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Autore: Sad Angel    01/02/2009    1 recensioni
Capitolo extra di Einziger! Seduto su un divanetto, tra Tom e Georg, con Gustav alle mie spalle, osservo la sorridente giornalista che ci sta di fronte che, da circa mezz’ora ci sta’ porgendo le “solite” domande, formulate talmente spesso da aver meritato, da tempo, una sorta di “risposta standard” finché, per la prima volta da parecchie interviste, non ne pone una che mi spiazza completamente. Un secondo. Un sorriso appare sul mio volto mentre, velocemente, vengo investito dai ricordi..
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Seduto su un divanetto, tra Tom e Georg, con Gustav alle mie spalle, osservo la sorridente giornalista che ci sta di fronte ch

Seduto su un divanetto, tra Tom e Georg, con Gustav alle mie spalle, osservo la sorridente giornalista che ci sta di fronte che, da circa mezz’ora ci sta’ porgendo le “solite” domande, formulate talmente spesso da aver meritato, da tempo, una sorta di “risposta standard” finché, per la prima volta da parecchie interviste, non ne pone una che mi spiazza completamente.

Un secondo.

Un sorriso appare sul mio volto mentre, velocemente, vengo investito dai ricordi..

 

 

…Einziger…

…Extra Kapitel…

…Mein erster Fan…

 

Ero solo un ragazzino di 13 anni quando, oramai rassegnato ad essere lasciato indietro da tutti perché considerato “strano”, mi ero trasferito assieme ai miei genitori a Magdeburg.

Un ragazzino “strano”, che amava utilizzare la matita per gli occhi di sua madre, che aveva lasciato il suo paese, ben conscio che i problemi lo avrebbero seguito anche nella nuova città.

Ero quasi rassegnato a quello. Essere solo, senza nessuno che potesse comprendermi pienamente, me e la mio sviscerale amore per la musica. Condannato a vita ad essere additato come la “femminuccia”, ad essere deriso dal bullo di turno, tanto sicuro di sé stesso, da dover sfottere qualcun altro, mostrandosi forte, per non venire sfottuto a sua volta.

L’avevo pensata così a lungo. Che quello fosse in un certo senso il mio destino. Era un destino che mi faceva schifo, ed io, nonostante tutti gli anni di prese in giro costanti, avevo continuato a lottare, per non arrendermi solo che, alla lunga, ero arrivato quasi alla rassegnazione.

Avevo quasi iniziato a pensare che ci fosse davvero qualcosa di sbagliato in me. Che era quella mia “anormalità” a precludermi l’opportunità di essere accettato. Tristemente, avevo iniziato a credere che non sarei mai stato capito, che sarei sempre stato solo. Contro tutto.

Poco dopo il trasferimento, però, qualcosa era cambiato.

Georg, mi aveva trovato. Un solo gesto, aveva riacceso qualcosa in me. La speranza. Ma, come se ciò, di per sé, non fosse già un miracolo, mi aveva fatto conoscere Gustav.

Venivo ancora preso in giro, ovviamente, ma ora era diverso. Al mio fianco, c’era qualcuno a cui importava di me, che non voleva soffrissi e che, era felice di passare il tempo in mia compagnia.

E poi, infine, era arrivato Tom.

Come una folata di vento, era arrivato lui, quello che, per scherzo, era diventato “mio fratello”. Tanto simile a me, e, allo stesso tempo, anche diverso, era il gemello che non avevo, ma che sentivo che avrei dovuto avere.

Felice, i miei amici al mio fianco, lo stesso sogno condiviso, oltre alle divertenti giornate trascorse insieme, avevo compiuto 14 anni.

Avevo conosciuto Rolf, un ragazzino che sapeva il fatto suo e che, a pelle, mi era subito piaciuto. Per lui, era stato lo stesso, ovviamente, tanto che non appena suo padre aveva ottenuto una promozione, il mio amico aveva insistito per venire a Magdeburg, per stare con me.

A pelle, Rolf, mi era piaciuto subito, perché in lui, si combinavano bene due qualità che reputavo indispensabili, soprattutto nel ruolo di nostro manager, che lui voleva follemente ricoprire. Pratico, per risolvere ogni problema con sangue freddo, e dalla mente aperta, da assecondare ogni idea strampalata che immancabilmente avevo.

“Qualsiasi cosa fai, per Rolf, è perfetta solo perché l’hai fatta tu!” aveva commentato un giorno Georg, sogghignando del nostro rapporto. E la cosa bella, era che era davvero così.

Dopo tanto tempo, mi ero svegliato, come da un incubo, durato anni ed anni. Tutto era finito. Ora, ero amato, amato per ciò che ero. Amato, a priori, da delle persone, perché ero io. Solo Bill, niente più. In un secondo, in me, era nato un coraggio immenso. La paura di essere deriso per ciò che ero, era svanita. Cosa importava, se qualcuno mi trovava strano, quando avevo Tom, Georg, Gustav e Rolf, costantemente al mio fianco? Niente.

Mancava solo una cosa per chiudere il quadro. Realizzare il nostro sogno. Il mio sogno.

 

Avevamo vinto un’importante concorso per band esordienti e, cosa ancora più spettacolare, eravamo stati notati. Subito dopo la nostra esibizione, prima ancora che vincessimo, tornati dietro alle quinte, un uomo si era avvicinato a noi.

Io, lo avevo osservato, gli occhi sgranati, un po’ intimorito. Tom, sempre guardingo, lo aveva scrutato.

“Complimenti, ragazzi!” aveva esordito lui, con un sorriso sincero “Volevo solo dirvi che siete davvero molto bravi…”

“Grazie, lo sappiamo…” aveva risposto subito Tom, la voce seria, come faceva sempre quando non sapeva con chi aveva a che fare.

Lui aveva sorriso ancora, questa volta a “mio fratello”, per niente infastidito dalla sua spiccata ‘modestia’ “Spero vinciate voi…!” aveva concluso, allontanandosi.

 

Avevamo vinto. Anche grazie a lui, ovviamente, che faceva parte della giuria. Quando, sul palco, avevano detto ‘Devilish’, ci eravamo abbracciati poi, gettando un’occhiata alla giuria, che ci applaudiva, avevo visto che lui mi stava sorridendo.

Avevamo vinto e, cosa che al momento non sapevamo, vincendo, ci eravamo aggiudicati uno dei migliori manager in circolazione. La stessa persona che era venuto dietro le quinte a complimentarsi con noi, che mi aveva sorriso dalla giuria. Quella persona, era David.

 

David, con i suoi consigli, era stato più che fondamentale. Insostituibile.

Ci aveva spronato ad esercitarci, in ogni situazione e, quando poi, per scherzo, avevo composto una canzone assieme a Tom, lui si era complimentato a lungo con noi, giudicandola niente male, per essere il nostro primo tentativo.

Infine, aveva insistito sull’importanza delle nostre apparizioni, ancor prima del contratto.

Un giorno, era apparso, al garage, mentre io ed i ragazzi provavamo.

Non appena lo avevo notato, gli avevo sorriso, finendo la canzone che stavo cantando poi, non appena la musica si era interrotta, David si era avvicinato.

“Ho una grande notizia per voi…” aveva esordito, sorridendo “La vostra prima esibizione live! Certo, non sarà nel più grande stadio di Germania, ma almeno, farete pratica e vedremo come reagiranno le persone, alle vostre canzoni…”

Ero sbiancato, poi avevo deglutito, nervoso.

Un secondo dopo, Tom si era avvicinato a me. Appoggiando il braccio sulla mia spalla, aveva sorriso a David “Faremo vedere di che pasta siamo fatti… Non te ne pentirai, promesso!”

Anche David, aveva sorriso “Lo so…”

 

Era arrivato il giorno del concerto, in un supermarket della zona. David aveva fatto allestire un piccolo palco per l’occasione.

Mentre salivo sul palco, ero più teso di una corda della chitarra di Tom. Avevo gettato un’occhiata interrogativa anche a mio fratello. Nervoso, anche lui, all’incirca quanto me.

Avevo sospirato, piazzandomi in mezzo al palco. Il microfono in mano.

Vedevo, le persone, camminare, davanti al palco, gettandomi occhiate interrogative. Probabilmente si stavano domandando chi accidenti fossimo.

Espirai, poi mi voltai, facendo un cenno veloce a Gustav.

Il mio amico annuì, poi io mossi la mano. Eins, zwei, drei!

 

In un secondo, ecco la musica. Ed ecco, di nuovo, il me stesso, cantante, che si lasciava completamente andare, che faceva chilometri, percorrendo il palco in tutta la sua lunghezza, lo stesso ragazzino che cantava alla folla, che a poco a poco eravamo riusciti a radunare.

Non c’erano più pensieri.

Solo la nostra musica.

Ed io ero lontano, chilometri e chilometri, in un luogo dove nulla aveva importanza, eccetto la mia voce che risuonava, divertendo me stesso.

Ciò che facevo, era principalmente quello. Cantavo, per me, perché era il mio modo di essere libero, di essere ciò che ero.

Quando infine tacqui, però fu qualcos’altro a rendermi soddisfatto e felice.

Applausi.

 

Era passato solo un giorno dalla nostra piccola esibizione.

Le mani in tasca, camminavo, canticchiando, per le strade di Magdeburg, scrutando le vetrine ed il cielo, cercando di tirare l’ora in cui, avrei incontrato gli altri.

Il walkman, all’improvviso, si spense ed io, imprecando, lo estrassi dalla tasca della giaccia, rigirandomelo tra le mani.

“Accidenti…” imprecai.

“Bill?!?

All’improvviso, sentendomi chiamare da una voce che non avevo mai sentito prima, mi voltai di scatto. Un bambino, più piccolo di me, mi osservava, gli occhi grandi. “Sei Bill, vero? Non mi sono sbagliato, giusto?” domandò ancora.

“No, no. Sono io.” Risposi, fissandolo ancora esterrefatto, più che certo di non avere mai parlato prima con quel bambino e, dubitando, persino di aver mai poggiato i miei occhi su di lui, in precedenza.

“Ieri ero al supermercato con mia mamma…” spiegò.

Un secondo, sgranai di nuovo gli occhi, troppo sconvolto, per riuscire a parlare.

“Volevo solo dirti che sei davvero bravo…” dopo avermi rivolto un altro mega-sorriso, il bambino terminò dicendo “Mi piacciono molto le tue canzoni, le ho sentite molto mie!”

Deglutii poi, sorridendo, iniziai ad arrossire, imbarazzato. Inconsciamente, iniziai a grattarmi una guancia “Grazie. Davvero, grazie mille…”

Il bambino mi sorrise di nuovo, tutto contento “Sono contento di averti incontrato! Volevo anche dirti che d’ora in poi, ti seguirò sempre! Sono un tuo fan!”

Lo fissai, ancora più sconvolto. “Grazie…” risposi ancora.

“Robert!” chiamò all’improvviso una donna, sporgendosi dalla porta di un negozio a breve distanza.

Il bambino, si voltò di nuovo “Arrivo!” urlò, poi tornò a sorridermi “Ciao, Bill!” salutò, svanendo, rapidamente.

Io, rimasi un secondo, immobile, a fissare il negozio, in cui era sparito, poi, lentamente, mi voltai, ricominciando a camminare, il sorriso sulle labbra.

 

 

“Bill?!? Bill?!?

Sentendomi chiamare, torno alla realtà, riappoggiando lo sguardo sulla giornalista che sta ancora aspettando una risposta alla sua domanda.

“Si, ricordo perfettamente, la prima persona che mi ha fermato per strada…” sorrido.

 

 

Quel bambino, mi aveva fermato per strada, probabilmente, senza pensare, senza rendersi conto di ciò che avrebbe significato, senza pensare a ciò che avrebbe portato.

Aveva detto di essere mio fan.

Il mio cuore, si era riempito di orgoglio, di stupore, perché, per la prima volta, qualcuno apprezzava ciò che io facevo. Apprezzava le mie doti. E non era solo questo.

Quel bambino, aveva cambiato in un certo senso, il mio modo di cantare.

Avevo cantato solo per me, per divertirmi, sfogarmi, essere me stesso ma, prima di lui, non avrei mai sperato di poter esprimere i desideri di altre persone, di farle felici, con la mia musica.

Anche se lui non lo sapeva, dovevo molto a Robert, come dovevo molto ad ogni persona che era stata al mio fianco, a partire da Tom, Georg e Gustav.

 

Lasciai che i giorni trascorressero, senza far nulla, attendendo che arrivasse quello più adatto, cosa che, puntualmente, avvenne.

Il giorno del suo compleanno.

Quel giorno, trovandomi per lavoro a chilometri di distanza, non potei far altro che afferrare il cellulare, comporre un numero, sorridendo.

 

Cosa c’è di meglio, per esprimere la mia gratitudine, se non fare ciò per cui, lui mi apprezza di più, pensai, pronto ad esibirmi, di nuovo, per la prima persona che, dichiarandosi mio fan, aveva riempito il mio cuore di gioia.

 

Das Ende.

 

  
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