Premessa della scrittrice:
Prima storia su Merlino!!!
Fandom: Merlin
Coppia: Merlin/Arthur
Rating: arancione (poiche ci saranno scene red ma non verrano descritte come avviene nel telefilm XD)
Nota: se volete di più da me su Merlin, andate a vedere il video di Arthur/Merlin – girlfriend, opera mia! Non ho nient’altro….buona lettura!!!
Il giovane Merlino osservava con
attenzione le persone
intorno a lui.
Si trovava su un apparecchio mobile,
capace di contenere più
di cento persone. Che poteva viaggiare più veloce di una
pallottola e...aveva
le ali.
Si...l’aeroplano.
Odiava andarci, ma pareva fosse
più veloce, comodo e meno
costoso del traghetto che c’era per viaggiare da un
continente all’altro.
Dall’Europa, Inghilterra, al centro dell’America,
New York.
Aveva la nausea sia per il decollo
brusco, sia perché anche
il suo compagno aveva la nausea, che però aveva
già dato i suoi frutti. Odiava
la voce delle hostess che diceva, proprio mentre andavi a vomitare, vi preghiamo di restare seduti con le
cinture allacciate. Turbolenza in arrivo.
E più di tutto odiava i
clienti che premevano il pulsante
per chiamare le hostess continuamente e che chiacchieravano ad alta
voce,
impedendo al tuo cervello di riposarsi.
Nonostante tutti questi problemi nel
viaggio, l’idea
di raggiungere la gran città in poche
ore lo allettava non poco. New York era il suo sogno fin da bambino,
per quello
che ricordava.
Aveva dovuto aspettare anni per
potersi allontanare dalla
casa dei suoi genitori, e adesso, avrebbe dovuto aspettare solo un paio
d’ore. Con
vomito, sonno, nervosismo, ma pur sempre un paio d’ore, per
far avverare il suo
sogno: andare a vivere in America.
“Benvenuto a New York
giovane! Un po’ di mini-burgers?”
“Vuole un appartamento a
basso costo?”
“Questa è la
città dei sogni! La tua ricerca è
finita!”
Fantastico...era migliore di come se
la fosse mai aspettata!
“Ei, ciao, io sono Anna
Lucia...”
E si, Merlino era ancora single.
La città vorticava intorno
ai suoi occhi, quando uno
dell’immensa fila dei taxi suonò: Ding! Ding!
Ding!Ding!Ding!
“Hostess?
Hostess! Il
mio cocktail si è rovesciato!!
Sussultò sobbalzando sulla
sua sedia.
Maledì a bassa voce
quell’uomo basso, senza capelli, con la
voce roca bassa e risonante, che durante tutto il viaggio aveva
chiamato le
hostess sette volte. Lo odiavano adesso perfino i piloti.
Certo, solo un sogno...doveva
immaginarlo.
*
* * * *
Quando atterrò la prima
cosa che fece, al contrario d’alcune
persone che baciavano per terra, alcune che piangevano dalla
felicità ed altre
che erano affaticate dal peso dei bagagli e si sedevano su delle
panchine,
Merlino andò in un bagno pubblico a vomitare.
Era il suo modo per dire
“Ciao, New York!” dopo uno
stressante viaggio in aereo.
Uscì nauseato e di pessimo
umore, poi si guardò intorno e
vide un sacco di persone totalmente differenti a quelle raffinate e
amichevoli
dell’Inghilterra… Ragazzi adolescenti che fumavano
e si picchiavano, uomini che
rimorchiavano ragazze appena sbarcate, donne alte con il naso
all’insù che con
disgusto allontanavano chiunque rivolgesse loro parola.
Purtroppo Merlino ne beccò
una per chiedere informazione, la
migliore che fosse riuscito a scrutare per quei pochi secondi
d’intervallo tra
una fitta allo stomaco ed un’altra.
Aveva i capelli raccolti in una
cipolla shick, con un nastro
rosso a fissarla bene. I vestiti eleganti con una borsetta di finta
pelle
rossa.
“Mi scusi, conosce un
albergo vicino all’aeroporto?” Chiese,
facendo subito notare il suo accento straniero.
La donna all’inizio
sembrò non capire, poi sorrise.
“Viene
dall’Inghilterra, vero?” Rise e si
allontanò.
Si, molto divertente,
pensò Merlino. Ma non aveva risposto
alla domanda, la ragione per la quale aveva iniziato quella
“conversazione”.
Rimase sorpreso dalla gente che
c’era intorno: se in
Inghirlterra ti scontravi con qualcuno ti chiedevano se ti eri fatto
male e ti
salutavano cordialmente. Se qui uno ti andava addosso dava la colpa a
te.
“Mi scusi, conosce un
albergo qua vicino?” Chiese di nuovo
più speranzoso ad una donna giovane che aveva appena chiuso
il telefono.
“Ah, si, ce
n’è uno italiano a un isolato da qui, mi pare si
chiami “Hotel D’Italia”, ma parlano anche
la lingua inglese! Dicono che i letti
italiani sono molto comodi…” Disse per poi usare
un tono, secondo lei, sensuale,
alla fine della frase.
Merlino fece una faccia come a dire
“Siiiii, oooook!” ma
intanto gli aveva dato un indirizzo, era quello che voleva.
Si allontanò di fretta da
quella strana donna e
attraversando una barriera di persone che impediva l’uscita
dall’aeroporto uscì
trovandosi immerso da grattacieli luminosissimi e rumorosi.
Spalancò la bocca e
sgranò gli occhi estasiato da quella
vista meravigliosa.
Sembrava che i grattacieli
raggiungessero le nuvole e le
superassero.
Poi guardò alla sua
altezza, e le cose cambiarono.
La fila delle macchine sembrava non
avere né un inizio né
una fine, la gente attraversava, quindi, senza alcun problema
poiché le
macchine non avanzavano di un metro prima di qualche minuto.
Lui fece lo stesso andando in
direzione della scritta
glitterata verde che diceva “Hotel
d’Italia” che si trovava dall’altra parte
del marciapiede un po’ più lontano.
Sembrava lussuoso come hotel, e
Merlino notò che molte
persone entravano ed uscivano dalla porta sorvegliata da due facchini
con una
divisa verde e, sinceramente, un po’ buffa.
Si avvicinò a quei due
individui.
“Mi scusi” Chiese
a uno dei due “C’è una stanza libera o
bisogna prima prenotarla?”
“Gli dirà tutto
la ragazza alla reception, comunque non è
necessaria una prenotazione per avere una camera.”
Merlino soddisfatto entrò
nell’hotel e si diresse verso la
reception a forma di semicerchio e apparentemente con il bordo il marmo
lavorato e levigato.
“Potrei avere una
camera?” Chiese alla giovane ragazza che
aveva appena finito di parlare ad un signore anziano vagamente
familiare a quel
signore odioso che nell’aereo aveva dato fastidio al suo
sonno.
“Certo! Ne abbiamo molte di
libere, che piano preferisce?”
Merlino notò subito che la “r” era
ruotata nella bocca come si usava
nell’italiano e l’accento non era di certo
americano.
“Il secondo sarebbe
perfetto. Quanto costa?”
“Le suite più
ampie vanno per 200 dollari a notte, inclusi i
pasti 300, ma per le stanze singole con i pasti costa 100 dollari a
notte.”
Esclamò gioiosa la ragazza bruna, vestita con una camicia a
righe rosa e bianche
e un paio di jeans.
Merlino frugò nel suo
portafoglio con sopra un gattino –
cercò di non farlo vedere – e trovò 180
sterline.
“Queste vanno
bene?” Chiese speranzoso facendo una faccia
che avrebbe fatto commuovere anche il più duro dei gangster.
La ragazza guardò quei
soldi aggrottando le sopracciglia:
evidentemente non aveva mai visto delle sterline prima d’ora.
“Sono sterline. Sono 180,
ma rispetto ai dollari valgono di
più.” Disse Merlino piegando anche lui la testa a
destra come aveva fatto la
ragazza.
“Uhm...vanno bene.
Dopotutto ho tanti clienti e queste
potrebbero servire per un viaggio fuggiasco in Scozia!” Fece
ridere Merlino,
anche se non era una battuta.
La ragazza si girò per
prendere una chiave dal mobile dietro
di lei.
“Camera numero
108!” Disse sorridendo.
Merlino per familiarizzare disse:
“Mi chiamo Merlino, e
tu?”
Azzardò tentando di fare amicizia.
Ma la ragazza invece che sembrare
sorpresa rispose
normalmente:
“Mi chiamo Muriel. Piacere
di conoscerti!” Merlino sorrise e
si avviò per le scale ignorando l’ascensore,
essendo claustrofobico.
Raggiunto il suo piano
cercò la porta 108 e, divertendosi,
provò ad identificare i rumori provenienti dalle altre
stanze.
Camera 102, si sentivano i rubinetti
scorrere, probabilmente
si stava preparando per uscire…
Camera 105 vuota…
Camera 108. La sua.
Girò la chiave ed
entrò in quella stanza molto piccola. Le
pareti erano blu e bianche a quadratini e il pavimento era il
parquè.
C’era un ventilatore con
della polvere adagiata sulla tre
pale e una luce fioca che aspettava di essere accesa.
Due finestrelle erano coperte da
delle tende rosso bordò che
non erano affatto belle insieme alla tinta delle pareti e Merlino
distolse lo
sguardo schifato; la porta del bagno era vicino all’ingresso
stretto della
camera e come notò Merlino c’era un gabinetto, il
lavandino…e niente doccia.
“Mi
accontenterò….” Mormorò tra
sé distendendosi sul letto
ad una piazza con le coperte sorprendentemente comode.
“bhè, almeno
quella donna aveva ragione…” esclamò
togliendosi le scarpe. Adesso che aveva trovato un posto comodo voleva
riposarsi e farsi passare la nausea.
Le palpebre erano pesanti
così chiuse gli occhi e si girò su
un fianco per evitare la luce delle finestre. Si infilò
infine delle cuffie e accese
il suo mp3 sulla sua canzone preferita: Who are you degli Who.
Sospirò stiracchiandosi
stanco le braccia con un lieve
sorriso sulle labbra.
“C’mon
tell
me who are…” L’apparecchio
si interruppe di botto segnalando una
famigerata scritta sul piccolo schermino giallo: no power.
“Ah,
magnifico….”