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Autore: Svampi    23/08/2015    0 recensioni
Harry ha ventun anni e si sta per sposare. E' stata una cosa improvvisa, ma lui è convinto. Deciso. Sette giorni al matrimonio, niente e nessuno gli farà cambiare idea.. O forse si?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Seven Days to the Wedding

 

Lunedì  6 Giugno

Ero agitato, sì. Le mani avevano iniziato a sudarmi, ed io odiavo averle umide e appiccicaticce. Del resto, a chi piacerebbe?

-Tesoro, va tutto bene?-

Mi girai verso Ginger, abbozzando un sorriso, sperando con tutto il cuore che fosse abbastanza convincente.

-Ma certo.-

-Sicuro? Mi sembri..nervoso.-

-Si, sono sicuro.- per evitare che facesse altre domande mi sporsi verso di lei, lasciandole un piccolo bacio sul collo scoperto. Ridacchiò, ritraendosi un po’.

-Ma che fai!? Sto guidando!- mi riprese, ma dal suo tono capii che non era affatto infastidita.

-Lo so.- mormorai, scostandomi, e tornando a sedermi composto.

Stavamo insieme da poco, ma io sapevo di amarla. Amavo la sua precisione e la sua dolcezza, amavo la sua intelligenza, e il fatto che non mi trattasse come un bambino. Amavo le sue dita sottili, ora avvolte in un paio di guanti di pelle rossa. Amavo i suoi capelli biondi e lunghi, così lisci e morbidi che avrei potuto accarezzarli per ore.

Desideravo sposarla, lo desideravo con tutto me stesso ma, conoscere la sua famiglia, quello era completamente un’altra faccenda.

Sapevo che, quando Ginger li aveva chiamati per dar loro la notizia, i suoi genitori non avevano dato in escandescenze come mi sarei aspettato. Avevano accettato la decisione della loro figlia maggiore senza discussioni. Si fidavano di lei, e sapevano che non era una persona che non ragionasse sulle cose e non ponderasse le proprie azioni. Ma un conto era essere accettati per telefono, un altro lo era esserlo di persona. Cosa avrebbero detto trovandosi di fronte un ventenne sbarbatello, senza ancora una laurea in mano, pochi spiccioli nel conto in banca e qualche lavoretto saltuario sulle spalle? Sapevo di non essere un gran partito, e sapevo di essere giovane. Ma non ero stupido, né avventato. Avevo imparato a cavarmela da solo fin da piccolo, e sicuramente ero più maturo di molti miei coetanei. Ginger mi aveva rassicurato dicendomi che lei lo sapeva, mi amava per questo, e che anche la sua famiglia lo avrebbe capito.

-Eccoci! Ci siamo!-

Il grido entusiasta di Ginger mi distolse dai miei pensieri, facendomi sobbalzare. Guardai attraverso il parabrezza e rimasi senza parole: dopo aver superato un cancellone in ferro verde scuro, lasciato spalancato, ci ritrovammo circondati da piante altissime che costeggiavano il viale in pietra su cui eravamo. In fondo al viale si ergeva una villa a due piani di color giallo limone, ai davanzali delle finestre ampie e in legno scuro erano appesi dei vasi ricchi di fiori variopinti.

-Che modesta dimora..- riuscii a mormorare dopo qualche istante.

Ginger si aprì in un grosso sorriso, parcheggiando la macchina sotto una tettoia in legno sul lato destro della stradina.

-Ti piace?- domandò genuinamente.

-Certo, amore -

-Ci speravo.-

Le sorrisi e, prima di uscire dall’auto, mi chinai per darle un bacio delicato sulle labbra.

Ci avviammo insieme verso il porticato, la mia mano sinistra stretta nella sua. Avevo bisogno di coraggio e sapevo che in lei, lo avrei trovato.

 

***

 

Erano appena le nove di mattina e io avevo già finito la mia abbondantissima colazione. Me ne stavo rannicchiata nella mia poltrona preferita in salotto, cercando di non addormentarmi. La sera prima ero uscita con delle amiche in un pub a Dublino, e ci avevamo messo un sacco a tornare. Avendo vissuto per tutto l’anno a Cambridge non ero più abituata alle strette stradine irlandesi e avevo fatto molta fatica a guidare la Golf di Paula, sbronza marcia, che cantava e dava direttive senza senso sul sedile posteriore. Sta di fatto che, ora che avevo riaccompagnato tutte a casa, ora che avevo aiutato Paula a distendersi sul divano di casa sua, perché il letto era decisamente troppo lontano da raggiungere, e ora che avevo parcheggiato di fronte a casa erano le tre passate. Non sapevo per quale miracolo divino fossi riuscita ad alzarmi alle otto. Avevo persino restituito l’auto alla sua legittima proprietaria, che non aveva neanche aperto mezzo occhio per salutarmi, così a casa mi aveva riaccompagnato suo fratello. Zayn era già sveglio, pronto per andare a lavorare all’azienda agricola di mio padre. Ci conoscevamo da quando eravamo piccoli, passavamo molto tempo insieme, io, lui, Paula, mio fratello e Ginger. Giocavamo ai pirati, agli indiani e ai cow-boy, divertendoci come pazzi nel nostro giardino.

Il padre dei fratelli Malik era arrivato in Irlanda dal Pakistan quando era ancora giovane, si era appena sposato con Padma e non avevano un posto dove andare. Aveva fatto domanda per un qualsiasi lavoro nell’ufficio di collocamento a Mullingar, ed era stato mandato all’azienda agricola J.H.C. Era così che aveva conosciuto mio padre, che l’aveva preso subito in simpatia. Arun era un ragazzo sveglio e imparava velocemente, così in poco tempo era diventato il braccio destro di papà. Ora i Malik vivevano in una bella casa qualche minuto distante dalla nostra, nella campagna di Mullingar, e Zayn aveva seguito le orme del padre. In realtà solo in parte, lui lavorava come bracciante, non gli interessava la parte burocratica e finanziaria, non per il momento per lo meno. Aveva solo un anno più di me, ma non aveva voluto iscriversi all’università, come invece avevamo fatto io e Paula. Diceva che la vita era troppo breve per passarla a sgobbare sui libri. Un po’ gli davo ragione, in cuor mio mi sarebbe piaciuto abbandonare tutto e farmi un giro per il mondo. Ma ai miei sarebbe venuta una sincope, e in fondo studiare non mi faceva così ribrezzo. Però ero felice che fosse giugno, che la sessione d’esami fosse finita e che potessi rilassarmi un po’, finalmente. Beh, più o meno. Qualcosa da studiacchiare ce l’avevo, ma ero troppo eccitata dalla notizia del matrimonio di Ginger per potermi concentrare sui libri.

Io ero stata la prima a saperlo. Mi aveva chiamata su Skype una sera, ero in camera da sola perché Paige, fedele compagna di stanza e una delle mie migliori amiche, era uscita con Mike, lasciandomi al mio tè ai frutti di bosco e a un film con Leonardo di Caprio. Quando avevo sentito il primo trillo provenire dal pc sulla scrivania avevo deciso di ignorarlo. Poi, data l’insistenza dello scocciatore, mi ero arresa e avevo messo in pausa a malincuore il dvd. Ero rimasta sorpresa trovandomi di fronte mia sorella, con un sorriso da un orecchio all’altro e gli occhi luccicanti.

-Ehi, Ginger, è successo qualcosa?- le avevo domandato, non sapendo se dovessi preoccuparmi per la sua espressione estasiata o se dovessi farlo per il fatto che mi avesse chiamata senza nessun preavviso. Lei si premurava sempre di mandare un sms per essere sicura di non disturbare.

Aveva annuito appena con la testa e me lo aveva annunciato. –Mi sposo.-

Due paroline tanto semplici che mi avevano lasciata per un lungo momento senza parole. La mia sorellona si sposava? E con chi? Certo, mi aveva già parlato qualche volta di un ragazzo che nell’ultimo periodo l’aveva presa particolarmente, ma non avevo capito che si trattasse di una storia tanto importante.

-Harry mi ha chiesto di sposarlo. E io ho detto sì. –

Ero rimasta in silenzio per un altro istante, poi le avevo chiesto se fosse felice. Non avevo bisogno di sentirmi dare nessuna risposta, il suo viso diceva già tutto.

Mi aveva fatto promettere di non dire niente a mamma e a papà, che voleva e doveva farlo lei, e di non dire niente nemmeno a mio fratello. Alle mie amiche che lo dicessi pure. E io l’avevo presa in parola. Avevo aspettato Paige sveglia per raccontarle tutto. Ero a metà tra l’essere contenta per mia sorella, e l’essere scioccata dalla rivelazione. Lo shock però mi era passato in fretta, Ginger aveva la testa sulle spalle, sapeva sempre quello che faceva, non dovevo preoccuparmi per lei. Non mi restava che essere felice.

Tranquillizzai mia madre nei giorni seguenti, sentendola quasi ogni giorno per telefono. Non era tanto l’unione in sé che la preoccupava, anzi, riguardo a quella, dopo aver parlato con Ginger, non nutriva alcun dubbio. Più che altro la angosciava l’organizzazione. Già. Proprio così. Ginger le aveva spiegato che volevano una cerimonia intima, con pochi invitati, a casa, senza troppe pretese, ma che si volevano sposare subito. E mamma era andata subito in fibrillazione. Le avevo assicurato che sarei tornata presto per aiutarla, appena fossero finiti i corsi, e così avevo fatto.

Mi stiracchiai voluttuosamente e sbirciai fuori dalla finestra. Da una parte avrei voluto maledire Ginger per aver deciso di arrivare così di buon mattino, dall’altra non vedevo l’ora di riabbracciarla, e di conoscere finalmente il fantomatico Harry. Chissà come sarebbe stato mio cognato.

 

***

 

Sotto il portico, seduti su due poltroncine in vimini, trovammo i genitori di Ginger. Si alzarono prontamente per venirci incontro appena ci videro arrivare.

-Mamma, papà, questo è Harry.- mi presentò Ginger, con un sorriso luminoso.

-Molto piacere, signori Horan.- dissi, stringendo le mani di un uomo piuttosto alto biondo-rossiccio e di una donna castana dall'aria elegante.

-Nostro figlio arriverà domani, nel frattempo ti presento la piccola di casa.-

Mr Horan voltò lo sguardo a destra e aggrottò le sopracciglia cespugliose, non trovandovi nessuno. -Scusa, un attimo, Harry.-

Si voltò verso la grande porta d’ingresso, lasciata semi-aperta.

-Mia! Tua sorella é qui! Vedi di scendere in immediato!-

 -Papà, non ti agitare.-

Sentii rispondere con tutta calma.

-E comunque, preferirei che evitassi di presentarmi a tutti come la piccola di casa. Mi fa sembrare una poppante.-

Ginger mi rivolse uno sguardo divertito, prima di correre incontro alla sorella, apparsa sulla soglia, e di stringerla in un abbraccio.

-Mi sei mancata, Canny!-

-Anche tu, Zenzera, ma se non tentassi di soffocarmi potrei essere più felice di vederti..-

Sentii mugolare la ragazza, di cui al momento potevo scorgere solo una mano che teneva ben stretta una mela appena addentata.

-Scusale, Harry, non si vedono da molto tempo.-

Tranquillizzai la signora Horan con un sorriso, attendendo il mio turno di essere presentato. Non dovetti aspettare molto perché Ginger lasciasse la presa e si voltasse verso di me con un sorriso smagliante.

 -Harry, ti presento la tua futura cognata, nonché mia pestifera sorellina minore.-

-Non ci credo, ancora con questi appellativi imbarazzanti!?- borbottò la ragazza che mi apparve davanti, ma la sua espressione sembrava più divertita che infastidita.

Portava i capelli tagliati all'altezza del collo, castani, come quelli della madre. La guardai levare il viso verso l'alto, sbuffando, e lasciandosi scappare una piccola risata dalle labbra sottili. Quando finalmente abbassò la testa, fissandomi in volto, il mio stomaco ebbe un sussulto. I suoi occhi s'incatenarono ai miei, e in quel momento, sperai soltanto che non si liberassero più.

 

***

 

-Mia, avanti..- mi mormorò nell'orecchio mamma, sembrava leggermente sconcertata dal mio improvviso mutismo.

Deglutii a vuoto, schiarendomi la voce.

 -Ciao, io sono Mia.-

 Una gomitata da parte di mia sorella mi fece tendere la mano. Il ragazzo me la strinse frettolosamente.

-Harry, piacere.- mormorò a sua volta.

 Dovetti utilizzare tutta la forza di volontà a mia disposizione per abbandonare il contatto con quegli occhi verdi, che scrutavano i miei così intensamente da farmi desiderare di non distogliere lo sguardo. Oddio, ma che diavolo andavo a pensare!?

-Bene!-

Il battito energico delle mani di mio padre e la sua esclamazione mi riportarono con i piedi per terra.

 -Ora Harry, dato che il resto della ciurma arriva domani, ti inviterei a fare un giro della proprietà.-

-Io posso anche non venire, vero, papà?- domandai a bruciapelo -Ho una tesina da finire, volevo completarla in modo da essere libera per il resto della settimana!- mi affrettai ad aggiungere, anche se non era vero. Avevo già spedito la tesina il giorno prima, ma avevo bisogno di stare sola.

-Non credo ci siano problemi, piccolina.- acconsentì lui, gioviale, al suo solito.

Salutai tutti con un sorriso. Mentre scappavo come un coniglio in camera mia udii la voce bassa e allegra di mio padre commentare:

 -C'é un bel sole, mia cara, non trovi? Sarà senza dubbio una bella giornata.-

 Avrei solo voluto poterla pensare come lui.     

 

***

 

Ok, doveva essere stato un caso. Si, insomma, una semplice fitta, dovuta all'ansia e all'agitazione accumulatesi durante il viaggio. Dopotutto, non capitava poi spesso di incontrare la famiglia della propria promessa sposa sette giorni prima del matrimonio. Certo, era andata così. Io amavo Ginger, non avevo dubbi su ciò che provavo per lei.

 Mi accostai alla finestra della camera per gli ospiti che mi era stata assegnata, e guardai giù. Nel giardino, attorno ad un tavolino, le tre donne di casa Horan stavano ritagliando delle immagini da alcune riviste. O meglio, Ellen (come mi aveva pregato di chiamarla Mrs Horan) e Ginger utilizzavano due paia di forbici. Mia strappava le pagine senza l'ausilio di alcuno strumento. Rise, quando la madre le picchiettò una mano in un finto rimprovero per aver strappato a metà la fotografia. Un altro sbuffo allo stomaco. Probabilmente avevo fame.  

 

***

 

-Allora, che ne pensi!?-

Feci finta di non aver sentito e continuai a sfogliare i ritagli, concentrandomi più che mai sui ricami di abiti bianco panna, che non avrei indossato nemmeno se mi avessero pregato in ginocchio.

-Mia!?-

-Qualcuno carino c’è..- borbottai, senza alzare lo sguardo.

-Ma, no, sciocchina! Che hai capito!? Non intendevo gli abiti, quelli sono tutti meravigliosi!-

Feci una smorfia, poco convinta.

-Intendevo, di Harry. Che ne pensi? Ti piace?-

Sentii lo stomaco stringersi, come se una mano invisibile lo avesse afferrato.

-Sembra ok.- mi sentii rispondere dopo un’eternità, con una voce che non mi apparteneva. Se avevo voluto sembrare naturale, beh, non ci ero riuscita affatto.

-Oh, Mia, andiamo, solo un misero ok!?-

-Ma l’ho visto appena due ore fa, cosa potrei dirti di più!?- domandai a mia volta, guardando in faccia mia sorella. Sembrava leggermente delusa, ma si riprese subito quando mamma le fece l’occhiolino, mormorando un “lo sai com’è fatta”, e lanciandosi in un’elaborata pianificazione dell’acquisto abito che ci avrebbe atteso nei prossimi giorni.

Non riuscivo a stare ad ascoltarla. Riuscivo solo a pensare che avrei potuto dire un’infinità di cose. E non ne avevo detta nessuna. Perché il fatto che fossero un’infinità non andava affatto bene. E mi sentivo terribilmente in colpa.

 

***

 

Scesi i gradini del portico deserto. Mi guardai intorno, quel posto era davvero mozzafiato. Il prato tagliato all’inglese si estendeva per qualche ettaro, ed era lì che si sarebbe svolta la cerimonia. Gli operai sarebbero arrivati il giorno seguente per montare il gazebo. Ginger aveva insistito con sua madre, e alla fine aveva ottenuto che gli invitati non fossero più di una cinquantina tra parenti e amici. A me erano sembrati comunque tanti, ma mi andava bene lo stesso. Io da parte mia avevo invitato solo il mio migliore amico, a farmi da testimone, e tre compagni dell’università. Avevo vent’anni, e non intendevo invadere casa Horan con un’orda di ragazzi scalmanati.

Feci qualche passo sul vialetto lastricato, volevo raggiungere il boschetto che mi era stato mostrato nel tour di benvenuto. Non camminavo da molto, quando sentii il rumore di una macchina.  Mi misi sul ciglio della stradina ma la Range-Rover si fermò diversi metri prima dal punto in cui mi trovavo. Il motore si spense e in pochi istanti vidi un ragazzo piuttosto alto scendere, e recuperare un borsone di cuoio dal bagagliaio. Stavo per andargli incontro per presentarmi, ma mi bloccai. Da un sentiero laterale spuntò improvvisamente Mia, la vidi correre a perdifiato, i piedi nudi, i capelli arruffati. Non appena si accorse di lei, il ragazzo lasciò cadere a terra la borsa e la accolse fra le braccia, stringendola forte a lui. E il mio stomaco tremò. E il respiro mi si fece affannoso. Chiusi gli occhi per un istante, dovevo andare via di lì.

 

***

 

-Non possiamo non vederci per così tanto tempo. Non possiamo, capito!?- sbottai, colpendo mio fratello sulla spalla, non appena mi lasciò andare.

-Se questo è un modo contorto per dirmi che ti sono mancato, grazie.-

-Sei un idiota.-

-Anche tu mi sei mancata, disastro.-

Feci una smorfia, afferrandolo per un braccio e trascinandolo verso casa.

-Mamma e papà muoiono dalla voglia di vederti. Per non parlare di Ginger! Le stava quasi per venire un infarto quando ieri hai detto che non sapevi se alla fine ti avrebbero lasciato libero.-

-Dì la verità, a te il mio scherzo è piaciuto.-

Sorrisi furbescamente.

-Certo. Papà era pronto a fare appello all’ambasciata.-

Rise. E io risi con lui. Perché era bello sentirlo di nuovo. Era bello che fosse lì, con tutti noi.

-Mia, sei sicura che non devi dirmi niente?- mi chiese improvvisamente.

-Che cosa?- domandai con aria confusa.

-Hai portato qualcuno, al matrimonio?-

-No, Paige è andata in Florida con il ragazzo del momento e Grace è andata a trovare i parenti a Oxford.-

-Oh, su, dai che hai capito. Non cercare di sviare.-

Ma che aveva mio fratello? Stare tutto quel tempo in Africa doveva avergli dato alla testa.

-Guarda che non capisco davvero dove tu voglia andare a parare.-

-Beh, e allora che mi dici di quel tizio laggiù?- mormorò malizioso.

Seguii il suo sguardo divertito e per poco non caddi a terra, inciampando nei miei stessi piedi, quando capii a chi si stesse riferendo. Per fortuna mio fratello mi afferrò prima che la mia faccia si andasse a spiaccicare dritta dritta sulle pietre. Perché avrei avuto giusto bisogno di peggiorare le mie condizioni, già catastrofiche per conto loro.

-Ehi, disastro, stavi cercando di suicidarti per non dover ammettere di avere un accompagnatore con il tuo fratellone? Dai, a me puoi dirlo che è più di un semplice amico..-

Spalancai gli occhi.

-Ma..Ma che diavolo stai blaterando!? Accompagnatore!? Amico!? Quello è..Dio, quello è Harry, il fidanzato di nostra sorella, idiota che non sei altro!-

-Oh - mormorò, facendo una faccia stupita almeno quanto la mia. –Beh, ma non è un po’ troppo giovane per sposarsi? Avrà la tua età!-

-Ha vent’anni, Ginger ne ha ventiquattro, e presumo si amino, dato che hanno deciso di sposarsi nel giro di, cosa sono, tre mesi che si frequentano?- presi un respiro, imponendomi di parlare con convinzione. –E poi ci avranno pensato bene, quindi..-

-Si, hai ragione.- tagliò corto lui. -Harry! Ehi, amico!-

-Ma che fai!?- sbottai, tirando uno spintone a mio fratello.

-Beh, avrò pur il diritto di conoscere mio cognato, o no?-

E questa volta mi afferrò lui per la mano, trascinandomi verso il patibolo.

 

***

 

Mi sentii chiamare da una voce sconosciuta. Mi voltai e il cuore sussultò. Il ragazzo di prima stava camminando spedito verso di me. Ma non era quello che mi aveva sconvolto tanto: le sue dita stringevano quelle di Mia. Avrei solo voluto correre via, ma ormai era troppo tardi. Li aspettai sull’ingresso e cercai di assumere un’aria tranquilla e spensierata.

-Harry, finalmente ci incontriamo!-

Sorrisi stringendo la mano del ragazzo, che aveva lasciato andare quella di Mia per presentarsi. Non potei fare a meno di rivolgerle una fuggevole occhiata.

-Lui è Liam.- borbottò. –Quel cretino di mio fratello.-

Era suo fratello.

-E’ tornato da dieci minuti e ha già iniziato a rompere le scatole.-

Risi.

-Sono contento di conoscerti.- dissi, e ne ero pienamente convinto.

 

***

 

Mamma per cena aveva preparato lo sformato di patate e formaggio. Campeggiava in mezzo alla tavola apparecchiata con cura, emanando un delizioso profumino.

Contrariamente a quanto avrei fatto di solito, non mi avventai sulla teglia come una sorta di orso, ma rimasi ferma e composta sulla sedia. Non avevo fame. E questo rappresentava un evento più unico che raro. Mi sentivo in una sorta di trance. Ero lì, in soggiorno, con la mia famiglia al completo e con quell’estraneo capitato tanto all’improvviso, eppure era come se non fossi veramente presente. Li vedevo da dietro una patina ridere, chiacchierare, ma non li sentivo. Non sentivo i loro discorsi. Ero stata molto attenta a non sedermi accanto né di fronte al nostro ospite, in modo da non essere costretta a rivolgergli la parola se non fosse stato strettamente necessario. In realtà non volevo nemmeno scorgerlo con la coda dell’occhio. Ma quello era inevitabile. Ogni tanto il mio sguardo ricadeva sulle sue mani, intente a strappare un pezzetto di pane, o sui suoi riccioli scuri, così scompigliati rispetto ai capelli ordinatissimi di mia sorella, e così in contrasto con il suo biondo grano. Lo vidi mio malgrado sorridere a mia madre, due fossette birichine sulle guance appena appena colorite per il caldo. Male allo stomaco. Non lo dovevo guardare. Non lo dovevo guarda..

-Mia! Mia, per amor del cielo, stiamo parlando con te!-

Il rimprovero di mia madre interruppe il mio mantra, portandomi a fissarla con occhi vacui.

-Si?-

-Harry ci stava dicendo che frequenta il terzo anno all’università di Manchester, alla facoltà di storia. Mi sembra che anche Grace studi storia lì, o mi sbaglio?-

-Sì, fa storia.-

-Magari l’ho già incontrata.-

Aveva la voce roca. Dovetti costringermi ad alzare lo sguardo, non potevo parlargli con la faccia fissa nel mio piatto.

-Si chiama Grace O’Ryan, ma frequenta il secondo anno come me.-

Aveva gli occhi verdi. E allungati.

-Non la conosco, mi spiace.-

Mia madre sorrise, alzandosi nelle spalle, e io mi sentii libera di distogliere lo sguardo.

Ascoltai per un po’ Liam che raccontava dell’Africa, erano due anni ormai che faceva il volontario per Emergency e tutti noi eravamo molto orgogliosi di lui. Certo, ci mancava sempre terribilmente, soprattutto a me. Io e il mio fratellone, che alla fine aveva solo tre anni più di me, eravamo molto legati. Capitava che ci scornassimo, ovviamente, ma di solito andavamo d’amore e d’accordo.

Ora stava parlando a tutti dell’incontro con Fatima, la bambina sudanese che aveva adottato a distanza. Conoscevo già bene tutti i dettagli, così mi permisi di nuovo di estraniarmi.

Ripensai a ciò che aveva detto poco prima Harry. Non conosceva Grace, già. Ma Grace conosceva lui. Non appena le avevo raccontato del matrimonio di mia sorella con uno studente della Manchester University, aveva preteso nome e cognome. Harry Styles. Certo che sapeva chi fosse. Un anno avanti a lei nel corso di storia antica, un figo da paura, aveva sentenziato, un sorrisetto malizioso ad incurvarle le labbra piene. Ovviamente, cicciottella come sono, non mi ha mai filata neanche di striscio, aveva aggiunto subito dopo, senza perdere la sua solita gaiezza.

Conoscevo Grace dalle superiori, era stata la mia compagna di banco il primo giorno di scuola, e tutti quelli successivi. Le volevo bene come a una sorella, lei e le sue guanciotte paffute sapevano sempre mettermi di buon umore, anche quando mi sembrava che il mondo stesse per crollarmi addosso. Un po’ come quest’oggi.

 

***

 

Ero semi-sdraiato sul letto della camera degli ospiti, un braccio dietro la testa. Fissavo Ginger seduta accanto a me, che mi scrutava un tantino preoccupata:

-Non hai mangiato molto a cena, non ti senti bene?-

-Non avevo un grande appetito, ma lo sformato era molto buono.- risposi, rivolgendole un sorriso sincero.

Lei mi guardò ancora qualche secondo, attenta, dopodiché sembrò rilassarsi e si chinò per baciarmi.

-Scusa per la storia delle camere separate.- mormorò, dispiaciuta.

Risi e la attirai a me, circondandola con le mie braccia.

-Sei pazza? Mi piace un sacco. Fa molto retrò.-

Riuscii a strapparle una risatina, dopodiché lasciai la presa per permetterle di alzarsi.

-Buonanotte, amore.- sussurrò, prima di uscire e chiudere la porta dietro di sé.

Aspettai ancora qualche secondo, poi mi alzai anch’io, diretto verso la piccola valigia che mi ero portato dietro, e che non avevo ancora aperto. Mi spogliai lentamente, con lo sguardo fisso verso la finestra. Infilai i calzoni del pigiama e una maglietta intima grigia, sempre guardando il giardino sottostante.

Era stata una bella serata, nonostante il nodo di tensione che mi aveva stretto lo stomaco tutto il tempo. I signori Horan erano davvero gentili e premurosi, come Ginger, e anche Liam era stato simpatico e divertente. Era la piccola di casa, come l’aveva chiamata John Horan, l’unica incognita. Mia era rimasta in silenzio per gran parte della cena e, durante tutta la giornata, non l’avevo praticamente vista. Probabilmente non gli ero piaciuto. Probabilmente mi aveva visto come un intruso spuntato dal nulla, arrivato a rapire sua sorella maggiore. Probabilmente aveva pensato che fossi uno scapestrato, un bambino che voleva assumersi responsabilità incapace di sopportare. Eppure non capivo perché mi importasse tanto. Non si poteva piacere a tutti. Non subito, non al primo colpo. Mi era già andata bene di essermi conquistato la simpatia di tre membri della famiglia. Me lo sarei dovuto far bastare. Eppure, non era così.

 

***

                                        

Avevo appena terminato la video-chiamata con Grace e, come avevo predetto, mi sentivo già decisamente meglio. Non le avevo detto di quello che avevo provato fissando Harry negli occhi, avevo solo manifestato un certo disagio per la sua presenza. Lei mi aveva ascoltata, aveva preso un po’ in giro la mia paranoia e le mie elucubrazioni mentali, facendomi ridere. Che stupida, ero stata. Ginger stava per sposarsi con Harry, il ragazzo che amava, e io ero felicissima per lei. E non c’era nient’altro a cui dover pensare.

M’infilai la mia magliettona con il trifoglio enorme stampato sul petto e uscii dalla mia camera per andare in bagno. Non appena posai la mano sulla maniglia quella si abbassò da sola, feci un passo indietro e, quando la porta si aprì del tutto, mi ritrovai di fronte Harry, con uno spazzolino da denti in una mano e il dentifricio nell’altra.

-Oh, scusa. Ginger..Ginger mi ha detto di usare questo bagno non sapevo..Non sapevo fosse il tuo.- spiegò, imbarazzato.

-Tranquillo, hai fatto bene a venire qui. Il mio è l’unico bagno che si trova qui sul corridoio. Gli altri signorotti ce l’hanno tutti in camera.- spiegai, alzando gli occhi al cielo.

Rise, e di nuovo scorsi le sue fossette. Sentii le guance farsi calde.

-Beh, allora io, mi lavo i denti.- mi precipitai a dire.

Harry si spostò divertito, lasciandomi passare.

-Notte!- esclamai, chiudendo in fretta la porta alle mie spalle.

-Notte, Mia.-

Lo sentii, attraverso il legno. Aveva detto il mio nome. Avevo il viso in fiamme. E il cuore che non funzionava più.

 

 

 

 

 

 

  
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