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Autore: Stella Dark Star    25/08/2015    0 recensioni
[Le cronache di Narnia]
Sono trascorsi sei mesi dall’abbandono di Narnia. Vera assieme ad Edmund, Peter e Lucy non è ancora in grado di accettare la vita nel mondo reale. La situazione si complica quando in sogno riaffiorano ricordi che la sua mente aveva cancellato: a Narnia lei ed Edmund avevano avuto un figlio, di nome Caspian. Dopo molti inutili tentativi di riaprire il passaggio all’interno dell’armadio, un nuovo passaggio si apre nel giardino della Villa permettendo loro di ritornare.
L’atmosfera che respirano non è delle migliori,però. Il castello di Cair Paravel è stato distrutto, gli abitanti sembrano scomparsi, Miraz e Glozelle non sembrano più gli stessi e tramano di uccidere Caspian in quanto legittimo erede al trono nominato da Peter prima di scomparire. Molte domande affiorano alla mente dei ragazzi, in quel luogo che era stato la loro casa e che ora sembra così cambiato.
Cosa sta accadendo realmente? L’entrata in scena di un Caspian adulto li catapulterà in una verità terribile: dal giorno della loro scomparsa non sono passati sei mesi, bensì diciassette anni e la salvezza del regno dipende solo da loro.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo 14
Non c’è bisogno di dire addio
 
Il giorno seguente, noi e altri pochi sudditi, ci riunimmo nel cortile sul retro del castello, dove Aslan ci attendeva all’ombra di un antico ulivo.
“E’ giunto il momento di andare, per alcuni di voi. Chi attraverserà questo passaggio, tornerà nel suo mondo d’origine e vivrà la vita che un tempo fu dei suoi antenati. Chi desidera attraversarlo?”
Dal gruppo, Arthur parlò: “Io, grande Aslan. Parlo anche a nome della mia amata e di nostro figlio. Desideriamo ritrovare la pace in un mondo che ci appartiene.”
“Venite avanti.”
Lui prese sotto braccio la donna, che teneva  il bambino addormentato tra le braccia, e insieme si avvicinarono.  Dal tronco dell’albero si aprì un varco magico.
Io ed Edmund andammo loro incontro per salutarli. Dissi gentile rivolta a lei: “Meritate un po’ di felicità. Godetene il più possibile e crescete vostro figlio con tanto amore. E’ il dono più prezioso che si possa ricevere dalla vita.”
Mi sorrise con calore: “Vi ringrazio, maestà. Vi auguro la stessa cosa.”
Edmund cercò di mantenere un aspetto di comando: “E così ci salutiamo, Generale. Sappiate che per me questa nomina non è valida. Voi siete e sarete sempre il mio capitano.”
Arthur accettò lo scherzo: “Non dimenticherò mai ciò che mi avete insegnato, anche se siete solo un  ragazzo! Edmund, prima che io me ne vada, sappiate che nella mia stanza troverete la vostra scacchiera dorata. Quel giorno sono riuscito a salvarla, ma ho perduto un pezzo.”
“Non preoccuparti, amico mio. L’ho ritrovato tra le macerie. La scacchiera è completa.”
Si strinsero in una abbraccio tipicamente maschile, poi Arthur prese una pergamena da sotto la giacca e me la porse: “Ho scritto un’altra poesia. Parla di voi e di Caspian. Spero che riuscirete a scorgervi l’amore che provo per entrambi.”
Presi la pergamena e gli stampai un bacio sulla guancia: “Ti ringrazio. Sono certa che mi commuoverò.”
In ultimo, Caspian si fece spazio tra me ed Edmund per salutare a sua volta: “Siete due persone meravigliose. Se potete, non dimenticatevi di me, perché io non vi dimenticherò.”
Con passo tranquillo, attraversarono il varco e sparirono d’incanto.
Peter ci sorprese: “Anche per noi è giunto il tempo di tornare.”
Edmund lo contrariò: “No. Io non me ne vado di nuovo. Non lascerò mio figlio qui da solo.”
Io aggiunsi: “Peter, non puoi farci questo. Lo abbiamo appena ritrovato.”
Aslan tentò di farci comprendere: “E’ vero, lo avete appena ritrovato, ma quanti anni avete? Sarebbe innaturale che due ragazzi di sedici anni si prendessero cura di un re.”
Caspian s’inginocchiò: “Ti prego Aslan. Lo so che è una follia, ma ti supplico, non portare via i miei genitori. Non posso farcela senza di loro. Ho così tanto da recuperare degli anni in cui non c’erano.”
Dagli occhi del leone scese una lacrima: “Mi dispiace, ma purtroppo non posso permetterlo.”
Mi gettai tra le braccia di Caspian: “Il mio bambino. Con quale coraggio posso abbandonarti ancora? Non voglio andarmene. Non voglio dirti addio.”
Peter parlò chiaro: “Un giorno voi tornerete. Non c’è bisogno di dire addio. Io invece non farò mai ritorno, questo è stato il mio ultimo viaggio qui a Narnia.”
Edmund strinse i pugni nel tentativo di darsi la forza per fermare le lacrime: “Aslan, promettimi che un giorno rivedrò mio figlio. Ti prego, dammi la speranza.”
“Io lo prometto, perché è ciò che avverrà.”
Edmund venne da me per condividere l’abbraccio con Caspian, che stava piangendo a catinelle. Mi sciolsi dall’abbraccio e aprii la pergamena di Arthur, dove lessi con voce tremante:
“E’ iniziata come una sensazione
Che poi è cresciuta diventando una speranza
Che poi si è trasformata in un pensiero tranquillo
Che poi si è trasformata in una parola serena
E poi quella parola è diventata sempre più forte
Fino a diventare un grido di battaglia
Tornerò quando mi chiamerai
Non c’è bisogno di dire addio
Solo perché sta cambiando tutto
Non significa che non sia mai stato così
Tutto ciò che puoi fare è cercare di capire chi sono i tuoi amici
Mentre vai in guerra
Scegli una stella all’orizzonte
E segui la luce
Tornerai quando sarà finita
Non c’è bisogno di dire addio
Siamo tornati all’inizio
E’ solo una sensazione ma nessuno lo sa ancora
Ma solo perché non possono sentirla
Non significa che tu debba dimenticare
Permetti ai tuoi ricordi di crescere sempre più forti
Fino a quando saranno di fronte a te
Tornerai quando ti chiameranno
Non c’è bisogno di dire addio
Tornerai quando ti chiameranno
Non c’è bisogno di…”
Le lacrime mi impedirono di continuare, allora ripiegai la pergamena e lasciai che Edmund poggiasse il viso sul mio capo, bagnandomi i capelli di lacrime.
Senza dire niente, Peter prese per mano Lucy e insieme attraversarono il varco.
Caspian si strinse ancora a noi: “Sarete sempre nei miei pensieri. Giuro sulla mia vita che sarò un ottimo re, in modo che siate orgogliosi di me. Vi voglio bene.”
Continuammo a piangere tutti e tre con tanto sentimento che alle nostre spalle avvenne una magia: l’ulivo mutò forma e si trasformò in un salice piangente, le cui foglie toccavano terra. Trovando un minimo di coraggio, ci staccammo da Caspian e ci voltammo, mentre i ramoscelli morbidi si aprivano come una tenda per permetterci di passare.
Ci stavamo praticamente stritolando la mano l’un l’altro, per non cedere alla tentazione di ribellarci al volere di Aslan, ma proprio a qualche passo di distanza dal varco, Caspian ci chiamò: “Mamma! Papà!”
Non ebbi più freni, mi voltai e corsi come il vento tra le braccia di mio figlio: “Caspian ti voglio bene. Ti voglio tanto bene.”
Edmund venne a prendermi, però faticò non poco per staccarmi da lui. Quando riuscì a separarci, cedette a sua volta e avvolse le spalle di Caspian con un braccio, continuando a piangere: “Ti voglio bene, figlio mio.”
Caspian tentò di trovare un sorriso a stento: “Ti prometto che giocherò con la tua scacchiera ogni singolo giorno. Sarà il mio passatempo preferito.”
Stavolta, camminammo fino al varco con passo un po’ meno lento e ci voltammo solo un istante per sorridere un’ultima volta a nostro figlio, un attimo prima di sparire nel nulla.
 
Uscimmo dal buco oscuro, ritrovandoci nel parco della villa. Peter e Lucy ci guardarono, avvolti nei cappotti e le sciarpe. Lasciai che le ultime lacrime scorressero dai miei occhi per finire sulla spalla di Edmund, sapendo che anche lui aveva le ultime da sfogare. Poi inspirò a fondo e parlò con voce un po’ camuffata: “Dobbiamo pensare positivo. E’ nostro figlio, quindi lo sarà anche in questo mondo. Quando saremo più grandi ti metterò incinta, così riavremo Caspian con noi.”
“Allora venite o no? Il tè si raffredda se non vi sbrigate.”
La voce gracchiante di Susan mi fece sollevare lo sguardo. Era lì, spazientita come l’avevamo lasciata, ignara di ciò che era accaduto nell’arco di un secondo.
Peter rispose un po’ brusco: “Stiamo arrivando.”
Attese che si allontanasse, poi si rivolse a noi tre, più serio che mai: “E’ giunto il momento di dirvelo. Ho rintracciato papà nei giorni scorsi. Si trova in America, dove lo hanno trasferito i suoi superiori. Ha detto che mi aspetta là per l’addestramento militare. Partirò il giorno del mio compleanno, il 17 novembre.”
  
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