Quando si parla della guerra, comunemente si pensa a tutti coloro che a causa di essa sono morti, pagando con la vita la difesa del proprio paese.
Ma oltre a loro, ci sono altri eroi, altri che dovrebbero essere ugualmente mitopoietici, che tuttavia vengono troppo spesso dimenticati.
Sono i genitori che vedono partire il proprio figlio verso una destinazione sconosciuta ma pericolosa e che, pur con il cuore spezzato in mille piccoli pezzi affilati ed inconciliabili e con la paura assolutizzante di non rivederlo un'altra volta, abbassano la testa e non si ribellano.
Sono i ragazzi, poco più che bambini, che, pur rimanendo intatti nel corpo, vengono feriti indelebilmente nell'anima, vedendo amici, fratelli, venire trucidati senza pietà, cadere sotto i colpi di una mitragliatrice nemica come fossero foglie secche, ma che nonostante tutto non perdono la speranza di uscire vivi da quell'Inferno, e continuano imperterriti a lottare con forza e determinazione.
Sono le infermiere dei campi, ragazze appena sbocciate il cui unico trucco che colora la loro pelle di seta è costituito dal sangue dei soldati che devono curare e salvare.
Sono i bambini, che festeggiano il nuovo anno con l'esplosione delle bombe. Per quanto possano far finta che esse in realtà siano fuochi d'artificio, non ci riescono mai davvero.
Sono coloro che sono sopravvissuti abbastanza per raccontare le loro imprese, ma che dormono ancora con la luce accesa, ed il cui pensiero, ogni singolo giorno, va a tutti quelli che non si sono più potuti godere il mondo senza la guerra.