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Autore: Ghost Writer TNCS    26/08/2015    0 recensioni
ATTENZIONE! REVISIONE IN CORSO
Anna Bedder è una giovane piratessa e possiede un potere talmente straordinario che, nonostante la sua giovane età, si è già guadagnata una fama piuttosto invidiabile. Grazie alla sua Black Soul può viaggiare per i mari senza preoccuparsi della maggior parte dei nemici, tuttavia ogni primo giorno del mese si reca alla taverna “Il Kraken” e ascolta chiunque desideri entrare nella sua ciurma, in attesa di trovare le persone adatte a vestire i panni dei pirati Bandiera Nera…
I personaggi presentati in questa raccolta verranno ripresi nel secondo racconto della saga Arcana Magica.
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La prima oneshot (Emrad) è iscritta al contest Fantasy Contest - Alternative Route indetto da Mokochan sul forum Torre di Carta.
La sesta oneshot (Jemal) è iscritta al contest Un, due... Trash! indetto da Amahy.
Domande? Dai un'occhiata a http://tncs.altervista.org/faq/
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eleonorah

Data: 4117 d.s., nona deca
Luogo: pianeta Marath, sistema Essud

La ragazza correva senza sosta per uno dei sudici vicoli di Abandon, il fiato corto di chi sa di essere inseguito. Aveva la pelle olivastra, un po’ più scura rispetto a quella tipica dei pelleocra, i suoi occhi erano grandi e luminosi, e una bandana gialla le copriva parte dei capelli castani. I suoi abiti erano sporchi e logori, in particolare la gonna, talmente corta da risultare pericolosa per una persona così giovane su un’isola piena di pirati e fuorilegge.

Si fermò un attimo per riprendere fiato e si voltò indietro. Per un attimo le parve di scorgere una sagoma, ma subito questa svanì in uno dei tanti pertugi.

«Ehi bambolina, ti sei persa?»

La ragazza si girò di scatto e vide un paio di uomini che si avvicinavano con delle bottiglie in mano. Erano chiaramente ubriachi ed entrambi avevano una sciabola pronta nella cintura.

Senza rispondere si affrettò a correre via, guizzando svelta ogni volta che trovava una deviazione per cercare di seminare gli inseguitori.

Sapeva di non poter andare avanti così, più deviazioni faceva e più correva il rischio di venire presa di mira da altri uomini, così decise di dirigersi verso la sua meta senza perdere altro tempo.

Attraversò diverse stradine piene di gente ubriaca e negozi di contrabbandieri, superò un gruppo di pirati impegnati in una rissa e poi finalmente la vide. La taverna Il Kraken era davvero grande come se l’era immaginata, ma era anche molto più rumorosa.

Osservò la grande facciata ancora per qualche secondo mentre riprendeva fiato, quindi si decise ad entrare. Era arrivata con un giorno d’anticipo, ma era meglio così: aveva fatto tanta strada e sarebbe stato un vero guaio se fosse stata in ritardo.


***


Tenebra stava viaggiando con andatura svelta, solcando il mare calmo in maniera elegante ma decisa.

Anna si trovava a prua e stava osservando la superficie cristallina che scorreva rapida sotto di loro, infrangendosi appena sullo scafo nero della sua nave. Avevano appena assaltato un piccolo galeone impegnato nel trasporto di cristalli magici grezzi e per il momento la loro principale priorità era mettere più spazio possibile fra loro e i possibili inseguitori. Purtroppo le informazioni che avevano raccolto non si erano rivelate molto precise, quindi avevano perso diversi giorni per riuscire ad intercettare le navi da trasporto. Inconvenienti del genere erano abbastanza comuni in un mestiere come il loro, il problema principale era che adesso erano in ritardo sulla tabella di marcia e sarebbe stato impossibile arrivare ad Abandon per il primo giorno del mese.

La giovane si voltò e si sedette sul parapetto, proprio alle spalle della polena a forma di pantera. Ormai era inutile piangersi addosso, e poi le bastava pensare alla stiva piena di cristalli per tirarsi su di morale.

Osservò la bandiera nera della sua ciurma che sventolava fiera in cima all’albero maestro. Era da quando avevano salutato Thahein e Khaled di Phoenix Feather che aveva un’idea in testa, una specie di chiodo fisso che non ne voleva sapere di andarsene: entrambi avevano un tatuaggio a forma di piuma, l’emblema della loro appartenenza alla gilda, e anche a lei sarebbe piaciuto che tutti i membri della sua ciurma avessero un tatuaggio, magari proprio una bandiera nera.

A prescindere da questo, era stato piacevole viaggiare con i due maghi, infatti prima di salutarsi si erano anche scambiati le frequenze delle rispettive bolle per le comunicazioni in modo da potersi contattare a vicenda in caso di necessità.

«Scusate, lo so di essere ripetitivo, ma pensate davvero che sia una buona idea tornare su quell’isola lì…?» fece Arïth, impegnato a ricucire un taglio sul braccio di Emrad. «Abandon…Vi ricordo che l’ultima volta hanno cercato di uccidermi con una bottiglia rotta.»

«E io ti ricordo che non ci sono riusciti.» ribatté l’uomo rasato senza scomporsi.

Alla fine il medico aveva accettato di unirsi alla ciurma, tuttavia c’erano alcuni aspetti di quella nuova vita a cui ancora non era riuscito ad abituarsi.

«Sì, ma quella volta sono stato fortunato perché erano completamente ubriachi… E se la prossima volta non lo fossero? E se mi tendessero una trappola?»

«Chiedo scusa, volevo informarvi che siamo quasi arrivati ad Abandon.» annunciò Francis «Se il vento tiene, tra circa mezz’ora dovremmo essere a terra.»

Arïth non parve entusiasta della notizia e si affrettò a concludere il suo compito.

«Perché ti preoccupi tanto? Ci siamo noi a guardarti le spalle.» gli fece notare Emrad.

«E ve ne sono grato, ma potrebbe capitare che veniamo coinvolti in una rissa, ci separiamo, io rimango solo, e poi… Non sono mica forte come voi! Se mi danno una botta in testa, una commozione cerebrale non me la leva nessuno!»

«Sei un mago, non puoi usare qualche incantesimo per combattere?» gli chiese Anna.

«Sono un medico, non un mago. La mia conoscenza della magia riguarda solo le tecniche curative.»

La giovane, che non era abituata a questo genere di vincoli, si limitò a guardarlo con aria poco convinta.

«Potresti procurarti qualche oggetto magico che ti permetta di scagliare magie offensive.» gli suggerì Emrad, intento a testare la mobilità del braccio ferito. Di colpo nella sua mente si accese una lampadina. «Potresti procurarti un talismano sintetico! Non sono sicuro che su questo pianeta li vendano, però magari troviamo qualcosa di simile.»

«Esattamente cos’è un talismano sintetico?» gli chiese Anna «È una specie di catalizzatore?»

 «Oh, è molto di più!» ribatté l’omone rasato «Quando lo metti al collo, quello si fonde con il tuo corpo e tu ottieni subito dei poteri magici. Questi poteri dipendono dal tipo di talismano, e ne esistono di moltissimi tipi. In origine c’era un solo talismano per ogni tipo di potere, ad esempio uno per controllare il fuoco, uno per diventare più veloce, uno per ipnotizzare la gente e così via, ormai però da questi talismani originali ne sono state fatte delle copie sintetiche che ne riproducono gli effetti. In un certo senso sono come le Soul, con l’unica differenza che non sono abilità innate, ma puoi andarli a compare.»

«Credo di aver capito… E quanti ne puoi avere?»

«Di quelli originali al massimo uno, quelli sintetici invece dipende da come sono stati realizzati.»

«Che ne dici Arïth? Saresti più tranquillo se avessi un talismano?»

«Mmh… Sì, credo che potrebbe essere d’aiuto… Il problema è che, per quel che ne so, costano parecchio…»

«Emrad, ce lo possiamo permettere un talismano sintetico?»

L’uomo fece qualche rapido calcolo mentale per cercare di capire quanto denaro avessero a disposizione. «Il prezzo di un talismano sintetico varia molto, e sarebbe meglio evitare di prenderne uno di bassa qualità perché potrebbe rivelarsi una fregatura… In ogni caso è difficile fare una stima perché qui la moneta non è l’arcos, ma penso che, con un altro assalto o due a dei galeoni, allora avremmo abbastanza soldi.»

«Insomma non te li regalano.» intuì Anna «Beh, comunque credo ne valga la pena: non sarebbe male avere qualche uomo in più in grado di combattere.»

Effettivamente durante l’ultimo arrembaggio gli unici a lottare seriamente erano stati Anna ed Emrad, e non era stato facile tenere testa da soli all’equipaggio del galeone e alla relativa scorta.

Il medico di bordo non parve entusiasta all’idea di dover prendere parte ai futuri scontri, in ogni caso la prospettiva di ottenere un talismano sintetico non gli dispiaceva affatto: sarebbe stato bello riuscire a difendersi da solo da eventuali attacchi da parte di altri mercenari inviati dal suo creditore.

Nel frattempo Tenebra continuava a solcare le acque leggermente increspate dell’oceano e grazie ad una brezza favorevole riuscirono a raggiungere Abandon con qualche minuto d’anticipo rispetto alla previsione del loro navigatore.

«Francis, Emrad, voi andate a cercare degli acquirenti per i cristalli; io e Arïth andremo al Kraken per vedere se c’è ancora qualcuno che si vuole unire alla ciurma.»

«Farò in modo di guadagnare il massimo dal nostro bottino.» le assicurò il vecchio pellebruna prima di salutarli.

Anna e il medico procedevano a passo spedito per le caotiche stradine di Abandon, quest’ultimo però continuava a guardarsi intorno preoccupato, facendo il possibile per restare vicino al suo capitano.

«Arïth, lo sai che non piace quando la gente mi sta troppo appiccicata.» lo sgridò la giovane.

«E me ne ricordo bene, però…» Si interruppe di colpo quando un uomo apparve di fronte a loro sfondando una finestra, seguito a ruota da un altro. Erano entrambi piuttosto brilli ed erano impegnati in un’accesa rissa.

Il medico si affrettò a spostarsi in modo che Anna fosse tra lui e i litiganti, a cui presto si aggiunsero altri pirati altrettanti ubriachi.

«Farsi scudo con una donna non è molto elegante.» gli fece notare lei.

«La regola non vale se la donna in questione possiede una Coloured Soul.»

Anna si lasciò scappare un sorrisetto divertito e senza troppi complimenti si fece largo a suon di onde di energia nera che spazzavano via tutto ciò che si trovava sulla loro strada.

Una volta raggiunta la taverna Il Kraken, si concessero entrambi un boccale di nedoh e poi si diressero come di consueto al piano superiore per aspettare eventuali candidati.

Essendo in ritardo, non avevano molte aspettative, invece ben presto qualcuno si fece avanti: era una ragazza dalla pelle olivastra, doveva avere due o tre anni in meno di Anna e portava una bandana a coprire parte dei capelli castani. Indossava una gonna molto corta che lasciava scoperte le gambe snelle, un top sgualcito e un grembiule pieno di macchie; in mano aveva un vassoio, quindi forse lavorava come cameriera. Aveva un livido sullo zigomo sinistro e i suoi occhi dorati erano lucidi di emozione.

«Tu sei… sei Anna Bedder…?» esalò con voce tremante, come se si trovasse di fronte al suo più grande idolo.

«Sono io.» confermò la giovane senza smettere di scrutarla.

La ragazza tirò su col naso e le lacrime cominciarono a rigarle le guance. «Siete arrivati… Temevo che non sareste venuti… Io… Ti prego, vorrei entrare nella tua ciurma!»

Anna continuò ad osservarla con aria indagatrice, inclinando leggermente il capo quando la cameriera quasi gridò l’ultima frase. «Perché vuoi entrare nella mia ciurma?»

La ragazza abbassò lo sguardo, imbarazzata. «Io… ecco… Ci sono degli uomini che mi stanno inseguendo… dei pirati…» Le parole uscivano a fatica, aveva tenuto dentro il suo dolore per troppo tempo. «Mi hanno comprata come schiava… per fare di me quello che volevano… Io sono scappata, ma continuano ad inseguirmi… Anna Bedder, anche tu sei un pirata, sei fortissima, però sei anche una donna… Ti prego, farei qualsiasi cosa per entrare nella tua ciurma…»

La diretta interessata non parve minimamente commossa da quella storia e la sua espressione rimase invariata. «C’è qualcosa che sai fare?»

La cameriera si affrettò a sollevare il capo. «So cucinare! Lo faccio da quando ero piccola, quindi sono abbastanza brava. Posso cucinare quasi tutti i tipi di cibi, lo giuro!»

Anna si concesse un’espressione di pacata soddisfazione. «Bene, allora stasera cucinerai per noi con quello che la mia ciurma sarà riuscita a comprare.» Le spiegò a grandi linee com’era fatta Tenebra, quindi la indirizzò al porto sbagliato come aveva fatto con gli altri membri della ciurma.

Al sentire quelle parole, la ragazza si irrigidì. «Io… Posso cucinare per voi, davvero, però non posso andare fino al porto da sola… Gli uomini che mi cercano potrebbero essere qui in giro… ti prego…»

«Capitano, ha ragione…» provò a dire Arïth. Non si fidava di quella cameriera carina e indifesa, in ogni caso non gli sembrava giusto costringerla ad attraversare da sola quella città di fuorilegge ubriachi.

La piratessa sospirò. Effettivamente, se quella ragazza fosse stata costretta ad aspettarli da sola su un molo, le probabilità di trovarla ancora lì al loro arrivo sarebbero state molto basse, e questo a prescindere dalla sua effettiva volontà di unirsi alla ciurma. «D’accordo, ci andremo insieme. Puoi aspettare fino a stasera?»

Lei annuì enfaticamente. «Certo!»

Un urlo dal piano inferiore.

«Arrivo!» gridò in risposta la cameriera. «Scusatemi, ho convinto il proprietario a darmi una camera, però in cambio devo lavorare per lui fino a quando resto qui.» Mosse alcuni rapidi passi verso la scala. «Se volete qualcosa, chiamatemi! Ah, mi chiamo Eleonorah!» E subito corse al piano inferiore per rimettersi al lavoro. Nonostante i brutti ceffi con l’abitudine ad allungare le mani che era costretta a servire, adesso sembrava al settimo cielo.

Anna si abbandonò allo schienale della sua sedia. «Allora, come ti è sembrata?»

«Carina, indifesa, spaventata, entusiasta di vederti. Ma naturalmente è anche possibile che sia solo una brava attrice.»

La piratessa sorrise tra sé. Arïth era sempre incredibilmente diffidente, ma la cosa non le dispiaceva: era importante avere almeno una persona così nella ciurma.


***


Come promesso, prima di tornare alla loro nave, i due pirati andarono a chiamare Eleonorah per portarla con loro.

Attraversare la città non fu particolarmente agevole, infatti Anna si trovò ad avere ben due persone spaventate che non volevano saperne di concederle il suo spazio personale. La più preoccupata era decisamente la ragazza, che continuava a guardarsi intorno come se da un momento all’altro qualcuno potesse cercare di aggredirla.

Una volta raggiunta Tenebra, Eleonorah si presentò agli altri due membri della ciurma e poi si fece condurre alla cambusa per mettersi a cucinare.

«Avere un cuoco a bordo non mi sembra una cattiva idea.» fece notare Emrad «Mi spiace dirlo, ma non so chi tra noi quattro cucina peggio.»

«Io lo so invece,» ribatté Arïth «sei tu.»

L’uomo rasato gli rifilò un’occhiataccia, ma in realtà sapeva di non potergli dare torto.

«Se posso dire la mia, non mi sembra giusto abbandonare al suo destino una ragazza così giovane.» disse Francis «Non fatico ad immaginare cosa le abbiano fatto i pirati che l’avevano comprata come schiava…»

«Non mi piace fare l’uccello del malaugurio, però vi ricordo che potrebbe benissimo averci raccontato un mucchio di bugie.» obiettò il medico.

«Ma l’hai vista?!» esclamò Emrad «Si vede lontano un miglio che ha passato le pene dell’inferno! Hai visto che livido ha sulla faccia?»

«Cambiando argomento, come è andata la vendita dei cristalli?» domandò Anna.

«Direi abbastanza bene, siamo riusciti a venderne quasi due terzi ad un buon prezzo.» rispose Francis «Per gli altri sono sicuro che troveremo presto degli acquirenti: ho già provveduto a far girare la voce. Ho anche comprato un po’ di provviste fresche.»

Emrad inspirò profondamento. «Ehi, lo sentite anche voi questo profumino?»

«Sembra che la nostra cuoca ci sappia fare.» constatò il vecchio pellebruna «Spero solo che non abbia utilizzato solo le parti migliori degli ingredienti per fare bella figura.»

Poco dopo la ragazza sbucò da sottocoperta. «Scusatemi, quando volete ho finito di cucinare.»

«Non vedevo l’ora!» esclamò l’uomo rasato.

«Il clima è ottimo, potremmo mangiare sopraccoperta.» suggerì Francis.

«Buona idea.» annuì Anna «Avanti, andiamo a prendere tavolo e sgabelli.»

Spinti dalla fame, i membri della ciurma si affrettarono a preparare tutto l’occorrente per consumare la cena. Appena ebbero finito, Eleonorah portò in tavola ciò che aveva cucinato.

«Spero vi piaccia, ho cercato di utilizzare tutto il possibile da ogni cosa che ho preso dalla dispensa.»

L’odore della minestra era ottimo, ma la cosa migliore era senza dubbio il sapore: ogni ingrediente era stato dosato con notevole maestria e cotto alla perfezione, i pezzi di pesce e di verdura contrastavano magnificamente col brodo saporito e alla fine nel pentolone non rimase nulla.

«Cavolo, tu sì che sai cosa vuol dire cucinare!» esclamò Arïth, decisamente soddisfatto.

«Era da una vita che non mangiavo una minestra così buona!» ammise Emrad.

«Ti faccio i miei complimenti, ci vuole una grande esperienza per riuscire a sfruttare così bene anche le parti meno nobili dei vari ingredienti.» affermò Francis.

«Bene Eleonorah, direi che hai riscosso un certo successo tra i miei uomini.» constatò Anna «Sarà un vero piacere averti come cuoca, prima però c’è una cosa che vorrei risolvere: i pirati che ti avevano comprata come schiava, hai detto che sono su quest’isola, giusto?»

La ragazza si irrigidì al sentire quelle ultime parole. Annuì. «Mi hanno inseguita per cercare di catturarmi di nuovo, però non li ho più visti da quando sono arrivata al Kraken.»

«Spero siano ancora qui, preferirei dargli una bella lezione il prima possibile, così da evitare di trovarceli fra i piedi in futuro.»

Gli occhi di Eleonorah si illuminarono, dopo un attimo però si incupì. «Ti avviso, è gente pericolosa… So che siete forti, però cercare uno scontro inutile…»

«Non è inutile.» ribatté Anna «È per assicurarmi che non cerchino più di fare del male ad un membro della mia ciurma.»

Di nuovo gli occhi della ragazza si accesero di una sfavillante ammirazione. Divennero addirittura lucidi per la commozione. «G… Grazie Anna… capitano.»

«Bene, ora sbaracchiamo e andiamo a dormire.» ordinò la piratessa alzandosi in piedi «Domani dovremo dare una bella lezione ad una ciurma di pirati!»


***


Il mattino seguente i vari membri della ciurma si riunirono per la colazione e, con gran stupore generale, Eleonorah si presentò con indosso alcuni dei vestiti di Anna oltre alla consueta bandana gialla. La camicia le andava un po’ grande, tuttavia l’indumento che sembrava causarle più problemi erano i calzoni aderenti che arrivavano poco sopra il ginocchio.

«Ecco… non sono molto abituata a portare i pantaloni…» ammise con un certo imbarazzo.

«Appena arriviamo in un’altra città, ti compreremo dei vestiti nuovi.» le promise Anna.

Una volta che tutti ebbero riempito lo stomaco, di nuovo si divisero in due gruppi: Emrad e Francis si sarebbero occupati della vendita dei rimanenti cristalli, gli altri tre invece sarebbero andati in cerca dei pirati che stavano inseguendo Eleonorah.

«Abandon non è piccola e soprattutto è molto caotica: come pensi di trovarli?» chiese Arïth.

Anna gli sorrise con aria saccente. «Spargendo la voce.»

Entrarono in una locanda piena di gente e si avvicinarono al bancone.

«Ehi, hai per caso sentito di una ciurma che cerca una schiava fuggita?» domandò il capitano al locandiere.

«Di che schiava parliamo?»

«Questa qua.» rispose Anna prendendo Eleonorah per un braccio e mostrandola all’uomo «Allora, hai sentito qualcosa o no?»

Quello si strinse nelle spalle. «Mi spiace, non ne so nulla.»

«Mmh, peccato. Ecco, tieni, spargi la voce che i pirati Bandiera Nera hanno trovato la schiava e che sono disposti a restituirla, ovviamente in cambio di un piccolo compenso.»

Il locandiere prese le due monete e le fece sparire in una tasca del grembiule. «Con vero piacere.»

Anna gli rivolse un sorriso di circostanza e poi uscì dalla locanda trascinandosi dietro Eleonorah.

«Ehi, non erano questi i patti!» esclamò la ragazza, sconcertata e impaurita.

«Non ti preoccupare, non intendo restituirti.» le assicurò la piratessa «Il punto è che, se avessi detto che volevo prenderli a calci, allora dubito che quelli che ti cercano si sarebbero presentati.»

Lei la osservò con i grandi occhi lucidi. «Davvero…?»

«Certo. Sei la cuoca della mia nave adesso.»

Andarono avanti così per il resto della mattina, visitando i locali più affollati per spargere la voce e in questo modo attirare a loro i pirati che cercavano Eleonorah. Non avevano idea di quanto ci sarebbe voluto affinché questi si presentassero, tuttavia la fortuna sembrava essere dalla loro parte e già nel tardo pomeriggio un corposo manipolo di persone si presentò al molo dove si trovava Tenebra.

«Bandiera Nera!» esclamò uno di loro a gran voce, probabilmente il capitano, «Siamo qui per la nostra ragazza!»

Anna, che ormai stava facendo l’abitudine a quell’appellativo, si affacciò al parapetto. «Bene, avete fatto in fretta! Ehi, Eleonorah! Vieni qui!»

La ragazza deglutì e si sforzò di fare come richiesto.

«Sono loro?»

La giovane annuì timidamente, lo sguardo basso.

«Quanto vuoi per restituircela?» chiese il capitano.

«Non voglio un bel niente! Lei adesso fa parte della mia ciurma, quindi vi ordino di lasciarla in pace. Se proverete a darle ancora fastidio, vi ucciderò tutti quanti.»

«Cosa?! Scherzi, spero! Lei è nostra, l’abbiamo comprata! E poi tu che te ne fai, sei lesbica per caso? Quella ragazza non ti serve a nulla!»

Anna batté il pugno sul parapetto e dal suo corpo si sollevarono degli aliti di fumo nero. «Eleonorah non è un oggetto! Lei è la nostra cuoca. Se proprio ci tenete a riaverla, allora venite a prendervela!»

L’altro pirata stava per rispondere, ma poi esitò. Un suo uomo gli toccò un braccio e scosse rapidamente il capo, visibilmente preoccupato.

Il capitano fece un verso di stizza e mandò a quel paese Anna con la mano. «E va bene, tenetevela!» Si voltò. «Me ne posso comprare dieci di ragazze come quella!»

Detto ciò il manipolo di filibustieri si allontanò rumoreggiando, decisamente arrabbiati, ma senza osare ingaggiare uno scontro con i pirati Bandiera Nera. La fama della ciurma di Anna Bedder si era ormai consolidata, e non era la prima volta che dei possibili rivali preferivano ritirarsi pur avendo dalla loro la superiorità numerica.

«Ma come? Niente rissa?» sbottò Emrad, la scimitarra in pugno e un’espressione delusa dipinta sul viso.

«E meno male!» ribatté Arïth «Anche se… Insomma, li lasciamo andare così? Ce l’hanno detto apertamente che compreranno altre schiave…»

«Siamo pirati, mica paladini della giustizia.» gli fece notare Anna sollevando le spalle.

«E poi togliere di mezzo una ciurma non servirebbe a stroncare il traffico di schiavi.» puntualizzò Francis.

«Emh, ragazzi… Grazie per aver fatto tutto questo per me!» esclamò Eleonorah abbassando il capo, commossa.

«Dai, non serve che ti inchini così…» fece Emrad prima di riporre la sua arma nella cintura.

«E poi il modo migliore per sdebitarti è quello di cucinarci un’altra cena come quella di ieri.» affermò Anna con un sorriso d’intesa.

La ragazza ricambiò il sorriso e annuì. «Certo!»


***


Un cielo stellato e privo di lune aveva ormai spodestato l’azzurro del giorno e Tenebra ondeggiava dolcemente al ritmo lento della risacca, come per aiutare il suo equipaggio a prendere sonno.

Dormivano tutti. La Black Soul di Anna le permetteva di percepire il pericolo anche mentre riposava, quindi sarebbe stato inutile lasciare qualcuno a tenere d’occhio la situazione.

Una luce si accese all’improvviso sottocoperta, trasformando l’oblò in un disco giallo. Eleonorah si guardò intorno, le orecchie tese per cercare di captare il minimo rumore, quindi salì la scaletta che portava sul ponte e scese agile dalla nave, correndo poi lungo il molo fino a nascondersi dietro una vecchia baracca sgangherata.

Controllò ancora che nessuno la stesse guardando, quindi sollevò il braccialetto a placche metalliche che aveva al polso sinistro e premette sulla parte inferiore di una delle sezioni. Sul suo palmo aperto apparve una sagoma e dopo un istante le linee si consolidarono, rivelando quello che aveva tutta l’aria di essere un semplice orologio. Ripeté la procedura con un’altra delle placchette e questa volta apparve un sofisticato cubo metallico. Il primo era un comunissimo overwatch – un avanzato apparecchio che combinava la funzionalità di un computer e la praticità di un orologio da polso – il secondo invece serviva per inviare il segnale ad una stazione ricevente, ed era indispensabile dato che Marath non disponeva di satelliti. Aveva nascosto i due dispositivi in altrettante tasche dimensionali del suo braccialetto, un accessorio tanto discreto quanto versatile.

Attivò il cubo-antenna, quindi accese l’overwatch. Digitò la password sullo schermo olografico e poi andò all’elenco dei contatti. Controllò un’altra volta l’ora visualizzata in alto a destra, quindi si decise a far partire una chiamata. Non dovette attendere molto e il piccolo comunicatore proiettò la testa olografica di una volpe umanoide.

«Spero tu abbia buone notizie.» esordì la creatura, probabilmente un vulpesiano, con voce sorprendentemente profonda.

 Eleonorah si affrettò ad annuire. «Ho fatto come mi avevate chiesto, sono riuscita ad entrare nella ciurma.»

Il muso dell’altro rimase freddo e inespressivo. «E hai verificato se quella ragazza ha davvero la Black Soul?»

«Ecco… non ancora…»

«E allora perché mi hai disturbato? Vedi di scoprire se quella ragazza ha la Black Soul o no, e non seccarmi ancora fino a quando non ne sarai certa. Ti ricordo che ti sei fatta catturare da dei trafficanti di schiavi come una stupida e ho dovuto mandare i miei uomini per farti fuggire da quelli che ti avevano comprato; voglio sperare che non sia stata una perdita di tempo.»

Lei si affrettò a scuotere il capo, intimorita. «No, no, davvero! Vi prometto che non vi deluderò.»

«Sarà meglio.» E così com’era comparso, l’ologramma del vulpesiano sparì.

Rimasta sola, Eleonorah stette immobile per alcuni lunghi secondi, in silenzio. Spense l’overwatch e il cubo-antenna, quindi li ripose entrambi nelle tasche dimensionali del suo braccialetto.

I rumori di Abandon arrivavano fin lì – urla, spari e strepiti che si susseguivano senza sosta – la ragazza però riusciva a sentire solo il tenue suono della risacca marina.

Portò le gambe al petto, cingendole con le braccia e nascondendo il viso sulle ginocchia. Non voleva che altri la vedessero piangere.



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