Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Tenue    19/08/2015    2 recensioni
[Au; LeviHan; accenni alla EreMin]
Hanji Zoe è costretta a sei mesi di reclusione in un istituto psichiatrico, dove si ritroverà con un compagno di stanza non troppo socievole, nuovi amici con innumerevoli problemi mentali e la diceria che un nuovo medico stia per sottoporli a dei metodi piuttosto brutali.
Dal testo:
“Lui aveva sempre odiato le persone, a prescindere. Odiava aprirsi, e preferiva di gran lunga stare da solo, magari in compagnia di qualche libro, soprattutto da quando una qualsiasi relazione con una persona lo portasse a diventare inspiegabilmente violento. Con quella ragazza era diverso. Non gli aveva detto niente quando l'aveva costretta a pulire da cima a fondo la sua parte di stanza, non si era rivelata infastidita quando l'aveva chiamata quattrocchi, e nonostante il suo carattere ben poco socievole, Zoe continuava a parlargli amichevolmente. Era strana, ma allo stesso tempo la persona più vicina che avvesse sentito negli ultimi tempi.”
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Hanji Zoe, Rivaille, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti, questa è la mia prima ff in questo fandom e spero vi piaccia; se volete lasciare una recensione, a me farebbe molto piacere e se qualcosa non vi piace o ci sono errori, fatemi sapere che provvedo a correggere.

La fic è deddicata alla dolcissima Sespia, che come me ama la LeviHan alla follia *w*

Buona lettura!


Watercolour



0. Prologo



Si dice che quando la vita finisce il suo corso e giunge al termine, il corpo muore, viene abbandonato, ma l'anima continua a restare viva. Dove vada nessuno lo sa, si dice che ci siano il paradiso e l'inferno. Ma e se fosse l'anima a morire prima del corpo?



1. I'm not afraid of the asylum



Il giorno in cui Zoe Hanji si ritrovò la prima volta dinnanzi al manicomio, enormi nuvoloni grigi coprivano la vista del sole, e il caldo estivo aveva ceduto il passo all'aria fresca di settembre. Si trovava in montagna, dove quel giorno, pareva esserci più vento del solito, che scuoteva le alte fronde dei pini e creava onde più o meno forti, nei torrenti che passavano lì vicino.

Con appena qualche chilometro di distanza dal paesino più vicino, sorgeva l'imponente edificio dell'istituto psichiatrico, davanti al quale la ragazza era ferma con gli occhi spalancati. Ma non dall'agitazione. Zoe Hanji era in qualche modo entusiasta di quella svolta che stava subendo la sua vita, e comunque, per lei, essere agitati era piuttosto insolito. Era famosa per i suoi atteggiamenti sempre allegri e spesso anche esagerati, ed era inoltre un'incredibile ficcanaso su qualsiasi cosa attirasse la sua attenzione.

Era stato proprio il suo carattere, riversatosi poi sulle sue azioni alquanto folli, che le erano costati quei sei mesi di reclusione in un istitituto psichiatrico.

L'edificio pareva malandato da fuori, dipinto di bianco e con un grande giardino sul davanti; la pianta si sviluppava costeggiando il dirupo della montagna retrostante. Pareva molto antico.

Zoe prese la valigia dall'auto della polizia, e cominciò ad incamminarsi seguita da i due uomini in divisa.

Era entusiasta all'idea di stare accanto a dei pazzi, e probabilmente appena entrata avrebbe sentito il bisogno quasi ossessivo di chiedere a chiunque le capitasse sotto tiro il perchè si trovasse lì, quale malattia mentale avesse, e via dicendo.

Ma nonostante tutto, Zoe sentiva qualcosa a livello dello stomaco, come un brutto presentimento. Lei lo ignorava, o almeno cercava di reprimerlo, rimproverandosi di essere una codarda.



Quell'improvvisa svolta avrebbe segnato la fine o l'inizio della sua vita. Una di queste due opzioni era quella della quale era convinta Zoe;  l'altra era ciò che sarebbe successo veramente.

E purtroppo, lei credeva che l'entrata in quel manicomio, avrebbe segniato l'inizio di un' emozionante avventura.


 
o°o°o



Zoe trascinò la sua valigia, piuttosto pesante visto tutto quello che ci aveva messo dentro, fino alla segreteria. I poliziotti parlarono con l'infermiera dietro al bancone, lasciandola in disparte, poi se ne andarono e a Zoe fu chiesto di avvicinarsi con un cenno della mano.

Il posto era quasi deserto. Di tanto intanto passavano infermieri o medici, che a volte accompagnavano qualche paziente.

Hanji salutò educatamente l'infermiera, ma lei si limitò ad osservarla per alcuni istanti, per poi tornare a picchettare i tasti del computer. Aveva un aspetto malandato, con le occhiaie piuttosto marcate sotto gli occhi, che le si intavvedevano attraverso gli occhiali dalla montatura sottile e le rughe che le davano molti più anni di quanti ne avesse in realtà.

Si alzò con un po' di fatica, e s'incammino verso le scale. -Seguimi ragazzino.-

Zoe si accigliò, trattenendo una risata. Doveva averla scambiata per un maschio visto il suo atteggiarsi da ragazzaccio. Nonostante i lunghi capelli castani, che teneva in una coda disordinata, aveva effettivamente i lineamenti del viso un po' mascolini, ma aveva comunque dei begli occhi grandi e dolci dietro le lenti degli occhiali, occhi che probabilmente un maschio non avrebbe potuto avere; quella donna non doveva vederci molto bene...così disse piano

-Ehm, mi scusi...io sono una ragazza.-

Lei, senza voltarsi e continuando a camminare, fece un cenno con la mano come a scusarsi, e borbottò piano -Non mi piacciono questi transessuali, si credono chi non sono...-

Fortunatamente non fu udita da Zoe, altrimenti avrebbe iniziato un'altro dei suoi interminabili discorsi a difesa delle persone considerate diverse. Infondo, qualsiasi pretesto era buono per lei, per cominciare a parlare spiegando il proprio punto di vista.

Salite al terzo piano, la condusse attraverso un lungo corridoio bianco, contrasegnato come "ala maschile".

-Signora, le ho già detto che sono una_-

-Si si, ho capito.- la interruppe bruscamente l'infermiera -Ma sinceramente non  me ne frega un accidente di dove stai, tanto per me non fa differenza- poi si fermò e la guardò scocciata - E poi l'ala femminile è al piano di sopra! Perciò accontentati.-

Zoe si zittì, reprimendo la voglia di strangolarla.

L'infermiera le indicò la sua stanza, tirò fuori una chiave e glie la porse. - Vedi di andare d'accordo col tuo compagno di stanza. Non voglio casini, chiaro?- Zoe annuì -La cena è alle sette in punto, la mensa è a destra della segreteria, visite e appuntamenti con gli psichiatri iniziano domani.- e detto questo si congedò sgarbatamente.

La ragazza bussò, ma non sentendo alcuna risposta, entrò comunque. Magari il suo compagno stava dormendo o era al bagno.

La stanza era piccola, con due letti, un grande armadio e una piccola finestra con le inferriate, e nell'angolo c'era la porta del bagno.

Mise la sua valigia sul letto affiancato alla parete sinistra, visto che l'altro era già occupato da un'altra borsa. Anche il suo compagno di stanza doveva essere arrivato quel giorno.

Sospirò, avvicinandosi alla finistra aperta  e appoggiando le braccia al davanzale. Respirò a pieni polmoni l'aria fresca di montagna, godendosi il paesaggio che aveva davanti. Oltre al cortile, s'intravvedeva un fiume non molto distante, affiancato da sconfinate distese di alberi e circondato dalle montagne.

Improvvisamente l'aprirsi dalla porta la fece voltare. Sull' uscio comparve un ragazzo bassino, coi capelli corvini, lo sguardo tra l'annoiato e lo scocciato e probabilmente gli occhi più belli che Zoe avesse mai visto: grigio chiaro, profondi e taglienti.

Aveva alcune cose in mano, ma prima che lei potesse chiedergli alcunchè, lui parlò.

-Sei una donna-

-Acuta osservazione.- rispose sorridendogli -peccato che l'infermiera non sia stata acuta quanto te.-

Lui sembrò studiarla per alcuni istanti, poi alzò le spalle. -Finchè non ti vedrò nuda andrà bene.-

Lei gli si avvicinò -Sono Zoe Hanji, molto piacere.- disse tendendogli la mano.

Dopo un'attimo di esitazione lui glie la strinse. -Levi Ackerman.- Rispose pulendosi la mano con un straccio subito dopo, senza farsi vedere. Aveva una leggera ossessione per l'igene.

-Allora Levi, che hai in mano?-

-Questi li ho fregati dallo sgabuzzino- disse alzando un flacone contenente del detersivo.- questa stanza è una topaia, e non ho intenzione di dormire in un posto così sporco e pieno di polvere.-

Le mise in mano il flacone. -E visto che la stanza è anche tua, metà del lavoro spetta a te, quattrocchi.- La guardò, sottintendendo che non ammetteva repliche.

Lei ridacchiò -Agli ordini!-





Alla fine, Zoe aveva lavorato per molto più tempo di Levi. Aveva dovuto ripulire le stesse cose più e più volte, finchè il compagno non si riteneva soddisfatto.

Dopo di che, aveva svuotato la valigia, mettendo i suoi effetti personali sul comodino e nei cassetti, ma ritenendosi troppo stanca per sistermare i pochi vestiti che si era portata da casa nell'armadio, li buttò dentro alla bene e meglio, con evidente disappunto del moro.

-Hey Levi- esordì mentre finiva con i suoi vestiti e guardava fuori dalla finestra -dici che si può uscire in giardino?-

Lui alzò lo sguardo dal libro che si era messo a leggere appena finito di pulire. -Prima l'infermiera mi ha detto che a meno che non abbiamo visite o pasti, possiamo stare solo nella zona dei dormitori, o anche scendere in cortile. - Si sporse verso Zoe e le indicò dietro di sè. -Se percorri tutto il corridoio e poi giri a sinistra ci sono delle scale, quelle scendono direttamente in giardino.-

Zoe sbuffò - Perchè le infermiere con te ci parlano?-

Levi fece un mezzo sorriso, tornando al suo libro.

Le labbra della ragazza si incresparono in un sorriso, ringraziò ed uscì in corridoio. L'inaspettato, piccolo sorriso del suo compagno di stanza l'aveva fatta leggermente arrossire. Percorse tutto il corridoio canticchiando come una bambina -Ho fatto sorridere Levi...-


 
o°o°o



-Oi, quattrocchi! Che hai in mano?- Chiese Levi appena vide Zoe rientrare con qualcosa tra le mani.

La ragazza gli mostrò i piccoli fiorellini di montagna che aveva messo in un barattolino di vetro, preso chissà dove. -Li ho raccolti in giardino, così diamo un po' di colore a sta stanza, no?- disse indicando le pareti e i mobili completamente bianchi.

Li mise sul davanzale, mentre Levi la squadrava incuriosito.

Lui aveva sempre odiato le persone, a prescindere. Odiava aprirsi, e preferiva di gran lunga stare da solo, magari in compagnia di qualche libro, soprattutto da quando una qualsiasi relazione con una persona lo portasse a diventare inspiegabilmente violento. Con quella ragazza era diverso. Non gli aveva detto niente quando l'aveva costretta a pulire da cima a fondo la sua parte di stanza, non si era rivelata infastidita quando l'aveva chiamata quattrocchi, e nonostante il suo carattere ben poco socievole, Zoe continuava a parlargli amichevolmente. Era strana, ma allo stesso tempo la persona più vicina che avvesse sentito negli ultimi tempi.

-Levi?-

Sussultò, interrompendo i propri pensieri e guardando la propria compagna che intanto si era seduta sul pavimento di fronte a lui e l'osservava incuriosita.

-Tu sei qui perchè sei un malato mentale?-

Levi le rivolse uno sguardo scocciato. Quella lì non aveva peli sulla lingua.

-No, sono solo un asociale un po' incline alla violenza...-

Lei continuava a fissarlo, come una richiesta silenziosa a dirle di più.

-Divento inspiegabilmente violento con ogni persona che non la pensa come me o che mi dia contro, basta poco per farmi esplodere.- sospirò; per lui era strano parlare così ad una persona, ma con Zoe si sentiva quasi a suo agio -Dopo un po' capirono che il carcere era inutile e mi attribuirono un problema psicologico dovuto alla mia infanzia.-

Zoe aprì la bocca per parlare, ma fu interrotta da Levi -No. Non ti parlerò della mia infanzia.- disse incrociando le braccia, vagamente divertito dal tenero broncio che mise la sua compagna.

-E va bene, va bene.- sbuffo lei.

Poi d'improvviso lo guardò speranzosa -Possiamo essere amici, Levi?-

Lui sussultò e arrossendo leggermente -E'-E' presto per dire cose del genere, stupida quattrocchi...- borbottò, sentendo però che quelle parole lo avevano reso felice.

-Non hai paura che diventi violento?- chiese poi.

-Nahh, non ne avresti motivo- alzò le spalle -e poi in caso so difendermi.-

Levi ridacchiò. -E' meglio che scendiamo per cena adesso, e già tardi.-


 
o°o°o



-Lo finisci quello?-

Chiese la ragazza accanto a Zoe, indicando gli avanzi della sua cena con la forchetta.

-Eh? Ah, no no, mangia pure.- disse passandole il piatto. Era seduta in uno dei tavoli della mensa, con accanto Levi e altri quattro ragazzi con la quale stava stringendo amicizia, al contrario di Levi, che continuava a mangiare silenzioso senza degnarli di uno sguardo. La ragazza accanto a lei, Sasha, se ricordava bene, era molto socievole quanto ingorda e golosa, ed era finita lì per disturbi ossessivi compulsivi insieme a Connie, il ragazzino che le stava accanto. Poi c'era Eren, la persona più suscettibile che avesse mai visto probabilmente; per certi versi assomigliava a Levi, dato che a volte, senza motivo, cambiava radicalmente personalità e comiciava ad urlare rabbiosamente contro chiunque, perdendo il controllo su se stesso. Levi aveva consigliato di stargli lontano, dicendo che probabilmente soffriva di personalità multipla, ma Zoe proprio non capiva: se era malato non era certo colpa sua, e non ne voleva sapere di negargli l'amicizia.

Fortunatamente, al fianco di Eren c'era anche il suo migliore amico, Armin, che si prendeva cura di lui, anche quando perdeva il contollo. Biondo e con dei grandissimi occhi azurri. Lui era probabilmente il più strano di tutti; in giro si era sparsa la voce che vedesse i morti o che fosse perseguitato dal demonio. “Tutte balle” aveva risposto Eren in sua difesa. Dicevano così per trovare una ragione al suo comportamento, sempre chiuso, sulla difensiva, e terrorizzato da qualsiasi cosa appena fuori dal normale.

Zoe era estremamente affascinata da quei suoi nuovi amici.

-Hanno detto che arriverà un nuovo dottore.- parlò Armin di punto in bianco, con quella sua voce bassa e apparentemente spaventata.

-Mmh, cosa?- Chiese Sasha a bocca piena.

-Si, l'ho sentito anch'io- confermò Eren. -lo hanno detto le infermiere qualche giorno fa.-

Armin annuì -Pare che questo medico sia conosciuto per i suoi metodi brutali verso i pazienti, spero sia solo una diceria.- Disse comcinciando a tremare leggermente e sentendo la voce venir meno. Eren gli circondò le spalle con un braccio e lo accarezzò piano per rassicurarlo un po'. Quando non aveva scatti d'ira era estremamente protettivo verso i suoi amici, soprattutto Armin, a cui era particolarmente legato.

-E perchè dovrebbero mandarci questo medico?- Chiese Zoe, incuriosita.

Capendo che Armin non se la sentiva, Eren parlò al posto suo -In giro si dice che la percentuale di risultati positivi ottenenuti in questo istituto sta via via decrescendo, e sostengono di dover cambiare un po' i metodi...essere più...aggressivi.-

Armin si stava agitando così Eren decise accompagnarlo in camera, ma prima si fermò e disse piano ai suoi compagni -Penso... che dovremmo goderci questi ultimi momenti di libertà...-

Poi lasciarono la sala.

Zoe si girò verso Levi, trovando i suoi occhi grigi che la fissavano. -Hai paura?-

Presa alla sprovvista da quella domanda, si affrettò a rispondere.

-Che? No, no! Io...io non ho paura!- Fece un sorriso tirato, che a Levi non sfuggì.

Il brutto presentimento era ancora lì, amplificato dalla notizia dei metodi brutali del nuovo medico, e non sapendo cosa aspettarsi, Zoe si ritrovò nel più totale ignoto. E aveva paura.



Fine I capitolo


 
  
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