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Autore: RottenWorld    19/08/2015    0 recensioni
"Io ti amavo, e tu lo sapevi: per questo ti odiavo, ma più di ogni altra cosa, odiavo me stessa".
Scrissi questa lettera per una persona che fu davvero importante per me e che ora non fa più parte della mia vita. Lui non la leggerà mai, non ne conosce neanche l'esistenza. Sono certa che molte persone si rispecchieranno nelle mie emozioni.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io ti amavo, e tu lo sapevi: per questo ti odiavo, ma più di ogni altra cosa, odiavo me stessa.
È sempre stato così, sin dal primo momento in cui ti ho visto varcare la soglia della classe per la prima volta, con il passo deciso e l’aria strafottente.
Ricordi quella volta in cui stavamo giocando a pallavolo in palestra e tu mi hai travolta nel tentativo di prendere la palla? Mi chiedesti scusa con un abbraccio ed un bacio sulla nuca, anche se non ci eravamo ancora mai parlati: da quel momento sei entrato nei miei pensieri e non ne sei mai più uscito.
Poi, lentamente, senza rendercene conto, ci siamo avvicinati sempre di più, e un giorno (non ne ricordo più il motivo) siamo stati vicini di banco durante un’ora di storia, in cui io ti implorai di lasciarmi ascoltare, ma tu spiazzasti con una delle battute più tristi della storia (o almeno così pensai allora, visto che non potevo immaginare che me ne avresti raccontate di ben peggiori): quello fu l’inizio della nostra amicizia.
E credimi se ti dico che fu la cosa migliore e la peggiore che mi sia mai capitata. Tu eri l’unico al mondo in grado di farmi sentire così bene: mi facevi ridere, mi coccolavi, mi rendevi felice semplicemente standomi accanto. A volte, la notte, piangevo perché ero così piena di emozioni che mi sentivo scoppiare.
Ma, per me, non ci furono solo lacrime di gioia: hai cercato di manipolarmi, di rendermi uguale a te, una marionetta nelle tue mani. Mi hai fatta sentire una nullità, perché ogni volta che qualcosa non andava, era colpa mia. Sempre.
Eppure non me ne rendevo conto. Ero troppo innamorata, e diventai cieca.
Quando tu e la tua ragazza vi lasciaste, feci tutto il possibile per farti stare meglio. Te ne sei mai accorto? Mi hai mai ringraziata? Ovviamente no: eri troppo preso da te stesso, e tutto ti era dovuto.
E mi sentii uno schifo quando, poche settimane dopo, hai conosciuto un’altra persona. Dicevi di amarla, che volevi stare con lei. “Tanti auguri alla nuova coppietta!”, ti scrissi con uno smile.
Io ti amavo, ma non te l’avrei mai detto. Come avrei potuto? La nostra era un’amicizia splendida, e tanto mi bastava. Ma più mi illudevo, e più impazzivo.
Iniziai la terza superiore senza di te: eri stato bocciato, nonostante ti avessi esortato tutta l’estate ad impegnarti per passare i debiti. Per me studiare e stare in classe non aveva più alcun senso, se non c’eri tu. La mia mente scivolò sempre più velocemente verso l’abisso.
Non so quando ti resi conto esattamente dei miei sentimenti, ma una sera mi riversasti addosso tutta la tua rabbia e delusione. Ti chiesi come avresti reagito se te l’avessi detto. Mi rispondesti dicendo che forse mi avresti dato una possibilità.
Non mi parlasti per mesi.
Ti odiai da morire.
Un giorno ricominciasti, venisti anche a trovarmi a scuola, mi abbracciasti forte.
Poi di nuovo il silenzio.
E arrivò quella maledetta sera di gennaio: stavo festeggiando la cena di classe con alcune mie compagne, quando, passeggiando per la città, ti incontrammo, e con te c’era anche lei. La tua ragazza. Ciò che io non sarei mai stata per te.
La baciavi, ma prima di farlo guardavi me. Volevi sfidarmi? Non lo so, e probabilmente non lo saprò mai. Mi chiedo ancora cosa mi trattenne dal prendere a schiaffi sia te che lei. Cosa mi impedì di urlare e piangere in preda alla disperazione davanti a tutti.
Ho scritto migliaia di poesie che non leggerai mai. Ho tenuto dentro dei sentimenti e dei segreti che non potresti concepire, immagini mentali degne del più cruento dei film horror.
Sono passati due anni da allora. Ti ho incontrato di nuovo a gennaio, come se fosse una maledizione. Hai tentato nuovamente di farmi sentire in colpa per una cosa che non sto a dire, ma la mia frustrazione è trapelata come un fiume incontrollabile: quando hai allungato il braccio per farmi un buffetto sulla guancia, te l’ho afferrato, e ti ho implorato con la voce rotta di non toccarmi. Non sai quanto mi sia costato quel gesto.
Non sai quanto avrei voluto ricevere un ultimo gesto affettuoso da te, ma se te l’avessi permesso, avrei perso l’ennesima battaglia.
Ti odio, perché non posso più guardare certe fotografie e non posso più ascoltare certe canzoni senza pensarti. Ti odio perché porti il nome di un grande re, e lo trovo nelle vie e nelle piazze di ogni città.
Potrei odiarti fino a corrodermi l’anima, ma non potrò mai dimenticare tutto ciò che mi hai donato, non potrò mai dimenticare quel sentimento che con te ho provato per la prima volta.
Non so se augurarti cose belle o la mia stessa sofferenza, ma spero che rifletterai sulle ultime parole che ti ho detto, e che prima o poi potrò davvero dirti addio.
  
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