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Autore: Sebs    26/08/2015    1 recensioni
[Gamora x Peter Quill]
E se un giorno, di passaggio su un pianeta, riuscissero a mettere da parte le loro controversie e riuscissero a passare una serata... da soli?
Genere: Fluff, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sempre le solite cose sulla nave di Star Lord, come ancora non lo chiamava tutto l'universo nonostante avesse fatto qualcosa come salvare la Galassia.

"Quill. Quill. Quill. Quill."

"Rocket. Cosa c'è?"

"Il piccolo ha bisogno di aria vera."

Il piccolo era una specie di alberello autorigenerante che ballava sentendo canzoni per bambini.

"D'accordo allora. Serata libera," disse, virando sul pianeta più vicino.

"Libera? Tu non ci tieni in gabbia, Quill. Nessuno tiene Drax il Distrutt… era un modo di dire."

"Perché lui lo chiamano con il soprannome, ma non io?"

"Perché," rispose Gamora, piedi sulla consolle di comando, "Non è un soprannome stupido."

"Ma mi hai chiamato anche tu così."

"Colpa dell'adrenalina."

"Non dicevi così ieri sera," replicò, uno sguardo audace sulle labbra.

"Ieri sera stavi vedendo i cartoni con Groot. Quando ti ho chiamato con quel soprannome stupido."

Peter Quill sbuffò. Avrebbe dovuto trovare qualcuno che capisse le sue battute, oppure sarebbe impazzito.

 

Il procione nei panni di papà era davvero una visione strana. Un attimo prima era lì che sparava parolacce, sicuro che il piccolo non avrebbe potuto ripeterle, e un attimo dopo era lì a scegliere il vaso in cui travasarlo. Quello blu, quello verde o quello rosso? Questa nuova paternità era trovata adorabile solo da Drax. Anche se Gamora avrebbe giurato che Qill aveva lacrimato, quando il piccolo aveva detto "Io sono Groot" quella prima volta.

"Ora che i papà sono andati a comprare cose per il loro piccolino, che ne dici di fare un giro per conto nostro?"

Lei alzò le spalle. Rocket papà diventava insopportabile, la maggior parte delle volte.

Si persero tra le bancarelle illuminate dalle lucine appese sui teloni, piene di oggetti di ogni tipo, tra i ricambi per astronavi, allo zucchero filato, a quadri fatti da qualche alieno con i tentacoli, a…

"Zucchero filato?!" esclamò lui. "Scommetto che tu non lo hai mai provato. Andiamo!"

Prese le sottili dita verdi della ragazza tra le sue e la portò fino allo stand.

"Due, per favore."

"Ma se non mi piacesse?"

"Lo mangio io," disse, aspettando che prendesse il primo assaggio. Lei morse direttamente dalla nuvoletta azzurra, sporcandosi anche il naso.

"Sembra dolce."

"Non è come mangiare una nuvola?"

"Le nuvole sono masse d'acqua, Quill."

Lui sospirò ancora. Non poteva essere circondato da gente che non capiva le sue battute. Lo avrebbe ucciso.

 

"Oh, mio Jimi Hendrix."

"Chi?" chiese lei, finendo lo zucchero.

"Hai idea di cosa sia quello?"

"Un… Jimi Hendrix?"

"Jimi è una persona. Quello," indicò una catapecchia con l'insegna luminosa. "è un negozio di cd."

Come prevedibile, la trascinò dentro, lasciandola sull'uscio mentre correva tra gli scaffali come un bambino alle giostre.

"Guarda. Questi sono i Sex Pistols."

Lei prese il cd tra le mani. "Sex Pistols. Quello che vorresti essere tu, vero?" iniziò a ridere alla sua stessa battuta, e Peter dovette ammettere che per una volta ne aveva fatta una divertente.

"Loro sono famosi perché non hanno mai vinto nulla."

"E allora perché sono ricordati? Sono inutili."

Lui spalancò la bocca. "È il rifiuto ad adattarsi a norme stupide ed inutili che li rende importanti."

Lei valutò la cosa, mentre lui continuava a parlare di una regina e del fatto che avrebbe dovuto togliersi un certo palo da un certo posto.

"I terrestri sembravano stupidi. Ora che conosco te, sono crudeli."

Lui sbuffò. "Lui, invece. Lui," disse, prendendo in mano un cd di un capellone. "Lui parlava ai soldati nella guerra del Vietnam."

"Come fa a parlare ai soldati in guerra? Non sono alquanto impegnati?"

"Nei tempi morti. Li conforta e li fa sentire più a casa, quando sono dall'altra faccia… dell'universo."

L'immensità dello spazio gli ricordava sempre quando fosse piccola la Terra.

"Cos'è quello?" chiese lei, indicando un angolino con casse, microfoni e una tv.

"Gamora, sei un genio!" esultò lui, baciandola sul capo e correndo in quella direzione. "È un karaoke."

Iniziò a trafficare con i tasti e Gamora si chiese se avrebbe dovuto intervenire, come quando c'erano dei parcheggi o degli atterraggi strani con l'astronave.

"Questa," disse, lanciandogli uno dei microfoni. "Pronta?"

"Non so cosa farci con…"

"You were working as a waitress in a cocktail bar, when I met you.

I picked you out, I shook you up

And turned you around, turned you into someone new," iniziò a cantare. Leggi, le mimò con le labbra quando arrivò il turno del coro.

"Don't you want me, baby?

Don't you want me, oh?

Don't you want me, baby?

Don't you want me, oh?" cantarono in coro. Peter prese una sua mano e iniziarono a saltellare insieme.

Gamora iniziava a pensare che fosse ammattito, ma un attimo dopo era già il suo turno.

"I was working as a waitress in a cocktail bar,

That much is true.

But even then I knew I'd find a much better place

Either with or without you," lesse sullo schermo. Prendere il ritmo non fu tanto difficile, e Pete faceva delle facce strane, cantando senza il microfono. Era divertente, glielo concesse.

Ripeterono il coro tra le risate anche quando la melodia si fermò, man mano con espressioni più buffe.

"Di nuovo, andiamo."

"Un'altra?" chiese lui stupito.

"No, questa. Mi piace."

La seconda volta la cantarono come se fosse la loro storia. Come se davvero fossero i due ragazzi della canzone, con le facce disperate e arrabbiate di un amore finito.

Persino Gamora ballò un po'.

"È gradevole davvero."

Peter la guardò con occhi nuovi. Capelli lunghi disordinati, e non per aver ucciso o pestato qualcuno. Un bel sorriso, e non perché era caduto su uno degli strumenti che aveva in giro per l'astronave o per colpa di Rocket. Il piede che batteva il tempo, e non per concentrarsi per cercare la mossa successiva.

Le porse una mano e lei la prese, seguendolo mentre le comprava la cassetta della canzone che avevano ascoltato e cantato insieme.

Uscirono insieme dal negozio e andarono al punto dove si erano separati da Rocket, Groot e Drax.

"Peter?"

"Sì?"

"È stata una serata piacevole. Mi sono divertita."

Le passò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, sapeva quanto odiasse sembrare in disordine.

"Non credevo sapessi cantare."

"A quanto pare ho molte risorse."

"Già. Ascolta, se faccio una cosa, prometti che non credi che io sia impazzito, o non mi giudicherai?"

"Certo. Se tieni il segreto di questa," disse mostrando la cassetta.

Lui le si avvicinò ancora di più, guardandola negli occhi. Tese una mano davanti a lei, e con l'altra poggio una delle sue.

"Devi colpirla, non con forza, il giusto per fare rumore. Prova."

Lei batté la mano contro la sua. "Così?"

"Più forte. Sulla Terra si chiama battere il cinque."

"Una cosa simpatica?"

"Sì, lo fanno gli amici."

Lei continuò a farlo. "Sarebbe più divertente se ti colpissi la faccia, Quill."

"Sì, lo so. Non forzare la mano adesso."

"Non faccio forte."

"Sì, vuol dire non insister troppo."

  
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