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Autore: Dusk_Moth    17/08/2015    1 recensioni
A causa di una sua particolare ossessione, Charlie Smith, irlandese di nascita, si ritrova a Houston in Texas. Un giorno nel tentativo di sfuggire all'afa asfissiante, va in cerca di una birra ghiacciata in un pub vicino casa, ma prima ancora di poter mettere piede nel locale, un incontro apparentemente banale cambierà la sua vita.
Dalla storia:
"quando qualcosa la colpiva, che fosse una band, un film o chissà cos’altro, rischiava di diventare ossessiva. Alcune di queste manie erano solo passeggere e sparivano dopo pochi mesi, altre non se ne andavano mai. In particolare, quelle che continuavano a perdurare erano due: gli alieni e Harry Potter. Entrambe queste passioni resistevano stoicamente da quando lei aveva appena otto anni."
Genere: Comico, Demenziale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E finalmente è giunto il momento anche per Charlie di essere pubblicata dopo anni di attesa!

Questa la dedico tutta alla mia Elaine Doyel che legge sempre tutto quello che le mando, per farmi perdonare di essere rimasta indietro con le sue storie e non averle ancora lasciato una recensione. Ti voglio bene, perdonami :3

P.s. per qualche motivo il mio Word ha deciso di non segnare più gli errori... E a dire la verità ho fatto una revisione un po' frettolosa, quindi se qualcosa non va segnalatemelo. Buona lettura! :)

Houston, Texas.

Era già sera, Charlie Smith aveva appena finito di lavorare e vagava per le strade affollate della città nel disperato tentativo di sfuggire all’asfissiante calura estiva.

Non era abituata a quel dannato caldo, era irlandese. Sbuffò e infilò le mani nelle tasche dei jeans. Guardandosi  intorno adocchiò un pub dall’altro lato della strada. Un pensiero, anzi, tre pensieri invasero i pochi neuroni che tentavano ancora di sfidare l’insostenibile afa: “birra... cibo... FRESCO!”. Si fiondò tra le macchine, ricevendo una manciata di insulti a cui non badò; la sua salvezza si avvicinava ad ogni passo.

Finalmente riuscì ad arrivare alla porta del locale. Alzò lo sguardo sull’insegna colorata e scorse un piccolo cartello posto poco sotto. Un altro pensiero si unì ai precedenti: “Wi-fi gratis!”.Colma di una ritrovata voglia di vivere, afferrò la maniglia e la spinse, gioendo al pensiero di ciò che l’aspettava.

Stava per poggiare il primo piede all’interno, pensando che adesso capiva come doveva essersi sentito Armstrong sulla Luna, ma improvvisamente qualcosa la mandò al tappeto.

-          Mi dispiace. – disse l’accidentale assalitore che si affrettava a rialzarsi. – non ti avevo vista.–

-          Non fa nulla non preoccuparti. – rispose Charlie, anche se avrebbe voluto prenderlo a mazzate. Si tastò la fronte e sentì che stava cominciando a formarsi un bernoccolo proprio accanto alla tempia destra.

Cercò di ricomporsi e di non imprecare e si voltò a guardare il tizio che l’aveva buttata a terra. Strabuzzò gli occhi, l’unica cosa che avrebbe potuto dire per rendere giustizia a ciò che aveva davanti (e anche l’unica che le veniva in mente), era “WOW!”. Occhi chiarissimi, fisico asciutto, capelli riccioluti color miele e... “dio mio, ma quanto è alto??” si chiese mentre lo sondava da capo a piedi.

Charlie voleva dire qualcosa e si sforzò di farlo, davvero, ma le sue sinapsi si rifiutavano di collaborare e la lasaciarono li a bocca aperta, con gli occhi spalancati e un’espressione da ebete. E un bernoccolo in fronte. Rabbrividì al solo pensiero di come doveva sembrare in quel momento.

-          Va tutto bene? – chiese lui, preoccupato di averla seriamente stordita.

-          Sìssìbenissimo. – disse lei tutto d’un fiato.

-          Bene, allora se ti va ti offro qualcosa per farmi perdonare. – disse facendo un sorrisone a trentadue denti.

-          Oh sì. – disse lei annuendo con fin troppa enfasi. – voglio dire... certo, perchè no! –

Il povero ragazzo inclinò leggermente la testa di lato e sembrava si stesse chiedendo se davvero quella botta non leavesse creato qualche problema. Charlie ovviamente non lo notò, era intenta a pensare a quanto sarebbe stato bello affondare le mani in quei riccioli perfetti. “Ok, adesso stai esagerando”. doveva tornare con i piedi per terra e reprimere quei pensieri.

Entrarono nel locale, dove c’erano solo un paio di persone, si sedettero ad un tavolo e cominciarono a chiacchierare.

Charlie scoprì che il tizio si chiamava Will e che neanche lui era di quelle parti. Voleva chiedergli di dove fosse esattamente, anche se qualcosa le faceva sospettare che fosse Inglese, ma non ebbe il tempo di formulare la domanda che lui cambiò argomento.

-          Come mai sei qui? – le chiese.

-          Oh, è una lunga storia... – biascicò lei, sorseggiando la terzo (o quarto?) bicchiere. – anzi, a dire il vero non è così lunga, ma non voglio annoiarti. –

-          Ma no, non mi annoi, parla pure. –

Charlie lo guardò, fissandosi ancora su quel suo sorriso dannatamente bello. Possibile che fosse già più brillo di lei?

Scrollò le spalle. – se proprio ci tieni... –

                                                                      

Ecco, adesso bisogna fare un passo indietro e raccontare la storia di Charlie.

Charlotte Becky Smith viveva ad Edimburgo con suo padre e il suo gatto ciccione ed aveva due o tre amici con cui passava la maggior parte del tempo.

Ora, quello che veramente c’è da sapere di tutta questa storia è che quando qualcosa la colpiva, che fosse una band, un film o chissà cos’altro, rischiava di diventare ossessiva. Alcune di queste manie erano solo passeggere e sparivano dopo pochi mesi, altre non se ne andavano mai. In particolare, quelle che continuavano a perdurare erano due: gli alieni e Harry Potter. Entrambe queste passioni resistevano stoicamente da quando lei aveva appena otto anni.

Charlie in cuor suo aveva sempre sperato che un giorno un bell’omino verde venisse a farle visita di notte e la portasse sul suo pianeta. Così ebbe il via la sua collezione di film di fantascienza, fumetti, libri, gadget e quantaltro. A diciassette anni aveva persino frequentato un corso di astrofisica insieme a sua cugina Elaine, ma quando gli integrali si complicarono, si rese conto di non essere per nulla ferrata in materia e rinunciò, iscrivendosi invece ad un corso per progettisti di eventi, che era un’altra delle sue passioni.

Accadde poi che quella stessa cugina ottenne un lavoro all’osservatorio di Houston. Charlie era impazzita alla notizia e, esasperando la povera Elaine, riuscì a partire con lei, insistendo che sarebbe stato solo per qualche tempo; finchè “qualche tempo” non diventò “ti prego farò tutto quello che vorrai ma fammi lavorare con te”. Al che Elaine decise di assumerla per organizzare meeting e conferenze.

Ed ecco spiegato come si era ritrovata in un pub del Texas, a sopportare il caldo e a bere con un ragazzo che aveva appena scontrato.

-          Alieni? Sul serio? – disse Will senza riuscire a trattenere una risata, Charlie non riuscì a capire se fosse ubriaco se la stesse prendendo in giro.

-          Ehi, sta attento a quello che dici, potrebbe benissimo essercene qualcuno anche qui in giro. – rispose lei offesa e alterttanto sbronza.

-          Oh ma è proprio questo che intendevo! – esclamò nuovamente il ragazzo mentre si alzava per pagare il conto.

Charlie, non capì cosa intendesse ma si disse che aveva semplicemente bevuto troppo e rise insieme a lui. Con quel poco di lucidità che le restava, pensò che sarebbe stato meglio andare, dato che nessuno dei due era messo molto bene.

Uscirono dal locale che erano già le due del mattino, le strade si erano quasi del tutto svuotate e Will insistette per accompagnarla.

Charlie per un attimo si chiese che senso avesse dato che sicuramente nessuno dei due era in condizioni di opporre resistenza ad un eventuale aggressore, ma in fondo l’idea di poter restare ancora con quel tipo affascinante cominciava a intrigarla, e inoltre glielo doveva dato che l’aveva stesa con quel colpo in testa, quindi accettò.

Poco dopo si ritrovarono ad intonare canzoni a caso, camminando a zigzag per la via semi deserta, beccandosi occhiatacce dai passanti e rimproveri dalle vecchiette alle finestre.

-          Ssciamo... arrivati. – dichiarò la ragazza con voce strascicata.

Un sorriso ebete le si dipinse in volto mentre la sua mente vagava: le sembrava una di quelle scene da film, in cui lei esitava davanti alla porta e alla fine si baciavano. Effettivamente, Will era proprio lì che esitava e Charlie gli si avvicinò lentamente, ridacchiando piano a causa dell’ebrezza. Era così vicina che sentiva il suo respiro sul viso... Non proprio una cosa piacevole in effetti, dopo aver bevuto così tanto.

Improvvisamente provò una sensazione strana dalle parti dello stomaco. Quando si accorse che non erano farfalle, fu troppo tardi.

-          Mi dispiace, mi dispiace! – Dopo che Charlie gli aveva vomitato tutto addosso, Will stava per sentirsi male a sua volta, così Charlie lo fece salire per pulirsi.

Inutile dire che non aveva più il coraggio di guardarlo in faccia. Inoltre non aveva nessun vestito che potesse andargli bene, quindi il poveretto rimase con solo i jeans addosso e Charlie dovette impiegare tutte le sue forze per frenare i suoi istinti da astinenza. Ormai erano passate le tre da un bel pezzo, così disse che gli avrebbe lasciato il divano per quella notte: a suo dire non era una buona idea lasciare andare un bel ragazzo come lui in giro di notte, perdipiù ubriaco e seminudo. “e poi per quale motivo dovrei privarmi di questa vista... me lo sono meritato dopotutto!”  pensò con un sorriso gongolante stampato in volto. C’è anche da dire che lui non se lo era fatto ripetere due volte.

Si era appena addormentata, quando un forte tonfo e un grido soffocato la fecero svegliare di soprassalto. D’istinto afferrò la prima cosa che trovò accanto al letto: una padella. Che diavolo ci facesse una padella accanto al letto non lo sapeva neanche lei.

Al momento però non aveva altre armi, così si alzò e spalancò la porta brandendo minacciosamente la sua arma ammaccata, pronta a scagliarsi contro chiunque aveva provato a disturbarla. Socchiuse gli occhi, con fare circospetto, ma non c’era nessuno.

-          Ehm... – sentì una voce provenire da dietro il divano – Potresti metterla giù?–

Vide una testa spuntare tra il pavimento e una coperta: era Will. A giudicare dal fatto che era steso a terra doveva essere caduto dal divano. Come diavolo aveva fatto a non pensarci prima? Ripose la padella sul piano della cucina tirando un sospiro di sollievo e si avvicino a lui, che intanto si era rialzato.

-          Non volevo svegliarti, mi dispiace. – disse, reprimendo a stento uno sbadiglio.

-          Non preoccuparti, non mi ero ancora addormentata. – mentì lei. – piuttosto, ti va un po’ di tè? –

-          Alle quattro del mattino? – chiese lui inarcando un sopracciglio. – d’accordo. –

Dopo aver preparato il tè, Charlie si sedette sul divano accanto al suo ospite. Sembrava sovrappensiero e la ragazza si chiese a cosa stesse pensando, ma non dovette aspettare molto per saperlo.

-          Ricordi cosa ti avevo detto prima al pub? Riguardo gli alieni intendo. –

-          Ehm... – Charlie si sforzò di ricordare; non era facile data la quantità di alcool che si era scolata. Aveva ancora la mente annebbiata. – Oh... Oh si certo! – esclamò quando il ricordo le tornò in mente. – Avevi detto che avevo ragione. – disse tutta contenta.

-          Sai... quello che intendevo è che... io sapevo che in quel posto c’era… Un alieno. –

Charlie cercò nuovamente di mettere in moto i suoi poveri neuroni sbronzi e accaldati.

-          Oh mio dio... –

-          Già... – disse Will. Sperava di non averla sconcertata troppo.

-          Mi stai dicendo... che tu conosci un alieno? E chi era? No un momento, ho capito! Era il barista vero? Sìsì, deve essere per forza così, non appena l’ho visto mi ha fatto pensare a quell’attore che fa Khan nell’ultimo film di star trek e quello sì che sembra davvero un alieno! Oh, lo sapevo! –

Will si passò una mano sulla faccia, chiedendosi per l’ennesima volta se facendola cadere non le avesse procurato un trauma irreparabile.

-          Charlie... – cercò di dire qualcosa, ma la ragazza non lo aveva minimamente sentito, troppo presa a fare congetture insensate sul barista. Non aveva smesso un attimo di parlare.

-          Charlie smettila ti prego! – quasi urlò per la disperazione.

“Ma come diavolo fa a parlare così velocemente senza prendere fiato??” si chiese il povero alieno. Perché sì, l’alieno era lui, ormai dovrebbero averlo capito tutti. Solo Charlie ovviamente non ci era arrivata. La ragazza infatti lo guardò con un’espressione che la faceva sembrare un’enorme triglia lessa, poi finalmente, la sua mente provata da quell’informazione sconvolgente, riuscì a far partire l’ingranaggio giusto.

-          Ooh... – non riuscì a mettere insieme una sola parola, e Will fu grato per quell’attimo di silenzio. A quanto pareva aveva capito. Purtroppo per lui però, a quel momento di pace seguì la conversazione più assurda e demenziale cui il ragazzo/alieno avesse mai partecipato.

-          Quindi ti trasformi in un piccolo omino verde? – chiese lei di punto in bianco.

-          Omin... cosa??? Certo che no! –

-          Oh... – Charlie sembrava esserci rimasta male. – beh, meno male perché quelli sono bassi piccoli e con gli occhi enormi... E dai film che ho visto sembra anche che siano senza... Uhm... Ok lascia stare... – fece una breve pausa. – Non è che sei un mangiaumani, vero? Oh e comunque non sapevo che gli alieni si ubriacassero. –

Il povero e disperato Will si schiaffò nuovamente una mano in faccia.

-          No, non voglio mangiarti... accidenti a quei dannati film! –

-          E... non vuoi nemmeno conquistare il mondo? No perchè sai, in caso potrei darti una mano, mi piacerebbe conquistare il mondo!

-          Charlie... No –

-          Nemmeno un continente? –

-          No. – Will diventava sempre più disperato.

-          Nemmeno uno stato? Una città? – ottenne solo un’occhiataccia in risposta. – nemmeno il Canada? –

-          Oh, ti prego, non puoi essere seria! – l’esasperazione del ragazzo aveva raggiunto livelli esagerati. – E comunque sì, come hai potuto vedere anche gli alieni si ubriacano... Adesso se hai finito con le domande insensate... mi pare di capire che l’hai presa bene, no?– chiese speranzoso.

Charlotte non rispose subito, era immersa nei suoi pensieri. Pensieri che andavano da “chissà come è arrivato qui” a “dio mio, sapevo che era troppo figo per essere uno squallido umano” fino a “chissà se è sempre così o cambia forma... magari è ancora più figo... Potrei spassarmela!”, passando per ulteriori pensieri poco ortodossi che sarebbe meglio censurare.

 – Ma certo! Come avrei potuto prenderla male? È il sogno della mia vita conoscere un alieno! – disse alla fine, tutta contenta. A Will sembrò quasi che le luccicassero gli occhi. –Però vorrei proprio sapere che ci fa un alieno nel Texas e soprattutto come ci è arrivato... Oh, e voglio anche sapere se sei sempre così o se cambi forma e sei hai un’astronave e… –

-          No, io... Non cambio forma. Non proprio, ma se davvero vuoi vedere... – disse il ragazzo. Tutto pur di interrompere quel fiume di domande idiote che sapeva sarebbe uscito dalla sua bocca.

-          Beh, ovvio che voglio vedere, come faccio a crederti se non ho delle prove? – disse lei incrociando le braccia.

Sospirò rassegnato. Charlotte non se ne accorse subito, ma la sua pelle era aveva poco a poco preso una sfumatura grigio chiaro. A parte questo però non notò ulteriori cambiamenti, almeno finchè lui non aprì nuovamente gli occhi: due bellissime iridi viola, leggermente più grandi del normale.

-          Certo che sei... –

-          Inquietante? – chiese lui, ansioso di sapere cosa avrebbe detto.

-          Ehm...no, intendevo dire che stai molto bene così. – disse lei, lottando ancora una volta per riprendersi dai suoi pensieri che le urlavano di dirgli quanto lo trovasse estremamente sexy.

-          Meno male. – rise lui, tornando al suo colore umano.

Charlotte in quel momento stava combattendo una feroce disputa con se stessa. Doveva cedere ai perversi pensieri che la sua mente aveava macchinato o sarebbe stato meglio starsene buona buona e comportarsi da persona normale? Infondo non le aveva nemmeno detto perché era lì. Non sapeva nemmeno se Will fosse il suo vero nome... però non voleva mangiarla, ne conquistare il mondo... Era già qualcosa no? e se invece avesse voluto usarla per qualche esperimento? Se avesse voluto torturarla o controllarle la mente? O forse aveva solo sbagliato rotta o era lì in vacanza. Insomma, non sembrava uno di quegli alieni malvagi che inceneriscono la gente con i laser come nei film.

-          Tutto bene Charlie? – chiese lui preoccupato.

Che si fosse spaventata? Eppure non pensava di essere così terrificante. La scosse leggermente. Charlie continuò a non rispondere, stava ancora rimuginando.

Beh, in fin dei conti...”

-          Ch... Charlie?. –

“potrei...”

-          Maledizione, l’ho terrorizzata davvero!

Charlie alzò lo sguardo su di lui; sembrava quasi di poter vedere il turbinio di pensieri ingarbugliati che le frullavano in testa– Oh, ma che importa! – disse più rivolta a se stessa che a lui, poi attirò Will a sè e lo baciò, affondando le mani nei suoi capelli, come aveva fantasticato di fare per tutto il tempo. Lui, preso alla sprovvista, non recepì subito quello che era successo e rimase bloccato contro il divano, frastornato dal gesto impulsivo, ma non gli ci volle molto per riacquistare lucidità.

 

Charlie potè finalmente smettere di chiedersi molte delle sue domande sugli alieni, ritenendo di essere decisamente più che soddisfatta dalla risposta che aveva trovato.

Dopo quello che le parve un tempo deliziosamente interminabile, se ne stava lì distesa, con gli occhi spalancati, senza la minima idea di quante ore fossero passate veramente, anche se sospettava fosse ormai mattina.

-          Che ne dici se adesso dormiamo un po’? –

-          Ottima idea. – disse Will

Charlie borbottò qualcosa di incomprensibile che a Will sembrò tanto una presa in giro e sbadigliò, poi sembrò addormentarsi. Pochi secondi dopo il ragazzo si sentì scuotere e dovette riaprire gli occhi.

-          Will? –

-          Uhm... –

-          Questo non è il tuo vero nome, vero? –

-          No... ma non credo riusciresti a pronunciare il mio vero nome, quindi adesso lasciami dormire. Poi ti racconterò tutto quello che vuoi. – rispose Will con la voce impastata dal sonno, cercando di sistemarsi meglio per riprendere a dormire.

-          Ma... – aveva una miriade di domande da fargli ma si interruppe. Sentì il ragazzò mugugnare mentre nascondeva il viso nel cuscino.

Non riusciva a convincersi del tutto che quello che era accaduto dalla sera prima fosse vero, ma decise che non era saggio farsi domande su questioni riguardanti alieni incontrati per caso e che poi si era portata a casa. Non alle otto del mattino dopo una nottata insonne. Ci sarebbe stato tempo dopo.

 

Bip-bip, bip-bip. Il rumore insistente della sveglia sembrò perforarle la testa. Cercò di ignorarla e si rigirò nel letto, premendosi il cuscino sulla testa; di spegnerla non se ne parlava, era troppo distante, e lei era troppo stanca e soprattutto troppo pigra per fare lo sforzo di sporgersi dall’altro lato del letto e disattivarla. Una vocina nella testa però le diceva che c’era qualcosa che non andava, anche se non riusciva a capire cosa.

La sua mente però, non poco tramortita dal mal di testa dovuto a un mix di stanchezza e doposbornia, dovette impiegare qualche secondo più del solito per carburare.“Un momento... Pub. Sbronza. Alieno... Will!!!”. Stirò la mano, tastando il cuscino accanto al suo. Will era sparito.

Si mise a sedere di scatto e si guardò freneticamente intorno, poi tentò di alzarsi ma le lenzuola le si erano tutte attorcigliate addosso e per poco non finì a sbattere contro il comodino. “Beh, almeno questo spiega quell’assurdo sogno in cui una piovra gigante mi si avvinghiava alla gamba”.

Si rimise in piedi e andò nel salotto, pensando che probabilmente nel sonno poteva averlo spinto a calci giù dal letto e magari lui era andato a dormire sul divano; era una cosa che le era capitata spesso, non riusciva mai a controllarsi.

Arrivata nella stanza vide con delusione che non c’era traccia del ragazzo e che il divano era in ordine, con tutti i cuscini al loro posto e neanche una piega, nonostante fosse sicura di averlo lasciato completamente disfatto la notte prima. Controllò in cucina, in bagno, in terrazza...niente, sparito.

Charlie cominciò a chiedersi se davvero non fosse diventata pazza, se non si fosse immaginata tutto, se non fosse semplicemente stata troppo ubriaca o se quella botta in testa le avesse fatto più male del previsto. Probabilmente era così, non c’era mai stato nessun Will. Oppure era solo un idiota che si era divertito a prenderla in giro con la storia dell’ extraterrestre per poi sparire nel nulla. O forse si sbagliava? Che avesse beccato l’unico alieno idiota in tutto l’universo?

Insomma, fosse stato un ragazzo normale non le sarebbe importato più di tanto che fosse sparito senza neanche avvertirla, lei stessa l’aveva fatto, ma Will le aveva detto delle cose assurde e le aveva promesso delle spiegazioni e nessuno, neanche un alieno supersexy, poteva permettersi di sfuggire ai suoi tediosissimi interrogatori.

No, ok, stava decisamente delirando. Era stato tutto uno stupido sogno, non c’era proprio alcuna traccia del passaggio Will. Si diede dell’idiota e si gettò di peso sul divano.

Guardò l’orologio che segnava le dodici. Era certa che sua cugina stesse sbraitando per la sua assenza a lavoro e si chiese come mai non l’avese ancora chiamata. Frugò nella borsa e trovò il cellulare impostato su silenzioso, con ben dieci chiamate perse da parte di sua cugina. Stava per chiamarla ma non aveva proprio la forza di sentire la sua ramanzina, la testa ancora le pulsava, così si limitò ad inviarle un messaggio dicendole che non stava bene.

Tornò in camera sua, si rivestì e uscì di casa, diretta allo starbucks in cui lavorava Brian, suo inseparabile compagno di serate nerd. Aveva proprio bisogno di raccontare a qualcuno quell’assurdità.

Entrò nel locale e ordinò due ciambelle e una cheescake ai lamponi.

– oh, e ovviamente anche il caffè… Tanto caffè. – aveva aggiunto quasi supplicante, mentre il suo amico sghignazzava vedendo in che stato era: con quelle occhiaie e il bernoccolo era degna del miglior film horror di serie Z.

Brian servì gli ultimi due tavoli e si sedette di fronte a lei. Quando la ragazza finì il suo racconto, l’altro non potè fare a meno di riderle in faccia: era ovvio che aveva bevuto troppo.

-          Grazie del conforto Bri. – disse imbronciata mentre si ingozzava di cheescake.

-          Su non fare la melodrammatica, alla fine è stato solo un sogno no? e da quanto mi hai raccontato deve essere stato anche un gran bel sogno, quindi... di che ti preoccupi? – disse lui, malcelando una vena di disgusto nel guardare l’amica ingozzarsi di dolci a quell’ora del giorno.

Charlie restò lì finchè non si accorse che erano le due e, dato che sua cugina era probabilmente in giro per la pausa pranzo, decise di non sfidare troppo la sorte e se ne tornò a casa.

Chiuse la porta dietro di sè e sospirò, dirigendosi poi in bagno. Si guardò allo specchio per controllare il bernoccolo, pareva essersi sgonfiato ma continuava a mantenere delle terribili sfumature violacee, poi si spogliò e decise di fare una lunga doccia, con tanto di Muse di sottofondo.

“Giuro che da oggi non toccherò più una sola goccia di alcol”. Pensò fra sè e sè. “beh, magari non proprio mai più... ogni tanto potrei... No. No. Mai più, ho deciso... Come no, sono troppo pigra e ho troppa poca volontà per mantenere una promessa del genere.”

Chiuse l’acqua, staccò la musica e uscì dal bagno passandosi l’asciugamano fra i capelli, poi se lo legò attorno al corpo e poggiò un orecchio sulla porta d’entrata; mentre era sotto la doccia le era sembrato di sentire dei rumori, temeva fossero di nuovo i ladri della settimana scorsa. Ascoltò in silenzio per qualche minuto, ma non sentì più nulla. Per sicurezza però prese la sua fidata mazza da baseball antizombie (comprata qualche anno fa ad un comic con).

Il resto del pomeriggio passò tranquillamente; aveva trovato qualcosa che la metteva sempre di buonumore: sul secondo canale trasmettevano Iron Man.

Durante uno stacco pubblicitario, uscì in terrazza a prendere una boccata d’aria, abbandonando la ciotola di gelato sul tavolino. Per tutta la durata del film si era rimpinzata di dolci e patatine come se non ci fosse un domani.

Guardò oltre il davanzale e le parve di scorgere... No, non era possibile. Non poteva essere lui. Era solo un sogno diamine, ormai se ne era convinta! Improvvisamente vide quella figura tanto somigliante a Will svoltare l’angolo. Doveva decidere in fretta cosa fare: se voleva seguirlo per sapere la verità doveva farlo in fretta.

Si morse il labbro, indecisa. Prese un profondo respiro e corse verso la porta per poi fiondarsi in strada. Una volta fuori, corse a perdifiato verso l’angolo oltre cui l’aveva visto sparire. “se ho fortuna riesco ancora a...” non riuscì a completare la frase che qualcosa sulla strada la fece inciampare e cadere per l’ennesima volta in poco più di un giorno. Si rimise subito in piedi e riprese la corsa. Finalmente poco dopo vide apparire nuovamente la figura in lontananza e sì, sembrava proprio Will e stava per svoltare in una strada secondaria, ma lei era troppo lontana per raggiungerlo e così, pur sapendo che ci avrebbe sicuramente rimesso la faccia, dato che la strada a quell’ora era ancora molto trafficata, cercò di attirare la sua attenzione urlando.

Will parve sentirla e infatti si guardò intorno un paio di volte, ma poi riprese a camminare. A quel punto, presa dall’esasperazione, pensò bene di lanciargli addosso qualcosa. Si guardò intorno in cerca di qualcosa che potesse servire alla sua missione ma non trovò niente, poi le venne la brillante idea di lanciargli una scarpa. Si abbassò per sfilarsela e...

-          Oh no!!! – un urlo carico di terrore fece voltare alcuni passanti.

Ai piedi di Charlie, c’erano delle enormi ciabatte con la faccia di scooby doo.

-          Sono uscita in ciabatte! Nelle mie ciabatte preferite! –

Per un attimo aveva persino dimenticato il motivo per cui era scesa in strada tanto era sconvolta, poi fortunatamente le tornò in mente, ma non poteva certo lanciargli la sua pantofola di scooby doo! Piuttosto lo avrebbe lasciato andare ma no, non poteva fare neanche questo! Ormai era lì, davanti a tutti con la maglietta del pigiama di deadpool e quelle enormi ciabatte. Si era resa fin troppo ridicola per non ottenere nessun risultato, così si sforzò e lanciò un altro poderoso urlo.

“ Phil Anselmo sarebbe fiero di me!”pensò, non senza una punta di orgoglio, nonostante la gente cominciasse a lanciarle sguardi a dir poco torvi.

Finalmente il ragazzò si voltò e lei si agitò e sventolò le mani il più possibile, senza nemmeno porsi il problema degli altri che la guardavano, avendo ormai raggiunto e superato di molto, ma davvero di molto, il limite del ridicolo.

Will riuscì a scorgerla e le rivolse il suo solito sorrisone prima di correrle incontro. Charlie corse a sua volta e quasi le sembrava di vedere tutta la scena al rallentatore, con tanto di mielosa musichetta in sottofondo, ma non le importava e continuò a correre.

-          Mio dio, no! – disse fermandosi di colpo. Da dove diavolo veniva quella musica?

Nonostante queste constatazioni, per qualche inspiegabile motivo continuò a vedere la scena al rallentatore e quasi le sembrò di stare osservando dall’esterno quando il palmo della sua mano si schiantò sulla faccia di lui, spingendolo a terra. Dopo di che il tutto riprese la sua normale velocità.

-          Ma che ho fatto?  - a quelle parole le venne voglia di tirargli un altro paio di ceffoni, ma si trattenne.

-          Sei sparito! Sei sparito senza dire niente! Ti sembra una cosa normale?mi avevi promesso delle risposte! – stava nuovamente urlando e molte persone si allontanarono in fretta scandalizzate, per evitare di sentire i particolari.

-          Ma... ma io... – balbettò il povero Will.

Un ragazzino passò di lì, ridendo a crepapelle. Effettivamente la scena vista dall’esterno doveva apparire piuttosto comica: Will steso a terra e lei, due volte più bassa, con indosso abiti improbabili e i capelli sparati in tutte le direzioni che gli urlava contro. Will se ne rese conto e cercò di farla ragionare, riuscendo infine a convincerla a finire la discussione da un’altra parte.

Per tutto il tragitto nessuno dei due disse una parola, il ragazzo era terrorizzato dallo sguardo omicida di Charlie e non voleva rischiare di essere fatto a pezzetti.

Una volta che si furono chiusi la porta alle spalle, o meglio una volta che Charlie sbattè malamente la porta alle sue spalle, Will si mise comodo sul divano e cercò le parole giuste per spiegarle il malinteso, ma non ne ebbe il tempo che si ritrovò qualcosa di rosa e appiccicaticcio colargli in faccia. Charlie gli aveva lanciato il gelato che aveva abbandonato poco prima di uscire e che ormai si era del tutto sciolto.

-          Dammi almeno il tempo di parlare! –

-          Vorresti farmi credere che ieri non hai finto di essere un alieno solo per prendermi in giro? – chiese lei scettica e molto, molto acida.

-          Certo che no! – replicò lui offeso da quelle accuse. – ecco io... ero uscito poco prima delle dodici, volevo prenderti la colazione ma poi ho sbagliato una strada e mi sono perso... e quando ho ritrovato la strada si era già fatto tardi. Ho provato a bussare ma tu non c’eri, così sono sceso qui sotto e ho pensato di aspettarti ma non arrivavi più. Poi si è fatto tardi e allora ho pensato che magari eri tornata il quel pub di ieri sera a cercarmi e...– Charlie sbuffò stizzita e incrociò le braccia al petto, poi un pensierò le passò per la testa.

-          Un momento.. a che ora sei tornato qui e hai provato a bussare? – chiese, anche se sospettava di conoscere la risposta.

-          Uhm... credo fossero le due e mezza. –

-          Allora quel rumore... eri tu! – disse Charlie, cominciando a sentirsi vagamente colpevole per averlo maltrattato. – ero sotto la doccia, con la musica accesa, non avevo capito fossi tu. – si sedette di peso accanto a lui e si coprì il volto con le mani per nascondere il colorito acceso che avevano preso le sue guance. – Ma non hai un cacciavite sonico o qualcosa del genere per aprire le porte? O qualche altro potere o che so io? –

-          Un che? – chiese lui non capendo di cosa Charlie stesse parlando. La ragazza gli fece cenno con la mano di lasciare stare.

-          Comunque mi dispiace di non averti potuto portare la cheescake ai lamponi che avevo comprato; dopo un’intera giornata sotto il sole si è rovinata. – abbassò lo sguardo, ancora gocciolante di gelato, mentre Charlie strabuzzò gli occhi dalla sorpresa.

-          Come facevi a sapere che quella al lampone era la mia preferita? – Will sogghignò.

-          Sono un alieno, potrò pur avere qualche piccolo segreto, no?

In realtà l’aveva letto in un post-it che aveva trovato sul pavimento della cucina che diceva: “rifare scorta di lamponi per cheescake + patatine fritte, caffè, senape”, ma questo Charlie non doveva saperlo per forza.

-          Will... E adesso? – chiese. Will come sempre sorrise, pareva non riuscisse a fare altro.

-          Potremmo andarcene a spasso per l’universo, oppure... Prenderci un altro po’ di tempo qui... E poi andare comunque a spasso per l’universo. –

-          Bene, bene... Direi che si può fare! –

THE END (?)

   
 
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