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Autore: Some of us are human    19/08/2015    1 recensioni
SPOILER!
“Mi chiamo Stiles” sussurra piano, nel vecchio parco.
“Ho diciassette anni” le foglie ambrate si poggiano lentamente sul prato, lasciando i rami secchi degli alberi spogli.
Stiles si sente come quei rami: vuoto, senza quella maschera di sarcasmo a proteggerlo.
“Sono un povero ragazzino che si nasconde dietro a un nome che non è nemmeno il suo” la sua voce, rauca, non gli sembra nemmeno più la sua.
Ricorda bene quella del Nogitsune.
La ricorda davvero, davvero bene.
E sa per certo che la sua voce, la voce di Stiles Stilinski, non è quella del Nogitsune.
Sa che lui non è il Nogitsune.
“Lo spero”
Eppure la sensazione è la stessa. Quella sensazione di impotenza, sentire la bocca muoversi senza controllare quello che dirà.
Insieme alle foglie rosse sul terreno atterra una sua lacrima, e stavolta non c’è nessuno a consolarlo.
“SONO SOLO STILES!” grida al nulla, con gli occhi lucidi e il cuore che si fa sempre più pesante, pieno delle lacrime che deve ancora piangere.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lydia Martin, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Avvertimenti: Spoiler! Spoiler 2x9, 3x15, 3x18, 3x24, 5x7 si insomma, poca roba
Numero di parole: 896.
Coppie presenti: soltanto Stydia

Canzoni consigliate: se vi va di ascoltare qualcosa mentre leggete vi suggerisco Yellow dei Coldplay, I Found di Amber Run oppure Hero dei Family of the Year .
………………………………………………………………………………………………………………………
 
Lo scopo era quello di scrivere una One Shot triste e deprime su Stiles e credo di esserci riuscita abbastanza insomma, più malinconica di così non si può ma ci sono delle cose che non mi convincono del tutto.
Se avete qualche suggerimento o avete notato qualche errore, potete scriverlo nelle recensioni.

 
 
Questa la dedico a Luna,
che oggi potrebbe non avere più un braccio.
Non mi prendete sul serio.
A Sofia,
che sia la capitanah o l’opossum rimane sempre stupenda.
E un po’ anche a mio fratello,
 che, a forza di urlarmi contro che gli devo mollare il computer,
mi ha fatto finire questa ff.
 
 
 

 
 
I’ll be fine

 
 
“Mi chiamo Stiles” sussurra piano, nel vecchio parco.
“Ho diciassette anni” le foglie ambrate si poggiano lentamente sul prato, lasciando i rami secchi degli alberi spogli.
Stiles si sente come quei rami: vuoto, senza quella maschera di sarcasmo a proteggerlo.
“Sono un povero ragazzino che si nasconde dietro a un nome che non è nemmeno il suo” la sua voce, rauca, non gli sembra nemmeno più la sua.
Ricorda bene quella del Nogitsune.
La ricorda davvero, davvero bene.
E sa per certo che la sua voce, la voce di Stiles Stilinski, non è quella del Nogitsune.
Sa che lui non è il Nogitsune.
“Lo spero”
Eppure la sensazione è la stessa. Quella sensazione di impotenza, sentire la bocca muoversi senza controllare quello che dirà.
Insieme alle foglie rosse sul terreno atterra una sua lacrima, e stavolta non c’è nessuno a consolarlo.
“SONO SOLO STILES!” grida al nulla, con gli occhi lucidi e il cuore che si fa sempre più pesante, pieno delle lacrime che deve ancora piangere.
Ha paura di impazzire.
Di diventare come sua madre.
Come quella Claudia che non voleva più vedere suo figlio.
“QUESTO E’ TROPPO” il vento trascina con lui le urla, portandole lontano. In un posto più felice.
“Tutti i posti sono più felici di questo”.
 
Vuole sole dimenticare.
Dimenticare le zanne e degli artigli di Scott.
Dimenticare la morte di Alisson.
Dimenticare la partenza di Isaac.
E soprattutto, dimenticare la morte e la malattia di sua madre.
 
Vuole abitare nella sua testa, dove può provare a vivere senza creature soprannaturali.
In un mondo falso e inesistente ma pieno d’amore.
Dove paura, dolore, rabbia non esistono.
 
Sono cambiate così tante cose da quando lui era semplicemente “il figlio sfigato dello sceriffo” e Scott “quell’altro sfigato”.
Tutte quelle piccole e fastidiose cose che adesso gli mancano, forse perché rispetto a quello che sta passando non sono per niente fastidiose, forse perché non può resistere così ancora per molto.
Cerca di aggrapparsi ad un bel ricordo.
 
Prima era un semplice adolescente senza una mamma, con un migliore amico e una banale cotta.
E ora chi è?
“Chi non sono?”
“Non sono il…”
Non riesce nemmeno a finire la frase.
Chi vuole prendere in giro? Lui è il Nogitsune.
O almeno una parte del Nogitsune è rimasta dentro di lui.
E questa volta non riesce a scacciarla.
“Non faccio altro che prendermela con Scott” stringe i denti sul labbro.
Non deve piangere.
Non lui.
Non adesso.
“Ho ucciso Donovan” le lacrime gli rigano le guance.
Cerca di ricacciarle indietro.
Singhiozza.
Si sente le mani sporche, ricoperte di sangue.
Il sangue di Donovan.
“E… e l-l’unico che lo sa è quel cretino di Theo”.
Odia Theo.
Theo gli ruberà Scott.
E Malia.
Prova a non provare sentimenti negativi, ha il terrore che così il suo lato malvagio prenderà il sopravvento su di lui.
Ha paura che il Nogitsune prenderà il sopravvento su di lui.
Lo sente dentro di lui, che bisbiglia.
Che gli urla.
Che lo provoca.
I ricordi riaffiorano.
 
“NON PUOI UCCIDERMI!”
 
Fa il primo passo.
La testa di Stiles pulsa di dolore.
“Uno”
 
 
Le foglie scricchiolano sotto il peso del ragazzo.
Un’idea si presenta nella sua testa.
No, non vuole uccidersi.
Prima deve sistemare quel casino.
 
Si muove con fatica.
Tira.
Spinge in avanti.
Un altro passo.
“Due”
 
“QUESTO E’ IL MIO GIOCO!
CREDI DI POTERMI BATTERE AL MIO GIOCO?”
 
 
“Posso”
Non ne è sicuro.
Non vuole più appoggiarsi a nessuno.
Vuole farcela da solo.
Deve.
“Quattro”
 
“COME SE NON SAPESSI QUAL È LA MIA PUNIZIONE.
PERDERO’ IL MIO MIGLIORE AMICO.
PERDERO’ SCOTT.”
 
Stiles vorrebbe urlare.
Gridare e gridare, fino a non avere fiato.
Sente che lacrime che riaffiorano, le guance ancora umide.
“cinque”
“sei”
“sette”
E’ come se un coltello lo colpisse al cuore infinite volte.
“otto”
 
 
 
“HAI UCCISO TUA MADRE, MI SENTI?!
L'HAI UCCISA! E ORA STAI UCCIDENDO ME!"
 
 
 
Morde il labbro così forte da lasciare i segni dei denti.
Gli manca la sua mamma.
L’ha conosciuta per così poco tempo.
Era solo un bambino quando è…
“ Quando è morta”
Inspira.
Non l’ha uccisa lui.
No.
Espira.
 “Posso farcela”
Stringe i pugni.
“Nove”
“Dieci”
“Undici”
Inspira.
“Dodici”
“Tredici”
Espira.
 
 
 
“MAI FIDARSI DELLA VOLPE”
 
 
Non sbaglierà.
“Quattordici”
Prende fiato.
Si da la spinta.
E corre.
Per un secondo riesce a zittire le voci.
Va più veloce che può.
Veloce quanto il suo battito cardiaco.
“calmati, Stiles”
Veloce quanto la morte di Aiden.
Veloce quanto il bacio tra lui e Lydia.
E per la prima volta capisce cosa deve fare.
Dove deve andare.
 
 
___________________________
 
 
 
 
Si ferma davanti al portone della casa.
Poggia le mani sulle ginocchia, la schiena inarcata, cercando di riprendere fiato.
Preme il campanello, la mano che trema.
Ha fato bene? O è solo un’altra delle sue stupide e inutili scelte?
“Si”.
“E’ la scelta giusta”.
 
La porta si apre di colpo.
Lydia è immobile, con lo sguardo terrorizzato.
“Oh santo cielo Stiles!”
Si sporge e lo abbraccia, stringendolo forte tra le braccia e nascondendo la testa nella sua spalla.
Stiles sente l’odore del suo balsamo alla mandorla.
I capelli biondo fragola risplendono alla luce del sole, rendendoli ancora più belli.
“Sembra una regina”.
 
Dopo quella che sembra un’eternità Lydia rompe l’abbraccio.
La ragazza lo fissa negli occhi.
Riflettono i suoi sentimenti.
Lo strazio.
La pena.
La sofferenza.
 
“Stai bene?” chiede lei.
No, non sta bene.
Al contrario.
Questo lo sa anche lei.
“Starò bene”
 
 
 
 
 

 
 

 
  
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