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Autore: Caramell_    17/08/2015    10 recensioni
Librerie. Dio. Dean detesta le librerie. E Sam. Niente d’interessante, solo pagine e pagine e pagine stampate. E muffa. E legno. E zitelle acide dietro al bancone. E librai ingobbiti. E occhialoni da nerd.
Quindi si, Dean detesta le librerie. Tutte.
Più o meno.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Vedete, io l’amavo.
Era amore a prima vista, a ultima vista, a eterna vista
Vladimir Nabokov

 

 


 

 

 


Capitolo I

 

 

 

 

 

 

 

1)
C’è una macchia. Pagina trecentonovantaquattro. Una macchia scura vicino alla o arrotondata della firma del’autore. Una macchia. Su un suo libro. Castiel non riesce a capire come possa essere successo. L’inventario è ogni settimana. La libreria è piccola, confortevole, tutta in legno. Pochi volumi, copie limitate. Gli ordini arrivano puntuali ogni trentacinque giorni. Controlla lui stesso ogni volume prima di riporlo sullo scaffale.
Ma c’è una macchia. Pagina trecentonovantaquattro. Castiel passa l’indice sul bordo del foglio. Sta attento a non tagliarsi. 
È una copia più vecchia delle altre, con le frasi un poco scolorite, le immagini sbiadite al centro. Ha la copertina rigida. La biblioteca della piscina. Hollinghurst. Castiel adora quel libro.
E c’è una macchia.
Arriverà in fondo a questa storia.


 


2)
C’è uno nuovo, in libreria. Un cliente. Non è così strano. Ha due enormi occhi verdi, la barba sfatta. I pantaloni bassi, la camicia aperta. E la giacca di pelle. Castiel lo nota subito, lo segue con lo sguardo fino a che non scompare tra gli scaffali della sezione classica. E torna al suo libro. Non fa caso allo scorrere del tempo. Per un po’ si dimentica della macchia. Pagina trecentonovantaquattro.
Poi se lo ritrova davanti. Ha un’aria selvaggia, e disordinata. Non riesce a smettere di fissarlo, quando gli porge il libro, quando paga e va via. Non gl’ha nemmeno dato il resto. S’è distratto un momento. Gl’ha fissato le guance. Non sa perché.
Ci penserà per tutto il giorno. Poi dimenticherà.
Succede sempre.


 


3)
Il pomeriggio Gabriel si ferma in libreria. Si siede vicino a lui. E Castiel continua a leggere.
Suo fratello non sta fermo un momento. Muove le mani, e le gambe. Schiocca la lingua. Sposta lo sgabello, e sbuffa. Castiel solleva gli occhi dalla pagina. Assottiglia gli occhi.
- Gabe – lo chiama – fammi vedere le mani – e Gabriel è furbo, e infantile. Ma ha le dita pulite. Ridacchia, gli mostra i palmi aperti.
- Cos’è? – gli chiede – vuoi farmi la proposta?
Castiel aggrotta le sopracciglia, storce la bocca – Ho trovato una macchia – rivela – sembra grasso, ma non ne sono sicuro – gli lascia andare i polsi, lo guarda storto. Ma pensa sia innocente. Ne è sicuro. A Gabriel non interessano i libri. Non ne legge uno da anni. Castiel ne è profondamente dispiaciuto.
- Una macchia?
Annuisce, incrocia le braccia – Sull’ultima pagina. Vicino alla firma – specifica – Non ho idea da dove venga o come ci sia finita – è davvero un peccato. Terrà quella copia per sé. Non che gli dispiaccia, e non può fare altro.
Lo leggerà di nuovo. Leggerà fino a consumarlo.


 


4)
È colpa di Sam. È sempre colpa di Sam. Lui e la sua fissa per le leggende e i libri ammuffiti e qualsiasi altra cosa abbia a che fare con mostri e creature soprannaturali.
Dean lo odia. Non è proprio così. Ma lo odia comunque. Lo odia perché lo costringe a svegliarsi il sabato mattina, alle otto. Lo odia perché gli mette un foglio in mano, perché lo sbatte fuori di casa, e gli urla di muoversi.
Librerie. Dio. Dean detesta le librerie. E Sam. Niente d’interessante, solo pagine e pagine e pagine stampate. E muffa. E legno. E zitelle acide dietro al bancone. E librai ingobbiti. E occhialoni da nerd.
Quindi si, Dean detesta le librerie. Tutte. Più o meno.
Il fatto è che c’è questo negozietto, a metà strada tra la pizzeria e il suo negozio di dischi. Suo non perché è suo, ma perché è bellissimo. Ma. Dean l’ha notato pochi giorni prima, di ritorno dal lavoro. Cercava un libro per il compleanno di Sam.
È un posto piccolo, un angolo di strada più appartato degli altri, un ritaglio d’asfalto completamente coperto di legno. È stato una sorpresa. Niente zitelle acide. Niente muffa. Niente pagine ingiallite stravecchie di generazioni. Ma occhiali da nerd, quelli si. E occhi enormi, e blu. A Dean sono sempre piaciuti gli occhi blu. Capelli spettinati. Un maglione sformato, enorme. Labbra piene.
Passa da lì ogni volta che può. Dopo o prima del turno.
È dai tempi del liceo che Dean non s’innamora. Non si ricorda nemmeno come si fa.

 



5)
Dean ci torna una settimana dopo. Ha bisogno di una copia de Il Mago di Oz. Frank Baum. È per il compleanno di Charlie. Mancano ancora due mesi. Non importa. Così non dovrà pensarci dopo.
Quella specie di angelo è ancora lì. Legge come la prima volta che l’ha visto. Si solleva gli occhiali col dito, rifinisce le pagine col pollice, assorto si lecca le labbra. Dean non ci fa caso. Non troppo. Ha trovato il libro che cercava. È un po’ più vecchio di quello che si aspettava. Originale. Leggermente arricciato sui bordi. A Charlie piacerà da morire.
S’avvicina al bancone come se fosse un ladro, come se si vergognasse. È una cosa stupida. Deve solo pagare un libro. Sfodera uno dei suoi migliori sorrisi. Ammicca. Mio Dio. È patetico.
- Ehi, angelo – gli dice, un po’ ad alta voce, un po’ per farsi notare – Sono dodici dollari e venti – perché non sembra importargli niente di Dean, e rimane fisso sul suo libro. E a Dean non piace essere ignorato. Per niente. Accarezza quelle pagine sporche come se fossero di cristallo. Dean vorrebbe che toccasse anche lui. È fottuto.
- Non è angelo – gli sente dire, ancora impegnato, ancora lontano – È Castiel – e poi Castiel solleva il viso, e lo guarda. Lo fissa. Non smette più. E Dean sorride tanto che poi gli pizzica la pelle.

 



6)
C’è una macchia. Pagina duecentocinquantanove. Una macchia scura vicino alla prima frase del ventiduesimo capitolo. Un’altra. Su un suo libro. Castiel non riesce a capire come possa essere successo. Di nuovo. Sta diventando snervante.
Si arrovella il cervello per ore. Controlla ogni scaffale. Ogni tanto sfiora un libro a caso.
E la trova. Pagina duecentocinquantanove. Lo spettro. Nesbo. Parte seconda. Capitolo ventidue. È più piccola della prima. Forse la metà di un’unghia. Ma è una macchia. La seconda nel giro di una settimana.
Probabilmente è un cliente. Ne è abbastanza sicuro. Potrebbe essere inchiostro. Oppure olio. Non ne ha la più pallida idea. Non riesce a pensare ad altro.
Poi entra Dean. Fa un cenno con la testa, e lo chiama angelo. Anche se è solo Castiel, anche se non è niente di speciale. E tutto il resto passa in secondo piano.

 



7)
Dean gli porta il caffè. Non è così strano. Non lo è per niente. Si conoscono già da un mese. E a Cas piace il caffè. Cas. Dean lo sa perché gliel’ha chiesto il giorno prima.
Era tornato in libreria per Sam. È sempre colpa di Sam. Lolita. Nabokov. Dean non vuole nemmeno sapere perché legga libri simili. Forse dovrebbe cominciare a preoccuparsi.
Comunque. Caffè, si. A Dean piace il caffè. Amaro, senza fronzoli. Solo caffè. Anche a Cas piace il caffè. Latte. E zucchero. Troppo dolce per lui, l’ha già provato. Ma per Dean sono, tipo, anime gemelle. Nessuno riuscirà convincerlo del contrario.
Quando l’ha visto uscire di casa, quella mattina, Sam non ha fatto altro che prenderlo in giro ininterrottamente per almeno cinque minuti buoni. Fratello ingrato. Gliela pagherà. Ma a Dean non importa, dopotutto.
C’è Castiel, oltre il bancone. È sempre lì, e legge. Una sola volta l’ha beccato in giro per il negozio. Rovistava tra i libri. Controllava pagine, e copertine. Aveva una faccia concentratissima. Le sopracciglia aggrottate, la bocca arricciata, i capelli annodati, le guance rosse. Dean l’aveva trovato più bello del solito. Anche adesso lo è. Bello davvero. Di una bellezza calma, spontanea.
Dean non riesce a pensare ad altro se non a baciarlo.
Tamburella con le dita sul bancone. Gli sventola piano la tazza davanti al naso – ehi, angelo – e allora Castiel solleva gli occhi, guarda prima lui, poi il caffè, e sorride – ciao, Dean
Dean cataloga quel momento come il migliore della giornata.


 


8)
- Vieni con me – sussurra una volta.
Castiel lo fissa un momento, aggrotta le sopracciglia – perché?
- Solo, vieni con me, Cas – Cas. Gli piace come suona. Come se fossero amanti, complici di una vita. Come se potessero diventarlo.
Dean ha gli occhi più accesi del solito. Sempre verdi. Brillanti. La giacca di pelle. Le labbra rosse. Castiel si sente piccolo vicino a lui. Felice.
Fuori è già buio. Gabriel è tornato a casa. Può chiudere la libreria un po’ prima, quella sera. Non verrà più nessuno.
Afferra la giacca, e le chiavi – dove andiamo? – e Dean solleva gli angoli della bocca. Ridacchia. È terribile. E meraviglioso. Castiel si rende conto in quel momento che lo seguirebbe anche se lo portasse all’Inferno.


 


9)
Dean gl’allunga una birra. La prima. Non della serata. La prima e basta. Castiel la fissa un poco, l’afferra titubante.
Da lì si vede la città. Tutta. E le stelle. Sono la cosa più bella dell’intero panorama. A parte Dean. Ma questo non c’è bisogno che qualcuno lo sappia. Mai.
La birra è terribilmente amara. Castiel stringe gli occhi, arriccia il naso. Sente Dean sbuffare un po’, ridere flebile. È orribile. Pizzica. E Dean gli s’avvicina. Sorride. A Castiel fa male lo stomaco. E il cuore.
- Era la prima? – e lui annuisce, gli occhi fissi sotto di lui, sulle luci della città.
Dean scuote la testa, lo fa spesso. Solo quando è con lui – Mi dispiace, angelo. Credevo fossi abituato.
A Castiel a volte stanno scomodi, i sentimenti. Gli sembrano così complicati, inutili. E dolorosi. I libri. Ecco. I libri sono meglio. Ma Dean gli fa provare qualcosa. Qualcosa che fa paura. E non somiglia a niente.
Castiel non è proprio sicuro che non ne valga la pena.


 


10)
Castiel non ha mai guardato la città dall’alto. Non c’ha mai pensato. Posti come quello sono un po’ fuori dalla sua portata. Un’enorme collina a picco. Un muretto.
Fissa per più di un attimo Dean, la birra che ha in mano – Mi piace quando lo fai – confessa, lo sguardo ancora fisso, la pelle fredda.
- Cosa?
- Quando mi guardi, e mi chiami angelo – e Dean sussulta, un sorso ancora intrappolato in gola. Si sfiora un sopracciglio. Ha la bocca riarsa.
- Davvero?
Castiel annuisce. Sposta lo sguardo lontano. Non l’ha mai notato. C’è pace, su, in alto. È come essere vicini al Paradiso. Ancora un poco. Solo per un momento – Mi fa sentire migliore. Migliore di quello che sono – e Dean rimane in silenzio. Non importa niente. Va bene così. Non è mai stato troppo bravo, con le parole. E Castiel è vero, è vicino a lui.
Sono anni che Dean non si ferma un momento. Anni che non guarda le stelle. È una cosa stupida. Inutile. E melensa. Le ragazze non vogliono guardare le stelle. Almeno non quelle che ha conosciuto Dean. Ma Cas non è una ragazza. E ha due occhi grandi, e limpidi. Come quelli dei bambini. E appena li ha visti Dean ha deciso che le stelle erano un’opzione più che plausibile. Aveva ragione.
È uno spettacolo meraviglioso. Non solo il cielo. Anche Cas.


 


11)
- E tu che cosa fai, Dean?
Dean distoglie lo sguardo. Beve – Ho un officina
- Si?
- Si, Cas – un altro sorso. Finisce la birra. Solleva gli occhi – Non è proprio mia, in realtà. È più di Bobby. Lavoro lì da una vita, ormai – un suono ovattato gli riempie le orecchie. Comincia a fare freddo. Si alza il vento. E Dean rabbrividisce – Impazzirei se dovessi lasciarla.
È tutta la sua vita. E poi c’è Sam. Ma Sam è una parte del suo cuore. Non è paragonabile. A niente. A nessuno. Forse un poco a Cas. Non ancora. Spera in futuro. Spera presto.
Pensarci è speranza, evanescenza. È solo triste. Dean vede Castiel annuire, chiudere gli occhi e stringere le spalle, rannicchiarsi nel suo trench.
A Dean fa solo tenerezza. Non può farci niente. Poggia la bottiglia vuota sull’erba, e si lecca le labbra. Poi allunga un braccio – vieni qui – sussurra. E Castiel lo fissa. E arrossisce. Mio Dio.
- Dean – pigola. E schiude le labbra, incava le guance. È rosso anche sulla punta del naso.
A Dean viene quasi l’impulso di cavarsi gli occhi – andiamo, angelo – gli dice – non voglio vederti congelare – e Cas l’accontenta. Signore grazie. S’allunga su di lui. E infila la testa nell’incavo del suo collo. E Dean d’improvviso si sente meglio. Cas è caldo, e dolce, e morbido. S’incastra perfettamente tra le sue braccia. Dean gli deposita un bacio sulla fronte. E se lo sente tremare addosso. Stringe. Forte.
Lo tiene stretto tutta la notte. E si sente a casa.


 


12)
- Cos’è che ti piace, comunque? – Castiel sente l’odore della sua pelle. Gli trema il respiro. E gli pizzica il sangue.
Ci pensa un po’ su – Hamburger – bisbiglia – Si – e annuisce, deciso – hamburger
Dean ridacchia. La cassa toracica che si muove. Vibra – d’accordo, allora – promette – la prossima volta ti porto in un posto. Fanno i migliori hamburger d’America.
Castiel sposta la testa, solleva lo sguardo – è una promessa?
Dean glielo sussurra tra i capelli, il fiato caldo che gl’accarezza le ciocche – è una promessa – e si sente meglio.
- E poi? – gli chiede. Castiel gli tocca col naso la pelle morbida della giugulare – e poi niente – gli soffia un orecchio – Mi piaci tu – e Dean gli sfiora la nuca con le dita. E sorride. Piccole rughe gli si formano attorno agli occhi. Sente il suo cuore gonfiarsi. Quasi scoppiare. E ci pensa.
Prima di Castiel non sembrava così bello innamorarsi.

 



13)
Bobby vede Dean più felice del solito. Gira per il negozio con un sorriso ebete sulla faccia. Canticchia. È raro. Così raro da far spavento.
C’ha pensato un po’ su. Una donna. Deve essere una donna. O una fornitura a vita di crostate alla ciliegia. No. Poco probabile.
Quindi, si, una donna. È l’unica spiegazione. Non una qualsiasi però. Una di quelle vere. Di quelle forti, e giuste. È probabile che Dio abbia finalmente ascoltato le sue preghiere.
Deve parlarne con Sam. Forse lui sa. E poi Bobby è un impiccione, soprattutto quando si parla di Dean, e di Sam. Sono i suoi ragazzi. Li ha cresciuti, e gl’ha pulito il naso. Ne ha tutto il diritto. E vuole vederli felici.


 


14)
- Mio padre era un uomo violento – comincia una sera. Sono passate altre due settimane. Quel muretto è ancora lì. E anche loro. Dean non sa perché glielo sta dicendo. O forse si, forse lo sa. È importante. E oggi è uno di quei giorni. E Cas è lì. È solo per stare meglio.
Dean ha già gli occhi rossi. Castiel rimane in silenzio. Non respira nemmeno. E ascolta.
- Picchiava me. Mio fratello. E mia madre. Poi lei è morta. E io e Sam siamo rimasti soli – si ferma un secondo. Tormenta col pollice l’etichetta della bottiglia – lui, lui non faceva altro. E Sam era così piccolo allora. Invece adesso, adesso è un gigante – sorride – ma prima non sapeva difendersi. Ero io che non riuscivo a difenderlo. E, e niente. Alla fine, niente. Siamo finiti in affido. Non importava a nessuno. Non è mai importato a nessuno.
Castiel non riesce a capirlo, non fino in fondo. Ma anche lui non ha avuto un padre. Anche se una volta l’ha avuto. E poi l’ha perso.
Dean guarda la città che gli dorme sotto i piedi – Sono scappato – sussurra – sono scappato e l’ho lasciato lì – e c’è tanta di quell’amarezza. Ce l’ha negli occhi, e sulle mani. In testa, e sulle labbra. E allora Castiel si rende conto che adora Dean. Anche s’è tutto spezzato.
- E poi ho incontrato Bobby e lui, lui mi ha aiutato, aiutato davvero. Mi ha dato un lavoro, una casa. E io gliel’ho chiesto, dopo un po’. Gli ho chiesto di prendere anche Sam
Dean solleva lo sguardo. Gli si fa più vicino. E Castiel gl’allunga una mano su una spalla.
Rimangono così fino a che non comincia a piovere.


 


15)
C’è una macchia. Pagina centoventicinque. Chiamami col tuo nome. Aciman. Una macchia minuscola appiccicata al cinque. Una macchia. Su un suo libro.
C’è anche Dean. È dietro di lui. Gli bacia un orecchio. La base del collo. Gli sorride sulla pelle. Lo chiama angelo. Anche se è solo Castiel, anche se non è niente di speciale. E poi lo bacia. Sul serio però. Con la bocca, con tanta lingua. Gli fa scivolare una mano sotto la camicia. E Castiel allontana il libro dal bancone. E pensa.
Un giorno, forse, glielo dirà. Ma nel frattempo. C’è una macchia sul suo cuore.
Si chiama Dean Winchester.

 


































Note: E sono tre. Sto migliorando. E' un periodo strapieno a sono felice di essere riuscita a finire anche questa. La prossima aspetterà.
Bene. Se siete arrivati fino a qui avete tutta la mia gratitudine. Mi farebbe davvero piacere cosa ne pensate. Della storia, dei personaggi, di un po' tutto in generale.
Grazie. Davvero

 

  
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