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Autore: Royce    23/08/2015    4 recensioni
Alessa Northwode racconta la propria carriera nella Confraternita Oscura al suo carceriere: dal reclutamento, ai primi contratti di assassinio, fino ai rocamboleschi eventi che hanno portato al suo arresto.
La storia è ambientata a Cyrodiil, provincia imperiale di Tamriel. I fatti prendono il via circa 200 anni prima gli eventi narrati in Oblivion.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

Mani legate

 

Prigioni della Città Imperiale, Middas, 22esimo giorno di Metà Annata, 3E 229

 

Un colpo sordo proveniente dal corridoio costrinse Alessa a svegliarsi di colpo. Una porta era appena stata chiusa violentemente e due guardie si stavano facendo strada tra le celle, sbuffando e gesticolando animatamente. Giunti davanti alla sua cella, si fermarono.
- Svegliati, stellina – Disse uno, sorseggiando una bottiglia di vino – Il capitano vuole parlarti -
L'altro continuava a girare e rigirare la chiave nella serratura, apparentemente bloccata. Dopo qualche imprecazione di troppo, riuscì finalmente ad aprirla con una forte spallata.

Nella cella, una giovane bretone dai capelli biondi si alzò con aria svogliata. Sapeva già cosa l'aspettava: un lungo interrogatorio con il capitano della guardia, desideroso di sapere tutti i retroscena della sua vita criminale. Alessa non aveva problemi nel parlare e rivelargli tutto: lei sapeva già che lì dentro, in quelle prigioni, ci avrebbe trascorso il resto della vita, a prescindere dall'esito di tale incontro. Ma non aveva comunque voglia di sorbirsi tutta quella trafila, fatta di domande scontate, risposte umilianti, formalità e documenti da compilare. Voleva solo restarsene lì, sdraiata a pensare e a godersi gli occasionali tramonti da quella piccola finestrella sul lago Rumare.

Non fece neanche in tempo ad alzarsi, che la prima guardia l'aveva già afferrata per le manette e spinta violentemente verso di lui. Alessa recuperò a stento l'equilibrio e iniziò a seguirlo, mentre si spostavano lentamente lungo il corridoio.
- Ne avremo per molto? - chiese lei, sbuffando.
- No, tranquilla – rise l'altro, continuando a sorseggiare quella impolverata bottiglia di vino – Tra poco sarai a farti di Skooma sulle spiagge di Anvil con i tuoi amichetti – Il tono era chiaramente ironico.
Giunsero davanti ad una porta di legno. La guardia nascose rapidamente la bottiglia di vino su uno scaffale vicino, poi bussò rapidamente. Dopo pochi secondi, la porta si aprì: un'altra fece loro cenno di entrare. La stanza era molto piccola e scarsamente illuminata. Vi era solo un tavolo di legno ed un paio di sedie alle due estremità. Alessa fu fatta sedere di forza, poi le vennero tolte le manette.
- Potete lasciarci soli, adesso – disse la guardia ai due carcerieri - Tornate alla vostra ronda di pattugliamento -

I due sbuffarono ed uscirono brontolando. La porta si chiuse violentemente dietro di loro, lasciando cadere a terra una copiosa quantità di polvere.

Alessa iniziò a squadrare il soldato che era rimasto nella stanza con lei: era alto, non proprio muscoloso, sulla quarantina. Vestiva un'armatura completa, con una lunga spada d'argento rinfoderata sulla schiena. Stava frugando in una cassettiera dall'altra parte della stanza, dando le spalle ad Alessa. Quante volte nella sua vita era stata in questa situazione: una potenziale vittima le stava dando le spalle, doveva solo avvicinarsi in silenzio ed avvicinare la lama alla sua gola. Sentì una strana sensazione di dejà-vu mista ad esaltazione, ma svanì subito quando si rese conto che non solo le mancava il suo pugnale, ma che era anche circondata da una mezza dozzina di guardie poco fuori quello stanzino.

- So cosa stai pensando, non è una buona idea cercare di aggredirmi – Disse l'altro senza voltarsi, quasi come se fosse in grado di leggerle il pensiero. Evidentemente conosceva bene il suo curriculum.
- Ah eccolo, finalmente – tirò fuori un libro e lo appoggiò sul tavolo.
- Oggi mi racconterai tutta la tua vita, che tu voglia o no. E ti conviene farlo rapidamente. Stasera ho puntato forte su un combattimento all'Arena e non me lo voglio perdere per nessun motivo -
Alessa lo fissò freddamente senza dire nulla. Lui ricambiò lo sguardo in silenzio, poi accennò un sorriso.
- Ma dove sono le mie maniere, non mi sono presentato. Il mio nome è Galtus Cassiana. Sono il vice comandante della guardia cittadina della città imperiale, nonchè l'unica persona in grado di salvarti. A meno che tu non voglia passare il resto della tua vita, qua dentro. Cos'avrai? Venticinque, ventisei anni, forse? -
- Ventiquattro -
- Ecco. Pensa a quanto hai ancora da vivere -
Alessa sbuffò, guardando altrove, mentre Galtus preparava penna e calamaio accanto al libro.
- E come potresti aiutarmi? - disse lei inflessibile, continuando ad evitare il suo sguardo.
- Sono un uomo di parola. Se tu mi dici tutto su di te, sulla tua storia, sui tuoi "fratelli e sorelle", io ti lascio andare. Ti forniremo una nuova identità, un nuovo lavoro, una nuova casa. E' questo quello che vuoi, no? Una nuova vita? Per questo mi hai fatto chiamare. -

Alessa lo squadrò per qualche secondo. Stava chiaramente bluffando, ma la proposta era allettante. Pur essendo bretone, non era mai stata nella sua terra natale di High Rock. Fin da bambina aveva fantasticato su come sarebbe stato vivere lì.
- Allora? Forse hai delle remore morali? Strano, per un'assassina -
- Remore morali? Ah! - sbuffò lei sorridendo – La Confraternita non sa che sono stata catturata, loro mi danno per dispersa. Non dovrai sforzarti per farmi parlare, Galtus. Non ho alternative migliori purtroppo -
Galtus Cassiana, visibilmente sollevato dall'inaspettata risposta, si rilassò e impugnò saldamente la penna, intingendola nel calamaio.
- Iniziamo dall'inizio, va bene? - disse lui – Se non sbaglio, gli agenti della Confraternita rintracciano chi ha compiuto un omicidio per proporgli di unirsi a loro. Qual è stato il tuo primo assassinio? -

Alessa sospirò. Poi iniziò a raccontare la propria storia.

 

   
 
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