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Autore: bisy    17/08/2015    3 recensioni
Se si è disposti a fare la pace dopo ogni litigio, quello è amore.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago
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Sandro si strinse nella felpa.
Mille pensieri gli affollavano la testa, il più penoso dei quali era certo la possibilità che lei lo lasciasse. Dopo quasi due anni passati insieme, non sopportava l'idea di non poterla più vedere o di doverla vedere solo come un'amica. Non dopo tutto quello che c'era stato tra di loro.
Prese il telefono e controllò i messaggi: come previsto, lei gliene aveva inviato un altro.

Sandro, sono furiosa. Vieni subito o mi metto a urlare in mezzo a tutta questa gente.

Un altro ritardo non era contemplato: conoscendola, non gliel'avrebbe fatta passare liscia.
Di solito non scriveva il suo nome per intero, dunque doveva essere proprio arrabbiata con lui.
La vide seduta su una panchina, assorta nella lettura de “Il grande Gazby”, il suo libro preferito. Lo aveva già letto tre volte, eppure non riusciva mai a stancarsi; sosteneva che Fitzgerald fosse il più grande scrittore di tutti i tempi e che le sue descrizioni fossero le più suggestive, poetiche ed emozionanti mai viste sulla faccia del pianeta.
-C-ciao... Luisa... come va?
Chiuse il libro di scatto e lo infilzò con uno sguardo assassino. Brutto segno.
-COME VA?! Dopo tutto questo tempo hai anche il coraggio di rivolgermi la parola?! Due giorni interi... non mi hai mai chiamata, mai spedito un sms, mai minimamente considerata... sai come mi sono sentita? Dico, sei impazzito?
-Amore, scusa...
-NON CHIAMARMI AMORE!
-Lasciami spiegare... ero in un villaggio turistico sperduto nel nulla e non c'era campo né tantomeno la wi-fi... non potevo proprio contattare nessuno... credimi...
-Sì, certo, le tue scuse sono sempre più fantasiose. Piuttosto, dimmi perchè ci hai messo tanto a venire.
-Ero in garage ad aggiustare la moto di papà e appena ho visto la chiamata mi sono precipitato sotto la doccia. Avrei forse dovuto presentarmi ricoperto d'olio da capo a piedi?
-Probabilmente mi avresti fatta ridere e ti avrei perdonato.
-Se vuoi torno indietro e mi imbratto gli occhi come un panda, così sarai contenta.
-No, non serve. Sto per fartelo io un occhio pesto, vedrai che il livido sarà ben più nero del tuo olietto.
-Mi fai morire, Lu. Sei troppo buona con me.
-Già. Portami a fare un giro.
-A piedi? Con questo tempo? Non vedi che sta per piovere?
-Non a piedi, in moto.

Sfidarono le nuvole cariche di pioggia che minacciavano quel cielo settembrino e salirono in sella alla Harley Davidson che li aspettava sotto il telo, in garage. Il motore emise un ruggito selvaggio ed il mostro a due ruote partì con una tale velocità da costringere Luisa ad aggrapparsi saldamente a Sandro, il quale godette di quell'abbraccio inaspettato con il sollievo di chi è certo di essere stato perdonato per un grosso sbaglio commesso.
Accarezzarono l'asfalto fino ad un vecchio capanno malconcio in cima ad una collinetta, isolato dalla città ed ignorato da tutti. Tutti tranne loro. Quello era il loro rifugio segreto, il custode della loro intima complicità.
Sandro si accoccolò sulla brandina davanti alla finestra e scostò schifato le tende di ragnatele. Poco dopo, lei lo raggiunse e si sistemò in fondo, più lontano possibile da lui. Udirono una macchina solitaria che diffondeva nell'eco del silenzio una musica ad alto volume.
-Bella questa canzone. Dedicamela.
-Io, Sandro, dedico a te, Luisa, questa canzone dal titolo da me sconosciuto.
-Bravo. Ora baciami.
I due si avvicinarono e con gesti lenti unirono le loro labbra nel legame della passione, stando entrambi attenti a non invadere troppo la morbida caverna che ospitava le loro lingue incerte.
Si staccarono nel medesimo istante e si guardarono intensamente per un infinito minuto: a lui piaceva smarrirsi nel mondo castano riflesso nelle sue iridi screziate e lei scavava sempre più a fondo nell'abisso inesplorato dei suoi occhi neri, nel tentativo di scorgervi la sua anima.
Si distesero sul legno scomodo unendo i loro corpi in un gioco di forme e temperature, finchè Luisa iniziò a tremare di freddo e di piacere.
-Vado a prendere un maglione asciutto, ricordi che l'abbiamo nascosto sotto una mattonella, qualche mese fa?
-Buona idea, San. Ti faranno santo per questo: San Sandro. Suona anche bene.
Luisa si tolse i vestiti gelidi e li fece scivolare a terra. Adesso indossava solo la sua voglia di lui.
-Vieni qui sotto e abbracciami.-, disse Sandro alzando un lembo del maglione, abbastanza ampio da poter accogliere entrambi i corpi infreddoliti.
Restarono in quella posizione finchè il cielo non fu stanco di fare i capricci ed i vestiti non si furono asciugati, dopodichè si alzarono e risalirono in groppa alla Harley che li aspettava nel vialetto. Una volta giunti davanti alla casa di lei, si salutarono.
-Mi hai perdonato, vero?
-Fammi pensare... in realtà no.
-Farei qualsiasi cosa per te, lo sai. Pace?
-Anche regalarmi la tua maglietta?
-Oh, beh, d'accordo.
-Non la laverò mai. Odora di noi.
-Ora devo andare, mio padre mi ucciderà se scopre che ho preso la sua moto senza chiederglielo.
-Va bene, San. Baciami. Mi sei mancato.
-Anche tu mi sei mancata, Lu. Non sai quanto.

   
 
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