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Autore: aleinad93    24/08/2015    2 recensioni
«Sei proprio una ragazzina.»
Lei guardò Jasper, che aveva appena spalancato il portone e lo richiudeva dietro di sé. Se ne stava coricata con le gambe a penzoloni e la testa reclinata. Non era una posa molto comoda, ma stava ripensando alla giornata appena trascorsa, proprio come una ragazzina. Sì arrotolò su un fianco per celargli il volto, che improvvisamente si era fatto rosso sulle gote.
Ragazzina.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jasper Frost, Principessa Eleanor Henstridge
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ragazzina




«Sei proprio una ragazzina.»
Lei guardò Jasper, che aveva appena spalancato il portone e lo richiudeva dietro di sé. Se ne stava coricata con le gambe a penzoloni e la testa reclinata. Non era una posa molto comoda, ma stava ripensando alla giornata appena trascorsa, proprio come una ragazzina. Sì arrotolò su un fianco per celargli il volto, che improvvisamente si era fatto rosso sulle gote.
Ragazzina.
Eleanor chiuse per un attimo gli occhi, mentre lui si avvicinava con il suo solito passo sicuro, con la sua tenuta da guardia del corpo che lo slanciava e lo rendeva più affascinante, con tutti i suoi enigmi dietro quel volto perfetto.

Il rumore di stoffa le fece capire che si stava togliendo la cravatta. Poi sarebbe stato il turno della giacca, che mal sopportava, sempre che non ordinasse a lei di togliergliela. Eleanor chiuse gli occhi e l’immagine di un altro uomo le si formò nella mente. Ragazzina. Cercò di dare una rispostaccia, una risposta arguta, ma lui riprese la parola.
«E per quanto possa essere bello vederti felice, non sono contento che sia così.»
Jasper aveva usato un tono più basso e intimo. Aveva accarezzato ogni parola, l’aveva scandita, come se avesse seguito veramente un corso di dizione. Aveva mostrato dolcezza nel pronunciare la prima parte della frase, dopo averla derisa come una “ragazzina”, ma nella seconda la voce era diventata una lama tagliente. Voleva ferirla, ma senza andare in profondità, solo per lasciarle qualche cicatrice visibile.
Hai bisogno di me. Appartieni a me.
Eleanor sorrise appena, si era accorta fin da subito che quella giornata non sarebbe andata a genio al suo bel bodyguard.
VDM, chissà se l’aveva pensato, mentre la scortava qui e là. Le era sembrato di avere un falco che la puntava. La guardia del corpo deve certamente controllare la propria protetta, ma c’era qualcosa di più. Più ossessivo, più disperato. Quando lo guardava, lui non cercava neanche di nascondere la propria rabbia. Pur essendone capace, le lasciava vedere tutto. La bocca, che Eleanor aveva baciato tante volte, era stretta in una linea di disapprovazione, gli occhi erano inquieti, passione, dolore, voglia, perdita. E lei doveva ammettere di non aver fatto molto per aiutarlo.
Gli aveva dato poca corda anche quando la chiamava in disparte, dicendo “Devo parlarle, Vostra Altezza”.
Non era più la figlia del Re, era solo una bastarda, ma Jasper continuava a chiamarla in quel modo. La scortava, solo perché sua madre aveva chiesto che ai propri figli venisse affiancato qualcuno. Jasper era stato ridato a lei e ne era abbastanza contenta. Per una volta la Regina aveva fatto qualcosa di buono, anche se doveva aver giaciuto in qualche letto e aperto le gambe.
Eleanor non voleva saperlo, ormai non voleva più avere contatti con quella puttana di sua madre. Era riuscita a spezzarla, a rovinarla pezzo per pezzo. Ora doveva solo trovare il modo di rinascere.
Comunque Jasper aveva calcato ogni volta “Vostra Altezza”. Lo faceva dal loro primo incontro. Lo faceva con urgenza, con intensità, come se avere la sua attenzione fosse questione di vita o di morte.
«E come mai saresti contento Jasper del Nevada, da Shoreditch o da dove cavolo vieni?»
Un leggero rumore le fece capire che Jasper si era seduto su uno dei divanetti. Si voltò appena per vedere che la stava fissando da lì con la cravatta sciolta nella sua mano destra. I suoi occhi erano cupi, ma non per la  scarsa luce. Era un predatore, un giocatore in quel momento e lei sospirò appena.
Era inutile dire qualsiasi cosa, con quella domanda lei aveva lasciato la mano a lui. E Jasper naturalmente stava calcolando che carte disporre sul tavolo, cosa lasciarsi scappare.
«Vostra Altezza, con il vestito di oggi eravate molto sexy.» Jasper sorrise appena nel vedere Eleanor stupita. Lei non si trattenne e si lasciò scappare un sussurrato e isterico «E questo cosa c’entra?»
«Con il nero stai bene, te l’ho già detto, mi sembra. Ma ci tenevo a sottolinearlo, non si sa mai che l’avessi fatto proprio per me…»
Eleanor sbuffò, quanto era presuntuoso, ma uno presuntuoso davvero intelligente.  Per quanto fosse assurdo, era vero, l’aveva fatto per lui e per quella chiacchierata che sembrava lontana anni luce.
«Da quanto lo conosci?»
Era un repentino cambio di argomento, ma lei sapeva che prima o poi ci sarebbero arrivati. Non c’era nemmeno bisogno di chiedere di chi stesse domandando. Jasper aveva seguito tutto il giorno lei, ma non solo. Non aveva perso di vista Beck nemmeno per un istante. Quando poi lei era accanto a lui, allora il suo sguardo sembrava non volersi allontanare da loro. Seguiva i loro gesti, le loro risate, era una presenza assente a parola, ma efficace con lo sguardo.
«Tu, proprio tu, uomo misterioso, vuoi sapere chi è lui? Perché non mi dici davvero di te?»
Jasper scosse la testa e Eleanor capì che non le avrebbe dato una risposta in quel momento, e forse mai nella vita, sempre che lei non trovasse il modo per farlo parlare. Avrebbe dovuto cacciarlo per la propria sicurezza, ma per quanto ci provasse tornava a riprenderlo. Aveva fiducia in lui in un mondo dove era impossibile fidarsi anche di se stessi. Si sentiva sicura quando lo sentiva dietro di sé. Dentro di sé, ma nemmeno la sua testa voleva sentire quelle tre parole.
«Era un amico di Robert. Lo conosco da quando ho diciassette anni.» Eleanor si soffermò brevemente su Liam e Robert, che la prendevano in giro per il cliché della sua cotta. Si sedevano sui divanetti vicino alla piscina e parlavano con una bottiglia in mano, passandosela finché non arrivava l’ora di spostarsi in qualche locale.
Eleanor sospirò e prese la coperta ammucchiata ai piedi del letto. Iniziò a stropicciarla con le mani, giocandoci, finché una mano non le afferrò il polso.
Cercò di liberarsi con poca convinzione, ma Jasper strinse un po’ di più la sua presa. «Vostra Altezza, vi siete comunque comportata da ragazzina
«Con lui perdo la testa.» Eleanor abbassò lo sguardo per non dover incontrare gli occhi di Jasper. Non voleva leggerci nulla in quegli occhi, come non voleva che lui leggesse qualcosa nei suoi.
Gli aveva detto la verità. Ogni volta che Beck arrivava, lei non si controllava. Perdeva tutta la maturità che aveva guadagnato nel tempo e persino la ragione. Aveva perso anche la  verginità con lui. Una sera d’estate si erano trovati a baciarsi a bordo piscina e poi si erano nascosti dietro alcuni cespugli. 
Non era stato molto romantico né molto bello. Si ricordava la sensazione dell’erba contro di sé, di essersi sentita un po’ schiacciata, dato che anche lui non era molto esperto e di non aver raggiunto nessun orgasmo. Però stare pelle contro pelle con lui era stato meraviglioso.
Poi c’erano state molte altre volte, tantissime. Però c’erano stati anche i momenti di dolcezza, perché lui era uno dei pochi a farla sentire veramente bene. La faceva sentire amata, desiderata. La conosceva in ogni sfaccettatura, ogni silenzio, ogni sorriso, ogni debolezza.
«Vostra Altezza, alzate lo sguardo.»
Eleanor sbuffò. Aveva un uomo davanti e pensava a un altro, non riusciva proprio a guardarlo negli occhi.
«So a che state pensando… alzate lo sguardo, se no vi costringerò con la forza.»
«No, non sono più la Principessa, ma comunque non accetto ordini da te.»
Jasper rimase in silenzio, ma le tenne fermi entrambi i polsi con la mano sinistra e la prese sotto il mento con la mano destra.
Si abbassò appena e le alzò il volto, nonostante la resistenza.
L’espressione di Jasper era quella di un vincitore. Un sorrisetto leggermente diabolico gli trasformò le labbra sottili.
Lo sguardo rimaneva glaciale.  
Eleanor voleva tanto chiudere i propri occhi e smettere di guardarlo, ma le era impossibile. Con una voce tenera, modulata, per quanto riuscisse in quella posizione, gli chiese: «Che pensi di fare ora?»
Jasper si avvicinò di più a lei. Ormai respiravano la stessa aria. I loro occhi non vedevano altro che l’altro. Lui si spostò ancora appena, le sfiorò la guancia con la propria e le baciò leggermente l’orecchio. Solo quel piccolo sfioramento fu capace di eccitare Eleanor, anche se lei cercò di non darlo a vedere.
Stavano ancora giocando, ma la serata stava per volgere al termine. C’erano due finali possibili e la mano era ancora di Jasper.
Il suo respiro contro l’orecchio la stava facendo impazzire. Non c’era più nemmeno Beck nella sua mente.
«Sono contento di vederti felice, però non così. Non con lui.»
Eleanor sorrise e non sapeva neanche perché. Aveva solo voglia di farsi stringere e stringerlo. Cercò di togliere i polsi dalla sua stretta, ma lui non glielo permise.
«No. Conduco io.» Jasper aveva un tono che non ammetteva repliche. Era autoritario, con una punta di disperazione. Stava giocando con lei, ma allo stesso tempo faceva sul serio. Eleanor per un attimo pensò di scappare lontano da lì, da quell’uomo, ma le gambe non l’avrebbero aiutata. Fece una piccola smorfia, il dolore le attraversò per un attimo il volto, poi lui le sfiorò la guancia con le labbra e lei non poté trattenere un sospiro. Ansimò quasi.
«Jasper.»
Lui la guardò e un leggero sorriso tornò a increspargli le labbra. I suoi occhi scintillavano in quel momento. Era in preda al desiderio quanto lei, ma lui sapeva gestirlo.
«Mi avete chiesto in che modo sarei contento di vedervi felice e ora ve lo dirò, Vostra Altezza.»
Le liberò le mani e la spinse dolcemente sul letto. Eleanor si aggrappò alla sua camicia tirandolo verso di sé, ma lui si allontanò di un passo. Troneggiava sopra di lei, con gli occhi scuri e un po’ stropicciato. «Sarei contento se tu fossi felice con me. Vorrei tanto affondare in te ora e sentirti felice. »
Eleanor mascherò il proprio stupore, mentre lui finiva. «Non mi piace condividere.»
Jasper si sistemò la camicia, poi si voltò. Prese la giacca sul divano e se la mise sulla spalla. Eleanor pensò che era sexy e stava lasciando il gioco in mano a lei, per quanto lui la volesse in quel momento, per quanto volesse affondare in lei e sentirla gemere. Forse gridare.
Grida il mio nome.
Jasper la guardò un attimo e poi si voltò. Le mani erano già sulle due ante della porta. «Buonanotte, Vostra Altezza.»
«NO.» Eleanor chiuse per un momento gli occhi. Si sentì così sciocca ed eccitata. Voleva vincere, mandandolo via, ma sentiva che sarebbe stata una nuova sconfitta. «Rimani…»
L’unica vittoria quella sera sarebbe stata averlo nel suo letto, anche se era un’idea davvero malsana. Si sentiva divisa e confusa.
«No, cosa, Vostra Altezza?» chiese Jasper. Voleva sentirla arrendersi del tutto ed Eleanor si sentì in trappola e ancora più confusa. Le vennero quasi le lacrime agli occhi, non sapeva che fare.
Sentì che lui si avvicinava di nuovo e le venne un’idea. C’era un modo di scappare senza dover scegliere, perché alla fine Jasper le stava chiedendo esattamente quello.
«Per stasera è tutto. Esci di qui, Jasper.»
Lui non si scompose, ma nei suoi occhi Eleanor intravide la delusione del suo rifiuto. Aveva vinto, poteva rimandare tutto a un altro momento. Lo desiderava, ma la situazione era troppo complicata.
Beck apparteneva ad un’altra e Jasper ai suoi segreti. Un giorno avrebbe dovuto scegliere, ma non quella sera. E soprattutto non in preda all’eccitazione.
Jasper aveva di nuovo le mani sul portone, pronto per spingerlo e andarsene. I suoi muscoli che si intravedevano sotto la camicia erano in tensione. La sua testa era leggermente piegata in avanti, come se stesse pensando di colpire il legno della porta.
«Eleanor, non volevo che scegliessi stasera. Non amo condividere, ma so aspettare.»
Eleanor si sorprese di sentire il proprio nome, perché mai e poi mai l’aveva chiamata così. Aveva il gusto del sesso e del proibito. Non aveva mai pensato che “Eleanor” potesse essere una parola sensuale, ma Jasper sapeva farla ricredere su molte cose, bastava che lui non lo sapesse.
La porta sbatté. Eleanor si lasciò ricadere sul letto, pensando che avrebbe tanto voluto sballarsi e dimenticare tutto, ma purtroppo aveva deciso di ripulire la camera dalla droga e dagli alcolici. Aveva bisogno di cancellare ogni pensiero, decisione, confusione.
Si alzò e si guardò allo specchio, pronta per togliersi l’abito semitrasparente che aveva indossato quel giorno.
La porta si riaprì e Jasper rientrò quasi correndo. Eleanor rimase ferma, la sua testa le diceva che doveva cacciarlo, ma il suo corpo era già pronto per lui.
Iniziarono a baciarsi e sembravano due belve fameliche. Non c’era nessuna dolcezza, nessun segno di volersi fermare. I loro corpi combaciavano e si muovevano con la stessa frenesia, a un ritmo folle, al ritmo  del rock duro e spaccatimpani.
«Jasper» esclamò Eleanor, mentre lui le mordeva una spalla e poi risaliva con baci esigenti lungo il collo. Erano già sdraiati e nessuno dei due avrebbe potuto dire come ci fossero arrivati.  Altre parole oltre il suo nome erano ormai inutili, perché nel letto non avevano bisogno di dirsi nulla, si capivano perfettamente.
Jasper iniziò ad alzare il vestito, facendolo scivolare lentamente. Eleanor cercò di aprire maggiormente le gambe, ma lui la bloccò per le caviglie. Uno sguardo le fece capire che doveva rimanere ferma. Stava giocando per se stesso, ma anche per darle piacere. Jasper le sfiorò le cosce nude, un dito ogni tanto si spingeva nell’interno e poi più su vicino al tanga, ma senza mai toccarlo.
Eleanor sbuffava e gemeva insoddisfatta, così gli prese una mano, incoraggiandolo a fare di più.  Il ghigno di Jasper la fece irritare, però non riuscì ad arrabbiarsi, solo a chiudere gli occhi e gemere ancora. Le labbra di lui ogni tanto arrivavano a frenare le sue grida e la coinvolgevano in baci sensazionali.
La testa era già andata da un po’, quando si trovarono senza vestiti e lui le lasciò prendere il controllo della situazione. Solo per un attimo, solo per un momento, poi lui ribaltò di nuovo tutto. Non c’era più Eleanor che lo cavalcava, ma Jasper che la teneva piegata verso la parete e continuava a spingere senza fermarsi. Il fatto è che Eleanor non voleva che si fermasse.
Beck quella notte non fu presente in quel letto.
 
*********
 
«Buongiorno, Vostra Altezza.»
La voce di Jasper la raggiunse nel suo stato di dormiveglia. Era incolore e per questo Eleanor spalancò subito gli occhi. «Che cavolo c’è?»
Nessuna rispostaccia arrivò dal suo bodyguard, che si stava rivestendo. Stava infilando la cintura, stando attento che attraversasse tutti i passanti. Era un’espressione normale, ma allo stesso tempo sensuale ed Eleanor pensò per un attimo di trascinarlo nuovamente sul letto.
«Che cazzo c’è, Jasper?» Aveva la sensazione che qualcosa non andasse. Lui era troppo rigido e non aveva alzato lo sguardo, anche se aveva finito di trafficare con la cintura. Si spostò per prendere la cravatta che era appoggiata sopra il cuscino accanto a lei e iniziò ad annodarla con mosse secche. Era stato piacevole sentire la stoffa intorno ai polsi, al limite tra piacere e dolore.
Eleanor stava per alzarsi, quando Jasper parlò. «Tuo fratello ha bisogno di una nuova guardia del corpo. Marcus è stato scelto per la scorta del Re.»
«E allora?» chiese Eleanor, che teneva alla sicurezza di Liam, ma in quel momento stava pensando a tutt’altro, presa com’era a osservare la camicia di Jasper che tirava nei punti giusti. «Di guardie del corpo ce ne sono, non mi sembra che dobbiamo farne un dramma.»
Il silenzio di Jasper era inquietante e anche il fatto che si fosse messo a chiudere i polsini della camicia con calma malcelata. Eleanor lo fissò e ripensò a quello che aveva detto. «Non dirmi che…»
«Mi sono proposto io. E stamattina mi hanno confermato che sono la guardia del corpo di tuo fratello.»
«Perché?»
Jasper non rispose. Si infilò la camicia, gli diede un’aggiustata, si guardò allo specchio ed era pronto. Si voltò verso di lei e rimase a osservarla per un minuto. Eleanor cercò di mostrarsi impassibile, come se non le importasse niente, ma dallo sguardo di lui capì di non esserci riuscita.
«Lo sai perché.»
Distolse lo sguardo da lei e se ne andò verso la porta. Questa volta non sarebbe tornato indietro e lo confermò a parole. «Devi fare una scelta e io non posso starti vicino.»
Fece qualche passo lontano da lei e poi continuò. «Se hai bisogno, sono qui a palazzo. Se non ci sono e hai bisogno, chiamami, tanto Liam non mi negherà di venire da te. Puoi fidarti di me, Eleanor, anche se spesso pensi il contrario.»
Le porte vennero aperte e richiuse ed Eleanor si lasciò cadere sul letto. Avrebbe tanto voluto almeno una canna o una bottiglia di vino del 1942. Forse era davvero una ragazzina incontrollabile.
 
 

Ho finito The Royals in pochi giorni. Mi sono appassionata moltissimo e ho deciso di scrivere sulla coppia che è diventata una delle mie ship più shippose. La colpa per questa OS la do al trailer della seconda stagione; e incolpo Jaspar (io lo chiamo così!) che apre le porte come nessuno ha mai fatto e in quel trailer ha lo sguardo fulminante da “Chi sei tu che abbracci la mia Eleanor?”
La OS nasce dalle notizie e immagini che ho attinto qui e là sulla seconda stagione. Poche, davvero poche.
Perché io non vedo l’ora di questo triangolo, da cui può uscire solo la coppia Jaspenor. L’Uomo Zucchero non ha speranze né ora né mai. Non so se arriverò viva a novembre. Il 15 novembre è maledettamente lontano.
   
 
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