Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: _windowsgirls    20/08/2015    0 recensioni
"E così eccomi qui, a scrivere su questo misero pezzo di carta quello che mi viene sul momento, la mano con la penna che si muove rapida, coprendo pian piano le righe di questo foglio così vuoto che voglio riempire, sia che dica una bugia, sia che questa sia una verità. Lascerò che la mia storia rimanga in mano di chi vorrà conoscermi e abbia la forza di immaginarmi, perché con la mente si può andare ben oltre ciò che l'esperienza umana ha imposto come limiti alla nostra ragione. Lascerò che questa mia autobiografia possa essere creduta da chiunque l'abbia in mano, perché è giusto che la gente conosca questa storia, la storia della donna che sa cambiare il tempo."
Genere: Drammatico, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The weather woman'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 






"E così eccomi qui, a scrivere su questo misero pezzo di carta quello che mi viene sul momento, ripiegata sulla mia scrivania con gli occhiali sul naso e la testa appoggiata sul braccio piegato, la mano con la penna che si muove rapida, coprendo pian piano le righe di questo foglio così vuoto che voglio riempire, sia che dica una bugia, sia che questa sia una verità. Lascerò che la mia storia rimanga in mano di chi vorrà conoscermi e abbia la forza di immaginarmi, perché con la mente si può andare ben oltre ciò che l'esperienza umana ha imposto come limiti alla nostra ragione. Lascerò che la mia vita sia la mia stessa fonte di ispirazione, lascerò che la vita di Gemma Payne sia la vita di tutti, in cui i miei problemi possano essere conosciuti - spero - universalmente, in tutte le lingue del mondo. Lascerò che questa mia autobiografia possa essere creduta da chiunque l'abbia in mano, perchè é giusto che la gente conosca questa storia, la storia della donna che sa cambiare il tempo."
Gemma guardò fuori dalla finestra, immobile, gli occhi vitrei e le labbra strette. Non poteva più provare nulla, avrebbe dovuto vivere per sempre nell'apatia assoluta affinchè la sua città non ne subisse le conseguenze. Non poteva più permettersi di piangere, di ridere sguaitamente, di arrabbiarsi, di chiudersi nella malinconia, di provare ansia. Non era in grado di poter far più nulla perché, qualsiasi fosse il suo umore, il tempo metereologico l'avrebbe specchiato.
Non sapeva perché ciò fosse capitato proprio a lei, non aveva idea del perché non fosse successo a qualcun altro. Però di una cosa era certa. Se da una parte i ragazzi della sua generazione vedevano il diciottesimo compleanno come un traguardo da cui partire più forti di prima e indipendenti sotto ogni punto di vista, per Gemma era stato solo l'inizio di un incubo, un terribile sogno da cui non aveva idea se si sarebbe mai risvegliata.
Dal momento stesso in cui aveva spento le diciotto candeline sulla sua torta, qualcosa era cambiato nel suo metabolismo, un cambiamento percepibile nell'istante stesso in cui era accaduto. Uno scombussolamento generale, un dolore forte alla testa e un senso di vertigine ad invaderle il petto.
Sul momento non sapeva cosa fosse successo al suo corpo, ma con il passare del tempo la consapevolezza l'aveva colpita con una forza tale da sembrare un sasso lanciato con violenza su un bidone di latta. Niall, il suo migliore amico, non le aveva per niente creduto quando lei gli aveva raccontato la sua triste vicenda, in una fredda mattina di Febbraio. Nel momento stesso in cui Niall aveva iniziato a ridere, socchiudendo gli occhi e portandosi una mano inguantata sulla pancia, Gemma aveva sentito la disperazione sfasciarle il corpo, distruggerlo esattamente a metà, il sapere di essere abbandonata da tutti perché nessuno avrebbe potuto credere alla sua storia, persino la persona che le era stata da sempre accanto le stava voltando le spalle, in quel momento, ritirando la mano che le aveva sempre offerto ogni qualvolta Gemma avesse avuto bisogno di aiuto. Esattamente in quel preciso istante, il sole che aveva illuminato Mullingar fino a quel momento era stato improvvisamente sostituito da grossi nuvoloni carichi di pioggia. Gemma aveva guardato Niall con la tristezza e il dolore ad annebbiarle la vista, e solo quando una lacrima aveva iniziato a scenderle lungo la guancia, ecco che le nuvole avevano lasciato cadere la pioggia, inondando la strada e lavando le macchine sporche parcheggiate lungo i marciapiedi delle strade. Niall aveva smesso subito di ridere, sgranando gli occhi e spostando lo sguardo dall'amica al cielo rapidamente. Aveva aggrottato le sopracciglia e solo quando si era reso conto della stravagante situazione le era corso incontro e l'aveva stretta tra le sue braccia, sussurrandole "Io ci sono" al di sopra del rumore della pioggia scrosciante che li aveva bagnati dalla testa ai piedi, il petto di Gemma scosso da singhiozzi che pian piano avevano lasciato spazio al silenzio, con la pioggia ormai finita e con il cielo che ormai si liberava, lasciando risplendere nuovamente il sole.
Dopo quella rivelazione, era sempre stato molto difficile continuare la sua solita vita, andare a scuola sperando di non provare alcuna emozione. Niall le era sempre accanto, non riuscendo comunque a rendersi conto del potere dell’amica, che Gemma preferiva sottolineare “maledizione”.
Non avrebbe più potuto vivere come invece avrebbe voluto, non riusciva a discostarsi dalle App meteorologiche sul suo smartphone, cercando di uniformare il suo umore affinchè il tempo non ne risentisse. I suoi genitori non le credevano assolutamente, perché avrebbero dovuto, d’altronde? Era impossibile credere che la loro figlia avesse uno strano potere meteorologico.
Gemma, se non avesse avuto Niall, sarebbe stata totalmente da sola, ma comunque non riusciva a pensare che il suo migliore amico le sarebbe stato accanto per sempre. Anche lui si sarebbe stancato di tale situazione, non avrebbe più retto il passo e l’avrebbe lasciata andare.
Gemma si sentiva il petto chiuso in uno morsa stretta, pronta ad impedire che le emozioni si facessero vive dentro di lei ma era troppo difficile. Lydia, che ormai conosceva da circa tredici anni, non sapeva cosa stesse accadendo all’amica, e pian piano l’aveva lasciata da sola, credendo che stesse passando attraverso una qualche forma di depressione, ma non era per niente vero. Gemma non aveva nemmeno il privilegio di essere depressa, altrimenti furiosi temporali si sarebbero abbatutti eternamente su Mullingar, la città che l’aveva vista crescere e che la stava vedendo morire dentro.
Gemma si era ritirata dalla scuola, preferendo studiare privatamente. I genitori l’avevano portata da tantissimi dottori, girando tutta l’Irlanda, ma nessuno era riuscito a scoprire un granchè. Rassegnati all’evidenza, avevano lasciato fare alla figlia quello che avesse preferito, così Gemma si ritrovava in quel momento a guardare fuori dalla finestra, la penna in mano, decisa a raccontare la sua storia, sperando che prima o poi qualcun altro avrebbe potuto crederle.
Il telefono squillò al suo fianco, il nome Niall capeggiava sullo schermo ad intermittenza. Appoggiò la penna sul foglio scritto per metà e rispose al terzo squillo.
Erano passati due mesi dall’ultima volta in cui era andata a scuola, ma prontamente Niall non l’aveva abbandonata, non ancora almeno.
”Ehi” disse Gemma, rispondendo con un filo di voce. La porta d’ingresso della sua imponente abitazione sbattè, segnando l’arrivo di suo fratello Liam che avrebbe raccontato subito la sua giornata scolastica alla madre.
”Come stai?” le chiese Niall, con la voce un po’ affannata. Gemma scosse le spalle, sapendo di non poter essere vista.
”Come sempre, cerco di essere normale” rispose con voce bassa.
Liam bussò alla sua porta e la aprì, sollevandole il pollice e accompagnando il gesto con un sorriso rincuorante. Gemma lo salutò con la mano libera, rimanendo con il telefono all’orecchio.
Liam era il fratello migliore del mondo.
Non sapeva con precisione cosa avesse la sorella, ma sapeva ci fosse qualcosa che non andava e, senza voler sapere i dettagli, cercava come meglio gli sarebbe stato possibile di starle accanto. Ma a che scopo, se non conosceva il male che opprimeva la sorella? Come avrebbe potuto spiegargli che non poteva esprimere il bene che provava per lui senza che la temperatura su Mullingar si alzasse di trenta gradi?
”Gem, devi uscire di casa, non puoi restare chiusa per sempre.”
Gemma si tratteneva, lo faceva sempre, ma in quel momento si sentì le lacrime agli angoli degli occhi. “Niall, lo sai che non posso” e il ragazzo sentì immediatamente la voce incrinata.
”No, Gem, non piangere, non farlo, sto venendo da te” disse rapidamente e con l’affanno accentuato, mentre il cielo si annuvolava, il grigio che ricopriva lentamente l’azzurro del cielo.
Gemma si morse il labbro. “Ci sto provando, è più forte di me” ammise con un groppo in gola ad impedirle di parlare. “Devo chiudere” e terminò la chiamata. Si prese la testa tra le mani e tirò su con il naso. “Dai, dai, dai” si ripeteva, serrando gli occhi e provando a cacciare indietro le lacrime che premevano per uscire. Quel giorno ci sarebbe stato il sole tutto il giorno, l’aveva visto sul telefono. Non poteva far piovere.
Aveva visto il film “The weather man” e sapeva anche di tutto quello che l’uomo aveva perso.
Anche lei, vivendo in solitudine, sarebbe finita con il perdere ogni cosa, era inevitabile.
Quando avrebbe smesso di vivere in quel modo? Odiava la sua vita, e forse solo se l’avesse fatta finire sarebbe stata bene dopo fin troppo tempo. Liam entrò nella sua stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
”Gem, tranquilla, ci sono io”
”Non fate che ripetermelo tutti, ma sappiamo che non sarà per sempre così” ammise lei riacquistando il suo tono freddo e distaccato che aveva imparato ad usare. Sua madre chiamò Liam dal piano di sotto e il ragazzo le lasciò un bacio sulla guancia prima di scendere e lasciarla nuovamente da sola alle prese con il suo scritto.
Gemma fece un enorme respiro, mentre dentro la stanza iniziavano a rientrare i timidi raggi di sole che prima aveva offuscato personalmente.
Dopo circa dieci minuti suonò il campanello e sentì sua madre salutare Niall che salì immediatamente al piano di sopra. La porta della stanza di Gemma era aperta e lui aspettava sotto l’arcata, con il cappello di lana in mano e lo zaino calato su un’unica spalla.
La ragazza si girò a guardarlo togliendosi gli occhiali dal naso. Aveva i capelli marroni lasciati sciolti sulle spalle e gli occhi scuri che scorrevano sulla figura che attendeva sotto l’arcata della porta. Lei gli fece un cenno con il capo e si alzò, andandosi a sedere sul letto dopo aver spento la piccola lucetta della scrivania. Niall chiuse la porta, si tolse il cappotto pesante e i guanti, appoggiandoli alla base del letto e sedendosi vicino alla ragazza, appoggiandole una mano sulla coscia. “Ce la farai” disse, “Io non ti abbandonerò mai, puoi starne certa”
Gemma sentì il tocco gelido di Niall sulla sua pelle accaldata e lo guardò negli occhi azzurro ghiaccio. Niall le guardava il volto spento, gli occhi immobili che avevano perso qualsiasi lucentezza avessero avuto fino a quattro mesi prima, Gemma aveva perso qualsiasi voglia di vivere, e di certo lui non le avrebbe mai permesso di andarsene. Non poteva.
Alzò la sua mano e prese ad accarezzarle la guancia morbida, guardando i lineamenti marcati del suo volto. Era pallida, come la luce del sole invernale, come la neve che in pieno inverno lambiva gli angoli delle strade, come i vampiri dei film che tanto amava.
Gemma sollevò le sopracciglia e vide Niall avvicinarsi pericolosamente al suo viso.
No.
No.
Perché, tra tutto, anche questo? Lui non poteva farlo, non avrebbe neanche dovuto solo pensare di fare una cosa del genere. Cosa gli stava saltando in mente.
Gemma indietreggiò, ma la mano di Niall era ferma sulla sua guancia e non perdeva la presa su di lei. Si avvicinò ancora e ancora, e Gemma avrebbe tanto voluto spingerlo via, ma non potè fare nulla perché lui appoggiò le labbra fredde sulle proprie in un bacio casto che non sarebbe mai dovuto succedere.
Certo, Gemma sapeva che Niall le voleva bene, ma non che quell’affetto si fosse trasformato in qualcos’altro che lei non sarebbe mai riuscita a sostenere. Chiuse gli occhi d’istinto, immobile, mentre Niall le afferrava il viso anche con l’altra mano, approfondendo il bacio non notando alcun reazione da parte della ragazza.
D’un tratto fece caldo improvvisamente. Il sole entrava con più ferocia dalla finestra, il sudore che iniziava ad imperlare le loro fronti quasi unite e la madre che ordinava a Liam di spegnere i termosifoni per il troppo caldo. Gemma sentì il corpo andarle a fuoco e appoggiò le mani sul petto di Niall, allontanandolo. Il ragazzo aveva le guance arrossate e le labbra gonfie, mentre Gemma guardava fuori dalla finestra il sole risplendere luminoso.
Niall seguì la traiettoria del suo sguardo e sorrise. “Quindi?” le chiese.
Gemma si girò a guardarlo. “Non avresti dovuto farlo, ora non mi puoi più stare vicino.”
Niall scattò sull’attenti, gli occhi spalancati e la bocca schiusa. “Cosa? Pensi davvero che dopo questo bacio io ti lasci stare? “ puntò i suoi occhi azzurri su quelli, ormai distanti, della ragazza da cui sarebbe stato sempre attratto. “Non puoi dirmi una cosa del genere, Gem. L’ho fatto perché era da tempo che ci pensavo, e ora che è successo sono sempre più deciso a non abbandonarti.”
Gemma strinse le labbra, mentre le temperatura della stanza si abbassava di nuovo. Liam sbuffò e si avvicinò al termostato fuori dalla sua stanza. “Questi cambiamenti climatici ci faranno ammattire.”
”Proprio per questo devi starmi lontano, per evitare che cambi tutto” disse lei per farsi udire solo dal biondo, mentre Liam scendeva pesantemente le scale, tornando al piano di sotto.
”E’ già cambiato tutto. Perché credi che io ti stia accanto? Perché mi piaci, Gem, perché non posso fare a meno di te e perché la tua storia è diventata anche la mia da febbraio. Non ti lascerò attraversare quest’inferno da sola, tu hai bisogno di me come io di te.”
Gemma si alzò di scatto dal letto e andò verso la finestra, scostando la tenda con un gesto rabbioso. “Guarda, Niall, guarda!” urlò indicando il cielo sopra la sua casa. Il sole si stava offuscando per l’arrivo di densi nuvoloni, ancora.Ti sembra che noi potremmo stare insieme come le persone normali? La gente normale non cambia il tempo, Niall, non lo condiziona con le sue emozioni. Saremmo destinati a vivere lontani, e io non sarei libera di essere me stessa senza influenzare il cielo sopra di noi. Ti sembra bello vivere così? Saresti in grado di vedere il sole risplendere e ucciderti per il troppo calore, per poi subire un abbassamento repentino della temperatura?” strinse le labbra, le palpebre leggermente abbassate, con Niall che seguiva alla lettera il suo ragionamento, stringendosi le mani tra loro. Piccole gocce di pioggia iniziarono a picchiettare contro il vetro della finestra. Gemma sentiva le lacrime solcarle le guance, ma nonostante ciò continuò, perché era giusto che lui sapesse cosa tutto avrebbe significato. “Non potremmo stare insieme. Se solo avessi saputo prima ciò che per te significasse l’affetto nei miei confronti, ti avrei allontanato, come ho fatto con tutti gli altri.”
”Non me ne sarei andato comunque.”
Gemma urlò fristrata. Si portò le mani ai lati della testa, abbassando lo sguardo sui suoi piedi scalzi. “No, no, no” diceva, con le lacrime che le scendevano dagli occhi copiosamente, il cielo che lasciava intravedere lampi abbaglianti.
Niall si alzò dal letto e Gemma sentì le molle del materasso tendersi nuovamente, con i passi del ragazzo che si avvicinavano. “No, vattene” disse con la voce rotta. “Non devi starmi vicino, Niall, non puoi.”
”Gem, non ti lascio. Puoi anche prendermi a calci in culo, ma io non uscirò da questa fottuta stanza, hai capito?” urlò di rimando il ragazzo tirandosi due ciocche di capelli.
Gemma appoggiò una mano sul vetro freddo della finestra, tirando su con il naso. Il sapore di Niall era ancora sulle sue labbra, avrebbe tanto voluto cancellarlo per far sembrare che niente fosse accaduto, ma era certa che non appena lui avesse messo piede fuori dalla sua camera, l’avrebbe perso per sempre.
”Niall, va’ via” disse lei, sollevando gli occhi arrossati su quelli azzurri del ragazzo che le stava di fronte con gli occhi lucidi.
”Non lasciarmi andare, per favore” disse lui, abbassando il tono della voce. “Potremmo provarci”
”Niall, no.” Gemma picchiettò l’unghia dell’indice sul vetro, attraverso cui il vento smuoveva rapido gli alberi del viale e la pioggia che si era trasformata in un acquazzone vero e proprio. “Non riusciresti nemmeno ad immaginare di stare accanto a me, vivere in uno stato di apatia eterno, attento a non sbilanciarti troppo con le emozioni perché potresti creare problemi. Non avrei la mia occasione di essere felice, e standomi accanto, non vorrei per nulla al mondo privarti della felicità che sicuramente una ragazza normale può darti.”
Niall le afferrò le mani, stringendole nelle sue. “Tu sei sempre stata normale, Gem. Per me, lo sei sempre stata, e continuerai ad esserlo. Certo, ora hai anche un potere, ma rimani sempre la stessa Gemma.”
”Una ragazza che non riesce a dire neanche al suo stesso fratello quanto bene gli voglia. Ma ti rendi conto, Niall, di che persona io sia diventata?” disse Gemma staccando le mani da quelle fredde del ragazzo. Fece un passo indietro, sbattendo la schiena contro il muro alle sue spalle. “Sarebbe tutto troppo difficile per entrambi, ti stancheresti di me dopo nemmeno due giorni. E’ meglio così.”
Niall indurì la mascella. “E io che credevo di farti stare bene.”
Quelle parole spezzarono qualcosa all’interno di Gemma, qualcosa che lei pensava fosse già rotto, e quell’ulteriore dolore al petto non fece che avvalorare la sua tesi. Aveva sbagliato ad averlo accanto, doveva allontanarlo, sarebbe stata la decisione più giusta per entrambi. “Mi hai sempre fatto stare bene, ma ora è giusto che tu te ne vada e che tu ti possa occupare della tua vita senza un tale peso” disse indicandosi con un gesto rapido del braccio.
In quel momento Liam aprì la porta con un vassoio di biscotti in mano. “Ho interrotto qualcosa?” chiese, notando il clima teso dentro la stanza. Gemma abbassò gli occhi e diede le spalle al biondo, con Liam ancora ancorato alla maniglia della porta. “Posso passare dopo, nesssun problema..”
”No, Niall se ne stava andando.” Disse lei, mordendosi il labbro inferiore, con le lacrime che abbandonavano ancora i suoi occhi e il temporale che infuriava al di là della finestra.
”Sì, me ne stavo andando” disse Niall sorprendendo Gemma. Lei si girò a guardarlo e vide Niall raccogliere il cappello e i guanti, infilandosi poi il cappotto pesante. Gem continuava a piangere, tanto ormai il tempo si era rovinato, così come quel muro che aveva innalzato attorno a sé, un muro pieno di crepe che Niall aveva contribuito a creare. Il biondo salutò Liam con una pacca sulla spalla, e poi si girò una sola volta verso Gemma. “Ti ho sempre voluto bene per quello che sei, e non per quello che hai deciso di essere.” E uscì definitivamente dalla sua stanza, con Liam che appoggiava il vassoio sulla scrivania e abbracciava sua sorella che si era lasciata scivolare sulla parete fino ad accucciarsi per terra.


 
 
 La mattina dopo Gemma chiese in prestito la macchina ai suoi genitori.
Quella appena passata, era stata una nottata terribile durante la quale non aveva chiuso occhio, ripensando a quanto fosse precipitata la sua vita, ancora e ancora, in un buco sempre più nero e profondo.
Anche Niall era uscito dalla sua vita. Gemma sapeva che fosse la miglior cosa da fare perché non poteva rovinare anche la sua vita con il suo problema, non poteva. Non voleva che Niall si potesse, un giorno, innamorare di lei e Gemma non avrebbe potuto esprimere il suo affetto senza che la temperatura si alzasse oltre ogni limite massimo. Se lo avesse lasciato entrare nella sua vita come fidanzato, si sarebbero creati solo problemi su problemi, e non voleva che ciò potesse accadere. Voleva che le persone che la circondavano stessero bene, e poiché teneva tantissimo a Niall, non voleva farlo soffrire.
Ma averlo allontanato definitivamente, non aveva fatto altro che far soffrire Gemma stessa. Lei non sapeva che Niall provasse qualcosa nei suoi confronti, non aveva avuto modo di capirlo, ma sarebbe stato meglio se non fosse successo. Prese le chiavi della macchina e partì rapida per le strade di Mullingar, guizzando nel traffico con le mani ben ancorate al volante e la mascella serrata, con il cielo scuro che minacciava pioggia.
Schiacciò l’acceleratore e camminò ancora più rapidamente, con le macchine che le sfrecciavano accanto nel verso opposto e un tremolio alle mani che non le permetteva di restare tranquilla. Imboccò la superstrada, girando a destra al primo incrocio, e uscendo su una piccola via piena di buche e dossi. La percorse più lentamente, fin quando non sbucò su un prato immenso che si allungava per tantissimi ettari di terreno e con le montagne a creare il giusto sfondo. Avevano le cime innevate, e quel giorno faceva molto freddo. Gemma lasciò la macchina sbattendo la portiera alla sua schiena e si mise a correre tra gli alti fili d’erba, scostandoli con le braccia e con il labbro inferiore stretto tra i denti. Quando giunse ad un buon punto, lontano da chiunque e da ogni cosa, si tolse con un scatto della mano il cappello dalla testa e si lasciò cadere con le ginocchia, conficcandole nel terreno freddo e duro.
Il cuore le batteva forte nel petto, e dopo aver tirato una profonda boccata d’aria, urlò.
Urlò con quanto fiato aveva in gola, lasciando che tutto il dolore e la sofferenza uscissero fuori come un fiume in piena, travolgendo qualsiasi cosa. Il cielo si fece ancora più nero sopra di lei, le nuvole si scontravano tra loro e iniziarano a lasciar scendere la pioggia.
Gemma si buttò in avanti reggendosi sui gomiti, il suo corpo piegato nell’erba fitta e ormai irrigata dall’acqua che il cielo lasciava cadere, poi iniziò a singhiozzare anche lei.
Pianse con i singhiozzi.
La sua vita era terribile, non poteva trattenere ogni cosa che avesse dentro, prima o poi una persona sarebbe scoppiata. Non poteva parlare con nessuno, era condannata a restare sola per sempre, con il dolore ad occupare un posto fisso nel suo cuore come se fosse sempre stato parte di lei.
Il suo corpo era bagnato, ed iniziò a picchiare i pugni contro il terreno molle, il fango che si creava sotto il suo peso e i capelli che le ricadevano ai lati della testa. Aveva gli occhi stretti, incapaci di sopportare la sofferenza che in quel momento stava lasciando uscire dal suo corpo troppo minuto perché potesse reggere eternamente un peso di tale portata.
Il cielo iniziò a tuonare, e numerosoi fulmini caddero nella terra che le stava vicino. Alzò lo sguardo verso le nuvole scure, con le gocce che colpivano violentamente le sue palpebre, costringendola a chiuderle ad intermittenza. Il forte odore di pioggia le invadeva le narici, e si inginocchiò, spalancando le braccia deboli. “Perché” urlò al cielo sopra di lei, sapendo di non poter essere ascoltata da nessuno. “Perché a me. Ti prego, dimmi perché mi hai maledetto in questo modo, perché proprio io. Cosa ho fatto di male per meritarmi questo” gridò, con la voce rotta e la pioggia che scendeva più copiosamente. Serrò gli occhi, la pioggia che si mescolava alle lacrime sul suo viso. Si alzò in piedi, le spalle tese verso il basso.
”Tu non hai fatto niente di male.”
Bastò quella voce a farle venire la pelle d’oca. Non l’aveva mai sentita, eppure sentì una scossa elettrica attraversarle il corpo, come se un forza superiore la stesse contattando per la prima volta. Si girò per scoprire da dove provenisse, il cuore che le batteva ancora più forte di prima, scattando la testa a destra e a sinistra. “Chi sei?” urlò proprio mentre un fulmine cadeva alla sua destra. Si parò il volto con le mani, per poi tornare a setacciare il prato circostante. “Chi sei, ho detto!?” gridò ancora, con un tuono che rompeva intanto il silenzio della valle.
”Ho sentito ogni singola cosa che hai detto.” La voce le rimbombò dentro peggio dei tuoni sopra la sua testa. I capelli le si appiccicarono alle guance per la foga di muoversi e guardarsi attorno.
”Ti prego, dove sei” chiese disperata, le mani strette in pugno pronta a difendersi. Smise di piovere improvvisamente, ma i tuoni e i lampi continuavano a squarciare il cielo. Il mondo era totalmente grigio.
”Sono qui” disse una voce alla sua sinistra, e girò la testa, facendo un passo indietro. Accanto a lei un manto d’erba si sollevò alla sua altezza, come se una montagna si stesse creando sotto i suoi occhi. Arretrò ancora, gli occhi spalancati e la bocca schiusa, senza un fiato che abbandonasse le sue labbra. La montagna d’erba mostrò una crepa proprio sul davanti, da cui uscirono piano della dita che spinsero di lato il terreno sollevato come se si fosse trattato di una porta scorrevole. Gemma iniziò a respirare più profondamente, continuando ad arretrare.
Il suo livello di pazzia stava crescendo a dismisura. Aveva sempre creduto che la magia non esistesse, ma poi lei riusciva a cambiare il tempo meteorologico solo grazie alle sue emozioni. Possibile, però, che una figura stesse uscendo da una specie di collinetta creata dal nulla? No, okay, ormai sapeva di aver raggiunto il capolinea.
La mano uscì, seguita da un braccio e da una spalla muscolosa. Gemma respirò più velocemente, continuando ad arretrare, mentre intorno a lei si levava pian piano un vento sempre più forte.
La figura uscì di scatto dall’apertura nel terreno sollevato come una farfalla che lascia il suo bozzolo per spiccare il suo primo volo. Gemma rimase atterrita da tale visione.
Di fronte a lei, c’era un ragazzo completamente nudo, ma coperto da un manto d’erba che lo fasciava fino al collo. Le braccia e le gambe erano scoperte, ma sporche di terra, come anche il suo viso color del terriccio. Aveva gli occhi chiusi, ma quando li aprì, il loro verde accecò Gemma per la potenza. Sembrava volesse far morire d’invidia il prato che lo circondava, tanto fosse luminoso e brillante. Erano l’unica cosa del corpo distinguibile in quell’ammasso di sporcizia. Gemma, contrariamente a quanto avesse pensato, si sentì attrarre da quella figura come se avesse aspettato solo lei per tutta la vita.
”Tu non hai fatto niente di male, Gemma” riprese il giovane, lasciando che le parole uscissero melodiose dalle sua labbra imbrattate di terra. “E’ nel tuo destino avere questo potere.”
”Perché io?” chiese lei, facendo un passo avanti e spostandosi i capelli bagnati dalle labbra screpolate.
Il ragazzo fece un passo avanti a sua volta, quasi invisibile e frenato dal manto d’erba da cui era coperto. “Quando hai soffiato le tue candeline, una stella cadente è passata sopra la tua casa. Un evento più unico che raro, alla fine di Gennaio.”
Gemma aggrottò le sopracciglia. “Questo non dice niente” rispose coraggiosamente, incantata dal verde degli occhi del giovane dalla voce melodiosa e calma.
Il ragazzo chiuse gli occhi e si lasciò andare ad un sospiro. “La scia che ha lasciato la stella, durante la sua caduta, è – come dire – rimasta attratta dalla luce delle tue candele, facendo accadere una reazione chimica inconoscibile agli umani. La reazione è avvenuta nel momento in cui hai soffiato, e il fumo sprigionato dal tuo soffio non è stato altro che il risultato della reazione. Tu, che lo hai respirato, sei stata toccata dalla magia della stella.”
Gemma scoppiò a ridere, reputandosi una pazza da rinchiudere in manicomio. “Certo, come no. Sta di fatto che quella sera, tutti quelli che mi erano accanto hanno respirato lo stesso fumo. Perché solo io ho questo problema?!” disse a voce alta. “Spiegami questo.”
Il ragazzo scosse le spalle, lasciando smuovere i fili d’erba attaccati ad esse. “Perché era il tuo, di compleanno, non quello dei tuoi amici. Ora devi venire con me.”
Gemma indietreggiò, scostandosi dall’incantesimo del ragazzo. “Certo che non lo farò. Non lascerò la mia famiglia per andare con uno sconosciuto chissà dove. Un tizio uscito dall’erba, poi. Non sono così pazza da lasciarmi abbindolare da una tale allucinazione dovuta alle mie emozioni contrastanti.”
Il ragazzo si avvicinò a lei, muovendosi piano. “Il tuo compito è quello di stare accanto a me, e agli altri. Siamo noi che ci occupiamo della natura.”
Gemma sollevò entrambe le sopracciglia. “Certo. E ora chi sono questi “altri”?”
Il ragazzo sorrise con un angolo della labbra, il terreno dietro di lui che prese a sgretolarsi pian piano, uniformandosi al resto del prato. “Li conoscerai se verrai con me. Sei l’ultima gemma rimasta sulla Terra.”
La ragazza indietreggiò, guardandosi indietro alla ricerca della sua macchina in quel momento scomparsa. “Ci sono sette miliardi di persone nel mondo, ovvio che ci sono altre ragazze che si chiamano Gemma.”
Il ragazzo scoppiò a ridere, tappandosi la bocca con un gesto infantile che la fece sorridere, rischiarando il cielo ancora annuvolato. “Io intendo la pietra preziosa. Abbiamo quella della Terra, quella dell’Acqua e del Fuoco. Tu sei la gemma dell’Aria, e il tuo nome avrebbe dovuto indicarti la strada ma, da quanto vedo, non sei per nulla perspicace.”
”Ehi!” urlò Gemma, stringendo le labbra, mentre il ragazzo le allungava la mano, smuovendo piano le dita.
”Vieni con me, tutti staranno bene.” Rincarò lui.
”Non posso lasciare le persone che amo.” Disse lei, mordendosi un’unghia, nonostante lo sguardo del ragazzo le infondesse una certa sicurezza. “Tu sei la gemma della Terra, presumo. E le altre?” chiese, incuriosita.
Improvvisamente al corpo del giovane si accostarono due ologrammi, o una specie. Gemma riusciva a vedere abbastanza bene i contorni di due ragazzi, uno dai capelli scuri e gli occhi azzurri che aveva la mano dal palmo sollevato verso l’alto, con una piccola goccia d’acqua che ci svolazzava sopra. L’altro, dagli occhi brillanti e dalla carnagione olivastra aveva sulla mano una fiamma viva che guizzava verso l’alto. Sorrisero entrambi a Gemma che arretrò ancora, terrorizzata. “Sto sognando” disse a voce alta.
Il ragazzo della terra le si avvicinò cautamente, fin quando non sfiorò la mano che la ragazza aveva ancora vicino alle labbra screpolate. “Fidati di noi. Ti stavamo aspettando.”
”Ma non posso venire, non posso lasciare la mia famiglia, Niall, i miei amici, la mia vita!” disse alzando la voce verso la fine. Il ragazzo le sfiorò la mano con un dito, e quando Gemma la allontanò dalle sua labbra, gliela prese delicatamente, facendo avvicinare il suo corpo coperto dal pesante cappotto.
”Hai già fatto in modo che tutti si allontanassero da te perché, infondo, sapevi fosse la cosa migliore da fare. Sapevi che sarebbe successo qualcosa, prima o poi.” Indicò i ragazzi che erano leggermente indietro e che la guardavano fissi negli occhi. “Quel qualcosa siamo noi, Gem. Non hai mai fatto niente di male in questi mesi, ti stavi solo preparando a questo momento. Devi occupare quel posto, ti spetta. Sei la gemma dell’Aria, non puoi tirarti indietro.”
Gemma lasciò che il ragazzo la tenesse per mano. “Come vi chiamate?”
”Avremo un tempo infinitamente lungo per conoscerci, ti basta sapere che noi siamo come te. Eravamo umani che pensavano di essere maledetti, ma quando ci siamo incontrati, abbiamo finalmente saputo il nostro posto. Non è che la tua vita non abbia un senso. Un senso ce l’ha, ed è questo” disse lui guardandosi dietro. “Devi stare accanto a noi, a controllare le forze della natura.”
Gemma abbassò lo sguardo, sebbene si stesse ancora lasciando trasportare dal giovane dagli occhi verdi. “Ma cosa faranno le persone che lascerò qui?”
”Continueranno a vivere come hanno sempre fatto, solo che si dimenticheranno di te.”
Gemma si bloccò. “No, non voglio.” Disse con voce bassa.
Il ragazzo la guardò negli occhi, scrutandola attentamente. “Vuoi che soffrano la tua mancanza finchè il loro cuore non smetterà di battere, o vuoi che si dimentichino di te, continuando però ad essere felici?”
”Ed io?” chiese Gemma. “Io non sarò felice vedendoli continuare a vivere senza di me!”
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, dove le nuvole si erano quasi diradate totalmente. “Ci vedi tristi?” chiese quello di punto in bianco.
Gemma li guardò, uno per uno. “No, ma questo non significa che io sarò come voi!”
”Tu sei come noi, e sempre lo sarai. Vuoi continuare a vivere nell’apatia, Gemma? O vuoi essere te stessa e vedere le persone che ami vivere felicemente? Non eri tu la ragazza che parlava di felicità all’amico dal cuore spezzato, dopotutto?”
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Gemma si sentì il volto andare a fuoco e gettò un’occhiata al ragazzo con la fiammella. Quello alzò gli occhi dorati al cielo. “Non sono stato io” ammise.
La ragazza riportò lo sguardo sugli occhi smeraldini che distavano solo qualche centimetro dai suoi. “E se non riuscissi ad essere felice?”
Il ragazzo le sorrise e con l’altra mano le accarezzò una guancia umida di pioggia. Una fossetta gli apparve all’angolo della bocca. “Lo sarai, perché saresti finalmente libera di essere te stessa.”
I due ragazzi dietro annuirono verso di lei, alzando i loro palmi in risposta. Gemma si guardò indietro.
”Non li ho nemmeno salutati.” Disse, riferendosi ai familiari che avrebbe abbandonato, se avesse scelto di seguirlo.
”Sarebbe stato peggio” disse il ragazzo dagli occhi blu che aveva iniziato a giocherellare con la sua goccia d’acqua. Gemma annuì nella sua direzione e strinse la presa sulla mano del giovane sporco di terra.
”Fidati di me, non ho la faccia di un giovane cattivo. Faccio tutto questo per il tuo bene. Non pensi che sia arrivato il momento di mostrare la vera Gemma Payne?” le disse, accompagnando la sua frase con un sorriso.
L’ammasso di terriccio si sollevò da terra nuovamente, con la crepa ormai allargata e con il ragazzo che andava in quella direzione. Il sole ormai aveva fatto capolino da dietro le nuvole e con i suoi raggi colpì in pieno viso Gemma che socchiuse gli occhi. Solo una nuvola era rimasta in cielo.
Il giovane si mise in posizione, girandosi verso di lei e lasciandole la mano. “Dopo di te, signorina” disse.
Gemma aggrottò le sopracciglia, poi una piccola porzione di quella nuvola solitaria si avvolse su se stessa, scendendo in picchiata e avvolgendo il corpo della ragazza come se fosse zucchero a velo. Gemma tastò la consistenza della nuvola, con lo sguardo meravigliato e un sorriso che pian piano sbucava sul suo volto illuminato dal sole. Le dita passarono attraverso quella coltre di vapore, poi quando vide i ragazzi annuì nella loro direzione. Aveva già effettuato la sua scelta.
Certo, abbandonare la vita che aveva vissuto fino a quel momento sarebbe stato drammatico, ma forse quello sarebbe stato l’unico modo per essere libera, per essere se stessa senza alcun tipo di problema che avrebbe seguito le sue emozioni. Avrebbe potuto sorridere di nuovo, scherzare probabilmente, essere in grado di provare tutti i sentimenti che aveva lasciato arginare dentro il suo cuore, allontanandoli dalla sua presa affinchè non la investissero. Ma era finalmente arrivato il momento di voltare pagina. Quella sarebbe stata la storia di Gemma Payne, una ragazza che avrebbe continuato a vivere con il suo potere, essere se stessa e al contempo vedere le persone che le erano sempre state accanto felici. Era quella la cosa più importante. Forse quello sarebbe stato il suo vero posto nel mondo, un posto da cui non si sarebbe mai più discostata. Ecco perché la macchina era scomparsa, rammentò, perché i suoi avevano dimenticato di avere una figlia lontano da casa, per questo la vettura era tornata nel parcheggio.
L’ignoto faceva paura, forse sarebbe persino morta, ma se non si fosse buttata non avrebbe mai saputo cosa ci sarebbe stato. Il giovane poteva averla presa in giro, ma le sue parole erano così rincuoranti da urlare “casa” da ogni dove. Non avrebbe avuto paura, o almeno ci sperava.
Osservò i tre ragazzi ancora di fronte a lei, e Gemma chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dal movimento delicato di quella piccola parte di nuvola, arrampicandosi su in cielo e respirando aria pura. Subito dopo di lei, i due ragazzi fecero sparire il loro ologramma, mentre il giovane dagli occhi verdi guardava verso l’alto e vedeva Gemma scomparire all’interno del resto della nuvola, con un leggero sbuffo.
Ora tutto sarebbe stato in ordine, ogni cosa al suo posto.
Gemma sarebbe stata bene e soprattuto felice.
Sarebbe stato il suo vero inizio.
Sorrise scuotendo la testa, e si lasciò assorbire dalla terra, scomparendo a sua volta, lasciando che quella valle ritornasse desolata, come se non fosse successo nulla.





Spazio autrice
Ok, forse vorreste uccidermi a questo punto, ma sappiate che è tutto sotto controllo, è giusto che abbiate questo sentimento nei miei confronti. (Che bello, parlo da sola.)
Ma comunque.
So che quello che dicono le tre gemme è drammatico, cioè, i suoi amici, i suoi genitori si dimenticheranno di lei. Capisco che sia una cosa terribile anche solo da pensare, ma se non fosse successo, come avrebbero vissuto le persone vicino a Gemma? Lei vuole il bene per tutti, e se non si dimenticano di lei, questo bene non verrà mai.
E' stata la scelta più dura della sua vita, ma indispensabile affinchè le persone che ama siano felici.
Ho lavorato ad un sequel in cui parlo del "mondo di lassù" e di come sono realmente i personaggi, con i relativi problemi. L'ho appena pubblicata, passate! http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3233058&i=1
Un bacio, 
Elisa :)


 
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: _windowsgirls