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Autore: Reddle    19/08/2015    0 recensioni
È per il mio bene, hanno detto i miei superiori. Eppure io mi sento solo in gabbia.[...] sono stata addestrata per essere sfuggente, non per starmene tranquilla a farmi sorvegliare giorno e notte.
Quindi, adesso basta.[...]
Prendo le forbici dall'isola della cucina e vado in bagno davanti allo specchio. Impietoso mi rimanda la mia immagine. Un viso pallido, due occhi azzurri che a tratti spuntano dalla frangia rosso fuoco[...]

Il passato che ritorna prepotente ad avvelenare la nuova realtà selezionata per lei.
Ancora una scelta da prendere, ancora una volta è compito suo.
Fidarsi del passato, combattere e accettare le macerie che inevitabilmente resteranno, o lasciare che sia qualcun altro a muovere i fili di una realtà artefatta, solo per saperlo al sicuro?
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO OTTO
 
Parigi.
È da molto che non ci torno. 
L'aereo comincia l'atterraggio e Chris si sveglia. Da quando siamo partiti, ha sempre occupato il posto più vicino a me. 
Il terminal dell'aeroporto è affollato come sempre.
Cercando di non perderci di vista in mezzo al trambusto ci avviamo all'uscita.
Sono quasi fuori quando qualcuno mi urta la spalla. Mi volto per scusarmi, ma le mie corde vocali non emettono suoni.
Al ragazzo che mi ha urtato è scivolato il cappuccio dalla testa lasciando liberi di essere visti il cappello da baseball scuro e il tatuaggio sul collo.
È il suo tatuaggio. Nessun sano di mente farebbe un tatuaggio simile.
L’ho visto solo per un attimo prima che scomparisse tra la folla, ma sono assolutamente certa che fosse lui.
Eppure lui è morto e l’ultimo ricordo che ho di lui è la sensazione delle sue labbra premute sulla fronte.
 
 
                                                                                              ***
“Dove stiamo andando?”
“Vedrai, voglio fare qualcosa che resti, questo è un giorno che va ricordato!”
“Sei diventato pazzo? Perché dovremmo voler ricordare la fine di quell’addestramento?”.
Si ferma all’improvviso e quasi gli finisco addosso.
“Davvero non ci arrivi? Siamo rimasti chiusi lì dentro per anni, adesso siamo liberi! Vedremo il mondo, incontreremo gente, avremo una casa vera”
“Sì, liberi di uccidere altre persone per restarci”.
Nel giro di un attimo il suo sguardo si scioglie “Non sei obbligata a venire con noi tutte le volte, Annie”.
Mi sfiora un braccio scendendo fino alla mia mano.
La stringe e torniamo a correre ridendo.
 
                                                                                              ***
 
 
 
Raggiungo distrattamente un bar insieme agli altri.
I miei pensieri si sovrappongono, si accavallano lasciandomi stordita. Vorrei urlare.
Mi alzo e faccio l’unica cosa sensata che mi viene in mente “Scusatemi, devo fare una telefonata, mi ordinate un cappuccino?”.
In pratica corro tra la folla cercando allo stesso tempo un posto isolato e di ripassare quel poco di francese che conosco.
Appena fuori dalla piazza la confusione diminuisce.
Fermo un passante, con un francese insicuro chiedo se posso usare il suo cellulare. Sbuffando e maledicendo i turisti me lo porge.
Mi allontano di qualche passo e compongo il numero dell’ufficio del capo.
Al secondo squillo risponde la segretaria.
“Sono Red, devo parlare con il capo con urgenza” non le lascio neanche il tempo di aprire bocca.
“Questa non è la procedura”
“È una questione al di fuori della missione in corso”
“Abbiamo rintracciato il telefono cellulare, c’è una cabina del telefono funzionante nelle tue immediate vicinanze, il capo ti richiamerà”.
Riattacco e restituisco il cellulare al proprietario.
Raggiungo la cabina nel momento in cui il telefono al suo interno comincia a squillare.
Rispondo.
“Spero davvero che sia della massima urgenza” esordisce minaccioso il capo dall’altra parte della cornetta.
Respiro.
“Ho visto Skyrunner all’uscita dell’aeroporto”
“Quale stupefacente hai assunto?”chiede beffardo.
“Signore, sono sicura che fosse lui, credo che nessun altro abbia il desiderio di farsi fare un tatuaggio del genere sul collo”
“Skyrunner è morto. Torna dalla tua squadra e dimentica quello che hai visto” mi ordina interrompendo la chiamata dopo interminabili secondi di silenzio.
Mi tremano le mani. Con fatica riappendo la cornetta e noto che non solo le mani mi tremano.
Mi lascio scivolare contro il muro e chiudo gli occhi. Respiro profondamente e chiudo i pensieri in una scatola.
Mi rialzo e torno indietro decisa a dimenticare quello che ho visto.
Certa che il mio cappuccino ormai sia imbevibile.
 
“Fammi capire, se io sparisco all’improvviso, vengo quasi ucciso e tu puoi infrangere qualsiasi procedura senza conseguenze?”
“No, ma era una cosa che non poteva aspettare”balbetto nervosa bevendo tutto in una volta il cappuccino.
“Ma questo non è né il momento né il luogo adatto a spiegarvi, è una storia abbastanza lunga e abbiamo già del lavoro che ci aspetta in albergo” paghiamo e prendiamo la strada per l’albergo.
Aomine mi si affianca.
“A Dubai, quando sono uscito, volevo solo cercare un bel souvenir per la mia sorellina” dice a voce abbastanza alta in modo che anche gli altri sentano.
“Se te lo avessi detto sarei potuto uscire?” mi chiede.
“Decisamente no” rispondo mettendo fine alla conversazione.
 
La prima cosa che noto della mia stanza d’albergo è l’elegante busta bianca delicatamente in bilico sul cuscino. Sapevo che sarebbe stata lì ad attendermi. È stato sempre così.
 
                                                                                              ***
 
Passo in esame la camera assegnata a Matteo e me. Mi soffermo su un particolare riflesso sullo specchio.
Sul copriletto blu è appoggiata una busta bianca. ‘Skyrunner’ scritto in nero al centro esatto della busta mi conferma il suo contenuto. Storco le labbra.
“Ma non può usare un modo meno inquietante di farci avere gli ordini?” protesto.
“Ormai dovresti averci l’abitudine”scherza lui.
Sbuffo. Dalla prima volta sono passati anni, ma ancora non ci sono abituata.
 
                                                                                              ***
Mordicchiandomi il labbro inferiore apro la busta e passo in rassegna le scarne informazioni a proposito del nostro obiettivo. Lascio il foglio sul copriletto e disfaccio la valigia.
Mi assicuro che la cassaforte nell’armadio, in cui ho riposto la pistola e i caricatori, sia ben chiusa e faccio con calma una doccia.
 
“Torno in camera e mi metto al lavoro"
"No, da adesso qualsiasi collegamento ad internet va fatto da luoghi pubblici"
"Perché scusa?"
"Perché altrimenti è troppo facile rintracciare il tuo computer"abbaia irritato Aomine.      
"Ha ragione, stiamo per commettere un omicidio, dobbiamo essere il più prudente possibile"conviene Chris.
"Non basta che qualcuno si faccia assumere ed entri nelle sue grazie?"
"No, Aomine, un neo assunto rientra da subito tra gli indiziati"rispondo dando le spalle al gruppo riunito nella mia camera. Dalla finestra vedo i primi lampioni cominciare a illuminare la sera parigina.
"Cerca una biblioteca, collegati da lì e vedi cosa puoi trovare, dovresti sentirti a casa Rufus. Noi altri lo seguiremo a turno".
 
È una settimana che seguiamo i suoi spostamenti senza ottenere nulla di utile.
"Ancora niente di utile?"
"No, anche oggi è rimasto tutto il giorno nel palazzo dove c’è il suo ufficio per poi tornare in un albergo diverso da quello della sera precedente" sbuffa Marcus.
"Che fine a fatto il bibliotecario?"
"Eccomi Ann, questa mattina è arrivato questo, scusa mi sono scordato di dartelo”.
Mi passa un mazzo di fiori con un bigliettino. Non è scritto a mano e non è firmato, ma il capo non poteva essere più chiaro: << Avevi ragione. Se interferisce fai quello che va fatto>>.
Deglutisco. Straccio il biglietto, lo butto nel cestino insieme ai fiori e torno a rivolgere la mia attenzione alla riunione.
"Arrivi tardi solo per portarmi un mazzo di fiori?”
"No, ho brutte notizie, è arrivato un ultimatum, abbiamo solo un’altra settimana"    
"Dimmi che almeno tu hai avuto fortuna oggi"lo supplico.     
"Sì, sembra che nello stesso palazzo dove lavora ci sia un buon ristorante molto apprezzato dalle coppie"
"Ok e allora?"
"Allora, secondo la sua carta di credito, pranza ogni lì ogni giorno”
“E se entriamo nel palazzo senza dare nell’occhio possiamo anche provare a capire in quale albergo dormirà” termino.
“È quello che ho pensato anch’io, infatti, ho prenotato per domani. Andrete tu e Christian, noi aspetteremo fuori” spiega autoritario Rufus.
Nessuno si oppone, neanche Marcus nonostante la sua espressione non sia impassibile come sempre.
Sono quasi le ventitré quando ognuno torna nella propria camera ed io posso mettermi a dormire.
 
 
Chris ed io entriamo mano nella mano nel palazzo. Secondo il cartello il ristorante è al quarto piano, prendiamo l’ascensore.
Arrivati a destinazione le porte si aprono. La prima cosa che noto è l’imponente vetrata panoramica. Mi appunto mentalmente di ringraziare Jimmy che mi ha infilato nella borsa una macchina fotografica.
La tiro fuori ed inquadro il paesaggio oltre il vetro. Il dito mi scivola inavvertitamente sullo zoom.
L’uomo rimasto al centro dell’inquadratura è il nostro obiettivo.
Scatto.
“Fatto?”
“Sì, scusa. Dovevo mettere a fuoco l’obiettivo”gli rispondo sorridente prendendogli la mano e facendolo voltare. Lo vede anche lui.
Affrettiamo un po’ il passo ed entriamo nel ristorante subito dopo di lui.
È fatto sedere di fianco ad una giovane coppia. Noi sediamo qualche tavolo più in là riuscendo comunque a udire la conversazione dei due tavoli.
 
“Facciamo una foto dai!”
“Adesso?”
“Sì, prima che arrivi anche a noi il dolce, spostati un po’ a destra”.
Diligentemente obbedisce e si sposta di quanto basta per permettermi di inquadrare il nostro uomo mentre scambia qualche amichevole parola con gli sconosciuti del tavolo affianco. Scatto e pochi istanti dopo è di nuovo al suo tavolo a sorseggiare un caffè.
Un cameriere si ferma alle mie spalle “Vedo che sono facilmente rimpiazzabile” commenta con voce famigliare.
La risata provocata dalla battuta di Chris mi si blocca nella trachea.
Il mio sorriso si tramuta in una smorfia incredula.
So esattamente a chi appartiene quella voce.
Lo sguardo del ragazzo biondo seduto di fronte a me, mi conferma chi ho alle spalle.
Negli occhi chiari di Christian vedo il mio volto trasformarsi in una maschera di dolore.
Dopo le ultime ventiquattro ore speravo di non sentire più quella voce.
   
 
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