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Autore: soulofthemusic    17/08/2015    5 recensioni
Connor è un ragazzo senza alcun tipo di legame affettivo, una statua di cemento costruita pezzo dopo pezzo dall'odio che cresce dentro di lui. Eppure questa statua nasconde un potere, qualcosa di incontrollabile che riuscirà a cambiare per sempre la sua vita. Nonostante tutto egli scappa, è in continua fuga dal passato e da se stesso, ma che ne sarà di lui quando incontrerà la Ragazza-Dagli-Occhi-Viola? Riuscirà a far pace con quello che è? Un mostro o un essere razionale capace di amare?
Genere: Fantasy, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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|| Salve lettori! Magari c'è qualcuno che già mi conosce per l'altra storia che stavo scrivendo -Chrysalis Of Pain - perciò mi scuso di essere mancata così tanto tempo e non aver più aggiornato, chiedo perdono ç.ç
Per quanto riguarda questa storia dovrei riuscire a aggiornare ogni 2 settimane se tutto va bene, ma prima voglio vedere se piace perciò fatemi sapere cosa ne pensate perfavore!! :D Ogni capitolo inoltre sarà intitolato con il titolo di una canzone che rispecchia la tematica o l'atmosfera del capitolo, se vorrete ascoltarle mentre leggete e dirmi cosa ne pensate ne sarei lieta :D Ok, non mi dilungo oltre, buona lettura e al prossimo capitolo :*
Maddy ||


 
I.
You want a battle? (Here’s a war!) - Bullet for my Valentine.

 
Gli occhi sono lo specchio dell’anima, questo aveva letto in migliaia di libri, aveva sentito dire da migliaia di adolescenti rintronati dalle favole che avevano sentito fin da piccoli. Eppure lui si chiedeva, se quella frase era considerata così reale, perché nessuno aveva mai capito tutto l’odio, la frustrazione, il degrado che aveva dentro. 
Nonostante lui sentisse il germe maligno crescere dentro di sé nessun altro sembrava notarlo, chi gli passava accanto non si soffermava neppure a guardarlo, era sempre stato considerato un essere indegno di attenzioni e lui pian piano ci si era abituato.
Non aveva un padre, non aveva una madre, nessuno in tutta la sua vita gli aveva voluto bene, ma era riuscito ad andare avanti senza mai esplodere, accumulando tutto ciò che considerava incontrollabile dentro di sé. 
Aveva una teoria a proposito; sentiva che il suo cuore non era come tutti gli altri, che non era né rosso né della stessa misura del suo pugno: ogni giorno che passava lo sentiva annerirsi e rimpicciolirsi. Era diventato un granello in quel corpo così muscoloso.
Arrivato in quella che la società definiva “casa” e che lui considerava un semplice edificio di tortura psicologica salì le scale ricoperte debolmente da alcuni fasci di luce scappati al tramonto. Il cielo in quell’abitazione era difficile da scorgere: le finestre erano scarse e quelle che c’erano facevano penetrare solo piccole quantità di sole per via delle dimensioni. Non era sua quella casa, niente all’interno gli apparteneva, non sentiva affetto per niente e nessuno che avesse a che fare con quell’edificio buio. Aprì piano la porta della “sua” camera per non far rumore, ma quando entrò trovò l’uomo che più odiava al mondo steso sul suo letto, a braccia conserte.
«Sei arrivato, bene.» No, non era preoccupazione la sua, era semplice stizza. Si alzò in piedi, gli fremevano le mani. «Voglio i miei soldi.» 
Ogni giorno, ogni maledetto giorno le stesse parole che si trasformavano in una banale e comune scusa per menare le mani. Suo padre l’aveva lasciato nelle mani di quell’uomo quando aveva circa 12 anni, un’età a cui poteva già lavorare in alcuni ristoranti svolgendo lavoretti manuali. L’obiettivo era procurarsi il minimo indispensabile per poter restare nel luogo in cui suo padre l’aveva abbandonato. “Il Tiranno”, così aveva soprannominato l’uomo che aveva preteso di aver cura di lui e che invece lo picchiava almeno cinque volte a settimana perché non aveva soldi da dargli. Lavorava in un’officina nell’ultimo periodo, ritagliandosi poi il tempo per servire ai tavoli di una tavola calda aperta solo di sera. I soldi erano pochi nonostante venisse pagato alla settimana in entrambi i suoi impieghi e le ripercosse del Tiranno sempre affamato di denaro non si facevano attendere. Era paradossale la situazione: Connor era muscoloso, aveva passato anni ad allenarsi per poter resistere meglio ai colpi del suo aguzzino quotidiano, ma nonostante la sua determinazione non era mai riuscito a trovare la forza di reagire. 
Quella sera era diverso, tutta la tensione accumulata a causa degli ordini del meccanico che lo considerava un inetto e delle lamentele ricevute dai clienti l'avevano portato al limite della sopportazione. Il suo viso era una maschera impenetrabile ma sentiva il tutto ribollirgli nelle vene e senza rendersene conto strinse i pugni finchè le unghie non si conficcarono nella carne e il sangue non cominciò a scorrere a gocce lungo le sue dita.
« Cosa pensi di fare ragazzino? Commuovermi? » esclamò il Tiranno furente. Connor lo dava per scontato: non conosceva nemmeno il suo nome, l'aveva sempre chiamato "ragazzino" e d'altronde cosa potrebbe importare a una persona come lui di chiedere il nome a chi usava per sfogare tutti i suoi problemi con l'alcol? Nulla, era sempre stato considerato come un cuscino che attutisce tutti i colpi senza mai deturparsi e si era abituato all'idea. Nonostante ciò in quel preciso momento sentiva una forza che gli era estranea crescere dentro di sè e non si sentiva di certo in grado di poterla controllare, non lo voleva nemmeno.
In nome di tutto ciò che stava provando quando l'uomo che aveva di fronte a sè scattò in avanti caricando il colpo che avrebbe dovuto arrivare alla sua mascella, lui si mosse repentinamente in laterale uscendo dalla sua traiettoria e lo colpì allo stomaco con la stessa mano che stava sanguinando.
Il suo avversario cadde a terra con un lamento, coprendosi con le mani il punto in cui Connor aveva sferrato il pugno. Quando poi i suoi occhi ricaddero sul ragazzo l'aria di vendetta del Tiranno si spense immediatamente lasciando il posto al terrore, quello che si prova quando la consapevolezza di non avere via d'uscita afferra per la gola impedendo qualsiasi movimento. Un animale in trappola di fronte al cacciatore.
Connor sentì un leggero odore d'incenso, fatto strano poichè nella sua camera non ce n'era mai stato, né acceso né spento. Guardo in giù, sul pavimento. Le sue gocce di sangue continuavano a scendere e ogni volta che una di esse entrava a contatto con la moquette del pavimento avveniva una piccola combustione. A quanto pare la sostanza rossa che gli scorreva nelle vene era diventata acido e il suo organismo una lega resistente alla corrosione.
Il corpo del Tiranno si stava corrodendo, ecco perchè era così spaventato! Aveva ucciso il suo aguzzino nel più cruento dei modi e senza premeditare nulla. La paura strisciò dal corpo in fin di vita riverso a terra per arrivare avida verso il ragazzo in piedi. Che cosa aveva fatto? Come aveva fatto a realizzarlo?!? 
Si voltò e andò a posizionarsi davanti allo specchio, studiò il suo aspetto. Sembrava che fosse tutto nella norma, tutto tranne i suoi occhi che erano diventati rosso rubino. Più il cadavere della sua vittima veniva divorato dal suo sangue, più i suoi occhi splendevano. Era uno spettacolo cruento, ma non poteva fare a meno di provare un senso di soddisfazione: era libero.
Un problema era risolto, ma mille si presentavano sul sipario che si apriva davanti al giovane: come diavolo aveva fatto? Che cos'era diventato, o meglio, cos'era sempre stato? Cosa avrebbe fatto?
In quel momento non era più legato a nulla, perciò cominciò a mettere alcune cose sul lenzuolo che copriva il letto: in maggior parte vestiti e alcuni utensili per ciò che aveva in mente. Unì i 4 angoli del tessuto e si mise il tutto in spalla.
Passando per la cucina prese dal ceppo il coltello più grande e quello più piccolo che inserì nel suo zaino improvvisato.
Uscito dalla casa Connor diresse lo sguardo verso quella che sarebbe stata la sua nuova abitazione: avrebbe vissuto nella natura, avrebbe imparato a sopravvivere tra gli animali così come aveva fatto tra gli uomini e nessuno avrebbe mai più cercato di incatenarlo. Aveva la possibilità di fare ciò che agognava da tanto tempo, era giunto il suo momento.
La sua nuova casa lo aspettava.

 

   
 
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