Film > The Avengers
Ricorda la storia  |      
Autore: Ella Rogers    16/08/2015    5 recensioni
I proiettili non hanno ucciso l'Idiota che dovrebbe baciare la lapide - non è sicura che esista - di Abraham Erskine un milione di volte per avergli salvato il patriottico fondoschiena già in fin troppe occasioni.
Deve essere affetto da manie di autodistruzione, quel Caso Perso dalla testa più dura dello stesso vibranio.
Ma il siero non può salvarlo dalla cieca furia che le fa prudere pericolosamente le mani.
La voglia di strangolare la Stellina d'America le infiamma le membra, quanto quella di ficcargli senza riserbo la lingua in bocca.
Improvvisamente, non le importa ammettere di desiderare le labbra dell'Idiota.
Ne ha avuto un assaggio, su una scala mobile in un affollato centro commerciale, mentre erano braccati dagli scagnozzi dell'Hydra.
Le brama da "Ora mi fiderei e sono sempre onesto".
Genere: Angst, Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bruce Banner/Hulk, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America
Note: Lime, Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Surrender

Se adesso tu fossi al posto mio e toccasse a me salvarti la vita … sii onesto con me … tu riusciresti a fidarti?”
“Ora mi fiderei. E sono sempre onesto.”



Un raggio di pallida luce bussa delicatamente sulle sue palpebre, destandola dal profondo sonno privo di incubi e riportandola alla realtà.
Le pareti color crema della spaziosa camera la accolgono con calore e il pensiero di dover presto abbandonare quel confortevole nido sicuro le stringe il cuore tanto da farle male, perché là fuori c’è il vero risveglio dall’incanto iniziato quella notte.
Ma là fuori non sarà mai più sola.
Le tende azzurre dell’unica finestra danzano leggere, sospinte da una lieve brezza che si insinua all’interno, le carezza dolcemente il viso e la delizia con quella freschezza che sa di pace.
Tutto tace.
Candide lenzuola le avvolgono il corpo nudo e sono morbide contro la pelle sensibile e segnata dall’ardore della passione condivisa con quel compagno divenuto - si domanda quando, si domanda come - ragione di vita.
Gli occhi, brillanti come smeraldi raffinati, contemplano la testolina bionda che giace addormentata ed è così vicina che le basterebbe allungare un braccio per immergere le dita in quei corti ciuffi dorati.
Poi lo sguardo scivola sul collo marchiato dai suoi stessi denti e sulle spalle larghe, assaggia la linea armoniosa dei dorsali fino alla vita stretta. Le lenzuola coprono il resto di quel corpo così perfetto e caldo e desiderato e che le appartiene.
Nelle orecchie risuonano ancora gli strazianti singhiozzi di quella Notte.
E i gemiti tremanti.
“Ti prego Natasha non lasciarmi.”
L’acustica è ancora perfetta e lei vorrebbe che non lo fosse, perché quei suoni così dolorosi non vuole ascoltarli, non quando escono dalla bocca del suo Steve.
Eppure ricorda bene anche la dolce melodia del piacere, quella che l’ha trascinata lontano da tutto e tutti ma vicina, più che mai, al suo Caso Perso.

Come sono arrivati a tanto?
Cosa li ha spinti oltre la linea sicura?
Le vengono in mente diverse risposte, svariate spiegazioni, eppure sa bene che sono tutte stronzate, perché ciò che è successo è successo e basta.
Avrebbe potuto solo rimandare l’inevitabile, ma non, appunto, evitarlo per sempre.
Le circostanze hanno solo favorito la caduta delle ultime ipocrite barriere tenute in piedi da un orgoglio morboso e dalla paura di distruggere quelle poche cose buone che la vita le ha concesso, nonostante le sue mani grondino di sangue.
Una di quelle cose buone, la più dolce e bella e oddio quanto la ama, è proprio lì, adesso, accanto a leisu di lei e dentro di lei.
Nonostante abbia cercato con tutte le forze di evitare di fargli del male, di stargli lontana - perché il male se lo porta dentro -, lo ha ferito ugualmente e ha rischiato di mandarlo in pezzi, prima di rendersi conto che tenerlo a distanza abbia avuto su di lui lo stesso effetto di una pugnalata alla schiena.

Ed eccoli riaffiorare, in un battito di ciglia, i ricordi ancora bollenti - eppure le sembrano ora così sfocati - della sua resa nei confronti di quell’ondata devastante di affetto e di quella calda folata di vento che è l’amore, un turbine travolgente che ha spazzato via ogni certezza assieme alle ultime briciole di remissivo buon senso.

E poi c’era solo Steve. Le sue mani. La sua bocca. Il suo respiro caldo. Steve.



                                              ***



Prima

Mentre percorre i corridoi della New Avengers Facility, nota troppe teste che si voltano a guardarla con ostentata sorpresa in viso.
Le ignora e continua imperterrita quella marcia furiosa verso l’infermeria e al diavolo l’ansia e lo sconforto che le arricciano le labbra e le increspano la fronte, incrinando la solita maschera di cinismo.

‘Questi idioti non hanno mai visto una persona sconvolta?’ si chiede per evadere almeno un po’ dal tumulto di emozioni che sembra aver preso d’assedio il suo stomaco.
‘Ovviamente sì, ma mai la Vedova Nera.’
In un momento diverso avrebbe fatto di tutto per eclissare ogni singolo sprazzo di sentimento e per apparire la donna fredda e spietata, indicata con il nome di uno degli esseri più letali al mondo.
Essere temuta la fa sentire al sicuro.
Adesso, però, non le importa di dare pubblica prova dell’umanità che anche lei possiede, perché nella sua testa riecheggiano ancora lo scoppio della pistola, il sibilo dei proiettili e le grida mal trattenute dell’Idiota che le ha fatto da scudo, di nuovo.
Si morde il labbro inferiore con forza e quello piange piccole gocce scarlatte.
L’ha protetta, ancora.

La porta dell’infermeria è chiusa e dall’interno proviene il suono di parole che fa fatica a comprendere, perché è troppo impegnata a gestire la rabbia.
I proiettili non hanno ucciso l’Idiota che dovrebbe baciare la lapide - non è sicura che esista - di Abraham Erskine un milione di volte per avergli salvato il patriottico fondoschiena già in fin troppe occasioni.
Deve essere affetto da manie di autodistruzione, quel Caso Perso dalla testa più dura dello stesso vibranio.
Ma il siero non può salvarlo dalla cieca furia che le fa prudere pericolosamente le mani.
La voglia di strangolare la Stellina d’America le infiamma le membra, quanto quella di ficcargli senza riserbo la lingua in bocca.
Improvvisamente, non le importa ammettere di desiderare le labbra dell’Idiota.
Ne ha avuto un assaggio, su una scala mobile in un affollato centro commerciale, mentre erano braccati dagli scagnozzi dell’Hydra.
Le brama da ‘Ora mi fiderei e sono sempre onesto’.

Afferra la maniglia e spalanca la porta con troppa violenza, perché l’infermiera sobbalza e si volta spaventata verso di lei.
“Signorina Romanoff” balbetta confusa.
E a quel punto una testolina bionda fa capolino da dietro la figura della donna in camice bianco.
Assiste compiaciuta allo sbarrarsi di un paio di grandi occhi più chiari di un cielo limpido e più luminosi di un placido mare colpito dai raggi del Sole.
“Nat” farfuglia l’Idiota, perché sa leggerla troppo bene, ormai.
Sa che non la passerà liscia per la sua dannata avventatezza.

“Lasciaci soli.”
Il messaggio è per l’infermiera, eppure il suo sguardo rimane piantato sulla causa del suo prossimo esaurimento nervoso.
“Ma signorina Romanoff, il bendaggio non-” tenta di replicare con voce stridula la presenza di troppo.
“Lasciaci. Soli.”
Il tono è impregnato di veleno e l’infermiera quasi scappa via correndo dalla candida stanzetta che odora di disinfettante.
Chiude a chiave la porta, così nessuno potrà disturbarla mentre cerca di ficcare un po’ di buon senso in quella bionda testolina dura.

La Stellina d’America siede sul lettino ed indossa solo la parte inferiore della divisa di Capitan America.
Spalla e bicipite sinistro. Sterno e pettorale destro.
Lo sguardo smeraldino saetta da un buco all’altro - adesso già in parte cicatrizzati -, laddove ha visto lei stessa i proiettili penetrare nella carne e il sangue colare a fiotti densi e caldi.
Ha tenuto le mani premute sul quel petto tonico fino all’arrivo dello staff medico, dopo aver ammazzato personalmente il cecchino che ha sparato contro di lei.
Ma l’Idiota si è messo in mezzo.

Steve è pallido come un cencio, perché di sangue ne ha perso fin troppo, e la guarda ancora con gli occhi spalancati.
Potrebbe quasi perdonarlo, di nuo-

“Sto bene, Nat.”

La sua mano schiocca con violenza contro il viso dell’Idiota e la rabbia si risveglia impetuosa.
La guancia violentata si accende di un rosso vivo.

“Devi smetterla.”

Steve tiene il capo chino per alcuni infiniti attimi.
Poi torna a guardarla e le iridi vengono attraversate da un funesto lampo di sfida.

“Dovrai uccidermi, allora, perché non potrò mai fare a meno di proteggerti, Natasha.”

Il modo in cui pronuncia il suo nome le provoca un brivido che percorre languido l’intera colonna vertebrale.
Si fissano in silenzio. L’aria diventa soffocante e tesa.
E le parole, quelle vere, premono sulla lingua di entrambi, desiderose di venire fuori e di porre fine alla maledetta farsa, ma forse per orgoglio forse per paura, quelle parole rimangono impigliate tra le corde vocali e cedono il passo ad altre tanto inutili quanto pericolose.

“Perché? Perché per una dannata volta non cerchi di stare al tuo posto? Non ho bisogno di te.

L’ultima affermazione è meschina, Natasha lo sa così come è a conoscenza dei sentimenti di Steve per lei.
Ma è sbagliato. È tutto sbagliato.
Steve è troppo. Non lo merita.
Steve è puro. Lo insozzerebbe con lo schifo che ha dentro.
Eppure continua a ferirlo, anche adesso.
Lo vede nella tristezza che vela le iridi chiare, quasi trasparenti. Lo vede nelle spalle curve e nel modo in cui evita di guardarla.
Forse ha davvero esagerato, ma deve tenerlo a distanza o sarà lei stessa a crollare per prima di fronte alla voglia di abbracciarlo e tenerlo stretto.

“Beh, avrei dovuto aspettarmelo. Volevi fuggire con Banner, dopotutto. No. Non hai bisogno di me.”

Lo dice con un filo di voce e sembra gli costi parecchio pronunciare ogni singola parola.
Natasha non riesce a controllare le mani che si poggiano su quelle spalle tonde e calde e le stringono con violenta possessività.

“Perché con Bruce sarebbe stato tutto più semplice.”

Non riesce a credere di averlo detto. Ma averlo ammesso la libera da un ingombrante peso che le ha schiacciato il cuore fino ad allora.
Forse Steve non capirà davvero - lo legge già nel suo sguardo smarrito -, ma adesso c’è più chiarezza in lei, nei suoi pensieri.
Con Bruce condivide una latente oscurità che sembra attendere il momento opportuno per emergere e distruggere ogni cosa attorno a loro.
Bruce è rotto, così come lo è lei. Sono simili.
Ha amato Bruce e probabilmente lo ama ancora.
Ma questo affetto è condizionato: due frammenti incollati assieme possono provare la mera sensazione di interezza e non devono preoccuparsi di rompersi l’un l’altro, perché rotti lo sono già.

Bruce l’ha amata ed è proprio per questo che l’ha lasciata andare.
Lui ha visto ed ha capito.
Perché non gli sono sfuggite le occhiate preoccupate che la Vedova rivolge al Capitano, sempre, nel mezzo di uno scontro, e le iridi che le brillano ogni qual volta il bel biondo le sorride, le parla e la guarda.
E Bruce le ha aperto gli occhi, alla fine, scomparendo. Forse anche lui si è reso conto del grosso sbaglio che stavano per commettere, legandosi più per bisogno che per altro, ignari del fatto che il buio non li avrebbe mai abbandonati.
Solo, avrebbero sofferto insieme. E poi? Avrebbero vissuto in quello stesso buio, nascosti, aspettando la morte come unico antidoto al loro dolore?

E le ritorna alla mente quel pezzetto di carta trovato incastrato nella cintura della tuta in pelle che la accompagna in ogni battaglia.
Un altro antidoto ci sarebbe.


‘Se stai leggendo queste parole, allora Ultron è andato, il mondo è salvo e io sono sparito. E tu non devi cercarmi.
Ricorda, per tutti c’è speranza. Io ho visto la luce nel volto di una donna che ho amato ed amo ancora con tutto me stesso. E ho scorto un bagliore anche nel tuo viso, Natasha, ma quella scintilla non potrà mai essere mia, perché appartiene già a qualcun altro.
Non negarti la possibilità di riabbracciare la luce, Natasha. Te la meriti, davvero.
Comunque sapevo che non avresti accettato la proposta, perché il tuo posto è al suo fianco.’



“Perché sei rimasta, Natasha?”

La voce incerta di Steve spezza la linea dei suoi pensieri.
‘Per te, Idiota. Per te, dannazione’ vorrebbe gridare con tutta la forza che ha in corpo, ma nella sua testa continuano a riecheggiare quelle parole così dolorose e che non mancano mai di ricordarle che Steve è troppo, Steve è puro e vuoi rompere anche lui, vero? È quello che sai fare meglio, giusto? Ferire. Distruggere. Uccidere.
E lui è morbida creta nelle tue mani, perché ti ama e tu lo sai.

Il panico le attaglia lo stomaco e l’oscurità prende il sopravvento.

“Forse è stato un errore rimanere. Forse dovrei sparire per un po’.”

Lo dice con finta indifferenza, evitando di guardarlo.
Poi fa per lasciare la stanzetta, ma i suoi piani di fuga vanno a farsi fottere, così come l’ultima briciola di buon senso.
Si ritrova schiacciata tra la parete ed il corpo del Capitano. Il viso del biondo è così vicino e il suo respiro caldo le carezza le guance.
Gli occhi azzurri scintillano a causa del velo liquido che grida dolore, tristezza e paura. I capelli biondi sono arruffati e le gote arrossate, ma non d’imbarazzo.
E il suo corpo tonico trema visibilmente, come scosso da brividi incontrollati.

“Non. Puoi. Farlo.”
Natasha cerca di spingerlo via con poca convinzione, perché sta tremando anche lei e il basso ventre è in subbuglio e il cuore le batte troppo velocemente, stordendola.
“Lasciami andare” sibila, assottigliando gli occhi.
Ma Steve non si arrende. Non lo ha mai fatto.
“Forse tu non avrai bisogno di me, ma io sì, dannazione - la voce del giovane è roca ed impreziosita da una nota di terrore - io ho bisogno di te, Natasha. Io-”

“No!”

Lo vede sussultare al suono disperato di quel grido freddo.

“Sta’ zitto, maledizione! So quello che provi e venirti incontro significherebbe distruggere la tua possibilità di rifarti una vita fuori da tutta questa merda. Sei ancora in tempo per uscirne, Steve. Io finirò per farti del male. Non voglio che tu smetta di splendere e non mi importa se, per tenerti al sicuro, dovrò continuare ad ammirarti da lontano. Perciò, non farlo. Lasciami andare, adesso.”

Natasha sa di essere andata oltre e sa di aver detto troppo. Vorrebbe mordersi la lingua in quello stesso momento e scappare via da lì, ma la stretta sulle sue braccia si intensifica e il volto di Steve si infiamma di rabbia, congelandola.

“Credi che io sia perfetto, non è così? Fottuta stronzata! E secondo te potrei uscirne, eh? Andiamo Natasha, non pensavo credessi nelle favole. Io non ho niente se non uno scudo. Io non sono nessuno senza Capitan America. E non ho bisogno di qualcuno che prenda le decisioni al mio posto. Voglio stare con te e al diavolo il resto. Morirei per te, Cristo. La mia vita non vale più della tua, ficcatelo bene in testa. Ho bisogno di te, Nat, e smettila di considerarti un mostro, perché non lo sei. Non lasciarmi, ti pre-”

Natasha blocca quel disperato fiume di parole - oddio quelle parole l’hanno sconvolta così tanto -, premendo le labbra contro quelle di Steve.

“Sei uno Stupido. Un Idiota. Un Testardo. Ti detesto e ti desidero così tanto, maledizione. Perché mi fai questo?”

“Nata-”

E gli tappa ancora quella bocca maledetta, prima che la sconvolga ulteriormente con verità tanto dolci da fare male.
Le loro lingue si cercano e si intrecciano in una danza infuocata.
Non c’è dolcezza, né delicatezza. Solo la forza di un desiderio tenuto represso troppo a lungo.
Steve geme quando Natasha affonda i denti nel suo labbro inferiore.

Sono stati travolti da un’ondata inarrestabile di bisognosa ed ardente passione.
Come quando il mare si ritira, lascia spoglia la spiaggia e si gonfia, si gonfia e si gonfia ancora, presagendo l’inevitabile arrivo di un’onda distruttiva.
Loro hanno incamerato rabbia, frustrazione, paura, amore, finendo per esplodere rumorosamente. Hanno gridato l’una contro l’altro verità taglienti, fiumi in piena di parole trattenute a lungo per il timore di vederne l’effetto.
Distrutti dal passato, feriti dal presente e derisi dal futuro.

“Perché mi fai questo?” ripete lei e lo spinge con furia cieca sul freddo pavimento fatto di lucide piastrelle, sistemandosi sul suo bacino nudo.

“Perché per una dannata volta non cerchi di stare al tuo posto?”
È troppo sconvolta per controllarsi. Troppo arrabbiata per essere crollata come un debole castello di sabbia. E terrorizzata perché lui l’ha appena spogliata di ogni difesa e di ogni maschera e si sente così nuda di fronte a quegli occhi cerulei e sinceri e bellissimi.

Mentre lo colpisce in pieno viso - una, due, infinite volte -, lui se ne rimane immobile a subire in silenzio la rabbia e lo sconforto che hanno preso il sopravvento sulla sua mente confusa e persa.
E solo quando il viso di Steve è impiastricciato di sangue, Natasha si ferma.
Il respiro mozzato in gola, le lacrime agli occhi, le tempie pulsanti, il senso di colpa a urlarle nelle orecchie.

“Io ti farei solo del male, proprio come adesso. E tu lasceresti che io ti ferisca. Sono pericolosa, Rogers. Non sono ciò che tu pensi io sia. Hai preso un abbaglio.”

Natasha si sente così sporca con il sangue di Steve sulle mani e si sente così male nel guadare quel bel volto ferito. Lo zigomo destro è livido e il labbro inferiore sanguina.
Steve si copre gli occhi con un braccio e il suo petto nudo sobbalza lievemente, mentre dalle labbra fugge quello che sembra un singhiozzo mal trattenuto.
E Natasha si odia, quando le prime lacrime tracciano linee bagnate sulle guance del super soldato e guarda come lui è morbida creta nelle tue mani, Natasha.

“Brava. Davvero brava. Sei riuscita a far piangere Capitan America” bercia la velenosa vocina della coscienza corrotta.

“Non andare, Natasha. Non lasciarmi, ti prego.”

La sta supplicando.
La sta pregando di rimanere al suo fianco e lo sta odiando per questo.
Vorrebbe essere punita, ma l’Idiota non le torcerebbe un solo capello nemmeno se costretto da una pistola puntatagli direttamente sulla tempia.
Vorrebbe che lui le ordinasse di andare via, invece la sta supplicando di non andare.

“Ho bisogno di te, Nat. Non riesco più a sopportare il fatto che tu mi tenga a distanza” balbetta tra i singhiozzi e le lacrime scivolano inarrestabili sulle guance arrossate.

Cristo, cosa è capace di fargli. Ne ha paura.

“Resta con me. So che anche tu mi vuoi, non sono così ingenuo e lo hai ammesso anche. Quindi, per una volta, dimentica le cose che ti tormentano e ascolta il tuo cuore. Potrai picchiarmi ogni giorno, se è questo che ti serve. Guarisco in fretta, dopotutto.”

Steve ha scostato il braccio dal viso. Le ciglia bionde scintillano di lacrime, le labbra sono piegate all’insù, in un sorriso triste, ed è imbarazzato per l’essere scoppiato in lacrime di fronte a lei.

“Se cominci a scappare non ti fermi più, Nat. Resta e accettati.”

Scemata la rabbia e la paura. Schiarita la mente. Giunta la debolezza fin sotto la pelle e dentro le ossa, Natasha decide di seguire il cuore, cullata dalle dolci parole del suo Caso Perso.

Natasha aiuta Steve a rialzarsi e lo prende per mano. Fa in modo che nessuno li veda o li senta mentre abbandonano la base e, con un’unica e cauta deviazione, riesce a racimolare un felpa azzurra per il compagno e del denaro.

Sotto un cielo brulicante di stelle luminose, in sella alla moto del Capitano, Natasha segue una meta invisibile, beandosi del calore di Steve, proprio dietro di lei.
Il vento le sferza il viso e le luci della città di New York diventano sempre più vicine, mentre sfreccia sulla strada.
Si ferma in un hotel a caso, il primo che crede sia abbastanza lontano dalle responsabilità - lontano dalle grinfie devastanti di Capitan America e Vedova Nera -, a chilometri dalla New Avengers Facility.
Solo Steve e Natasha.
Ignora la faccia impietrita della donna alla reception dinanzi al viso impiastricciato di sangue del super soldato e, sorridendole melliflua, le allunga i contanti presi prima della fuga improvvisata.
Afferra la chiave che l’impiegata le porge e fa strada al compagno verso l’ascensore.
Steve è davvero pallido e si lascia guidare senza opporre la minima resistenza.
Sembra essere in un catatonico stato di loop.
Natasha si chiede ancora se stia facendo la cosa giusta, ma anche il più recondito dubbio sfuma nel momento in cui i vestiti vengono abbandonati sulla morbida moquette e spinge Steve tra le lenzuola, posizionandosi su di lui - gli ha lavato il viso prima, perché non poteva vederlo in quello stato senza sentirsi dannatamente in colpa, e spera che quelli dell’hotel non se la prendano troppo per gli asciugamani inzuppati di sangue che troveranno nel bagno.

Steve torna in sé quando Natasha gli sussurra nell’orecchio un sincero ‘Ho bisogno di te, Stevie’ e gli bacia la fronte, il naso, le guance e la bocca.
Sono pelle contro pelle e non c’è alcuna barriera a separarli. L’ultima è crollata in quella stanzetta dal forte odore di disinfettante.
Il biondo trema e freme mentre le labbra piene della rossa lasciano baci bagnati lungo la linea decisa della mascella, scendono sul collo, scivolano sul petto ed assaggiano l’addome perfettamente scolpito.

“Natasha” soffia il giovane, stordito dal piacere, e le afferra le natiche tonde e sode, schiacciandosela addosso e la rossa si struscia su di lui, come un gatto in vena di coccole, mordendogli il collo ed affondando le dita affusolate nei corti capelli biondi.
E Steve geme e singhiozza e piange e ride insieme.

“Ti prego Natasha non lasciarmi.”

Natasha lo bacia quasi con violenza e pensa a quanto il suo Caso Perso sia dolce e gentile e inesperto, rispetto a tutti quegli uomini a cui è stata costretta a concedersi per sopravvivere.
Poi il pensiero si dissolve, quando Steve la afferra per i fianchi e la guarda negli occhi, come aspettando il permesso di andare avanti.
Natasha ride, ride come mai prima, e ride più forte nel sentire Steve scivolare piano nella sua intimità.
E si sente così piena. Così intera. E c’è luce.

“Sei bellissima, Natasha.”

Tanti le hanno fatto quel complimento, eppure questa volta non se lo lascia scivolare addosso, ma se ne inebria come fosse la più raffinata droga.
“Tu sei bellissimo” sussurra e comincia a muoversi su di lui con vigore crescente e - Dio! - Steve è davvero bellissimo con gli occhi lucidi, il viso arrossato, i capelli arruffati e il corpo scosso da tremiti incontrollabili. I suoi gemiti rochi e profondi sono per Natasha una melodia sublime, così erotica e dolce da mandarle l’eccitazione alle stelle.
Il super soldato asseconda i movimenti della rossa con maggior decisione e lei rovescia il capo all’indietro, sfiorando l’apice del piacere.
Si muovono con fluida sincronia, mentre con le mani esplorano l’una il corpo dell’altro, saggiandone ogni curva e ogni lembo di pelle sensibile.
E - Dio! - Natasha desidera che duri per sempre.
Ma quando Steve sussurra un ‘Ti amo’  grondante di venerazione, Natasha viene gridando e crolla sul quel corpo caldo, perfetto e che le appartiene. Gode del momento in cui quei muscoli possenti si tendono all’inverosimile e il giovane raggiunge l’orgasmo. Il liquido caldo la riempie e le scivola sulle cosce.

“Ti prego Natasha non lasciarmi.”
“E come potrei? Devo controllare che tu non ti faccia ammazzare una volta sì e l’altra anche.”

Natasha scivola al fianco del suo Caso Perso e lo stringe a sé, poggiando il mento su quella pazza testa bionda.

“Mi dispiace, Stevie, per tutto.”

Gli carezza i capelli con estrema dolcezza.

“A me no” mugugna lui e oddio quanto lo ama.

Quando Natasha trova il coraggio di dare voce a quello che sente e che brucia in lei come fuoco, Steve è già sprofondato tra le braccia del sonno.
Lo ascolta respirare e pensa a quanto tenero sia quell’Idiota di Steve Rogers raggomitolato contro di sé.

Poi, Morfeo la reclama e nessun incubo, mostro o passato, osa disturbarla quella Notte.

C’è solo Steve.



                                      ***



Natasha si trascina verso il compagno che respira piano ed è ancora profondamente addormentato.
Gli circonda la vita con le braccia ed appoggia la fronte sull’ampia schiena, intrecciando le gambe con le sue.
Steve è caldo e profuma di buono.
Lo ama.
È suo.
Basta menzogne. Basta ipocrisia.
Lo stringe di più a sé e lo sente mugugnare un Natasha un po’ stropicciato.

E lo stringe.
Il suo Steve.
Gli posa un bacio alla base del collo, ascoltandolo rabbrividire.
“Ti amo” gli sussurra dolcemente e lui sussulta.

Rimangono in silenzio per infiniti attimi e Natasha posa piccoli baci sul quel dorso perfetto, su quella schiena che le si para davanti per proteggerla quando, durante una battaglia, rischia di essere ferita anche solo di striscio.
Steve è il suo Scudo e tale verità la spaventa.

“Morirei per te ...

“Natasha.”
“Sì?”
“Prima della caduta del Triskelion, quando ancora l’Hydra era un ricordo lontano, un amico mi chiese cosa mi rendesse felice.”
“E?” lo incita lei.
“Ho risposto di non saperlo. Ma se qualcuno dovesse pormi nuovamente la domanda, beh, adesso saprei cosa dire.”

Steve si muove e afferra Natasha per i fianchi, in modo da trascinarla su di sé.
La rossa si ritrova immersa in un paio di grandi occhi azzurri, ancora un po’ arrossati dal sonno e dalle lacrime versate, ma pur sempre bellissimi.
Il viso del super soldato è come nuovo - se si esclude il leggero livido sullo zigomo destro - e delle ferite da arma da fuoco non è rimasto altro che lievi cerchietti rosati.
Santo Siero.

“Cosa ti rende felice, Steve?”

Il suo Steve sorride e la bacia con dolcezza, stringendola con più forza, quasi abbia paura di vederla scivolare via, lontano.

“Tu, Natasha.”

Ma Natasha non andrà da nessuna parte, perché il suo posto lo ha già trovato.
Ha dovuto solo aprire gli occhi e rendersene conto. Si è arresa.

“Steve.”
“Sì?”
“Il mio posto è al tuo fianco e sempre lo sarà.”

Il Caso Perso arrossisce violentemente e balbetta quelle che dovrebbero essere parole ed è così tenero quando è impacciato ed imbarazzato.
Un dio greco dallo sguardo da cucciolo smarrito. Una combinazione improbabile eppure perfetta per il suo Stevie.
Lo bacia - una, due, infinite volte - e non riesce a smettere di sorridere.

Poi fanno ancora l’amore - una, due, infinite volte - e Natasha giunge alla consapevolezza di non poter più fare a meno di Steve Rogers.
Non riuscirà ad impedirgli di commettere pazzie sul campo di battaglia, di essere lo Scudo che protegge i compagni di squadra con la vita.
Ma promette a sé stessa che farà di tutto affinché quegli splendidi occhi cerulei continuino a risplendere con la stessa luce che adesso può ammirare così da vicino e che quasi la acceca.
Finché lei vivrà, la sua Stellina d’America non smetterà di brillare.
Non è ipoteticità. È certezza.



“Ho riabbracciato la luce, Stevie.”

Grazie Bruce.



                                               ***



Intanto, essendo misteriosamente scomparsi i due Vendicatori, all’interno della New Avengers Facility si diffondono voci e Fury si strozza quasi con il caffè mattutino quando le suddette voci giungono alle sue orecchie.
Pare che un’infermiera sconvolta abbia rivelato ad un gruppo di agenti di un tentato - e forse riuscito - omicidio.
Fury, allora, non riuscendo in alcun modo a scoprire dove i due Vendicatori mancanti all’appello siano finiti - Sam gli ha consigliato di non preoccuparsi e più volte ha pronunciato la parola tensione, ammiccando - e non trovando modo di mettersi in contatto con loro, convoca l’infermiera da cui è partito il vociare che è - deve essere - sicuramente un enorme malinteso.

“Direttore Fury, le dico che la signorina Romanoff aveva uno sguardo spaventoso e dopo avermi cacciata ha chiuso la porta a chiave. Ho sentito gridare e poi un tonfo e sono andata a chiamare un agente, ma, una volta tornata la stanza era vuota e per terra c’era sangue fresco e, signore, il povero Capitano Rogers era così debole e-”

E poi Fury ha smesso di ascoltare.
Quei due non l’avrebbero passata liscia, una volta rientrati - perchè sarebbero rientrati.
Forse l’avrebbe ammazzato lui stesso il povero Capitano Rogers.




Angolo dell’autrice
Complimenti a voi che siete giunti alla fine di questo HoTantoBisognoDiAffettoECoccole e spero che vi siate divertiti almeno un pochino nel leggerlo o dovrei dire rattristati? Oppure eccitati?
Sì, ci ho infilato un po’ di tutto in mezzo, lo ammetto, e prego di non essere uscita fuori dalle linee che delineano la credibilità dei personaggi. È che mi sono fatta prendere un po’ la mano - la faccia di Steve ci ha rimesso - e poi forse ho addolcito un po’ troppo le cose, per farmi perdonare. Evviva l'amore *.*

Alcune precisazioni - forse inutili.
Le frasi che si ripetono non sono una svista, così come le parole, ma dovrebbero creare una certa, diciamo, atmosfera; i pensieri sono quelli di Natasha ed è dal suo punto di vista che osserviamo ciò che accade - o così dovrebbe essere, se sono riuscita nell’intento.
Il pezzetto di carta è frutto della mia mente e, per chiarire, Bruce lo ha messo nella cintura di Natasha quando l’ha tirata fuori dalla prigione dove Ultron l’aveva rinchiusa. Con la proposta, mi riferisco a quando Bruce chiede a Natasha di scappare via con lui, ma la Vedova, alla fine, lo getta in un buco, scatenando Hulk.
“ … un amico mi chiese cosa mi rendesse felice.” - Sam a Steve, in The Winter Soldier.
E … penso sia tutto, ma per qualsiasi dubbio basta chiedere.
Ah! La frase detta da Steve - “Se cominci a scappare non ti fermi più …” - l'ho presa dal primo film di Capitan America.

Okay, vi lascio in pace, per ora.
Un grande abbraccio e che possiate, prima o poi, trovare la vostra luce - io ancora la cerco *piange*
Alla prossima!
Con affetto <3

Ella
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: Ella Rogers