuno bussò alla porta.

“Ti ho detto di tornare a casa, Sujeong!” gridò, spalancando la porta.

Non era la liceale. Sunggyu dovette abbassare lo sguardo per vedere la donna che in quel momento si trovava davanti alla sua porta. La donna era notevolmente più bassa e indossava un completo da lavoro, ma dava più l’impressione di una bambina che giocava a travestirsi. Non sembrava tanto più grande della liceale, specialmente con la bocca spalancata come se fosse incredibilmente sorpresa. “Oh! Tutti mi avevano detto che hai l’amnesia”, borbottò.

“Uh, io, uh”, farneticò Sunggyu, massaggiandosi la parte posteriore del collo con una mano. “Pensavo che fosse qualcun altro.”

La donna inarcò un sopracciglio. “Qualcun altro con il mio nome?” chiese.

Apparentemente, Kim Sunggyu conosceva più di una Sujeong. Almeno è un nome in meno che devo ricordare. “Sì,” rispose annuendo brevemente.

“Beh, questo è strano”, disse la donna d’affari Sujeong con una risata imbarazzata, giocherellando nervosamente con le proprie mani.

Sunggyu appoggiò la testa contro lo stipite della porta e cercò di ficcarcela dentro. “È tutto strano. Niente ha senso”, borbottò. Poi sollevò la testa e chiese, “Chi sei?”

“Sono Lee Sujeong”, si presentò con un sorriso educato e una postura ben dritta. “Lavoro in tribunale con te. Sono solo passata per…” lasciò le ultime parole in sospeso intanto che rovistava nella propria borsa e tirò fuori un blocco di fogli. “… lasciarti alcuni casi.” Sujeong gli allungò i documenti.

Sunggyu prese i fogli che lei gli stava porgendo ma le lanciò un’occhiata guardinga. “Non sembri grande abbastanza per lavorare lì. Quanti anni hai? 16?” tirò a indovinare.

“Ha-ha”, commentò Sujeong seccamente, alzando gli occhi al cielo. Era evidente che gli rivolgessero frasi del genere piuttosto spesso. “Ho 26 anni.”

“Scusa”, disse velocemente Sunggyu e cambiò argomento. “E questa roba”, sventolò i fogli che teneva in mano. “Non sto soffrendo abbastanza perciò devi scaricare del lavoro su di me.”

“Sì”, rispose Sujeong con tono serio, senza un attimo di esitazione. Ma subito dopo si aprì in un sorriso, divertita dal proprio comportamento. “E anche per farti riprendere il ritmo prima di tornare al lavoro lunedì. Possiamo lavorarci sopra insieme, se ti va. Posso, uh, entrare?” gli propose, a disagio.

“Uh, presumo di sì”, rispose Sunggyu, mettendosi di lato per lasciarla passare. Posò gli occhi sulle cause. Le sfogliò, accompagnando Sujeong in salotto.

“Mi è stato riferito che Woohyun ti ha portato a fare un giro ieri”, Sujeong cercò di fare conversazione sul più e sul meno, sedendosi sul divano. “Scusa per non esserci stata.”

Non hai motivo di scusarti. Neanche mi ricordo di te, Sunggyu avrebbe voluto risponde così, ma frenò la lingua. “Non c’è problema”, disse invece con un cenno del capo e si sedette accanto a lei. “Non sono rimasto a lungo.”

“Peccato”, furono il tono sarcastico della sua voce e il suo sorriso provocatorio che portarono Sunggyu a credere che il loro rapporto non si limitasse a quello di semplici colleghi di lavoro. Quei casi sembravano solo un pretesto, una scusa per passare da lui e controllare che stesse bene.

“Sujeong-ssi, noi siamo intimi?” buttò lì su due piedi.

Sujeong farfugliò e ricominciò a giocherellare con le proprie mani. “Che situazione imbarazzante”, commentò tra sé e sé. “Um, più o meno? Ci siamo un po’ allontanati ultimamente.”

“Perché?”

Si strinse nelle spalle. “Lavoro, suppongo. Siamo entrambi occupati.”

“Allora”, incominciò Sunggyu, voltandosi verso di lei e fissandola attentamente. Sujeong trasalì leggermente a causa dello scrutare invadente dell’altro. “Quanto intimi eravamo prima?”

“Parecchio intimi”, rispose lei, con gli occhi fissi sulle mani posate sul proprio grembo. “Ci conosciamo da anni. Tu sei il mio sunbae, sia al lavoro che a scuola.”

“Mi hai seguito?” la punzecchiò Sunggyu.

Sujeong sembrò rilassarsi a quel commento e ridacchiò leggermente, rispondendo, “Eung. A quanto pare.”

Poi lo colse un pensiero improvviso, notando un certo rossore spuntare sulle guance della donna. Stava diventando sempre più imbarazzata e nervosa. “Perché?” borbottò Sunggyu, studiandola. Deglutì con forza. Esattamente quante cose aveva dimenticato? “Io ti piaccio?” chiese Sunggyu. Quanto ‘intimi’ erano loro due per la precisione?

Sujeong scoppiò in una fragorosa risata e cominciò a darsi pacche sul ginocchio come se quella fosse la cosa più divertente che avesse sentito nell’ultimo decennio. Le vennero pure le lacrime agli occhi. “No, non tu”, disse, dando una spinta a Sunggyu. “Non mi piacciono i palloni gonfiati, mi dispiace.” Non sembrava minimamente dispiaciuta. Ma quando notò che invece Sunggyu non stava ridendo, si ricompose e gli sfilò di mano il plico di fogli. “Dai, diamo un’occhiata a questi casi”, suggerì.

“Sujeong”, la richiamò Sunggyu. Lei raddrizzò il capo e lo guardò. “Stavo frequentando qualcuno?” Se loro due erano davvero così buoni amici, allora lei avrebbe dovuto saperlo. Il tubetto usato riposto nel cassetto gli dava ancora pensiero. Se non è stato con Woohyun…

Purtroppo, Sujeong scosse la testa, “Non che io sappia. Perché?”

Sunggyu sospirò e chinò la testa. Chiuse gli occhi con forza, sperando quasi di svegliarsi di nuovo e scoprire che quello non era stato nient’altro che un sogno, “Nulla ha senso”, mormorò tra sé e sé, passandosi nervosamente le mani tra i capelli. “Se non sto con Woohyun, nulla ha senso”. Non importava quanto Sunggyu riorganizzasse e ricalcolasse i fatti nella propria testa, continuava a giungere alla stessa conclusione. Anche quando cercava di interpretarli in modi differenti, c’era comunque qualcosa che non quadrava. Niente sembrava giusto.

Anche se Sunggyu stava parlando con sé stesso, Sujeong lo sentì perfettamente. “Oppa”, lo richiamò con voce gentile ma ferma. “È quello che ti sto dicendo da anni.” “Huh?” Sunggyu alzò il capo e il suo cuore si fermò. Non è possibile.

“La vostra relazione non ha senso per nessuno”, chiarificò. “Non ha senso per me, o per Dongwoo o per Myungsoo. O tua sorella.” Un triste sospiro le sfuggì dalle labbra e lo sguardo tornò a posarsi sulle mani sul proprio grembo. “Nulla di tutto questo ha senso.”

Sunggyu la guardò e inclinò il capo. “Ne avete parlato alle nostre spalle?” chiese, sorpreso.

“Sì!” rispose immediatamente Sujeong, per poi mettersi a ridere.

Anche Sunggyu rise. Gli si era immediatamente risollevato umore. Aveva ritrovato speranza. Quindi c’era effettivamente qualcosa tra lui e Woohyun. Se solo fosse riuscito a fare in modo che anche Woohyun lo realizzasse… Allora la sua risata morì, scontrandosi con la dura realtà. “Però, Sujeong… Woohyun sta per sposarsi.” E per quanto Sunggyu amasse Woohyun, non poteva permettersi una relazione extraconiugale o di rovinare un fidanzamento. Non avrebbe messo a rischio la propria carriera… o il proprio cuore per una cosa del genere. Le possibilità che ci fosse qualcosa di più che semplici fraintendimenti, diminuirono.

“T-tu sei il solo che lo ha presentato a… lei!” balbettò Sujeong, sganciando un pugno contro il braccio dell’altro.

“Ow!” Sunggyu trattenne il fiato. “Perché l’avrei fatto?” chiese e lanciò un’occhiataccia a Sujeong. Si massaggiò il braccio offeso con attenzione. Perché l’avrei fatto?

“Non lo so. Non lo so veramente”, borbottò Sujeong, esasperata. Scosse la testa violentemente. Poi rilasciò un sospiro frustrato e si mise a scrutare l’altro con la stessa intensità. “Penso che la sola persona a saperlo… sei tu. Eri tu”, si corresse alla fine.

Sunggyu restò seduto lì, contemplando la propria vita precedente e tutte le orribile scelte che aveva fatto, massaggiandosi il braccio. Perché l’ho fatto? Trasalì dal dolore. Perché riesce a colpire così forte pur essendo una persona così esile?

“Lascia stare. Esaminiamo i casi”, disse, cambiando argomento.

Mentre stavano facendo come suggerito, realizzò perché così tante persone stavano insistendo per farlo al tornare al lavoro così presto. Gli piaceva sinceramente. Aveva sempre avuto talento nell’esprimere giudizi sulle persone, ed era felice di averne fatto la propria professione. Inoltre, piccoli dettagli e leggi gli tornarono improvvisamente in mente. Li stava riacquisendo con grande facilità. Si sentiva di nuovo intelligente.

Quando ammise con Sujeong quanto fosse strano il fatto che conoscesse ogni signola sfumatura della legge ma non ricordasse cosa fosse successo un mese prima, la risposta che lei gli diede gli rimase fissa nel cervello e continuò a ripeterla a sé stesso ancora e ancora: “Alcune cose è meglio dimenticarle.”

Cosa stava dimenticando, esattamente?

***


Il resto della settimana passò senza molto altro di cui parlare. Dongwoo e Myungsoo gli fecero visita. Sua sorella gli telefonò. Woohyun non si fece vivo. Era come Sunggyu aveva previsto. Tuttavia, non sapeva cosa aspettarsi da quella giornata siccome aveva deciso di tornare in ufficio. Ma vedere Woohyun entrare dalla porta del proprio appartamento fu l’ultima cosa che si sarebbe aspettato.

“Perché sei qui?” blaterò Sunggyu, cercando velocemente di infilarsi i pantaloni, imbarazzato per il fatto di essersi ritrovato di fronte all’altro con addosso solo i boxer. Ma era difficile farli passare oltre il gesso, così perse l’equilibrio, quasi cadendo a terra.

Woohyun si limitò a ridacchiare e ad osservare il proprio miserabile amico. “Ti serve un passaggio al lavoro”, rispose.

Sunggyu sbuffò, ironico, “Ho la macchina”. E apparentemente sapeva guidare. Non sarebbe stato troppo difficile ricordare come si faceva.

“Hai la macchina distrutta”, lo corresse Woohyun, incrociando le braccia davanti al petto. “E pensi di riuscire a guidare con quello?” Indicò il gesso, ancora coperto dai pantaloni. “In bocca al lupo.” Terminò con un’alzata di spalle e si diresse verso la porta. “Woohyun-ah, aspetta!” gridò Sunggyu, trattenendolo. Woohyun si fermò e si voltò a guardarlo, in attesa. “Verrò con te. Verrò!”

Dopo aver indossato velocemente dei vestiti e aver preso qualsiasi cosa che ritenesse utile per una giornata in ufficio, uscirono di casa ed entrarono nell’auto di Woohyun. E le cose tra loro sembravano normali, cosa che non fece altro che rendere Sunggyu ancora più confuso. Woohyun era troppo disinvolto in generale. Aveva sbattuto la testa pure lui? Si era dimenticato della scorsa notte? O aveva scelto di dimenticare? Sunggyu aveva la vaga impressione che si trattasse dell’ultima opzione. Nascondere i fatti sotto al tappeto, fingere ignoranza, avevano già fatto queste cose prima d’allora. Questo voleva dire che Sunggyu si era già dichiarato in passato? Sunggyu smise di guardare l’altro e si perse ad osservare la strada di fronte a sé, posandosi una mano sul petto, all’altezza del cuore. Aveva riaperto una vecchia ferita? Perché sembrava che il proprio cuore si stesse rimarginando un po’ troppo velocemente dopo l’ultimo colpo che gli era stato inferto.

O Kim Sunggyu era davvero così indifferente?

***


Woohyun l’accompagnò anche a casa quel giorno, scherzando con i colleghi di Sunggyu sul fatto che ormai fosse diventato l’autista personale del proprio amico. Ma Woohyun non era granché come autista. Andava troppo veloce. Frenava d’improvviso. E non sapeva dove stava andando. “Esci. Si fa prima prendendo quest’uscita. È quella che prendo di solito”, disse Sunggyu quando si fecero più vicini all’uscita in questione. Era l’uscita prima rispetto a quella che avevano imboccato la volta precedente. Evidentemente Sunggyu riusciva a ricordare solo cose “importanti”, tipo come accorciare di cinque minuti il proprio tragitto giornaliero.

Woohyun gli lanciò un’occhiata. “Davvero?”

“Sì.”

Sunggyu si tenne ben stretto alla maniglia della portiera quando Woohyun imboccò la rampa d’uscita all’ultimo istante. Nel momento in cui fu lì lì per insultare l’altro, Sunggyu si morse la lingua. L’altro gli stava facendo un favore. Woohyun si stava ancora prendendo cura di lui, nonostante Sunggyu avesse praticamente buttato all’aria il loro rapporto con la convinzione che tra loro ci fosse di più di quanto non ci fosse realmente. Woohyun era un buon amico, il migliore. Ma per quale motivo Sunggyu provava sempre quest’impulso di trattarlo in modo orribile, di insultarlo e prenderlo per i fondelli? Che razza di persona era Kim Sunggyu?

“Woohyun? Il vecchio me era diverso?” chiese.

“Da come sei adesso?” chiese Woohyun. Sunggyu annuì, cercando di deglutire, ma aveva la bocca secca. Woohyun, fortunatamente, scosse il capo. “No. Non proprio.”

Sunggyu prese un sospiro di sollievo e commentò in un sussurro, “A volte ho l’impressione che il vecchio me fosse uno stronzo.”

“Hm?” Woohyun gli lanciò un’occhiata. Le sue sopracciglia erano inarcate così in alto che a momenti avrebbero raggiunto l’attaccatura dei capelli. “No”, negò gentilmente. “Quello non è cambiato. Sei uno stronzo anche adesso”, lo provocò.

“Yah!”

Beh, almeno una cosa era stata chiarita. Sunggyu a volte era stronzo con Woohyun perché quest’ultimo praticamente lo implorava di venire insultato e preso a botte. Forse era un masochista. Forse lo erano entrambi.

***


Nel corso di quella settimana, Myungsoo si fermò da Sunggyu per cenare insieme. Sia lui che Dongwoo passavano meno frequentemente, spendendo meno tempo con Sunggyu, siccome stavano tutti cercando di tornare alla normalità. Ma Sunggyu si chiese quanto fosse normale starsene seduto in silenzio con Myungsoo; entrambi preferivano mangiucchiare il proprio cibo piuttosto che parlare. Non lo era a giudicare dai video sul cellulare di Woohyun, in cui Myungsoo rideva incessantemente, sganasciandosi così tanto da sputacchiare addosso alla gente. Sunggyu non poteva credere che quella fosse la stessa persona che gli stava seduta di fronte in quel momento. Woohyun gli aveva giurato che loro due erano come fratelli, ma ormai non si comportavano neanche come cugini alla lontana.

“Woohyun mi ha detto che noi siamo come fratelli”, disse Sunggyu, spezzando il silenzio tra loro.

Myungsoo alzò gli occhi dal proprio cibo e borbottò timidamente, “Lo eravamo.”

Anche se quell’‘eravamo’ gli strinse il cuore, Sunggyu sperava comunque che loro fossero stati abbastanza uniti una volta da poter rispondere alla domanda che Sunggyu aveva in mente: “Myungsoo-ya, stavo frequentando qualcuno?”

Myungsoo si ripulì la bocca e inclinò il capo, riflettendo. “Non credo. Perché?” concluse.

“È solo che…” Sunggyu si interruppe per un secondo, alzando lo sguardo sull’altro. Beh, non credo che sia possibile per me peggiorare ulteriormente questo rapporto. Sospirò e continuò, “Ho trovato qualcosa che mi ha fatto pensare che fosse così.”

Myungsoo sollevò velocemente la testa, incuriosito. “Cosa?” chiese.

“Promettimi che non lo dirai a nessuno”, impose Sunggyu, puntandogli un dito contro. “Soprattutto a Dongwoo. Non sembra un tipo capace di mantenere un segreto.”

Il più giovane si stava visibilmente esaltando, stava praticamente saltellando sulla sedia. Forse era sul serio lo stesso uomo dei video. “Okay. Che cos’è?” chiese in un sussurro concitato, sporgendosi in avanti.

Sunggyu fece segno al più giovane di alzarsi da tavola e seguirlo nella propria camera da letto. Una volta entrati, Sunggyu si appoggiò al letto e tirò fuori dal cassetto il tubetto di lubrificante. “Questo”, annunciò, porgendolo a Myungsoo.
“Ew! Hyung!” gridò Myungsoo, non toccando neanche il tubetto, comportandosi come se fosse stato rovente e facendolo finire sul letto con un colpo della mano, che poi si ripulì furiosamente sui pantaloni. “Non voglio sapere cosa fai nel privato!” strillò, stavolta usando le mani per coprirsi gli occhi.

Allora Sunggyu afferrò il tubetto e scosse il braccio di Myungsoo, cercando di fargli abbassare le mani. “Però, Myungsoo, guarda”, lo implorò. Il più giovane scosse la testa freneticamente. “L’ho usato! Guarda!”

“Ho visto. Ho visto”, gridò Myungsoo, spingendo via l’altro. “Allontanalo da me!”

Sunggyu si lasciò cadere sul letto, fissando il tubetto mezzo usato che teneva in mano. Poi lo buttò da qualche parte di lato e si sdraiò sulla schiena. “Deve esserci stato qualcuno”, sussurrò tra sé e sé.

“Hyung.” Sunggyu aprì gli occhi e vide il volto di Myungsoo sopra di sé. Il più giovane gli picchiettò un dito sulla spalla, chiedendogli silenziosamente di fargli spazio sul letto in modo che potesse sedersi accanto a lui. Sunggyu si tirò su e si spostò un po’. Il più giovane si sedette e indicò il tubetto. “Sai almeno quant’è vecchio? Potrebbe essere di anni fa.”

“Ah, è vero”, borbottò Sunggyu.

“Comunque… la cosa importante è…” Myungsoo continuò ad interrompersi, sforzandosi per trovare il modo migliore in cui formulare il concetto. “… anche se stavi usando quella cosa con qualcuno nell’ultimo periodo. Hai avuto un incidente. Sei stato in coma per giorni”, la sua voce si fece più alta e stabile, diventando anche visibilmente agitato. “Se non sono venuti a trovarti finora, allora forse vale la pena dimenticarli. Le persone che sono al tuo fianco adesso sono quelle che contano.” Alzò gli occhi per incontrare quelli di Sunggyu alla fine del discorso. La preoccupazione nei suoi occhi era evidente, così come il significato delle sue parole. Magari loro due non avevano parlato granché in quelle ultime settimane, ma il fatto che Myungsoo fosse , significava molto. Tutte le persone che gli erano accanto durante quel periodo difficile, loro erano quelle che importavano davvero.

Sunggyu sorrise e gli scompigliò i capelli. “Sei un ragazzo intelligente”, lo complimentò.

Forse furono quei capelli setosi tra le dita o il mormorio soddisfatto che passò attraverso le labbra del più giovane, ma quel momento gli risvegliò un ricordo. Myungsoo stava indossando una lunga veste nera, con corde di un giallo acceso appese al collo. Il ragazzo si era laureato con la lode. Sunggyu era tornato nell’università che aveva frequentato per celebrare quel momento insieme ai propri amici. “Sei un ragazzo intelligente”, aveva detto con quello stesso tono orgoglioso dopo la fine della cerimonia, quando Myungsoo gli aveva mostrato il diploma di laurea. Anche allora, Sunggyu aveva accarezzato la testa del più giovane come se fosse stato un bambino piccolo. Ma Sunggyu non voleva trattarlo come tale. Era sinceramente orgoglioso. Myungsoo si era impegnato moltissimo per anni, spendendo molte notti insonni, sudore e lacrime, ma tutto questo l’aveva ripagato.

Anche in quel momento, diversi anni dopo, quel sentimento d’orgoglio riaffiorò nuovamente in Sunggyu, semplicemente rivivendo quel ricordo.

“Hyung”, Myungsoo riportò Sunggyu alla realtà con una risata a sputacchio. “Non avrei mai immaginato che avresti fatto coming out in questo modo.”

“Huh?” sbottò Sunggyu. Si guardò in giro per la stanza freneticamente. “T-tu non lo sapevi?” Emise un lamento frustrato e strizzò forte gli occhi. Aveva involontariamente rivelato di essere gay, pensando di averlo già fatto in passato. Doveva veramente smetterla di fare supposizioni.

“Oh, lo sapevo”, lo provocò Myungsoo con un piccolo sorriso, dandogli una gomitata scherzosa. “Ma non mi avevi mai detto di essere gay”. Poi rise di cuore, avvolgendo Sunggyu in un abbraccio. “Va bene!” lo incoraggiò. “Ti voglio bene lo stesso… platonicamente.”

“Grazie”, rispose Sunggyu, la sua voce stava trasudando sarcasmo. “Possiamo semplicemente dimenticare che questa cosa sia mai successa?” si lamentò, appoggiando la testa contro la spalla dell’altra.

“D’accordo”, concordò Myungsoo. Poi sospirò felicemente. “Mi piace tutto questo.”

“Huh?”

“Sei più onesto. Più aperto”, spiegò Myungsoo. “Una volta te ne stavi sempre sulla difensiva. Avevi un sacco di segreti.”

Sunggyu sospirò. Avrebbe voluto dire che era così perché non sapeva un accidente, perché non sapeva cosa fosse segreto o cosa fosse alla luce del sole. Ma essere involontariamente onesto li aveva riavvicinati. Sunggyu si chiese cosa sarebbe successo se lo fosse stato volontariamente.

***


Avrebbe parlato a Woohyun dei propri sentimenti. Sunggyu avrebbe fatto chiarezza tra loro e avrebbe posto la parola fine a quella situazione. Woohyun non doveva per forza ricambiare i sentimenti di Sunggyu, e a lui andava bene (o almeno, era quello che credeva). Ma non poteva andare in giro facendo finta che alcune cose non fossero mai successe, fingendo di avere l’amnesia selettiva. La cosa l’aveva fatto cadere in un vortice di confusione e mal di testa, non sapendo più come uscirne.

Aveva pensato di farlo quella sera stessa, ma Dongwoo mandò in fumo i suoi piani.

Era il turno di Dongwoo di cenare con Sunggyu e stavano scherzando tra loro, parlando delle loro giornate. Sunggyu aveva appena finito di dire all’altro che sembrava che Sujeong lo stesse evitando, e di come era quasi caduta in aula quand’era fuggita via sui proprio tacchi altissimi (che la facevano sembrare almeno di un’altezza normale).

“Eh, è solo occupata. Probabilmente si sta occupando delle cose dell’ultimo minuto dato che non manca molto”, la difese Dongwoo.

“Non manca molto a cosa?” chiese Sunggyu con la bocca piena. Deglutì. “Terrà un processo a breve?”

Dongwoo inarcò un sopracciglio, incuriosito. “No, il matrimonio”, rispose lentamente, cercando di risvegliare la memoria dell’altro.

“Oh”, esclamò Sunggyu. “Si sta per sposare?”

“Sì”, Dongwoo sembrava esitante. Osservò Sunggyu per un po’ prima di rispondere. “Con Woohyun, ricordi?”

“Merda!” Sunggyu si alzò da tavola come un fulmine. “No.” Zoppicò fino al bidone della spazzatura e cominciò a rovistarci dentro, infischiandosene di qualsiasi altra cosa contenesse. “No, no, no, no, no, no”, sussurrò incessantemente tra sé e sé, fino a quando non trovò finalmente ciò che stava cercando: l’invito di nozze. E in alto, in lettere corsive, c’erano i nomi “La sposa Lee Sujeong e lo sposo Nam Woohyun”. Sunggyu lasciò che l’accartocciato invito di nozze gli scivolasse dalle dita. “Cazzo.”

***


Dongwoo pensò che Sunggyu fosse venuto a sapere del matrimonio solo in quel momento e cominciò a scusarsi profondamente. Continuò a ripete che Woohyun avrebbe dovuto essere il solo a dirglielo, che forse era ora che telefonasse a Woohyun.

No, non c’era verso che Sunggyu avrebbe chiamato il proprio migliore amico in quel momento, considerando che aveva apparentemente rivelato il proprio più intimo segreto a Sujeong, che era innamorata di Woohyun, e lei gli aveva pure dato ragione. Non c’era modo per descrivere quanto Sunggyu avesse incasinato il loro rapporto.

Dongwoo se ne andò dopo aver ficcato il cellulare di Sunggyu nella sua mano. “Ora me ne vado così che voi due possiate parlare”, stabilì ed uscì dalla porta. Sunggyu non chiamò ma inviò un messaggio:

Woohyun-ah, mi dispiace. Non penso che dovrei venire al matrimonio. Sai perché. E poi devo recuperare del lavoro arretrato. Sembra non finire mai. Ma auguro tutto il meglio a te e a Sujeong. Nam Woohyun, fighting!

E non venire più a prendermi. Hyung deve “rimontare a cavallo” e ricominciare a guidare.


Impiegò il resto della nottata per mettere insieme quel messaggio. Ma c’era ancora una cosa che voleva dire. Fissò intensamente la casella di testo, in cui il messaggio attendeva di venire inviato. Il cursore stava ancora lampeggiando lì accanto.

Ti amo.

Sfilò la batteria dal cellulare e lo buttò in un cassetto del comodino, tenendo quelle parole per sé. Chiuse gli occhi intensamente e affondò il volto nel cuscino.

Certe cose era meglio dimenticarle… o non dirle.

***


Beep, boop, beep. “Cazzo.” Boop, beep, boop. “Coso di merda.” Bang! Bang! Bang!

Sunggyu zoppicò fuori dalla camera da letto, ancora intontito dal sonno, ma sembrava che qualcuno stesse cercando di forzare l’ingresso in casa sua. Afferrò la stampella appoggiata contro il muro. Anche se era ancora infortunato e stanco, sarebbe riuscito comunque a picchiare a sangue quel bastardo, se necessario.

“Apri! Sunggyu! So che sei lì dentro. ‘Sto cazzo di codice non funziona.”

Sunggyu sospirò. Non era un bastardo. Era solo Nam Woohyun. Ma Sunggyu tenne ben stretta la stampella in ogni caso. Avrebbe potuto essergli utile nel caso in cui la conversazione avesse preso una brutta piega.

Sunggyu si avvicinò alla porta e l’aprì, rivelando Woohyun appoggiato contro lo stipite della porta. Il corpo dell’uomo era instabile, dal respiro affannoso e… “C-cos’hai addosso?” farneticò Sunggyu. Woohyun stava indossando uno smoking, ormai disordinato come lo erano i suoi capelli, che sembravano esser stati acconciati con cura poco prima.

“Sunggyu, tu non puoi semplicemente svegliarti ed essere improvvisamente innamorato di me!” sbottò, spingendo da parte l’altro ed entrando nell’appartamento.

Sunggyu si voltò. “Cosa?”

Woohyun prese un respiro profondo, cercando di calmarsi, ma non ci riuscì. Digrignò i denti e ringhiò sommessamente, “Non puoi semplicemente svegliarti ed essere improvvisamente innamorato di me.”

“Woohyun”, lo richiamò Sunggyu dolcemente. L’altro incontrò lo sguardo del più grande e c’erano scintille di rabbia nei suoi occhi. Sunggyu distolse lo sguardo, trascinandosi fino al divano e mettendosi a sedere. “Non è una cosa improvvisa”, ammise. “Ti ho sempre amato.” Le prove erano ovunque. Era la sola cosa di cui era certo: era innamorato di Woohyun sin da prima dell’incidente.

Passi rabbiosi risuonarono per la stanza e si fermarono di fronte a lui. Sunggyu riusciva praticamente a vedere il proprio riflesso in quelle lucide scarpe nere. Ma si rifiutò di alzare gli occhi. “Allora perché non me l’hai detto? Perché me lo dici adesso?” gridò Woohyun. “Perché non me l’hai detto prima? Perché?”

Sunggyu alzò il capo. Le lacrime stavano scivolando lungo le guance di Woohyun, che però stava ancora respirando affannosamente dalla rabbia. Sunggyu allungò la mano e afferrò la manica del cappotto di Woohyun, facendo sedere quest’ultimo accanto a sé. “Te lo dirò quando ti sarai calmato. Perciò… calmati”, lo incitò con voce rassicurante. Avvolse le braccia intorno all’altro, tenendolo stretto contro il proprio petto, fregandosene del fatto che il cuore gli stesse battendo all’impazzata. Passò una mano lungo la schiena di Woohyun. “Calmati”, Sunggyu stavolta lo disse a sé stesso. Perché la testa gli stava girando ai cento all’ora. Che diavolo sto facendo? Lascialo andare, Sunggyu. Lascialo subito. Tenne Woohyun ancora più stretto, principalmente perché Woohyun stava cercando di divincolarsi.

“Sono calmo!” insistette Woohyun, che si stava ancora dimenando contro l’altro. Alla fine ci rinunciò, rilassandosi nell’abbraccio. “Sono calmo. Dimmelo.”

Sunggyu si ritrasse e si schiarì la gola. Aveva un vago sospetto del motivo per cui non aveva rivelato i propri sentimenti prima d’allora. Era lo stesso motivo per cui non era riuscito ad inviare quell’ultimo messaggio (anche se i suoi sentimenti ormai erano evidenti). “Prima… penso che volessi assumermi tutta la sofferenza. Non te l’ho detto perché pensavo che sarebbe stato meglio se non l’avessi saputo. Sarebbe stato più facile per te. Avrebbe fatto meno male.”

Non aveva intenzione di rovinare la loro amicizia… o qualsiasi altra relazione, in ogni caso. Sunggyu alla fine avrebbe concorso per la nomina a giudice. Era una figura politica. Non poteva permettersi di farsi coinvolgere in qualcosa che avrebbe potuto mandare tutto a monte. E anche se Sunggyu non aveva più i genitori, Woohyun invece li aveva ancora. Cosa sarebbe successo se i genitori di Woohyun l’avessero ripudiato? Anche se il rapporto di Woohyun con i propri genitori si fosse incrinato soltanto un po’, Sunggyu si sarebbe sentito eternamente colpevole. E poi, Sujeong doveva essere sempre stata in un angolo della sua mente. Per quanto sembrava che Woohyun lo amasse, stava ancora con lei.

Sunggyu doveva aver deciso che la cosa migliore fosse tenere i propri sentimenti nascosti dentro, accontentandosi semplicemente di avere Woohyun accanto.

“Però, Gyu”, Woohyun interruppe i suoi pensieri. “Io sto soffrendo. Ho sempre…” non finì la frase ed emise un gorgoglio frustrato. “Perché adesso? Perché proprio ora?”

“Immagino di aver dimenticato di preoccuparmene”, scherzò Sunggyu, cercando di rallegrare l’atmosfera tetra. Funzionò. Woohyun scosse la testa, ridacchiando leggermente e togliendosi il papillon da intorno al collo. Sunggyu allungò la mano e rimise a posto il colletto che si era alzato. Il tessuto era spesso e setoso al tatto. Era costoso. “Woohyun, da dove sei venuto?” chiese.

“Dal bar”, rispose Woohyun con un ghigno. E infatti ne aveva l’odore. Il suo alito sapeva di alcol. Ma non era tutto. “E prima ancora… foto.”

“Giusto.” Sunggyu ritrasse la mano ed annuì. “Il matrimonio è la prossima settimana.” Sono solo le foto del matrimonio, ricordò a sé stesso. Non è ancora finita.

Una mano gli strinse il ginocchio. Woohyun lo stava guardando con occhi supplichevoli. “Non verrai davvero?” gli chiese. Sunggyu scosse la testa senza parlare. Woohyun mise il broncio e ribadì inutilmente, “Ma… tu sei il mio migliore amico.”

“Non posso”, dichiarò Sunggyu, togliendo la mano di Woohyun dal proprio ginocchio. “Dammi un po’ di tempo per abituarmi a… questo. E tornerò. Hyung tornerà da te”, rassicurò l’altro.

Il broncio si fece più marcato e Woohyun assottigliò gli occhi, incrociando testardamente le braccia davanti al petto. “Stai di nuovo facendo il martire della situazione”, borbottò. Poi si avvicinò, portando il viso a pochi centimetri di distanza da quello di Sunggyu. “Ma… non vedi che sto soffrendo anch’io? Gyu, sono ferito”, disse, enfatizzando l’ultima parola e posandosi una mano sul cuore. “Ho fatto tutto quello che mi hai detto di fare. Stare con Sujeong. Sposare Sujeong. Cercare di condurre una vita normale. Non… non amarti.” Elencò tutte quelle cose contandole sulle proprie dita. Quando finì, strinse la mano in un pugno e guardò intensamente l’altro. “Ho fatto tutto questo perché tu mi avevi detto che era la cosa migliore. Mi fidavo di te.”

“Mi fidavo di te”, Sunggyu ricordò quando Woohyun aveva pronunciato quelle parole con meno malizia e più tristezza nella propria voce. Era successo quando Sunggyu aveva spinto l’altro lontano da sé ed era scappato via. Woohyun aveva creduto che Sunggyu l’avrebbe amato, che non sarebbe fuggito da lui.

Quella notte, Woohyun era rientrato a casa da un Sunggyu in lacrime. Vivevano ancora insieme a quei tempi. Sunggyu ci impiegava sempre un po’ ad elaborare le cose, perciò non aveva completamente realizzato l’impatto della morte della propria madre fino a quando non erano cominciate le vacanze lui non aveva più una casa a cui far ritorno. E così aveva pianto, angosciosamente e sgraziatamente. Sembrava un po’ un animale ferito, ma non gliene importava. Non glien’era importato neppure quando Woohyun era rientrato. Aveva sorpreso il proprio migliore amico a piangere in un angolo così tante volte che aveva perso il conto. Era solo questione di tempo prima che Woohyun lo sorprendesse a fare lo stesso.

“Sh! Sh”, lo aveva tranquillizzato Woohyun dolcemente, prendendo posto accanto a lui sul divano. Woohyun stava facendo del proprio meglio per asciugargli le lacrime, ma stavano scendendo troppo velocemente. “Che succede?”

Sunggyu gli aveva detto tutto, rispondendo tra un singhiozzo e l’altro che, nonostante fosse adulto, gli mancava la mamma e che voleva semplicemente tornare a casa. Ma alla fine, le sue parole erano diventate incoerenti e si erano dissolte nel pianto. Woohyun aveva ascoltato attentamente tutto quanto. E quando Sunggyu non aveva fatto altro che versare un fiume di lacrime nella sua camicia da lavoro, Woohyun aveva posato le labbra sulla sua testa, dicendo, “Tu sei a casa.” Quando Sunggyu aveva alzato il capo, tirando su col naso, Woohyun si era avvicinato e aveva baciato le labbra imbronciate del proprio amico.

Le cose erano andate fuori controllo a quel punto. Stavano andando in quella direzione già da un po’. Le parole che si rivolgevano erano diventate più dolci e i loro tocchi più prolungati. Entrambi stavano spendendo più tempo insieme che con chiunque altro, perfino più che con le persone con cui lavoravano otto ore quasi ogni giorno. Ma non era abbastanza.

Tuttavia, quando Woohyun aveva cominciato a slacciare la cintura dei pantaloni di Sunggyu, quest’ultimo si era risvegliato dal proprio torpore mentale. Aveva pensato alla propria carriera, poi a quella di Woohyun, alle loro famiglie, a quanto sbagliato era ciò che stavano facendo. Aveva spinto via Woohyun. “Mi fidavo di te”, erano state le ultime parole che aveva sentito quella notte quando aveva sbattuto la porta della camera da letto.

“Fidati di hyung.” Era trascorsa una settimana e Sunggyu aveva trascinato Woohyun alla festa di natale del proprio ufficio. Avevano incolpato la reciproca frustrazione sessuale e una serie di decisioni sbagliate per gli eventi di quella notte. Ma si stavano entrambi mentendo a denti stretti. Sunggyu sapeva perché non voleva ammettere i propri sentimenti ed immaginava che Woohyun non volesse ammettere i propri perché Sunggyu si rifiutava di farlo. Era un circolo vizioso. Tuttavia, Sunggyu aveva un piano per uscirne. “Fidati di me e chiedi a Sujeong di uscire con te.”

Era perfettamente consapevole della cotta che la propria hoobae aveva per il suo migliore amico. Il cielo era blu e Sujeong pensava che Woohyun avesse un bel sedere. Quelle cose erano evidentissime. Ma aveva scelto Sujeong per un altro motivo. Aveva sempre visto la ragazza come la piccola versione femminile di sé stesso; proprio come lui, era appassionata e sarcastica ma con un cuore tenero nascosto sotto l’aria da dura. Woohyun si sarebbe innamorato di lei. Era proprio il suo tipo.

Sunggyu sospirò, tornando con la mente al presente. Woohyun si era innamorato di Sujeong come aveva previsto… e aveva dimenticato che lo avesse fatto.

“Mi fidavo di te”, ripeté Woohyun con un ringhio.

“Adesso non più?”

“No”, rispose Woohyun, decisamente troppo in fretta.

Sunggyu rise. “Probabilmente è una cosa positiva.”

Woohyun aggrottò le sopracciglia e si allontanò dall’altro. “Sunggyu, Sujeong… lei mi ama. E io amo lei”, dichiarò.

“Come dovresti”, rispose Sunggyu. Avvertiva la lingua pesante nella propria bocca. Non sapeva cos’altro dire.

“Ci sposeremo”, affermò Woohyun, stringendo i pantaloni nei pugni. Poi tornò a guardare Sunggyu. “E voglio che tu venga perché… sei il mio migliore amico.”

“Lo so. Lo so”, rispose Sunggyu, dando pacche d’incoraggiamento sulla schiena del proprio amico. Però non fece alcuna promessa.

“Okay”, borbottò Woohyun, lanciando all’altro un’ultima occhiata. Poi si alzò dal divano. “Si sta facendo tardi. È meglio che vada. Buonanotte.” E con un cenno di saluto, se ne andò.

“Notte, Hyunnie.”

***


Nei giorni seguenti, Sunggyu si immerse completamente nel lavoro e in ingenti quantità di succo di frutta. Sfortunatamente, stava ancora prendendo gli antidolorifici e non poteva bere alcolici. Le medicine gli riducevano il dolore alla gamba e alla testa, ma Sunggyu voleva smettere di provare qualsiasi cosa. Gli antidolorifici non funzionavano a quel modo. Quindi il lavoro lo distraeva.

Anche Dongwoo e Myungsoo erano una buona distrazione. Myungsoo si era aperto di più con Sunggyu, e Sunggyu si era aperto di più con Dongwoo, rivelando di essere gay al proprio più vecchio amico, che (come Myungsoo) non ne era minimamente sorpreso. Dongwoo si era limitato a chiedergli di passargli il ketchup. Sunggyu era frustrato. Perché si era pure sprecato a mantenere il segreto se lo sapevano già tutti? Il vecchio sé stesso (o semplicemente lui in generale) era un idiota.

E tutti e tre evitarono di parlare dell’imminente matrimonio. I sentimenti di Sunggyu per Woohyun non erano un segreto, esattamente come non lo era la sua sessualità.

Inoltre Sunggyu non aveva più visto Woohyun da quella notte in cui quest’ultimo era piombato nel suo appartamento conciato come un maggiordomo. Il che voleva dire che Sunggyu non aveva un passaggio al lavoro, tra le altre cose. E aveva decisamente bisogno di una macchina e di una gamba funzionante, ma quelli erano solo infimi dettagli. Anche se gli costava un occhio della testa, decise di prendere un taxi ogni giorno fino a quando non avesse trovato qualcuno in tribunale che viveva nel suo stesso quartiere. Alla fine, si ritrovò con sempre lo stesso tassista che regolarmente lo veniva a prendere e lo portava a casa. Sunggyu non aveva neanche più bisogno di dare il proprio indirizzo all’uomo. Il tassista sapeva già dove andare. Finché un giorno Sunggyu decise di cambiare tragitto.

“Prenda la prossima uscita”, gli ordinò Sunggyu.

L’autista lo guardo attraverso lo specchietto retrovisore. “Ha qualcosa da fare oggi?” chiese.

Sunggyu annuì e guardò fuori dal finestrino. “Voglio vedere qualcosa”, rispose.

Voleva vedere quella rampa d’uscita, quella che solitamente non prendeva mai, il luogo dell’incidente. Perché era andato da quella parte? Perché era andato tanto di fretta? Sunggyu si chiese se sarebbe riuscito a ricordarlo se avesse visto quel punto di nuovo. Ma non successe. Passarono di lì eppure non provò un bel niente.

“Dove vado adesso?” chiese l’autista dopo aver raggiunto la fine della rampa.

“Giri a sinistra”, la risposta venne automatica. “Poi imbocchi la seconda strada a destra.” Gli tornò improvvisamente in mente una palazzina, un complesso residenziale in mattoni rossi.

“Ah!” esclamò l’autista. “Ho presente quel posto. Va a far visita a qualcuno?”

“Sì”, rispose Sunggyu con un triste sorriso. Si stavano dirigendo nel luogo in cui aveva vissuto una volta, il posto da cui aveva traslocato in modo che Sujeong potesse prendere il suo posto. “Sto andando a trovare il mio migliore amico.”

Migliore amico. Quei momenti passarono davanti agli occhi di Sunggyu in brevi sequenze, era come vedere un filmato della propria vita. Era cominciato tutto con una telefonata impanicata. Kongddeok, la nuova cagnolina di Woohyun, era scappata di nuovo. Aveva l’abitudine di sgusciare fuori dalla porta d’ingresso ogni volta che veniva aperta. Il vero problema era che Kongddeok non era semplicemente uscita dall’appartamento, ma era proprio uscita dal palazzo. Ed era in corso la più violenta tempesta dell’anno. Non era un gran problema. Non per Sunggyu. Era la più violenta tempesta dell’anno, dopotutto. La cucciola non poteva essere andata troppo lontano. Woohyun l’avrebbe ritrovata nel giro di qualche minuto. Non era una tragedia, allora perché Sunggyu era uscito dal lavoro in fretta e furia ed era sfrecciato sulla tangenziale? Perché Woohyun era completamente nel panico, ecco perché. Sunggyu non era di corsa per aiutare a ritrovare il cane. Stava tornando a casa a tutta velocità perché non voleva che a Woohyun venisse un attacco di cuore.

Era ancora al telefono con Woohyun mentre stava guidando, cercando di calmarlo, chiedendogli se avesse controllato nel vicolo dietro al condominio. “Oh! L’ho trovata! È sotto al cassonetto dell’immondizia!”

“Meno mal—merda!”

Sunggyu stava guidando troppo velocemente, si era distratto, e aveva perso il controllo dell’auto. Aveva girato il volante, cercando di riprendere il controllo, ma aveva solo peggiorato le cose. La macchina era sfrecciata contro il guardrail.

“Gyu… Sunggyu? Va tutto bene?” la voce di Woohyun usciva disturbata dall’altoparlante.

La pioggia picchiettava contro la guancia di Sunggyu, mischiandosi al sangue. Ogni parte di lui sembrava rotta, in frantumi e bagnata. Aveva aperto gli occhi ma non riusciva a vedere bene. Era tutto offuscato. Ma non aveva bisogno di vedere per sapere cosa stava succedente.

“Gyu? Sunggyu? Rispondimi!”

“Woohyun-ah”, aveva detto, tossendo. Si stava sforzando di respirare. “Credo di star per morire.”

“Merda! Adesso chiamo—”

“No!” aveva gridato Sunggyu con voce spezzata. Ecco, questa è la fine. “N-no, resta con me.”

“S-sunggyu, tu devi farcela, okay? Sei il mio migliore amico. Ho bisogno di te. Resisti. Tu sei davvero il mio migliore amico. Devi vivere, okay? Sunggyu, parlami. Dì qualcosa. Sei il mio…”

Sunggyu aveva cercato davvero di dire qualcosa, ma aveva perso conoscenza.

E fu solo in quel momento, quando l’autista si fermò nel parcheggio, che Sunggyu realizzò che ogni volta che Woohyun menzionava il fatto che fossero “migliori amici”, intendeva qualcos’altro.

Ti amo.

E perfino quando aveva creduto che Sunggyu sarebbe morto da un momento all’altro, Woohyun non era comunque riuscito a dirlo. Probabilmente aveva temuto di sconvolgere Sunggyu nei suoi ‘ultimi’ momenti. Tuttavia, neppure Sunggyu l’aveva detto. Neppure con quello che aveva creduto fosse il proprio ultimo respiro.

Ma andava bene così, perché Sunggyu non era morto e in quel momento se ne stava di fronte al proprio vecchio appartamento.

Beep. Boop. Beep. “Scemo.”

Perfino il codice d’ingresso era rimasto lo stesso da prima che traslocasse. Woohyun non l’aveva cambiato. Sunggyu aprì la porta e una palla di pelo color sabbia fece capolino. Era partito preparato, già chinato per afferrarla. “Hai l’abitudine di scappare fuori, huh?” la rimproverò, accarezzandole il pelo. “Kongddeok-ie!” le sussurrò con una vocina infantile.

“Di solito è facile acciuffarla, però.” Sunggyu alzò lo sguardo dalla cagnolina e vide Woohyun appoggiato contro lo stipite della porta, con addosso una delle sue caratteristiche tute da ginnastica. C’era una netta differenza rispetto all’ultima volta che l’aveva visto. Woohyun si scostò dalla porta e prese il proprio cucciolo dalle braccia dell’altro. “Ti ricordi di lei?”

“Sì”, rispose Sunggyu, allungando la mano e facendo i grattini dietro all’orecchio di Kongddeok.

“Grandioso!” esclamò Woohyun. “Devi essere troppo carina per venire dimenticata”, cantilenò Woohyun, cullando il cane tra le proprie braccia. “Guarda questo musino!” disse, portando il muso di Kongddeok alla stessa altezza del volto di Sunggyu. Quest’ultimo ridacchiò e levò il cane dalle grinfie dell’altro. Entrò in casa (senza esser stato invitato), chiuse la porta e mise a terra il cucciolo. Woohyun lo guardò, confuso.

“Woohyun, perché sei qui?” chiese Sunggyu, incrociando le braccia davanti al petto. Un sorriso soddisfatto gli affiorò in volto. “Non dovresti prepararti?”

“Uh, giusto”, mormorò Woohyun, abbassando lo sguardo, fingendo di star cercando il proprio cane. “Il matrimonio.”

Esattamente. Quello era il giorno del matrimonio di Woohyun. Sunggyu se n’era ricordato quando aveva messo piede nell’ascensore, ma non aveva cambiato idea. Ci avrebbe provato lo stesso. Magari sarebbe riuscito a beccare Woohyun mentre stava uscendo. Ciò avrebbe significato che dopo Sunggyu sarebbe stato costretto ad andare alla cerimonia, ma ne sarebbe valsa la pena.

Eppure Woohyun era lì, con addosso un’accesa tuta da ginnastica arancione, che cercava di accarezzare Kongddeok con un piede. “È tra un’ora”, gli ricordò Sunggyu.

Tu avevi detto che non saresti venuto”, ribatté Woohyun.

“Vero”, ammise Sunggyu. “E non ho intenzione di farlo.”

“Allora perché sei qui?” chiese Woohyun. Fece finta di trasalire dalla sorpresa. “Non… non sarai venuto qui per fermare il matrimonio.”

Beh, se Woohyun la metta a quel modo… no, non era così. Tutto d’un tratto, Sunggyu trovò il muro estremamente interessante da guardare. “Non so perché sono venuto qui. L’ho dimenticato”, rispose piattamente.

“Eh”, sbottò Woohyun, dandogli una spinta sulla spalla. “Non puoi farti venire l’amnesia ogni volta che ti fa comodo. Non è giusto. Dimmelo”, gli impose, pestando un piede a terra dalla frustrazione.

Sunggyu ricambiò la spinta. “E tu, allora? Nessuno sposo se ne sta in panciolle a chiacchierare con un amico un’ora prima di sposarsi”, gli fece notare. “Non dovresti ricevere gli invitati a quest’ora?”

“Lo sto facendo”, rispose Woohyun, sfacciatamente. “Sto ricevendo te.”

Sunggyu avanzò di un passo, fronteggiando l’altro. “Non c’è nessun matrimonio, vero?”

“C’era!” affermò Woohyun. Poi sospirò e abbassò lo sguardo, borbottando, “Sujeong l’ha annullato quando stavamo facendo le foto.”

“Stronzo!” gridò Sunggyu all’improvviso. Woohyun sussultò, sorpreso. “E perché non me l’hai detto? Hai idea di come mi sia sentito?” Continuò ad avanzare passo dopo passo verso l’altro.

Ma Woohyun rimase immobile, nonostante i suoi occhi fossero ancora puntati sui propri piedi. Poi alzò lo sguardo sull’altro. “Volevo che soffrissi anche tu”, confessò. Sunggyu alzò gli occhi al cielo ed emise uno sbuffo sarcastico. “Non guardarmi così”, sbottò Woohyun, puntando un dito contro il petto di Sunggyu. “Anche tutti gli altri te l’hanno nascosto. Sujeong, Dongwoo, Myungsoo, perfino la tua stessa sorella!”

“Volevate tutti che io soffrissi?” ringhiò Sunggyu in risposta.

Woohyun si strinse nelle spalle. “Praticamente.”

“Giusto, perché io sono il cattivo della situazione.”

“Praticamente.”

Sunggyu cominciò a ridere apaticamente. “Va bene, sono il cattivo”, si rassegnò, soprattutto per un motivo: “Sujeongie? Come sta?”

“Bene, considerando che qualcuno le ha confessato di essere follemente innamorato di me”, lo provocò, prendendo di nuovo Kongddeok in braccio.

Sunggyu mise il broncio. “È stato un incidente”, disse, cercando di giustificarsi.

Woohyun diede un bacino alla propria cagnolina e la rimise a terra. “Sì, ne hai avuti parecchi nell’ultimo periodo”, sottolineò. Poi notò l’espressione profondamente colpevole sul volto di Sunggyu. “Non preoccuparti”, lo rassicurò Woohyun. “È una ragazza forte. Era preparata. Aveva la sensazione che sarebbe successo.”

Sunggyu inclinò il capo. “Che sarebbe successo cosa?” chiese.

Woohyun allungò la mano e prese quella di Sunggyu nella propria. Osservò le loro dita intrecciate e sorrise. “Questo è l’unico modo in cui le cose hanno senso”, disse a bassa voce, accarezzando il dorso della mano di Sunggyu con il pollice. Poi diede uno strattone, attirando Sunggyu a sé. Sunggyu perse l’equilibrio a causa della propria scomoda ingessatura, e cadde leggermente addosso all’altro. Riuscì a sentire le risate scuotere il petto di Woohyun. Poi quest’ultimo concluse dicendo, “Se noi stiamo insieme.”

Sunggyu rise e sollevò la mano libera per accarezzare la guancia di Woohyun. “È così?” scherzò Sunggyu.

“Eung”, Woohyun annuì, abbandonandosi al tempo stesso al tocco della mano di Sunggyu. “Sei il mio migliore amico.”

“E tu il mio”, sussurrò Sunggyu, sporgendosi in avanti e baciando Woohyun dolcemente. Si ritrasse e disse a bassa voce prima di ricominciare, “Ti amo.”

“Ti… amo… anche… io”, Woohyun cercava di parlare ogni volta che le loro labbra si separavano, il che non era spesso. Avevano un sacco di tempo da recuperare.

Appena il suo contratto d’affitto terminò, Sunggyu si trasferì nuovamente in quell’appartamento insieme a Woohyun. E stavolta non aveva alcuna intenzione di andarsene. Dongwoo e Myungsoo passavano a trovarli meno frequentemente, ma unicamente perché riuscivano a sostenere la nuova coppia solo in piccole dosi (speravano che la fase da “coppietta in luna di miele” terminasse presto). Sujeong aveva il cuore spezzato, come si poteva immaginare. Ma un giorno, incontrò un avvocato difensore con le sopracciglia spesse e un sedere che lei giudicava superiore a quello di Woohyun (il che era discutibile). Lei e Lee Howon diventarono una coppia poco dopo.

Per quanto riguardava Sunggyu, non aveva riacquistato del tutto la memoria. C’erano cose di cui era rimasto all’oscuro. Ma Woohyun era lì per riempire alcuni dei suoi vuoti (o poteva semplicemente inventarsi alcuni episodi. Sunggyu non l’avrebbe mai saputo con certezza). Tuttavia, i ricordi che gli piacevano di più erano quelli che avevano creato insieme dopo il suo risveglio.



FINE.

   
 
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