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Autore: Tatjana    19/08/2015    1 recensioni
È il 1865, Sissi ha 27 anni e fissa il pittore più in voga nelle corti europee, avvolta in un abito bianco, così ampio da rassomigliare ad una soffice nuvola. Vienna appare stabile nel suo antico splendore. Elisabeth Amalie Eugenie di Wittelsbach, è Imperatrice d’Austria, Regina d’Ungheria, Boemia e Croazia e decine di altri titoli. Ma non le interessano i titoli né le ricchezze, anche se le fanno comodo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
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«La storia è un grande obitorio in cui ognuno viene a cercare i suoi morti, coloro che si sono amati, o coloro ai quali si è uniti da legami di parentela.»
   -Heinrich Heine
 
«Mi ricorda la bambina delle favole. Le fate buone sono venute e ciascuna di esse ha deposto nella culla un magnifico dono: bellezza, grazia, dignità, intelligenza, spirito. Ma la fata cattiva è venuta a sua volta e ha detto: “Vedo che ti è stato dato tutto, ma farò in modo che questi doni ti si rivoltino contro e non ti garantiscano alcuna felicità… Persino la tua bellezza ti porterà solo dolore, e non conoscerai mai la pace.» - Maria Festetics 
  Sissi, quel soprannome delicato, come sibilato dal vento, allo stesso tempo regale. Regale come il suo portamento, come le spalle magre, i lineamenti impalpabili. Così la chiamano, così la ricorderanno per sempre. 

Posa per un ritratto circondata da stelle brillanti, come per voler rassomigliare al suo personaggio favorito, la Regina delle fate, Titania, del “Sogno di una notte di mezza estate”. Il pittore cattura assieme alla sua avvenenza  anche la sua anima, trascinandola sulla tela. Sissi ancora non può sapere che le Anime del Futuro osserveranno quel dipinto con aria rapita, soffermandosi con lo sguardo ora sulla chioma più invidiata d’Europa cosparsa di diamanti, ora sulle pieghe dell’abito, poi sulle braccia eburnee e infine sul viso: sullo sguardo intenso e dolce ma allo stesso tempo austero che cerca invano di celare i segni dei primi tormenti;  le labbra rosee, le più graziose dell’Impero; il naso sottile. E loro capiranno, capiranno tutto, sapranno la verità, e solo allora quest’Imperatrice tanto odiata da Vienna e tanto acclamata dai Magiari si riscatterà e diventerà un’eterna icona.

Sissi confida nel futuro, scrive poesie che solo a cent’anni dalla sua morte potranno essere lette. Lei è nata nel secolo sbagliato. La modernità del suo pensiero, del suo volto, persino delle sue manie psichiche, la rendono aliena nella corte di contessine paffutelle in cui mai l’hanno vista di buon occhio e mai l’hanno accettata. Troppe volte si è chiesta perché si trovasse lì, perché proprio lei. Crinoline e diamanti, broccati e sete, soffici divani e pavimenti in marmo, ampie sale da ballo… ma la libertà? Per un amore ormai sfumato, sbiadito, ormai quasi cenere, è questo il prezzo da pagare? Questa gabbia ha le sbarre in oro, pensa. Lo pensò già a 15 anni. A quell’età le ragazzine in Baviera dovrebbero pensare a correre ed essere serene, a sospirare per le prime infatuazioni, dovrebbero avere poca voglia di studiare. Non dovrebbero diventare Imperatrici. È un ruolo per cui lei non è mai stata idonea, ruolo che è stata costretta ad accettare e da cui ora fugge pur di non svolgere, perché non si può rifiutare un Imperatore.

Mai nessuno avrebbe pensato che quella ragazzina timida, acerba, dalle lunghe trecce brune, che cavalcava come una circense a Possenhofen immersa nella natura, sarebbe poi sbocciata in una donna bellissima, in grado di togliere il fiato a chiunque la guardasse. Nessuno ora è libero dalla gabbia della sua bellezza, tutti i suoi capricci vengono esauditi, ma è lei stessa a portarne le catene più pesanti. Il popolo la rimprovera. Questa donna ha tutto, potrebbe avere tutto l’oro e le gemme del mondo se volesse, ma non riesce ad essere felice.

È il 1865, Sissi ha 27 anni e fissa il pittore più in voga nelle corti europee, avvolta in un abito bianco, così ampio da rassomigliare ad una soffice nuvola. Vienna appare stabile nel suo antico splendore. Elisabeth Amalie Eugenie di Wittelsbach, è Imperatrice d’Austria, Regina d’Ungheria, Boemia e Croazia e decine di altri titoli. Ma non le interessano i titoli né le ricchezze, anche se le fanno comodo. Ha già conosciuto l’amore, la gelosia, l’estrema sofferenza, la morte di una figlia, le malattie, le fughe, mille sentimenti, un uragano di follie che non le darà mai sollievo. La aspettano altre gioie e molti dolori immensi, odierà la morte quando spazza via tutto, ma finirà per invocarla. E se dentro potrebbe spezzarsi facilmente, a proteggerla c’è il suo fisico, la sua corazza, che nonostante i perpetuati digiuni è forte come non mai. Sarebbe capace di cavalcare al galoppo per ore, di camminare per chilometri sfinendo le sue dame di compagnia. Desidera essere sempre più magra, e deve essere sempre più bella. È sempre al centro dell’attenzione di tutti quando appare, tutti vogliono vederla, come una fiera selvatica in gabbia. Una sola ruga distruggerebbe tutto quanto, un solo capello spezzato rappresenterebbe un piccolo decadimento.

È ancora inconsapevole – o forse sospetta? – delle prove che la attendono nei restanti trentatre anni della sua vita, che la tanto agognata quiete interiore giungerà solo grazie alla mano precisa di un anarchico, alla sua lama dritta al cuore.
   
 
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