1 - Resistance (Muse)
“Is our secret safe tonight
And are we out of sight
Or will our world come tumbling down?
Will they find our hiding place?
Is this our last embrace
Or will the walls start caving in?”
John non poteva crederci.
L'avevano diffamato. Lo credevano un
impostore psicopatico costantemente in cerca di attenzioni. Erano
perfino piombati a Baker Street per mettergli le manette ai polsi e
portarlo via come tante volte avevano fatto con i criminali che,
proprio grazie a lui, erano riusciti a fermare.
Ora, all'improvviso, l'eroe di Londra,
nonché suo migliore amico, era diventato il manigoldo numero uno
della città che aveva sempre difeso.
Non sapeva cosa pensare, John. Eppure
di una cosa era assolutamente certo mentre correva a perdifiato per
vicoli angusti e stradine malamente illuminate, la sua mano destra
ammanettata alla sinistra di Sherlock: nessuno lo avrebbe convinto ad
abbandonare l'uomo che così spesso e in così tanti modi diversi gli
aveva salvato la vita, dovunque le circostanze li avessero condotti.
Non importava ciò che la gente avrebbe
detto o pensato. Non importava ciò che avrebbero scritto sui
giornali, perché John Watson sarebbe rimasto al fianco di Sherlock
Holmes per sempre, qualunque cosa fosse accaduta.
Sarebbe stato disposto a correre con
lui, incatenato alla sua mano, per tutta la vita.
Avrebbero resistito. Insieme.
2 - Go the distance (Michael Bolton)
“I’ll be there someday, I can go the distance
I
will find my way, if I can be strong
I know ev’ry
mile, will be worth my while
When I go the distance,
I’ll be right where I belong”
Londra non era cambiata molto rispetto
a come John Watson l'aveva lasciata prima di partire in missione per
l'Afghanistan.
I suoi edifici moderni affiancati a
costruzioni ottocentesche di vittoriana memoria, la tenue nebbiolina
grigia che serpeggiava tra le strade e avvolgeva la moltitudine
informe di persone che, come fantasmi senza volto, sciamavano
freneticamente da un luogo all'altro della metropoli, il cielo
plumbeo che in ogni momento poteva costringere londinesi e turisti ad
aprire gli ombrelli... Tutto era rimasto uguale, eppure tutto era
cambiato.
Ma, in effetti, era molto più
probabile che John Watson stesso non fosse più l'uomo che aveva
lasciato l'Inghilterra tempo prima.
Ciò che aveva visto, fatto e vissuto
in Medio Oriente l'aveva reso diverso, irreparabilmente diverso.
Ma ora, era tempo che il soldato
tornasse alla vita civile, anche se la prospettiva di unirsi alla
fiumana piatta e grigia di volti anonimi, che ogni giorno calcavano
le strade della City in preda ai loro piccoli drammi personali, lo
ripugnava e gli faceva avvertire una morsa dolorosa allo stomaco.
Eppure sapeva di non potersi arrendere
a quel fato. Una parte di lui era infatti fermamente convinta che, da
qualche parte, in quel gigantesco alveare di vetro, cemento e nebbia,
dovesse esistere un posto in cui sentirsi di nuovo vivo, utile e,
perché no, anche amato.
Doveva solo perseverare in quella
convinzione e continuare a cercare.
3 - Lemon Tree (Fool's garden)
“I'm sitting here in a boring room
It's just another
Rainy sunday afternoon
I'm wasting my time
I got nothing to do
I'm hanging around
I'm waiting for you
But nothing ever happens - and I wonder”
Quella domenica pomeriggio, Londra era
avvolta tra le spire di una fitta nebbia, nella quale si confondevano
la condensa dei respiri e i gas di scarico delle auto.
Compatti nuvoloni scuri aleggiavano sui
tetti degli edifici e la leggera pioggerella che aveva iniziato a
cadere quella mattina non accennava ad arrestarsi.
John era uscito con Sarah, o forse si
chiamava Elizabeth?
Sherlock non si interessava alle storie
sentimentali del suo coinquilino, ma non poteva negare che la sua
assenza non lo lasciasse indifferente.
Si stava annoiando terribilmente. Non
c'era neanche un caso da seguire perché aveva liquidato tutti i
clienti della settimana, declassando i loro problemi a sciocchezzuole
e banalità, decisamente indegne della sua mente geniale.
Aveva cercato di concentrarsi sui suoi
esperimenti chimici ma continuava a sorprendersi a lanciare occhiate
impazienti all'orologio che, chissà come, quel giorno di novembre
pareva proprio non volersi dare una mossa.
Alla fine si era arreso e aveva
abbandonato provette e alambicchi per gettarsi sul divano,
avvolgendosi nella vestaglia. Neanche il violino si era rivelato un
rimedio efficace per combattere la noia, inoltre, John e la signora
Hudson gli avevano requisito le sigarette, riponendole in un
nascondiglio che, malgrado tutti i suoi sforzi, non era ancora
riuscito a scovare.
Con un gemito di frustrazione si passò
le mani tra i capelli neri.
Stava impazzendo! Gli serviva una
distrazione! Subito!
Ad un tratto, udì il suono ritmico di
un paio di piedi, senza dubbio appartenenti alla signora Hudson, che
salivano le scale e si fermavano proprio fuori dalla porta
dell'appartamento.
Sherlock alzò gli occhi al cielo ed
emise un leggero piagnucolio. Non aveva proprio voglia di stare a
sentire la sua anziana padrona di casa, ma se non l'avesse fatta
entrare, quest'ultima avrebbe spifferato tutto a John non appena
fosse rientrato e lui si sarebbe così sorbito una ramanzina coi
fiocchi circa la buona educazione, la cortesia e tutte quelle altre
scempiaggini tanto care all'amico.
Così, quando un bussare sordo risuonò
da oltre l'uscio di legno, sospirò rassegnato.
- Avanti! -
- Buon pomeriggio, Sherlock. John non è
in casa? -
- Evidentemente no, signora Hudson, ma
la sua deduzione è stata davvero brillante. -
La donna non fece caso al suo sarcasmo
tagliente. - Oh, è un vero peccato. In una giornata cupa come questa
si dovrebbe rimanere a casa davanti al camino acceso con la propria
dolce metà, non trova? -
A quelle parole, il viso solitamente
impassibile di Sherlock assunse una di quelle rare espressioni
confuse che comparivano solo quando si trattava di questioni che
riguardassero le relazioni con altri esseri umani.
- Come, scusi? -
L'altra fece un sorrisetto sardonico. -
Oh, andiamo, Sherlock! Non c'è nulla di cui vergognarsi. Parlo di
lei e John, naturalmente! -
- Signora Hudson, John non è la mia
dolce metà. - rispose l'uomo in tono calmo e pacato, come quando si
cerca di spiegare qualcosa ad un bambino cocciuto.
- Certo che no, caro. - disse
distrattamente la donna.
A quel punto, Sherlock si alzò dal
divano e finse di guardare l'orologio. - Oh, guardi, signora Hudson!
Sono già le cinque! Non è l'ora della sua tazza di tè? -
- Ero proprio venuta a chiedere se lei
e John volevate farmi compagnia... - balbettò la padrona di casa
mentre Sherlock le cingeva le spalle con un braccio e la guidava
senza tante cerimonie verso la porta.
- Be', come ha visto lei stessa, John
non c'è e io detesto quell'intruglio disgustoso che lei osa definire
“tè”, quindi non la trattengo oltre. -
Non attese risposta e chiuse l'uscio
con un colpo secco, lasciando fuori la povera signora e le sue
proteste indignate, dopodiché si gettò di nuovo a peso morto sul
divano, mentre le parole della donna gli rimbombavano nella testa,
facendolo sghignazzare.
John, la mia dolce metà?! Sul
serio?!
4 - May it be... (Enya)
“May it be an evening star
Shines down upon you
May it be when darkness falls
Your heart will be true
You walk a lonely road
Oh! How far you are from home”
Quando era uscito di casa quella
mattina, John non aveva alcuna intenzione di recarsi al cimitero.
Si era semplicemente proposto di fare
una passeggiata, inoltre la sua analista gli aveva caldamente
sconsigliato di continuare a far visita alla tomba dell'amico,
scomparso da tre mesi.
Eppure i suoi piedi sembravano aver
memorizzato il percorso e avevano finito per condurlo proprio di
fronte al cancello di ferro che delimitava quella mistica macchia di
terreno dove il mondo dei vivi incontrava quello dei morti.
Strinse i pugni. Non doveva entrare.
Non doveva.
Ritrovarsi ancora una volta a fissare
la lapide polverosa, di cui conosceva ormai ogni minimo dettaglio,
con impresso, a lettere dorate, il nome del suo più caro amico, non
lo avrebbe certamente aiutato a lasciarsi alle spalle quella
tragedia.
Ma un impulso incontrollabile lo spinse
a varcare la soglia del cimitero ancora prima che la sua parte più
razionale potesse opporsi.
Data la frequenza delle sue visite,
aveva ormai imparato ad orientarsi alla perfezione in quel labirinto
di nomi sconosciuti incisi su marmo e granito e, in meno di un
minuto, raggiunse la piccola e solitaria radura in cui riposavano le
sue spoglie.
John sospirò. Ancora non si era del
tutto abituato all'idea che Sherlock se ne fosse andato.
La sua analista diceva che stava
attraversando la fase della negazione, e che, prima o poi, avrebbe
dovuto accettare la realtà.
Eppure, nonostante l'evidenza dei
fatti, accadeva spesso che John fosse pervaso da una strana e ferma
convinzione che, per quanto assurda, lo faceva sentire curiosamente
euforico, fino a farlo scoppiare a ridere.
In quei momenti, si convinceva con ogni
fibra del suo essere che il suo migliore amico fosse ancora vivo, da
qualche parte nel mondo, lontano da casa.
Lo immaginava spesso percorrere, come
un'ombra dagli occhi di ghiaccio, strade buie e solitarie in città
remote alle quali non riusciva a dare un nome.
Allora, senza nemmeno rendersene conto,
John pregava che, ovunque Sherlock si trovasse, stesse bene e
riuscisse sempre a far fronte a qualunque pericolo fosse acquattato
nell'oscurità.
5 – The last goodbye (Billy Boyd)
“And though where the road then
takes me,
I cannot tell
We came all this way
But now comes
the day
To bid you farewell”
- Eccoci qui. -
John non era mai
stato bravo con i discorsi, e, ancora meno, quando si trattava di
discorsi d'addio.
Non che lui e
Sherlock avessero mai avuto bisogno di tante parole per capirsi, ma
quella sarebbe stata probabilmente l'ultima volta che gli occhi del
dottore avrebbero incrociato quelli freddi e impenetrabili
dell'amico, quindi era naturale che egli si sentisse in dovere di
dire qualcosa.
Eppure, è proprio
in quei momenti che le parole si sottraggono ostinatamente alla
nostra presa.
Tuttavia, quando
Sherlock gli tese la mano e John la strinse saldamente nella sua, fu
come se ogni muro tra loro fosse stato abbattuto per lasciar fluire
liberamente emozioni e parole che non avevano bisogno di essere
pronunciate.
In quella stretta
era racchiuso il ricordo di tutte le avventure vissute insieme, di
ogni singolo istante in cui John Watson e Sherlock Holmes avevano
percorso lo stesso sentiero, fianco a fianco. Ma quel contatto, in
apparenza tanto formale e distaccato, serbava anche la dolorosa
consapevolezza di un inequivocabile e definitivo addio, perché
quello era il giorno in cui le loro strade si sarebbero divise per
sempre.
Il giorno
dell'ultimo saluto.
Da Stria93: Ehm...
Ciao a tutti!
Scusate ma sono
emozionatissima. È sempre difficile esordire in un nuovo fandom, in
più non scrivevo fanfiction da molti mesi e temo di essere un po'
arrugginita.
Anyway, mi sono
appassionata di recente a questa serie, che mi ha coinvolta e
intrigata fin dalla prima puntata, e shippo assolutamente JohnLock,
se non si fosse capito.
Tenevo tantissimo
a scrivere qualcosa in questa sezione ma l'ispirazione non mi è
ancora tornata del tutto e avevo davvero paura di combinare un
disastro con le caratterizzazioni, così mi sono buttata su questa
challenge che, grazie agli spunti dati dalle canzoni, mi ha aiutata
parecchio in questo senso, anche se il pericolo di finire OOC è
sempre in agguato, nonostante cerchi di fare di tutto per evitarlo.
Mi scuso anche se
l'impaginazione non è proprio perfetta, ma il programma che uso di
solito non vuole collaborare.
Ok, ora smetto di
tediarvi con chiacchiere inutili ma non posso prima esimermi dal
ringraziare di tutto cuore chiunque vorrà leggere questi brevi
lavori scritti senza alcuna pretesa.
Grazie a tutti! :)