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Autore: Alcolica    30/01/2009    0 recensioni
"Si allontanò da me, chiuse gli occhi e si tappò le orecchie. Quanto mi dava ai nervi sapere che ormai ci era abituata. Un urlo rimbombò nella stanza e come sempre fui sbigottita nell’apprendere che proveniva da me. Quando cessò i miei occhi erano ancora spalancati ed ero disorientata da quello che avevo provocato. L’interno della casa era completamente distrutto: i mobili, le poltrone, le sedie, i quadri e le finestre erano completamente frantumati." Salve a tutti, mi chiamo Sara, ho 16 anni e questa è la mia primissima ff...spero sia di vostro gradimento!!^^ La protagonista è un angelo...o quasi...E' vietato inserire il tag b s enon in occasioni particolari. Ladynotorius, assistente amministratrice
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il mio respiro affannato lasciava nuvolette di fumo nell’aria, doveva fare molto freddo quella mattina. Quanto desideravo poter provare quel senso di gelo, ma i brividi che avvertivo su tutta la schiena non erano dovuti al tempo. Ero sempre stata brava a reprimere i miei sentimenti, ma ero altrettanto brava nell’esplodere all’improvviso. Quel giorno l’unico mio pensiero era riuscire a trattenermi, almeno fino all’arrivo a casa; dovevo farcela, dovevo evitare di traumatizzare qualche ignaro passante, di fargli del male per colpa del mio scarso autocontrollo, che maledicevo costantemente. Corsi il più velocemente possibile, la rabbia mi dava una scossa in più, ma mi rendeva anche più imprudente. Più di una volta rischiai di finire sotto i pneumatici di una macchina, non che questo mi importasse molto, ma non volevo scoppiare prima del previsto. Quando finalmente fui davanti al portone di casa ci impiegai un intero minuto a cercare di inserire la chiave nel buco della serratura. Quando finalmente ci riuscii, la feci scattare e si aprì. Prendendola a calci si spalancò con un forte botto di disappunto…per fortuna resse, l’ultima volta fui costretta ad aggiustarla. Corsi verso la cucina, mia madre mi aspettava a braccia conserte. “Cosa è successo amore?” mi chiese con espressione corrucciata e preoccupata . La rabbia mi uscì impetuosa dagli occhi, tramutandosi in lacrime che solcarono indifferenti il mio viso. Sentii un forte vuoto nella pancia e un blocco alla gola…non riuscivo a respirare…dentro di me urlavo. No ti prego, un attacco d’ansia no!!! Mia madre sapeva cosa fare, mi si avvicinò e mi scrollo senza troppi complimenti. “Calmati, su Serena, calmati!!!”mi disse con voce ferma. Si allontanò da me, chiuse gli occhi e si tappò le orecchie. Quanto mi dava ai nervi sapere che ormai ci era abituata. Un urlo rimbombò nella stanza e come sempre fui sbigottita nell’apprendere che proveniva da me. Quando cessò i miei occhi erano ancora spalancati ed ero disorientata da quello che avevo provocato. L’interno della casa era completamente distrutto: i mobili, le poltrone, le sedie, i quadri e le finestre erano completamente frantumati. “Scusa, scusa, scusa” continuai a ripetere quella parola per almeno un minuto e finalmente mi calmai. Mia madre mi guardava ancora a braccia conserte e con comprensione. “Non preoccuparti amore, sai che non è successo niente” appena mia madre terminò di dire quelle parole tutto era tornato esattamente come prima dell’urlo. Il potere di aggiustare le cose ancora non riuscivo a controllarlo, ma lei come sempre era perfetta e bravissima in tutto. “Dimmi cosa è successo cara” disse guardandomi con aria preoccupata. “Cosa deve essere? Linda!!! Quella mi farà diventare completamente pazza…non che non lo sia già, ma questo è veramente troppo!!! Ha di nuovo utilizzato il suo potere su di me e adesso il professore mi crede una psicotica schizofrenica” dissi ripetendo l’aggettivo che aveva utilizzato per descrivermi. “E cosa ti ha fatto fare di tanto brutto da farglielo credere?” mi dovevo aspettare questa domanda, era ovvio ma ugualmente speravo non me la facesse. “Ti prego non farmelo dire, giuro che Linda la uccido…almeno lo farei se non fosse immortale…però ora che ci penso c’è un metodo per ucciderla…hai ancora un po’ di quel veleno per Angeli?” chiesi ironica e mia madre per tutta risposta si mise a ridacchiare. “Su dai…non dire così. Dopotutto non ci avrai messo tanto tempo per far dimenticare tutto al professore, no?” disse come se fosse la cosa più naturale del mondo. “Mamma!!! Non posso andare in giro a modificare la memoria della gente per uno…uno…” balbettai ad alta voce. “…uno scherzetto di una tua amica?” disse terminando la mia frase. “Su dai…so bene quanto vuoi bene a Linda…e per una volta che le riesce bene qualche scherzo non vedo perché tu ti debba arrabbiare in questo modo. Non eri stata tu a farla ballare e cantare “Jingle Bells” travestita da renna davanti a tutta la scuola?” mi chiese con aria divertita e questa volta toccò a me ridacchiare. “Oh si…quello è stato il più bel natale di tutta la mia vita...dovevi vedere la sua faccia” dissi ridacchiando. Mia madre mi guardò con aria severa e incrociò nuovamente le braccia. Smisi completamente di ridere…va bene dovevo ammettere che quando faceva così mi metteva soggezione. “Quella povera ragazza per colpa tua ha dovuto cambiare scuola, visto che l’avevano vista troppe persone e di certo non poteva cancellare la memoria a tutti loro.” Mi rimproverò squadrandomi con aria critica. Io a stento riuscii a trattenere un attacco di ridarella. “Hem, hem…va bene, mi hai convinta, la perdonerò” dissi guardandola in attesa della sua approvazione “Scusa non dovevo arrabbiarmi per così poco…ma sai che quando sento parlare di schizofrenia…” dissi rabbrividendo al solo pensiero. Mia madre per un solo secondo abbassò il viso, visibilmente imbarazzata, ma tornò subito a guardarmi, adesso con un aria meno severa…questo non mi sfuggì e mi sentii in dovere di cambiare subito discorso. “ Bè è già pronta la cena o vuoi che cucini io?” chiesi cercando di mantenere un tono casuale. “N-no ho già c-cucinato” balbettò distrattamente, stava pensando ad altro, riuscivo a capirlo dai suoi occhi rivolti a un passato purtroppo fin troppo recente. Ora che mi ero calmata ricominciai come sempre a guardarla ammaliata. Era l’angelo più bello che avessi mai visto in tutta la mia vita. Aveva un viso a forma di cuore contornato da boccoli d’oro che ora portava legati in una stretta coda, la sua pelle era rosata e i suoi occhi erano di un azzurro molto intenso. Nel mio sguardo però sapevo che si leggeva anche un altro sentimento, un sentimento odioso, che mi vergognavo di provare: l’invidia. Quando ne parlai con Linda lei mi guardò scettica “Gli angeli non provano invidia” disse. In quella circostanza la guardai stranita, ma dopo capii cosa non andava in me…perché ero così diversa da tutti gli altri. Capii che dentro di me non c’erano solo emozioni pure, degne di una della mia razza…no, dentro di me c’erano sentimenti estranei…non c’era solo venerazione, c’era anche invidia, non c’era solo amore c’era anche gelosia. Sentimenti che odiavo e più li odiavo più capivo che quello che provavo era un’emozione che nessun angelo avrebbe mai avuto. E così iniziai a dubitare, forse non ero una di loro... Mia madre mi schioccò un bacio risvegliandomi dai miei dolorosi pensieri. La guardai con aria sconvolta e corsi in camera mia. Non piangevo…le lacrime le avevo già consumate tutte e io odiavo piangere. E così ricominciai a provare quel sentimento. Entrai in camera e chiusi la porta a chiave, mi inginocchiai sul pavimento circondandomi la testa con le braccia. Calmati, calmati. Pensai disorientata dalle mie stesse sensazioni. Mi alzai ed entrai in bagno. Con titubanza mi guardai allo specchio. Cercai ogni differenza tra me e mia madre. Non ero solo più giovane, i miei capelli erano di un rosso demoniaco. “Corti e sbarazzini come lo sei tu” mi disse un giorno affettuosamente. Cercai di sprofondare nei miei occhi per cercare la mia anima, ma l’unica cosa che vidi erano due occhi di ghiaccio, perennemente indifferenti. Erano bellissimi ma non esprimevano nulla, solo vuoto. La mia pelle era piena di lentiggini e il mio corpo era troppo provocante per essere considerato angelico. Feci testa a testa con la mia immagine e la guardai furente. Mi staccai dallo specchio e scossi la testa come a scacciare via quei pensieri inappropriati. Camminando a passo corto andai in cucina ad affrontare mia madre. Lei mi guardò e fece un cenno d’assenso con al testa. Possibile che avesse capito tutto? “Amore…siediti” disse cercando di far risultare la sua voce tranquilla. Io le ubbidii senza pensarci due volte e la guardai con gli occhi sbarrati. “Amore…è venuto il momento che tu sappia, ormai hai 17 anni e sei abbastanza grande per sapere…anzi forse te l’avrei dovuto dire parecchio tempo fa” affermò bloccandomi il respiro “Ti ho sempre detto che gli angeli non hanno un padre, che nascono per merito del signore…ma vedi…gli angeli caduti, come noi, procreano come gli umani” rivelò lasciandomi pietrificata. “Continua” la incoraggiai con voce tremante. “Tu hai un padre…ma non è uno di noi…vedi…ci sono certe creature del Signore che lo hanno rinnegato e che vivono qui sulla terra facendo cose cattive, molto cattive…e uno di questi mi ha fatto del male…e…” cercò di continuare ma era visibilmente in difficoltà, come se la cosa che stava per dire fosse un tabù, come se si aspettasse che qualcuno la fermasse, che la intimasse di far silenzio…ma non doveva, doveva continuare ed io ero davvero sconvolta. “Dimmi la verità” dissi guardandola negli occhi. Lei ricambiò lo sguardo e si fece forza “Lui ha…ha abusato di me…mettendomi in …incinta…e subito dopo è fuggito via” disse ormai in lacrime. Io sigillai gli occhi. Non poteva essere vero, non poteva essere vero…io non ero un frutto dell’amore, io ero un frutto del male. Tremai per l’improvvisa rivelazione. Sentii mia madre avvicinarsi e prendermi il volto tra le mani cercandomi con lo sguardo. Dopo un po’ ricambiai e la ritrovai fissarmi con amore “Tu non sei uno sbaglio, tu sei la mia ragione di vita, tu sei la cosa più bella che mi sia mai successa…quello che mi ha fatto quel…demone…è stato orribile, ma tu…tu non lo sei, senza di te io non vivrei” disse cercando di dimostrarmi tutto l’amore che provava per me. “Come puoi amare un mostro? Io sono un mezzo demone…un mostro…solo un MOSTRO” gridai senza più ragionare, ero arrabbiata, delusa e odiavo, odiavo mio padre…avrei voluto ucciderlo. Ecco che mostro ero, un mostro che desiderava più di ogni altra cosa al mondo vendicarsi, vendicarsi di quello che stavo provando, quei sentimenti che avrei voluto estirpare per sempre. Mia madre mi abbracciò per un minuto, un’ora , un giorno...non lo so, non ricordo, non mi importa…ricordo solo di essermi trovata sul letto con gli occhi gonfi e una nuova ragione di vita: uccidere ogni singolo demone di questo mondo. E così con gli occhi per la prima volta ardenti presi la mia anima e la buttai via, non ne avevo più bisogno.
  
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