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Autore: Mobextur    21/08/2015    0 recensioni
“perché non dovrei rendere felici questi bambini? Sono ancora piccoli non meritano la tristezza che si prova con la crescita, il rendersi conto che tutto finisce, che la mangia e quel mondo di fantasia che si crea non esistono ma esiste la dura realtà e che per diventare felici una volta da grandi bisogno metterci il duro lavoro che a volte può abbattere duramente, il sorriso beh… voglio rendere i bambini felici e se non lo sono prima io, come posso rendere felici loro?” Una strana figura arriva in città, è l'Omino paffuto e con lui arriva il caso più incredibile nella storia di Jean Huston pronta a perdere anche la vita pur di proteggere la sua amata cittadina di Kidville.
Genere: Horror, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando l’omino paffuto arrivò nella mia città ricordo che era un giorno caldo e afoso, ed io, lo sceriffo di Kidville, mi godevo la giornata sul portico dell’ufficio suonando il mio banjo e aspettando che accadesse qualcosa.

Sapete Kidville  è così chiamata a causa di uno strano ed elevato numero di bambini piccoli, sarà perché ci sono più bordelli che scuole, comunque visto l’alto numero di bambini qualcosa doveva pur accadere, infatti tutti i bambini tra gli uno e tre anni d’ età improvvisamente iniziarono a piangere rumorosamente, quasi all’unisono, senza un perché, questo voleva dire che mi sarei dovuta subire molte lamentele da parte di quei pochi anziani presenti in città, ma non ne facevo un problema sono sempre stata calma e testarda, cose del genere non mi infastidivano, quindi provai a fare qualsiasi cosa, dissi alle madri di cullarli, darli da mangiare, procurai giocattoli di tutti generi in pochi minuti per calmarli, ma niente non volevano smettere di piangere, quando ad un tratto dall’orizzonte vidi arrivare lui: “L’omino paffuto”.

L’unica cosa che notai da lontano furono due grossi sacchi che si portava dietro, erano enormi e non capivo cosa ci fosse dentro, comunque come sceriffo mi avvicinai e domandai cordialmente: “Salve straniero, benvenuto a Kidville, io sono lo sceriffo Jean Huston, perdoni il fracasso, ma abbiamo qualche problema, qual è il suo nome?”

“Non ho un nome specifico, ma può chiamarmi Omino paffuto o solo omino” mi rispose gentilmente, sembrava un tipo apposto, ma molto strano, notai che non aveva pistole alla cinta, inoltre, anche se spirava fiducia, aveva uno strano ghigno sulla faccia, un sorriso a trentadue denti che non spariva mai, mi sembrava stranamente familiare, continuò domandandomi “Potrei sapere cosa sta accadendo? E se posso dare una mano?”

“I bambini stanno tutti piangendo all’unisono e, come può sentire, non sembrano smettere e da un’ora che proviamo di tutto.”

“Oh! Allora so perfettamente cosa fare”
iniziò a tirare fuori giocattoli da sacchi così gli  dissi

“Abbiamo provato a usare i giocattoli ma è inutile”

"Non avete provato con i giocattoli giusti” mi rispose sicuro di sè, sbalordendomi, infatti quando diede il primo giocattolo quel bambini immediatamente smise di piangere e non riuscivo a capire il perché, non riuscivo a crederci, ma non mi importava, stranamente fui costretta a legare Silver, il mio cane, perché era furioso non smetteva di abbaiare all’Omino e sembrava volerlo mordere, lo trovai un po’ strano, ma all'arrivo dell'Omino divenne irrequieto, non lo biasimavo aveva quel sorriso inquietante che non toglieva mai, ma rendeva felice i bambini e non sembrava pericoloso.

Una volta finito di dare i doni esclamò soddisfatto “Ah! Bene è stato un piacere”, sempre con quel sorriso stampato in volto, si avvicinò a me e chiese “Sceriffo, potrei chiederle dov’è un saloon in cui potrei alloggiare?” io risposi gentilmente dopo aver urlato a Silver di calmarsi.

 “C’è il saloon qui dietro l’angolo aspetti che l’accompagno” pensai che accompagnandolo avrei potuto capire cosa c’era di strano in lui che face abbaiare Silver solitamente con gli straniere è comunque tranquillo, comunque arrivammo al saloon ma in lui non c’ era nulla di strano era una persona normale, solo con quel sorriso stampato il faccia un po’ inquietante, lo lasciai davanti al saloon e andai a dormire, anche se dormire era un modo di dire siccome subivo di incubi che ritraevano la morte di mio padre che a malapena ricordavo.  

Il mattino seguente mi svegliai col profumo di uova strapazzate, cosa che trovai molto strana siccome vivevo da sola, così mi alzai con molta lentezza, mi vestii e uscii di casa e vidi l’Omino preparare la colazione favorita da tutti i bambini era sorprendente, così gli domandai stupita “Ma… ma… perché sta facendo tutto questo? E come? E perché ha sempre quel sorriso in volto?” mi rispose semplicemente dicendo o meglio domandando “Perché non dovrei farlo?”

Io sbalordita domandai “Come scusi?”

“Perché non dovrei rendere felici questi bambini? Sono ancora piccoli non meritano la tristezza che si prova con la crescita, il rendersi conto che tutto finisce, che la mangia e quel mondo di fantasia che si crea non esistono ma esiste la dura realtà e che per diventare felici una volta da grandi bisogno metterci il duro lavoro che a volte può abbattere duramente. Il sorriso beh… voglio rendere i bambini felici e se non lo sono prima io, come posso rendere felici loro?” Mi rispose con quelle frasi che mi ammaliarono capii che di lui ci si poteva fidare, anche se Silver cercava costantemente di morderlo, infine gli domandai “Esperienza passata?”

“Diciamo” mi rispose lui. Anche se mi sembrava che mi potessi fidare di lui non poteva fare a meno di non fidarmi di quel ghigno. Così chiamai uno di quei bambini un tra i più grandi gli diedi delle caramelle, tante caramelle, e gli dissi di tenermelo d’occhio e di dirmi se avrebbe fatto qualcosa di strano, intanto andai nell’ufficio davanti allo specchio, alzai la maglietta e osservai una cicatrice che avevo sul fianco sinistro, poco sotto al seno e non riuscivo a ricordare come me la fossi procurata, ma nulla di nuovo, ricordavo quel ghigno e il mio corpo che cadeva a terra, ad un tratto entro Jack, il mio vice sceriffo, che disse “Come te la sei procurata?”

Io dissi “Non me lo ricordo e poi non si bussa? Avevo la maglietta alzata”

“Beh sono il vicesceriffo e questo è l’ufficio non c’è il bisogno che bussi e poi oltre la cicatrice non c’è niente da vedere” mi rispose in modo cattivo alludendo al mio sfortunato piccolo seno così gli puntai la magnum in faccia, dove lui esclamò “Non vorrai spararmi per una cosa del genere?” abbassai la pistola senza dire una parola, ma appena abbassò la guardia gli diedi un forte schiaffo che gli lascio il segno, infine mi domandò “Da quanto tempo hai quella cicatrice?”

“Poco dopo la morte di papà circa 10 anni” risposi un po’ offesa finì lì la conversazione fu una cosa molto strana. La sera successiva successe qualcosa di sorprendente, molto strano nella città di Kidville. Sentii una signora urlare molto forte, così presi la pistola scesi dal letto e accorsi, la cosa inquietante e che la madre era andata a controllare il figlio che si era addormentato da parecchio ma invece lo trovo morto.

Non c'erano tracce di nessun genere, niente sangue, nessun taglio, nessun foro di proiettile, tranne due fori sul fianco sinistro simili ai miei e  ovviamente il suo volto pallido e sembrava molto infelice, le labbra era siggilate verso il basso come se fossero bloccate per la tristezza, non c’era nulla da fare. Osservai la bocca di chiunque incontravo e nessuno aveva i denti per fare quei buchi, pensai che si potesse trattare di un serpente, ma erano troppo distanti e in alto, avevo spie bambini per tutta la città ma nessuno mi ha detto nulla era tutto tranquillo. Così aspettai, sapevo che il killer si sarebbe ripresentato, ma  feci troppo tardi per evitare il delitto, stessa scena, ma notai che non avevano nulla in comune solo l’età, aspettai ancora, al terzo delitto feci molto presto e cosa incredibile arrivai presto, ma anche troppo tardi, il bambino era morto ma con lui c’era l’Omino a osservarlo gli domandai “Cosa ci fa lei qui?”

“Io voglio la felicità dei bambini per questo sono qui”

“Capisco” risposi e continuai dicendo “Lei sta mentendo ha ucciso lei questi bambini!”

“No, io voglio solo la loro felicità” lo osservai per interi minuti negli occhi ma era così diceva la verità, non c'erano prove che fosse stato lui o meglio non c'era minima traccia di prove, però quel ghigno gli occhi dicevano una cosa la bocca un'altra, e per il bambino ancora una volta non potevo fare nulla. Il giorno dopo il mio fidato cane al posto di abbaiare all’Omino lo segui con passo felpato così lo segui anche io e lo seguimmo sino a un capanno abbandonato, nella zona più oscura e “maligna” del capanno dove lo vidi iniziare uno strano rito con un bambino semi nudo e macchiato con strano effigi sul corpo, così presi le pistole le caricai tirando indietro il cane della magnum e osservando gli occhi stranamente argentati di Silver dissi a bassa voce “attacchiamo” ma lui mi senti comunque così si avvicino di corsa, non riuscii a reagire abbastanza in fretta che fu Silver ad attaccare per primo ma l’Omino tirò fuori dal nulla una falce con cui taglio la testa a Silver facendo così schizzare tutto il sangue sulle pareti e la testa lontana dal corpo, quella cosa mi fece arrabbiare e volevo togliergli quel dannato sorriso persistente sul volto, così iniziai a spararlo a raffica ma era inutile i proiettili non gli facevano nulla, tirò fuori dal nulla un’altra falce e me le puntò alla gola, sghignazzando, dopodiché mi tagliò un po’ la gola con una di esse e assaggiò il mio sangue e disse gustandolo “Io ricordo di questo sangue… oh! Tu sei la bambina con cui avevo il permesso di stuprare, peccato che non ci sia riuscito, per colpa di tuo padre che mi fece sparire per 10 anni, bastardo!” Mi incazzai ancora di più gli sputai in faccia e gli domandai “Cosa sei?”

“Oh! Non lo sai? Io sono un demone e tuo padre caccia quelli come me, o meglio cacciava, l’ho ucciso prima che mi rispedisse all’inferno con quel suo dannato incantesimo” così ricordai tutto, rubava la felicità dai bambini e prima che mi uccidesse vidi uno spirito che lo fermò, era mio padre. Presi una delle sue falci e nonostante mi bruciasse alle mani lo attaccai e credevo di averlo ferito ma non era così non gli feci nulla e dopo disse “Tu, bastardo, eri  entrato nel cane!” e poco prima che lo fece dissolvere il fantasma mi disse “Jean l’acqua” e poi spari, io presi un tubo d’acqua lì vicino e gliela spruzzai addosso, si bruciò e vidi il suo vero volto scheletrico, guadagnai tempo così ricordando la formula magica pronunciata 10 anni fa da mio padre, aspettai che venne abbastanza vicino da sentirmi per bene e così pronunciai: “Kamiduit in inferziam demui in iterni”,  funzionò, era sorprendente, finalmente aveva perso quel fottuto ghigno dalla bocca e bruciava finalmente all’inferno quel mostro maledetto, Silver era morto, lo spirito non si fece rivedere, non sapevo che fare, l’unica cosa che sapevo è che mio padre aveva trovato la pace e io, Jean Huston, ho sconfitto il demone che nessuno conosceva, e per questo racconto la mia storia, dovranno i miei figli, o i loro figli, o i figli dei loro figli, sapere come sconfiggere quel demone nel caso si ripresentasse e per ora io sono contenta di non rivedere più L’omino paffuto.
   
 
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