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Autore: SilviAngel    16/08/2015    3 recensioni
STEREK (PRE-SLASH)
“Ci siamo persi Stiles”
“Ci siamo… chi?” indagò Derek entrando nel loft seguito dal ragazzo.
“Io e suo padre per cominciare, ma direi tutti noi in fin dei conti”
“Siediti e racconta” tagliò nuovamente corto il padrone di casa, dirigendosi nella rinnovata cucina e iniziando a sistemare ciò che aveva acquistato.
E l’alpha iniziò a parlare.
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C’è una volpe nel mio letto
 
Ogni mattina Derek apriva gli occhi sospirando.
Si svegliava tranquillo nel grande letto del suo loft e rimaneva in silenzio con gli occhi ancora chiusi e immobile, come in attesa che succedesse qualcosa e, quando ad avvolgerlo avvertiva solo il solito e abituale silenzio, allora con un respiro sollevato e lento, alzava le palpebre.
Un nuovo giorno a Beacon Hills stava iniziando.
Un nuovo giorno senza tragedie, creature assassine o misteri da risolvere.
Un nuovo giorno nel quale la più grande preoccupazione sarebbe stata sopravvivere alle lunghe code del supermercato, perché sì, era sabato, giorno in cui anche i lupi mannari dovevano provvedere al settimanale approvvigionamento per il frigorifero e la dispensa.
 
Con sommo sollievo, la mattinata non aveva riservato brutte sorprese e Derek, in pace con il mondo – neppure si era arrabbiato allo sguardo omicida della vecchietta che, dopo essergli passata davanti alla cassa, al suo borbottare lo aveva apostrofato con uno stridente “Screanzato” – guidava tranquillo verso casa.
Uno strano presentimento serpeggiò lungo la spina dorsale del moro e sollevando d’istinto gli occhi, vide parcheggiata davanti al palazzo la moto di Scott.
Qualcosa non andava, pensò immediatamente.
Il suo ragionamento aveva solide basi perché essendo sabato mattina e ricordandosi che Scott fosse solito non mettere piede fuori dal letto prima dell’ora di pranzo, qualunque cosa lo avesse costretto a quella levataccia, non poteva essere che grande, grossa e pericolosa.
 
Dopo aver recuperato le buste della spesa, il beta si avvicinò al liceale andando incontro al suo destino.
“Ehi, ciao, scusa se sono piombato qui senza avvisare ma”
“Cosa è successo?” lo interruppe il maggiore, augurandosi di arrivare al sodo il prima possibile.
“Ci siamo persi Stiles”
“Ci siamo… chi?” indagò Derek entrando nel loft seguito dal ragazzo.
“Io e suo padre per cominciare, ma direi tutti noi in fin dei conti”
“Siediti e racconta” tagliò nuovamente corto il padrone di casa, dirigendosi nella rinnovata cucina e iniziando a sistemare ciò che aveva acquistato.
E l’alpha iniziò a parlare.
Derek venne così a sapere che nelle settimane precedenti, all’insaputa di tutti, Stiles si era visto recapitare non una ma ben cinque buste provenienti da vari college nei quali aveva presentato domanda e, alle insistenti richieste del padre, aveva sempre liquidato l’argomento, fino a quando lo sceriffo non aveva raccolto tutte le risposte arrivate a casa e lo aveva atteso al varco una sera.
Stiles era stato accettato alla Columbia, alla Notre Dame, alla Johns Hopkins, senza dimenticare Standford e Berkeley per corsi che spaziavano dall’antropologia forense, alle scienze sociali e a quelle investigative.
Sapevano tutti – e in fin dei conti anche Derek – che il giovane fosse una testolina niente male ma che avesse, così nell’immediato, la possibilità di spiccare il volo, francamente un po’ lo stupiva e forse sarebbe stato meglio dire lo destabilizzava arrivando forse anche a spaventarlo.
“Scusa” si intromise il padrone di casa “ma non capisco cosa”
“Fammi continuare” riprese Scott “il padre ieri sera lo ha aspettato per cenare, ma sul tavolo al posto del cibo vi erano solo le risposte entusiaste e positive delle facoltà e Stiles è andato in panico dicendo che non ne voleva parlare, che c’era ancora tanto tempo e che comunque non sarebbe di certo andato lontano. È qui che sono nati i problemi perché lo sceriffo lo ha spronato a fare quello che desiderava realmente e a non decidere in base ai chilometri che lo avrebbero separato da casa. Stiles ha iniziato a iperventilare – a detta di suo padre – chiedendo di nuovo di lasciargli tempo e spazio e, senza attendere ulteriormente, si è rifugiato in camera. Lo sceriffo lo ha lasciato in pace e se ne è andato al lavoro, ma quando questa mattina è tornato dal turno è salito per svegliarlo, lui non era in camera”
“Vorrà stare un po’ da solo per pensare”
“No. Sono andato in tutti i posti dove si nasconde di solito, sono arrivato addirittura al cimitero, ma niente. Niente Stiles, niente tracce, niente odore. Ho paura, ha anche lasciato la Jeep a casa. Dobbiamo cercarlo” concluse Scott alzandosi in piedi e non ammettendo repliche.
“Ok. Più tardi farò un giro per il bosco, in fin dei conti lo conosco ancora meglio di tutti voi” acconsentì alla fine Derek mentre il liceale, sorridendo, scappava via dal loft.
 
Derek si spostava tra i sacchetti della spesa e gli sporteli aperti dei pensili della cucina, muovendosi come un automa, completamente sovrappensiero e arrovellandosi su dove potesse essere finito quell’impiastro di umano.
Non che gli importasse, continuava a ripetersi, ma se non fosse ricomparso, Scott gli avrebbe dato il tormento e di certo avrebbe dovuto dire addio alla sua amata quiete.
Quando anche l’ultimo acquisto fu al suo posto, Derek si poggiò al tavolo elencando mentalmente in quali posti avrebbe potuto essersi recato Stiles, escludendo quelli già passati al setaccio dall’alpha quali la scuola, lo studio veterinario, il cimitero e le case dei loro amici.
Davvero non restava che un’alternativa e cioè il bosco, supponendo che il figlio dello sceriffo non avesse lasciato la città.
 
Il giovane Hale arrestò il SUV davanti ai resti della sua vecchia casa e guardandosi attorno, si maledisse per non aver ancora preso una decisione sui ruderi e sulla terra ora di sua esclusiva proprietà. I suoi pensieri deviarono però di colpo, avvertendo una debole scia oramai divenuta familiare.
Il ragazzino era stato lì.
Alzando gli occhi al cielo, spinse la porta che, cigolando sui suoi cardini, mostrò per l’ennesima volta un interno polveroso e bruciato.
“Stiles” chiamò con voce dura, anche se, a valutare dalla effimera traccia olfattiva ancora presente, difficilmente il liceale si trovava ancora in casa.
Entrò nella stanza alla sua destra – che un tempo altro non era stata che la cucina chiassosa e profumata della sua famiglia – ma non vi erano orme fresche nella polvere  che ricopriva ogni cosa e così si voltò, attraversando l’ingresso per poi inoltrarsi nella sala, guardando ancora con una fitta di rabbia la voragine che si apriva nel pavimento.
La prima – e non definitiva – tomba di Peter era l’affresco, cristallizzato nel tempo, di un suo madornale errore. Quanti problemi avrebbe potuto evitare se lo avesse seppellito in modo appropriato? Magari a pezzetti piccoli piccoli?
E fu in quell’attimo che la vide.
Qualcosa di un bel rosso scuro era ammassato in parte su una delle assi di legno spezzate, penzolando poi, per la restante porzione, nella buca.
Derek si chinò e toccando il tessuto ebbe la conferma: aveva tra le mani la felpa di Stiles.
Strinse il cotone tra le dita e, rimettendosi in piedi, avvertì un debole rumore provenire dal retro della casa e, muovendosi lesto, in un attimo si ritrovò nella porzione di prato opposta a quella dove aveva lasciato l’auto.
“Stiles, dannazione!” gridò a pieni polmoni, anche se non era certo di poter ricondurre il suono sentito alla presenza del liceale. Ritornando al SUV, gettò la maglia sul sedile e prendendo il cellulare informò Scott del suo ritrovamento, intimandogli però di continuare le sue ricerche, perché al momento, neppure Derek aveva nulla di concreto tra le mani.
Decise infine, nonostante i tuoni che si avvertivano in lontananza e i nuvoloni che si stavano ammassando sopra Beacon Hills, di inoltrarsi nel bosco, mormorando a denti stretti che, quando avrebbe avuto tra le mani quell’idiota, gli avrebbe fatto passare la voglia di sparire nel nulla.
 
Passò un’ora o forse anche più, i primi goccioloni gelidi avevano iniziato ad appesantire le foglie degli alberi e a rendere l’olfatto del mannaro più incerto.
Il bosco sotto la pioggia rilasciava una miriade di nuovi odori, più pesanti quasi densi e solidi, più difficili da distinguere e più volte Derek aveva dovuto tornare sui propri passi.
Il cielo, divenuto sempre più cupo, alla fine lo convinse a interrompere la ricerca e, quando anche i lampi si unirono alla pioggia via via sempre più forte, i passi si tramutarono in corsa.
La voglia di raggiungere la sua auto e di andarsene a casa, non impedirono al lupo di sentire chiaro e limpido, prima che un fragoroso tuono inibisse per alcuni secondi i suoi sensi, un leggero e acuto uggiolio provenire dalla sua sinistra.
Non aveva di certo intenzione di beccarsi un acquazzone per andare alla ricerca di animali smarriti, ma qualcosa di istintivo e irrazionale gli suggerì di seguire quel verso straziante e, quando esso si ripeté, Derek individuò con chiarezza la direzione nella quale avrebbe dovuto muoversi.
Il licantropo superò un paio di alberi e varia boscaglia per arrivare poi nel luogo peggiore dell’intero bosco, il luogo dove un tempo troneggiava l’albero sacrò e dove ora non erano rimaste che alcune radici e innumerevole voragini che si aprivano a tradimento nel terreno. Proprio accanto a una nodosa appendice del Nemeton se ne stava raggomitolato su se stesso un cucciolo.
Derek non seppe a che specie appartenesse fino a quando non si avvicinò maggiormente.
Coperti ancora alcuni metri, vide a terra una piccola volpe, la coda e le orecchie grandi ne erano la prova inconfutabile e, come uno dei lampi che ancora frantumavano il cielo, d’un tratto il moro comprese e, spalancando gli occhi, sussurrò l’unico nome che aveva avuto in mente in quelle ultime ore “Stiles”
 
Derek avanzò ancora verso l’animale spaventato vedendolo tremare ancora di più, forse per il freddo, forse per la paura, ma non cambiò idea. Doveva riuscire a prenderlo e portarlo al sicuro e al caldo il prima possibile.
Il lupo sperava infatti che il ragazzo non si facesse prendere dal panico o – peggio ancora – lasciasse prevalere la sua natura di volpe, correndo via lontano.
Mano a mano che si avvicinava, Derek lentamente si abbassava piegando le gambe, così da portare il proprio volto sempre più vicino al muso della volpe “Ora Stiles non spaventarti, ti prego. Non ti farò del male. Voglio solo portarti all’asciutto, ok?” parlò lieve, tentando di infondere nelle proprie parole un tono rassicurante.
Il cucciolo abbassò le orecchie stringendo gli occhietti e annusando curioso e attento l’aria carica di pioggia e d’un tratto mosse un passo verso l’uomo, inducendo questo ad accelerare un poco i movimenti così da poterlo prendere lesto in braccio e portarselo al petto.
“Ora ce ne andiamo al loft e guai a te se ti azzardi a combinare altri casini, dato che sono tutti preoccupati per te. Non so come faremo a farti tornare in te, ma forse succederà da sé, se ti calmerai” spiegò Derek, camminando – o sarebbe meglio dire quasi correndo – verso il SUV mentre la volpe, fiduciosa, volgeva la testolina verso l’alto come a prestare attenzione a quelle parole, prima di decidere che sarebbe stato meglio affondare il più possibile tra le braccia del mannaro alla ricerca di maggior calore.
 
Raggiunta l’auto, Derek – già maledicendosi per lo stato in cui entrambi avrebbero ridotto gli interni – posò il suo oramai personalissimo rompiscatole sul tappeto davanti al sedile del passeggero dove aveva provveduto a stendere la felpa e poi si mise alla guida, riuscendo ad arrivare a casa nel minor tempo possibile.
Entrato nell’appartamento, si rese conto che, salvataggio a parte, avrebbe dovuto fare qualcosa, come ad esempio avvertire Scott del ritrovamento del suo migliore amico e così, con ancora la volpe in braccio, afferrò il cellulare e selezionò dalla rubrica il contatto dell’alpha.
All’ultimo istante, però qualcosa lo bloccò. Avrebbe dovuto esordire con “Ehi McCall, Stiles ne ha combinata un’altra delle sue” oppure sarebbe stato meglio rimanere sul vago con un breve e lapidario “Al loft, ora”?
L’indecisione, invece di affievolirsi, crebbe sempre di più e abbassato lo sguardo notò come il cucciolo tremasse visibilmente e così, d’istinto, il dito si allontanò dallo schermo, il braccio si distese e il telefono venne abbandonato sul basso tavolino di fronte al divano, mentre il lupo raggiungeva le scale e si dirigeva al piano superiore.
Derek recuperò un asciugamano dall’armadietto dietro la porta del bagno e, tornato in camera, si sedette sul bordo del letto, iniziando a sfregare con cura e decisione la pelliccia della volpe.
Dal fagotto ora poggiato sulle sue cosce, giunse un lento e strascicato mugolio che non pareva avere nessuna intenzione di finire tanto presto “Stai calmo. Anche in questa forma non riesci a tenere chiusa la bocca?” ringhiò zittendo in un baleno quel verso lamentoso.
Sollevando il telo, Derek poté osservare meglio e alla luce ciò che aveva trovato nel bosco.
La volpe era poco meno di un adulto in realtà, grossa all’incirca come un gatto, con il pelo fulvo e ora quasi del tutto asciutto. Il muso era ciò che più attirava il suo sguardo, era appuntito e curioso, vispo e saputo. Le orecchie e il naso non riuscivano a restare ferme e lo stesso valeva per la coda ancora appesantita dalla pioggia.
I dubbi – se mai ancora ce ne fossero – scemarono all’istante: non poteva che essere Stiles.
Terminato di strofinare anche l’appendice, il padrone di casa si chiese quale avrebbe dovuto essere il prossimo passo e, scordandosi ancora una volta di Scott, si rivolse al musetto della volpe domandò “Hai fame?”
L’animale non reagì in alcun modo, ma il licantropo, abbandonato l’asciugamano a terra e sempre con la volpe in braccio, ritornò al piano di sotto, dirigendosi sicuro verso la cucina.
Dopo aver rovistato nel frigorifero, a malincuore dovette cedere all’ospite la carne trita che aveva in programma di trasformare in un succulento hamburger e, optando infine per un misero panino al burro d’arachidi, i due si concessero un meritato pasto.
Nel bel mezzo di quella improvvisata cena, il cellulare di Derek iniziò a suonare, facendo drizzare le orecchie a entrambi.
 
La voce dell’alpha “Dimmi che lo hai trovato” lo colpì con il suo tono preoccupato “Io non so più dove cercare”
Mentre ascoltava in silenzio, Derek tornò con i ricordi a quanto il moro gli aveva raccontato quella mattina e, reputando fosse giusto dare a Stiles il tempo che riteneva necessario per schiarirsi le idee e decidere quale strada intraprendere, mentì con voce sicura “No”
“Dannazione! Lo sceriffo è preoccupato e se entro domani non ci sono novità, dovrà muoversi lungo i canali ufficiali e”
“E se desiderasse solo capire cosa vuole? Cosa deve fare della sua vita? Hai idea di quanto sono stati duri per lui gli ultimi tempi? L’ultima cosa di cui ha bisogno è sentirsi il fiato sul collo. Aspettiamo ancora e forse si farà vivo”
“Forse hai ragione” ammise infine Scott “Ci risentiamo domani”
Chiusa la conversazione, Derek rimise sul tavolo il telefono, affondando poi le dita tra i capelli, domandandosi se avesse agito nel modo giusto e sollevando di poco il capo si stupì nel vedere a pochi passi da lui la volpe che seduta impettita e scodinzolante lo osservava.
“Dici che ho fatto bene?”
Ridendo di se stesso, dato che, come un imbecille, faceva domande a colui che, avendo ora forma animale, di certo non poteva rispondergli, si rilassò contro i cuscini, schiacciando inavvertitamente i pulsanti del telecomando.
Stiles saltò sul posto quando i suoni provenienti dalla TV riempirono la stanza, causando una sana e piena risata da parte del beta.
Dopo aver afferrato il telecomando incastrato tra i cuscini, il padrone di casa iniziò a cambiare canale velocemente ingenerando nuovi scatti di paura nella giovane volpe “Forza, salta su” disse a un certo punto battendo la mano accanto a sé “è troppo presto per andare a letto”
L’animale parve non comprendere e anzi rimase lì, impietrito, a fissare il punto di origine di quei fastidiosi suoni. Ancora immobile, si irrigidì, per poi cercare di divincolarsi con forza, quando le mani del mannaro si strinsero attorno al suo corpo, sollevandolo di peso e portandolo sul sofà.
“Ora zitto e fermo e non rompere le scatole” sancì il padrone di casa sintonizzando la TV su un canale sportivo per gustarsi una partita dell’NBA mentre la volpe, dopo aver annusato e sprimacciato ogni angolo del divano, si appallottolava quieta, ma a debita distanza.
 
Giunse la notte e alla fine Derek si decise a trascinarsi a letto dopo aver controllato che Stiles continuasse a dormire tranquillo.
Steso sul proprio letto, il mannaro continuava a fissare il soffitto, incapace di concedersi qualche ora di meritato sonno che però non gli fu concesso.
Il tutto iniziò con una leggera e scoordinata sequela di piccoli tonfi che si avvicinavano sempre più e che Derek comprese fossero i passi del cucciolo su per le scale, ma decise di fare come se nulla fosse, girandosi su un fianco e guardando il muro spoglio e in parte scrostato che era di fronte a lui.
Terminato lo sgambettare, fu la volta di un suono molto più fastidioso e molto più vicino. Il licantropo sentì chiaramente unghie grattare, prima debolmente, quasi titubanti, sul legno della porta chiusa. Derek sfogò un ringhio nel proprio cuscino, piegandoselo poi sul capo, ma anche quello non servì a nulla, dato che poco dopo la volpe diede il meglio di sé, iniziando a guaiolare forse.
Il moro non resistette più e, sollevato il capo, ringhiò con forza verso la porta, riuscendo a zittire per circa dieci secondi quei suoni strazianti che ripresero però con ancora maggior vigore e melodramma come se la consapevolezza che l’altro fosse sveglio avesse dato maggior forza ai lamenti.
Arresosi completamente, Derek si alzò e a piedi nudi raggiunse la porta della sua camera, aprendola di slancio, sperando di spaventare l’ospite. Al contrario, parve che il piccolo non aspettasse che l’avere anche solo uno stretto passaggio e, come un lampo, si infilò nella stanza e in un paio di balzi era già al centro del letto.
“Oh no! Non se ne parla” urlò il mannaro.
Al suono nervoso della sua voce la piccola volpe abbassò il capo, ma un attimo dopo, risollevò il muso piantando nel volto nel moro uno sguardo da cucciolo bisognoso di coccole, iniziando di nuovo a piagnucolare.
“Eh va bene, dannazione! Ma te ne starai in un angolo”
 
Derek era di nuovo coricato e di nuovo voltato verso il muro, per non avere davanti al naso il pelo fulvo della volpe, ma evidentemente essa non era ancora pienamente soddisfatta e spostandosi leggera sulle coltri, si puntellò con due zampe sul fianco del mannaro.
“Che c’è adesso?” chiese il moro voltandosi repentino e causando il ruzzolare comico di Stiles che si trovò in un attimo steso sulla schiena “Si può saper cosa diavolo vuoi?”
Con un movimento aggraziato e veloce l’animale fu di nuovo in piedi e si mosse risoluto e senza alcun dubbio contro il torace del lupo, appallottolandosi e non accennando a null’altro.
“No. Non se ne parla” tentò di spostarlo Derek, ma ottenne un risultato molto diverso da quello previsto, perché sentendosi spingere e allontanare, la volpe rapida si mosse ancora, risalendo il profilo del suo torso e arrivando con il muso a pochi centimetri dal viso del licantropo, donandogli un breve ma chiara lappata sulla punta del naso.
Il padrone di casa rimase per un attimo senza parole, incapace di reagire. Quando si rese però conto che, nell’attesa di una sua reazione, la lingua stava nuovamente per lambirlo, saltò giù dal letto e in una manciata di secondi fu fuori dalla camera, dall’appartamento e addirittura dall’edificio, mettendosi a correre per la foresta che ne lambiva il retro.
 
Passò almeno due o tre ore a scorrazzare per il bosco, cercando di chiarirsi la mente sul da farsi e per evitare di pensare al calore che aveva sentito stringergli la gola nell’attimo in cui Stiles lo aveva baciato.
Derek si fermò nel bel mezzo di uno scatto di velocità, sconvolto dal suo stesso pensiero.
Stiles non lo aveva baciato.
Stiles, sotto forma di volpe, lo aveva solamente pregato di poter dormire accanto a lui, nel suo letto, usando ciò che aveva a disposizione, quindi la lingua.
Dannazione no, neppure messo in quella maniera il pensiero sembrava coerente e il mannaro capì che una sola cosa rimaneva da fare, e cioè, telefonare a Scott.
 
La corsa riprese questa volta con destinazione il loft e quando, con il fiatone e la mente in gran parte ancora sprofondata nel caos, rientrò nella sua stanza l’unica cosa che poté fare fu ridere.
Stiles era completamente spaparanzato nella sua porzione di letto, le zampe allungate e la coda che, nonostante stesse dormendo, si muoveva anche se indolente da un lato e dall’altro.
Sembrava tranquillo e rilassato come, doveva ammettere, Derek non lo vedeva da settimane se non addirittura da mesi e, ancora una volta, si disse che no, comunicare la sua presenza sarebbe stato un errore.
Il sole oramai stava sorgendo e sospirando di fronte alla prospettiva di una convivenza forzata e segreta con Stiles, il mannaro si diresse in bagno. Aveva disperatamente bisogno di una doccia.
 
Quando uscì, coperti solo pochi passi, il silenzio della casa venne spazzato via dal rumore di vetri infranti al ché Derek, con addosso solo un paio di jeans e un asciugamano arrotolato sulle spalle, corse di sotto.
Ciò che vide lo portò nuovamente alla risata, ma una di quelle ricche, fatta di gola e di pancia. Se anche sul pavimento giacevano i cocci della tazza che usualmente il lupo utilizzava per il suo meritato caffè mattutino, il tutto era reso esilarante dal cucciolo che tentava in tutti i modi di uscire fuori dal largo scolapasta che gli era caduto addosso e che lo circondava come una trappola.
Piegandosi sulle ginocchia senza fare troppo rumore e allungando una mano, Derek sollevò l’attrezzo da cucina, trovandosi davanti gli occhi grandi e spaventati di Stiles che, come un razzo, gli saltò tra le braccia, raggomitolandosi il più possibile.
“Mi dici che stavi cercando di fare?” chiese carezzando istintivamente la pelliccia morbida e folta, con voce il più calma possibile e rimettendosi in posizione eretta.
 
Ancora occupato a calmare il cucciolo, il licantropo non si accorse della porta che si apriva e della presenza di Scott fino a quando la voce di questo non si fece udire.
“E così sei qui?”
“Scott, senti” il padrone di casa cercò di intavolare una spiegazione che risultasse il più plausibile possibile considerato che il ragazzo non aveva parlato a lui, ma aveva diretto le sue parole alla volpe.
“Io e Deaton ti cerchiamo da ieri come dei pazzi” continuò il liceale dando attenzioni solo all’animale.
“Tu e Deaton?” chiese meravigliato Derek, non essendo a conoscenza del fatto che il veterinario fosse stato incluso nelle operazioni di ricerca del figlio dello sceriffo.
“Certo. Questo cucciolo di volpe è fuggito ieri dallo studio. Il parco naturalistico ci sta dando il tormento per riaverlo indietro dopo il check up mensile” spiegò Scott avvicinandosi per recuperare l’animale.
“Mi stai dicendo che questa è una normalissima volpe?”
“Non proprio normalissima, come vedi è fin troppo abituata agli umani, ma sì è una volpe e” fermandosi un attimo a riflettere, osservando meglio la scena che si presentava davanti ai suoi occhi occhieggiando rapido la felpa rossa della scuola appallottolata sul divano, Scott cambio in parte argomento “Che cosa ci fa qui?”
“Beh, io ieri sera sono uscito per cercare quell’impiastro del tuo amico e mi sono inoltrato nel bosco e” raccontò Derek tentando di essere il più indifferente possibile.
“Non è possibile! Oh santo cielo” Scott esclamò interrompendolo e scoppiando a ridere “Tu pensavi che il cucciolo fosse… oh non riesco neppure a dirlo” difficile gli risultava pronunciare ogni singola parola tra le risa “Tu credevi fosse Stiles”
“Considerando i casini in cui è solito cacciarsi e lo stato mentale di stress in cui era prima di sparire, tutto era possibile” si giustificò il padrone di casa, cercando di non risultare ancora più ridicolo di quanto sentiva di apparire.
 
Alla strana scenetta che mai il loft avrebbe lontanamente pensato di poter vedere tra le sue mura, si aggiunse a un certo punto proprio l’oggetto di tutto l’equivoco.
“Ehi, mi dite che succede?” la voce di Stiles fece voltare entrambi i lupi verso l’ingresso dell’appartamento.
“Oh amico, questa la devi proprio sentire” esordì Scott ancora piegato in due dalle risate, mentre calava con forza la mano sulla spalla del compagno di scuola.
“Scott” lo minacciò con un sottile ringhio Derek.
“Oh no, questa la deve proprio sentire” ripeté il giovane mannaro “Derek pensava che quel cucciolo di volpe che tiene amorevolmente tra le braccia fossi tu”
“Cosa?” chiese sbalordito il figlio dello sceriffo, notando solo in quel momento la piccola massa di pelo fulvo accoccolata tra le braccia del padrone di casa e osservando con attenzione la mano completamente affondata nella pelliccia e le dita che si muovevano in un lento e ipnotico su e giù “Davvero Sourwolf?” miagolò Stiles, sollevando gli angoli delle labbra e assottigliando leggermente gli occhi.
“Sentite, se volete chiacchierare, fatelo tranquillamente” parlò nuovamente l’assistente veterinario “io devo riportare il fuggitivo in clinica prima che Deaton venga fatto a pezzetti” e, coperto in un paio di passi lo spazio che lo separava da Derek, prese con cura il cucciolo e se ne andò rapido dal loft.
 
“E così eri preoccupato per me?” indagò Stiles avvicinandosi al mannaro rimasto.
“Certo che no” si difese il chiamato in causa, arretrando per quanto gli fu possibile “Eri sparito e Scott era nervoso, volevo solo che tutto tornasse alla normalità”
“Per questo te ne sei andato a zonzo per tutta Beacon Hills”
“Per il bosco, solo per il bosco” puntualizzò Derek.
“Pardon! E così, dicevo, te ne sei andato a zonzo per il bosco alla ricerca del sottoscritto e quando hai trovato la volpe eri certo fossi io” continuò ad avanzare, costringendo Derek a finire contro il davanzale della grande vetrata.
“Qualcosa della kitsune poteva essere rimasta in te e lo stress e”
“Lo stress?”
“Scott mi ha parlato delle discussioni con lo sceriffo per le università” spiegò ancora il moro.
“Oh, sì la decisione che potrà cambiare la mia vita, come dice mio padre, ma tornando al tuo ospite peloso, pensando fossi io, mi hai portato a casa, mi hai accudito e non hai detto nulla a Scott. Tutto ciò fa riflettere” terminò sibillino Stiles fermando le sue Converse a meno di un passo dalla punta delle scarpe del licantropo.
“Pensavo avessi bisogno di tempo e”
“E hai deciso di darmelo tenendomi qui al sicuro, beh, che dire” il liceale si sporse in avanti e arrivando, con le labbra, a pochi centimetri dall’orecchio sensibile del lupo mormorò “grazie” e dopo quell’unica parola prese ad allontanarsi lentamente, arrivando indisturbato a pochi metri dalla grande porta in metallo.
Derek non aveva avuto la capacità di aprire bocca, troppo coinvolto dai momenti attraenti del giovane e dal suo odore avvolgente che lo aveva stretto in una morsa ad ogni passo che questi compiva nella sua direzione e, ancora, in parte stordito, registrò la lontananza del ragazzo solo quando parlò di nuovo.
“Sono ancora molto stressato, quindi, se volessi testare anche su di me le tue morbide carezze per tranquillizzarmi, sappi che la mia finestra è sempre aperta” e con quell’invito malizioso, Stiles lasciò il loft, sorridendo tra sé e sé, convinto che quella notte avrebbe avuto compagnia.
   
 
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