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Autore: mgrandier    26/08/2015    27 recensioni
Scritta espressamente per ricordare il compleanno di André, immaginando il primo 26 agosto trascorso nella Guardia Metropolitana.
"Lasciò l’ufficio e percorse il corridoio fino a raggiungere la piazza d’Armi, i passi lenti a trascinarla verso l’ennesimo dovere, il peso di una giornata di impegni serrati a gravare sulle spalle magre, come sull’animo. Varcò la soglia dell’atrio, mentre lo sguardo si faceva largo sul piazzale che ormai aveva ceduto il suo ventaglio di colori al primo petalo della notte."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Notti'
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Il mio regalo
 
Lasciò l’ufficio e percorse il corridoio fino a raggiungere la piazza d’Armi, i passi lenti a trascinarla verso l’ennesimo dovere, il peso di una giornata di impegni serrati a gravare sulle spalle magre, come sull’animo. Varcò la soglia dell’atrio, mentre lo sguardo si faceva largo sul piazzale che ormai aveva ceduto il suo ventaglio di colori al primo petalo della notte. Ombre scure senza segreti, le costruzioni attorno al cortile disegnavano una cortina serrata che si apriva, sul lato opposto a quello su cui si trovava il corpo ufficiali, in un alto muro di cinta, interrotto solo dal varco diretto sulla città.
Ad un passo da quello spiraglio su Parigi, Oscar riconobbe il drappello di soldati pronto per la pattuglia notturna. Due di loro sembravano occupati ad armeggiare con i finimenti di uno dei loro cavalli; probabilmente stringevano le cinghie, assicurando la sella sotto la pancia dell’animale che rimaneva quieto oggetto delle loro attenzioni. Poco oltre, altri tre cavalli, di cui uno bianco e quasi splendente della luce della luna già alta nel cielo, e due sagome vicine, due soldati intenti a discutere.
Un sorriso leggero piegò le sue labbra e socchiuse i suoi occhi. Il soldato più alto e corpulento muoveva le braccia in ampi gesti e ondeggiava il capo e le spalle seguendo un racconto che, dalla sua posizione, riusciva vagamente ad immaginare. L’altro, solo di un poco meno alto, ugualmente bruno, ma più slanciato, pareva ascoltare senza interventi e seguire le gesta del commilitone limitandosi ad annuire con fare accondiscendente.
Li abbracciò di nuovo con lo sguardo.
La sua squadra, il gruppo di uomini fidati con i quali regolarmente usciva per le ronde notturne: Gérard e François, giovani ma volenterosi e particolarmente devoti; Alain, carismatico e dissacrante, quanto acuto, generoso e indispensabile. E poi, naturalmente, André: la presenza costante divenuta insostituibile essenza di vita.
Un soffio leggero, accenno di brezza tiepida, sfiorò il suo viso sollevandole i ricci dalla fronte, timida speranza di una notte piacevole dopo una calda giornata di sole opprimente.
Piegò il braccio portandosi la mano al petto; scese un poco e tastò l’uniforme cercando tra la stoffa una un’imperfezione inesistente, poi si mosse decisa verso il dovere.
 
Una serata tranquilla in una città sonnolenta, come erano spesso le notti in cui la luna piena arrivava con la sua aura lattiginosa a illuminare almeno un poco vicoli e cortili; non molto, in verità, ma più di quanto non facessero le fioche lampade che tremolavano lungo le strade, fino a regalare un po’ di riposo persino ai furfanti e ai ladruncoli di strada, che lasciavano il posto a figure dal passo frettoloso, desiderose di rientrare a casa dopo una giornata di lavoro, così come a sagome traballanti che, al contrario, parevano cercare una via di fuga dalla propria realtà o un sostegno al proprio vivere.
Una città stretta in uno scialle grigio di ordinaria apatia, che nella notte riversava il desiderio di riposo e di ristoro, il bisogno di spegnere le quotidianità povere e bruciate dal sole in cui la massa si barcamenava ormai da tempo, mentre una nobiltà lontana volgeva altrove lo sguardo, cercando un lusso difficile da mantenere.
Oscar percorse lentamente, seguita dal suo drappello di soldati, le vie lunghe che conducevano al centro della città attraverso i sobborghi meno agiati, cullata dal dondolio regolare di Cesar e dal cozzare di zoccoli dei cavalli alle sue spalle. Ascoltava la città e i suoi brusii irregolari, le voci ovattate provenienti dalle case, specchio di vite lontane perse nei vicoli; udiva gli schiamazzi provenienti dalle taverne, dai cortili chiusi, come i borbottii sommessi delle locande. Piegò a meridione, tra vicoli intricati, dove l’ombra degli edifici offriva comunque scorci bui e impenetrabili, angoli di apparente quiete in cui nascondere desideri e azzardo, rubati alla presenza silenziosa e imperturbabile, alta nel cielo. Un drappello di uomini intenti a confabulare scelse il silenzio al loro passaggio; Oscar si limitò a scambiare con loro un’occhiata severa e poi si volse alla luna, sperando di non aver ragione di intervenire … non proprio quella sera …
Uno sbadiglio le gonfiò il petto, colse la sua attenzione rendendo ovattata la voce della città; Oscar chiuse un istante gli occhi, portando una mano alle labbra e solo tornando con lo sguardo sulla via si accorse del  movimento alle proprie spalle.
- Oscar! Seguimi! – il richiamo di André, inconfondibile e fermo, risvegliò in un attimo i suoi sensi attenti. Serrando le mani alle redini e puntando i talloni nei fianchi di Cesar, Oscar scartò alla propria destra, seguendo l’ombra di Alexander che svaniva in un vicolo.
- Alain! Resta qui con gli altri! – ordinò a gran voce mentre già imboccava la via d’ombra – Restate di guardia e attendeteci! –
Puntò lo sguardo avanti a sé, lontano, nell’oscurità che a poca distanza dal muso Cesar, inghiottiva Alexander in una corsa serrata. Cercò di scrutare oltre, per comprendere cosa avesse indotto André ad un simile scatto. Riponeva assoluta fiducia in lui, come nelle sue intuizioni, nel suo istinto; in numerose occasioni, in modo alquanto simile, André aveva scorto nell’ombra motivi di intervento, attirando la sua attenzione. Ladruncoli, ma anche risse e in qualche caso aggressioni … Il loro intervento si era spesso rivelato importante, a volte risolutivo, in qualche caso provvidenziale.
Lo vide cavalcare a capo basso, e poi voltarsi a più riprese, forse a controllare che davvero lei lo stesse seguendo.
- André! – lo chiamò, più per confermargli la sua presenza, che per ogni altra necessità …
- Oscar! Di qua! – lo sentì gridare, mentre già la sua corsa piegava verso sinistra, in un nuovo anfratto tra i palazzi, nelle viscere della città.
Lo seguì, aggrottando la fronte quando lo vide raddrizzare la schiena e tirare a sé le redini, arrestando la corsa di Alexander proprio là dove la via si faceva più buia, e poi a sua volta, lo affiancò, fermando Cesar.
- Cosa hai visto André? Io non sono riuscita a … -
- Shhhht! – la zittì André a capo basso – Vieni … - aggiunse mentre scendeva a terra.
Lo seguì di nuovo, lasciando la sella e incamminandosi alle sue spalle.
Lo vide avanzare qualche passo, lentamente e con fare attento, scrutando silenzioso il vicolo che le parve assolutamente deserto, e poi fermarsi, volgendosi a lei.
- Vieni qui! – le  ordinò a voce bassa, sottolineando con un gesto della mano destra il significato di quanto detto.
Oscar non esitò, i sensi all’erta e lo sguardo puntato nell’ombra del vicolo. Si avvicinò a lui e, quando gli fu accanto, si sentì afferrare per i fianchi, in un gesto secco che la fece ruotare su se stessa, fino a trovarsi serrata al corpo di André. Le sue mani dai fianchi risalirono possessive lungo la schiena, scovando sotto l’uniforme la stoffa della camicia. Frugarono ancora e trovarono pelle, brividi e fremiti a rispondere a quella incursione inattesa.
Sgranò gli occhi, il volto di André a sfiorare il suo, lo sguardo verde cupo e bruciante, i ricci corvini morbidi sulla fronte ad accarezzare la sua stessa fronte – André! Ma cosa …? – gli chiese sorpresa.
- Comandante … - intervenne André piegando le labbra in un sorriso sensuale - … era una questione di vitale importanza … -
Oscar si sorprese a quelle parole scrutando in quello sguardo e scorgendovi il bagliore di una passione bruciante e conosciuta, ma non riuscì a ribattere, perché la presa sulla schiena si fece ancora più salda e le labbra di André roventi sulle sue. Non fu necessaria altra spiegazione, altra richiesta. Oscar sfilò rapida i guanti lasciandoli cadere a terra e le mani cercarono le scapole sotto la blusa, percorsero la sua schiena, ne disegnarono la curva e scesero oltre la cintola, possessive e insolenti a stringere e affondare, accentuando il contatto dei loro corpi, mentre le labbra si aprivano al desiderio, lasciando spazio alla passione morbida di un incontro proibito, rubato al rigore dei loro ruoli.
Un bacio denso di ricordi, come di aspettative e di promesse, capace di accendere i sensi e rendere palese il desiderio nella vicinanza delle loro uniformi, incontro di vigore e morbidezza, di forma e di rugiada.
Oscar si ritrasse dalle labbra di André, cercando aria e respiro, ansimando appena nel percepire il bacio caldo scivolare lungo il collo e insinuarsi dove l’uniforme cedeva alle mani esperte di André. Lo lasciò fare, ascoltando quella scia umida mentre scendeva tra blu e bianco, ricami dorati e seta d’avorio, sfidando la costrizione delle fasce e liberando la pelle più candida.
Mosse le mani a risalire alla vita di André, percorse la cintola afferrandola e strattonandola un poco con la destra, mentre la sinistra giocava leggera con i bottoni, insolente contro il vigore celato che lentamente si liberava, rivelandosi fiero all’aria della notte, vivo al tocco di brezza.
André sollevò il capo dal suo seno, fino a poggiarlo alla sua spalla, il petto scosso da respiri affannati, la gola rotta da ansimi profondi – Oscar … - il suo nome invocato a fior di labbra, una preghiera persa sulla pelle, nascosta sotto la seta scura dei suoi riccioli d’ebano.
Oscar portò le mani alla sua schiena, mosse un passo di lato,tenendolo stretto a sé e conducendolo fino a che la propria schiena non fu appoggiata alla pietra fredda e umida che chiudeva il vicolo alla sua sinistra. Rimase un attimo in attesa, in ascolto dei respiri che si incrociavano cercando aria, la mente rapita da quel sibilo lieve, i sensi lontani da ogni realtà.
- André … - lo chiamò piano, lasciando il suo nome come risposta alla preghiera che lui aveva liberato sulla sua spalla, e lo cercò con lo sguardo, mentre lui sollevava la fronte e a sua volta si volgeva ai suoi occhi -  Ti amo, André … - mormorò a fior di labbra.
Lesse il tormento nello sguardo cupo e profondo di André, un desiderio lacerante che invocava di essere accolto e placato; sorrise a quelle labbra strette, umide e tremanti cogliendole di nuovo in un bacio che portò risposta a quel bisogno ardente.
Cercò le mani di André, le condusse ai propri fianchi, le accompagnò ai lacci che stringevano la stoffa nel fasciarle il corpo, indicò loro una strada nota e le lasciò ai loro fremiti, mentre tornava ad accarezzare tenera e decisa il desiderio tangibile di lui, ad avvolgere e cullare la sua passione.
Chiuse gli occhi, inspirò il suo profumo, colse il sapore inebriante delle sue labbra, e con le dita tornò a disegnare il suo corpo, fino a lasciare che il proprio ne seguisse ogni vibrare.
 
Si era lasciata rivestire dalle sue mani esperte e precise, gli occhi chiusi e il respiro leggero; e poi lo aveva aiutato a sua volta, armeggiando con la stoffa e con il cuoio.
Aveva tenuto lo sguardo fisso ai bottoni della sua blusa, mentre li aveva allacciati lentamente, uno ad uno, facendoli scivolare diligentemente nelle asole, per poi far scorrere i palmi sulla stoffa e sul petto di André, rendendo liscia ogni piega e accarezzando un’ultima volta quella forma solida e amata.
Si morse un labbro, afferrando il lembo inferiore della giacca e tirandolo un poco per accomodargliela addosso.
- Sei perfetto … - commentò compiaciuta.
- Non riceverò un richiamo ufficiale? – la domanda la colse di sorpresa, sollevò lo sguardo e incontrò un sorriso sornione.
- Per esserti allontanato dalla pattuglia senza un valido motivo? – gli chiese di rimando, lo sguardo reso sottile e le labbra increspate.
- Comandante! Avevo un motivo più che valido, per allontanarmi dalla pattuglia! – cercò di spiegarle, sempre sorridendo.
Oscar aggrottò la fronte, il tono si fece titubante – Vale a dire? –
- Oggi è il 26 di agosto … siamo in Caserma da tre giorni e non rientreremo a casa prima di altri due … - le spiegò chinando il capo e facendosi ancora pericolosamente vicino al suo viso – E io … -
- Tu? – si intromise Oscar sfidandolo.
- Io … volevo il mio regalo di compleanno … - concluse André sulle sue labbra, prima di coglierle ancora, in un ultimo, rapido, bacio.
- Hai ragione, soldato … la motivazione era davvero importante … Non stilerò alcun rapporto … - rispose Oscar portando le mani al colletto dell’uniforme e tornando sulle labbra morbide che l’avevano appena lasciata – Per questa volta, non verrai punito … –
 
Si affrettarono a ricongiungersi ai soldati lasciati ad attenderli, fornendo una spiegazione sommaria dell’accaduto e offrendo le più semplici giustificazioni per quel fuori programma; tutto sommato, non era nemmeno la prima volta che si assentavano per qualche divagazione dal più consueto percorso di pattuglia … e gli uomini in uniforme non parvero poi così sorpresi, né interessati all’accaduto e ai particolari di ciò che, ai loro occhi, era stato un gradito momento di pausa.
Ripresero la via per rientrare alla Caserma; percorsero al passo, con estrema tranquillità, le vie strette e silenziose, tra portoni serrati, miagolii lamentosi e odori molesti e borbottii sommessi. Oscar si tenne salda alla testa del drappello, voltandosi solo di tanto in tanto per controllare le vie, i vicoli, le ombre lontane, e approfittandone per lanciare solo qualche occhiata fintamente distratta ad André, che la seguiva pacato e tranquillo, apparentemente sereno, forse un  poco concentrato.
Giunta al varco della piazza d’Armi, Oscar si voltò, per l’ultimo cenno di saluto ai soldati di pattuglia, e poi si fermò un istante, mentre i più giovani seguivano Alain e conducevano i cavalli scuri alle scuderie. Restò immobile, le redini di Cesar strette tra le dita e lo sguardo fisso su André che, immobile la osservava con espressione indecifrabile. Poi si mosse e, in un attimo, lui le fu di fronte, la osservò sorridendo appena e chinò il capo in un timido cenno. Attese che lei scendesse da cavallo e poi prese le redini dalla sua stretta, sfiorandole la mano con la propria, indugiando in quel contatto fugace, carezzandole il palmo con le dita, il guanto bianco filtrare quel contatto leggero. Allontanandosi di un passo portò il palmo destro al volto, nascondendo le labbra e facendolo scorrere lento oltre il mento.
- Buona notte Oscar … - la salutò con voce appena udibile e occhi lucenti, mentre arretrava conducendo Cesar con sé.
Oscar gli rispose in un soffio, con un brivido al petto e il sorriso sulle labbra, vibranti del ricordo di quei momenti rubati alla pattuglia - Buona notte, André … buon compleanno … -
Sfilò rapida il guanto, sollevò a sua volta la destra al viso, per depositare un bacio leggero al centro del palmo, e inspirò appena, assottigliando gli occhi, fissi su André, mentre socchiudeva le labbra, cercando a sua volta il sentore e il sapore di lui, inconfondibile e sensuale, traccia segreta di quanto accaduto nel vicolo. Chiuse del tutto gli occhi e una stretta alle viscere tornò prepotente a risvegliare i suoi sensi.
Quando li riaprì, mossa da una sorta di vertigine, André era già di spalle, e si allontanava a passo lento conducendo Cesar e Alexander alla scuderia.
 
 

Nota dell'autrice: ebbene sì... sono ancora loro... Oscar e André che hanno vissuto Estate, Ricordi e divisa, Il castello di carte, Le tue mani e Notti di stelle e di sogni... Non me ne vogliate. Fatico a liberarmi di loro!
 
  
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