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Autore: Xokaylerie    26/08/2015    2 recensioni
Non mi accorsi di aver alzato cosí tanto il tono della voce fin quando qualcuno mi tocco una spalla. “Cosa succede qui?” fece la sua entrata il grande Harry Styles ridacchiando. “Pupa, vuoi forse una foto e il cattivo Willy non ti fa avvicinare?” chiese. Probabilmente era solo un modo per sdramatizzare, ma io la recepí come una forma di spalvaderia e mi arrabbiai ancora di piú.
“Senti, carissimo” calcai sull'ultima parola, cercando di far trasudare tutta l'ironia possibile. “Pupa sará una di quelle tue amichette laggiú. Piuttosto di pavoneggiarti, metti in azione il tuo cervellino da cantante e trova un modo per farmi uscire di qua!” dissi, gesticolando verso la porta.
Harry mi guardò shockato, poi si scambiò un'occhiata d'intesa con l'armadio vivente ed entrambi scoppiarono a ridere.
*****
Harry Styles non era solo un cantante, era anche il mio imprevisto.
Harry Styles non era soltanto una persona, era anche la 'mia' persona.
In tutto e per tutto, mi aveva irrimediabilmente e completamenre travolto. O stravolto.
In bene o in male?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Imprevisti.




Seriamente. È una parola affascinante. La prima cosa che mi è venuta in mente. 
Seria-mente. Dal latino e blabla. 
Mente seria. 
Non si addice tanto a questa storia. Non si addice tanto a Harry Styles. O almeno non è la prima cosa che mi viene in testa se penso a lui.
E io ci penso parecchio a lui.
I cheerios mi fanno pensare a lui, l'albero che sta fermo da secoli davanti alla mia finestra e che guardo ogni mattina prima di uscire mi fa pensare a lui, i marciapiedi di Verona mi fanno pensare a lui. E la lista è lunga, qualsiasi cosa, le piú improbabili. 
Mi fermo davanti all'Arena e aspetto. La mia migliore amica, non Harry. 
Purtroppo questa non è una di quelle indimenticabili storie d'amore e io non sono la protagonista shick e con un grande cuore. Il cuore ce l'ho, è normale e solitamente ha un battito regolare, a meno che non ci siano di mezzo due occhi verdi in particolare. 
Ma comunque non aspetto Harry. Purtroppo, aggiungerei, ma non lo aggiungo. 
Doriana arriva fresca come le rose, incurante del ritardo di quindici minuti. Non la scalfisce niente, beata lei. 
“Scommetto che l'elayner è il colpevole del tuo colossale ritardo.” commento quando è a 10 passi da me. 
“Tsk. Tu mi sottovaluti, Stellina.” ribatte socchiudendo gli occhi per fare la finta altezzosa. Si sistema la sciarpa con un gesto deciso e sorride della mia espressione irata. “Chiamami di nuovo Stellina e ti faccio passare un brutto quarto d'ora, sappilo.”
Mi chiamo Stella, si, come quelle cose che stanno nel cielo e che tutti ammirano. Qualsiasi ragazza adorerebbe avere un nome simile, ma io lo odio. E odio che mi chiamino Stellina, come fanno tutti in pratica. Teoricamente dico sempre che prima o poi li ammazzerò, disgraziatamente non lo faccio mai. 
Doriana mi manda un bacio volante e mi prende sottobraccio, spingendomi a fare una passeggiata. Oggi è pieno qui, i turisti fanno foto, sorridono emozionati, si siedono a mangiare in uno dei ristoranti che costeggiano la piazza, ammirano la mia meravigliosa città e la rendono più bella e viva con i loro gesti, con i loro sguardi ammirati. Vorrei guardarla anche io così, vorrei che i miei occhi luccicassero come la prima volta che la vidi. Avevo sedici anni. Ora ne ho ventidue e ci vivo da sei mesi. E non posso credere che mi ci sono abituata. È parte di me, è come le mia braccia o le mie gambe. Non potrei starci senza. 
Camminando e chiacchierando ci ritroviamo in quella strada, in quel posto. Non ci entro, ma lo guardo con odio represso. Lo guardo come se volessi urlargli “È colpa tua!”. Un luogo dove l'amore è un simbolo, dove le persone si riversano a osservare, ricordare, immaginare, sperare e promettere. 
Lo incontrai lì, nel cliscè dei cliscè. Giulietta, tu mi hai mandato qualche maledizione!
“Liberami subito!” vorrei gridare, ma non posso fare altro che ricordare in silenzio. 






Era giugno. L'aria era calda ed ero in un dannatissimo ritardo sulla tabella di marcia. Mezz'ora dopo avrei dovuto mettere sottosopra il mio armadio per trovare il vestito più sexy ed elegante che avessi. Non doveva essere troppo appariscente, né volgare. Semplice ma di buon gusto e che mettesse in risalto i miei pregi fisici. Dannazione, mi ci sarebbe voluta un'eternità per vestirmi, truccarmi e nascondere il disordine per un eventuale invito a prendere qualcosa da bere se la serata fosse andata secondo i piani. 
Avevo un appuntamento, esatto. Ma non un appuntamento qualsiasi. 
Avevo L'appuntamento! 
Quello che aspettavo da mesi, con il figo più figo dell'azienda, per cui avevo una cotta colossale dal primo momento in cui l'avevo visto. In quel istante sarei dovuta essere nel pieno dei preparativi… E invece erano le sei e quarantadue minuti e mi trovavo a correre verso il negozietto che stava dentro la casa di Giulietta. Non c'era molto confusione. La gente iniziava a ritirarsi. Per fortuna, pensai tra me e me. Avrei fatto in un battibaleno. 
Entrai con il sottofondo impazzito della musica che mi rimbombava nelle orecchie. Camminare da sola era sinonimo di ascoltare musica per me, era necessario. 
Dovevo aspettarmi un ennesimo imprevisto, ma non mi aspettavo di certo quello che successe. 
Con la coda dell'occhio, mentre cercavo un aggettino tipico che mi aveva espressamente ordinato di comprare la mia coinquilina, notai un tizio entrare di corsa, seguito da un uomo alto e grosso quanto un armadio che dopo essersi scambiato un occhiata con il cassiere barricò la porta di entrata. 
Mi tolsi le cuffie dalle orecchie e solo allora mi accorsi del vociare molto alto. Sporgendomi verso la finestra vidi una folla di ragazzine impazzite che raggiungevano i vetri e ci si spiaccicavano sopra iniziando a sbattere le mani contro e ad urlare, piangere, fare cori, tirarsi i capelli. 
Ma che diavolo…? 
Mi girai di scatto verso il ragazzo di prima e una sensazione bruttissima si impossessò di me. No, no, no, no. 
Non poteva essere. Non ci potevo credere. 
Lo riconobbi in un istante. 
Moro, alto e con gambe sottili, occhi verdi e labbra mediamente carnose. Gnocco da paura ed espressione angelica a portata di mano. 
Era inglese, ma non un inglese qualunque, non un turista qualunque.
Ricci inconfondibili, soldi a palate e fama infinita. 
Era Harry Styles. 
L'idolo di mezza popolazione, di tutte le ragazzine comprese tra i 10 e i 20 anni, di mia nipote Giulia, follemente innamorata di lui, a cui regalo ogni anno il nuovo CD composto dalla Boyband più famosa al mondo. Gli One Direction. 
Mi bruciò dentro qualcosa, ma non era emozione o eccitazione, non era passione o felicità incondizionata. Era rabbia. Ero furiosa. 
Mossi velocemente le gambe verso l'armadio umano che stava parlando fitto fitto con il proprietario del negozio. Gli battei due dita sulla spalla. Interruppe ciò che stava per dire e si girò a tirarmi un occhiataccia. Evidentemente era una cosa importante ma a me non me ne poteva fregar di meno. 
“Fammi uscire.” gli dissi in un perfetto inglese. “Ora.” continuai risoluta. 
Nel frattempo la Rock Star sorrideva alle ragazzine che c'erano dentro il negozio, firmava qualche autografo e abbracciava qualcuno. 
Il gigante in nero mi guardò come se fossi una stupida. “Non posso, mi sembra ovvio. Non vede come siamo messi?” e sbuffando scocciato si rigirò. 
Incrociai le braccia al petto, sbattendo più volte le palprebe sperando fosse tutto un incubo. Ma rendendomi conto della realtà picchiettai di nuovo sulla spalla dell'energumeno. 
Quando si rigirò e cerco di intimorirmi con uno sguardo di fuoco, strinsi i pugni e lo guardai decisa. “Fammi uscire di qui!” urlai, su di giri. 
Non mi accorsi di aver alzato così tanto il tono della voce fin quando qualcuno mi tocco una spalla. “Cosa succede qui?” fece la sua entrata il grande Harry Styles ridacchiando. “Pupa, vuoi forse una foto e il cattivo Willy non ti fa avvicinare?” chiese. Probabilmente era solo un modo per sdrammatizzare, ma io la recepì come una forma di spavalderia e mi arrabbiai ancora di più. 
“Senti, carissimo.” calcai sull'ultima parola, cercando di far trasudare tutta l'ironia possibile. “Pupa sarà una di quelle tue amichette laggiù. Piuttosto di pavoneggiarti, metti in azione il tuo cervellino da cantante e trova un modo per farmi uscire di qua!” dissi, gesticolando verso la porta. 
Harry mi guardò shoccato, poi si scambiò un'occhiata d'intesa con l'armadio vivente ed entrambi scoppiarono a ridere. Il riccio si piegò letteralmente in due dalle risate, mentre si teneva una mano sullo stomaco e l'altra l'agitava nell'aria come un ossesso. 
La mia prima idea fu quella di tirargli un calcio nelle palle, la seconda di darlo in pasto alle fan, la terza di scovare una forbice e tagliargli i suoi famosissimi riccioli e venderli su ebay. Per il bodyguard non mi vennero idee, perché la sua stazza era così grossa d'aver occupato tutta la memoria della mia fantasia omicida. 
Mentre ragionavo su possibili torture da infliggere e aspettavo che il cretino di turno si riprendesse da una tosse causata dal troppo ridere, mantenevo la mia espressione assassina e sbattevo un piede a terra per scaricare i nervi. 
“Madonna, che acidità! Per un secondo mi hai fatto quasi paura, zanzarina.” mi prese in giro, sorridendo divertito. 
“Penso che qui te la puoi cavare da solo.” sostenne il colosso, voltò le spalle e tornò a parlare con il commesso o proprietario che ci guardava allibiti. 
“Allora, Zanzarina.” parlò, mettendomi due mani sulle spalle. “Respiro profondo e..Aia!” si lamentò dopo il calcio che gli tirai sullo stinco. 
“E ringrazia che non ti ho tirato una ginocchiata dove non batte il sole. Ma non ti assicuro che ti risparmierò se mi chiamerai di nuovo zanzarina. Assurdo!”
Lui si massaggiò la gamba con espressione dolorante e mi guardò come se fossi pazza. “Altro che Zanzarina. Sei proprio una micia cattiva, che zampe pesanti che c'hai!” continuò imperterrito.
Io rimasi allibita. Quello doveva sicuramente essere una candid camera e io non me n'ero accorta. “No, okay. Dove sono le telecamere?” chiesi infatti. “È uno scherzo, vero? Io non posso essere bloccata in un negozio con un tizio strafamoso che non fa altro che paragonarmi ad animali!!” urlai. 
La PopStar ridacchiò e fece spallucce. 
Ero disperata. In due minuti netti ero passata dalla rabbia sconfinata alla disperazione totale. Era stato quel calcio a farmi sfogare l'ira o l'aver compreso che avevo a che fare con un imbecille? 
Gettai la borsa a terra e girai su me stessa sconsolata. “Questa sera mi aspetta un figo da paura per l'appuntamento che aspetto da sempre e io sono bloccata qui!” esclamai in italiano. 
Styles mi guardo stranito. “F-faigo? Appiuntiamento? Cosa?” chiese non capendo una parola e sbagliando del tutto la pronuncia. 
“Ragazzo super bello, cool, hot, woooow!” spiegai in inglese. “Aspettava me. Stasera. Incontro, appuntamento, cena!” sillabai. “Comprendi in che situazione mi hai messo? Non ti senti neanche un po’ stronzo?! Sono cotta di Lorenzo dai secoli dei secoli. Ho aspettato sei mesi perché mi chiedesse di uscire ed Harry Styles ha rovinato tutto.” Feci il gesto del pollice in giù per fargli capire che oramai era andato tutto in fumo. 
“Niente male come storia!” commentò entusiasta lui. “Harry Styles potrebbe rimediare con un appuntamento alternativo con il sottoscritto?” Sorrise sghembo e mi fece l'occhiolino. 
Lo ignorai, non prendendolo sul serio e mi abbassai ai piedi della borsa per prendere il telefono e chiamare il mio cavaliere mancato. Rispose dopo qualche squillo. “Ehi! Sono per strada!” mi informò allegro e la mia rabbia torno a bussare. 
“Ehi Lore” lo salutai io con tono cadaverico. “Purtroppo non possiamo uscire stasera. Sono bloccata alla casa di Giulietta. So che sembrerà assurdo ma poi ti spiego. Perdonami, sono mortificata ma soprattutto dispiaciuta.” 
Lorenzo mi tranquillizzò dicendomi che ci sarebbe stata un'altra opportunità per vedersi, ma si sentiva dalla voce che c'era rimasto male. Staccai la telefonata qualche secondo dopo mentre alle mie spalle qualcuno aveva già preso a farmi il verso. “Ooooooh Louurienzo, muá, quanto mi dispiace, Lorieenzu, amore mio, ti amooo.” 
Mi misi le mani ai capelli. Presumevo che prima che riuscissero a sgomberare la casa e a farci uscire da lí ci sarebbe voluto tempo.
Sarebbero state delle lunghe ore. 





 Ciao ragazze/i! (Se esistono lettori e non semplicemente lettrici.) 
Non so bene cosa dire..Solo che avevo scritto questa cosina qui e mi son detta "Vabbè dai, caricala, che importa?". Premettendo che io scrivo per me, per il mio piacere e divertimento e non per mille recensioni o altro. Però condividere qualcosa che ho scritto personalmente e riuscire a capire se piace o non piace, se fa schifo o non fa schifo, non mi dispiace. Anzi, un vostro parere lo vorrei. Spero con tutto il cuore che stare tra le mie parole, i miei pensieri, i miei desideri e le mie idee vi piaccia. 
Un bacio, 
Vale
****** 

 

  
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