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Autore: Capolera    17/08/2015    1 recensioni
Così prese due bottiglie e scappò nella foresta.
«Che fine miserabile. »
Genere: Drammatico, Guerra, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Prussia/Gilbert Beilschmidt, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3 Ottobre 1990.
La Germania dell'Est venne completamente assorbita dalla Germania dell'Ovest. La Prussia cessò di esistere.



Era seduto, la schiena poggiata contro il tronco di un tiglio centenario. Nella mano destra teneva una bottiglia vuota di Roggen. Era leggermente piegato in avanti, il braccio sinistro poggiava sulla gamba piegata, mentre l’altra era distesa.
Teneva la bottiglia con l’indice ed il pollice. La mano doleva. Era piena di recenti ferite.
Per arrivare lì aveva impiegato un po’ di tempo, alla ricerca del suo albero. Era partito con due bottiglie di Roggen: una l’aveva consumata mentre si perdeva nella foresta, cadendo varie volte per terra a causa della cosiddetta sbronza. Aveva inciampato varie volte nelle radici degli alberi. Vedeva sfocato.
I suoi pantaloni erano strappati, il ginocchio destro sanguinava, ma a lui non importava. Quel dolore non era niente in confronto a ciò che lui provava.
Stappava i tappi delle bottiglie con i denti, od almeno ci provava. Ci aveva provato così tante volte che si era ferito la bocca, fino a far sanguinare le ferite. Ma non importava comunque.
Arrivato difronte quel tiglio poggiò una mano su di esso e chiuse gli occhi, sorridendo dolcemente. Dopodiché poggiò le spalle sul tronco ed estrasse un pugnale.
Quel pugnale era nobile. I colori erano due, contrastanti. Le intarsiature erano argentate così come l’elsa, composta da piccoli pezzi come se fosse un mosaico. Degno del suo proprietario.
Si pugnalò allo stomaco con forza, con rabbia e, soprattutto, con desolazione.
Non poteva più sopportare la situazione in cui si trovava.
Conteso, dimenticato e diviso.
Gli avevano strappato i territori, cambiato nomi, preteso molto di più da ciò che lui poteva offrire.
Ludwig non capiva.
Così prese due bottiglie e scappò nella foresta.
«Che fine miserabile. » si disse mentre si dirigeva ivi.
Aveva sempre portato con sé quel pugnale per proteggersi dalle continue imboscate. Ma alla fine aveva ceduto. Chi mai avrebbe immaginato che quel pugnale, che aveva assistito a molti eventi e l’aveva salvato in molte occasioni, ora gli trapassava lo stomaco?
Chi mai avrebbe pensato che quel pugnale che aveva assaggiato il sangue dei suoi nemici ora degustava quello del suo proprietario?
Così, accasciandosi lentamente al suolo, stappò la seconda bottiglia e ne bevve il contenuto.
Prese proprio quella perché era amara, amara come lui voleva. Amara come i suoi sentimenti.
Era così che voleva finire? Ucciso con le sue stesse mani? Dal suo stesso pugnale?
No.
Non voleva finire, voleva vivere per sempre, immerso nelle grandi gioie della vita.
Si portò la mano sinistra sulla fronte, le sue dita tra i capelli.
Sorrise umilmente, gli occhi chiusi, godendosi questi ultimi istanti.
Ah, l’amaro della vita.. Non è sempre tutto rose e fiori.
Aprì leggermente gli occhi, rossi come il sangue, ma dolci come il miele.
Lasciò andare la bottiglia per aprire il palmo destro e portarselo davanti agli occhi per osservare meglio le ferite. Cominciava a vedere sfocato quando una familiarmente vaga figura gialla si posò sull’indice e sul medio, per poi posizionarsi sui capelli e restare con lui gli ultimi momenti della sua vita da Nazione e da persona effettiva.
Lasciò cadere la sua mano e seguì un rumore di passi, od almeno, così gli sembrava di sentire. Non riusciva a distinguere, la sua mente non riusciva più ad elaborare i dati richiesti. Chiuse gli occhi, ma li riaprì debolmente quando una figura indistinta si piegò davanti a lui prendendogli il viso tra le mani e poggiando la fronte contro la sua. La sentì piangere, riusciva a capirlo perché le lacrime salate cadevano sul suo palmo causandogli un certo bruciore.
Pensò che fossero lacrime amare, amare come le sue emozioni. Chiuse definitivamente gli occhi mentre delle lacrime, rotonde e lucenti come delle biglie di vetro, scesero dolcemente lungo le sue guance.
Il sapore ferroso del sangue e quello amaro della birra si mischiarono insieme in un ‘veleno mortale’.

Ma, alla fine, abbandonò quel mondo felicemente. Felice perché capì che, per quanto fosse stata amara la vita, c’era qualcuno in lacrime al suo fianco mentre esalava l’ultimo respiro.
  
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