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Autore: superpoltix    26/08/2015    1 recensioni
Raccolta di poesie comiche sulla vita di alcuni ragazzi particolari.
Genere: Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Giantancredi era un bravo ragazzo
Quando un bel giorno divenne pazzo
 
Era a scuola, per i fatti suoi,
quando guardò fuori dalla finestra
vide qualcosa, quello che vuoi,
fatto sta si buttò subito su una maestra.


E gridava, gridava,
gridava cose insensate,
e lei di allontanarlo cercava
a suon di mazzate.
E vennero in molti a guardare la scena
Lo preser di peso e con gran pena
E lo portarono a casa immediatamente
O almeno quanto permetteva la calca di gente.
 
E così lo fecero visitare
Dai più bravi dottori lo fecer curare
Ma non riuscirono neanche un istante
A zittire quel ragazzo così delirante.


Farneticava e urlava, solo di questo era capace:
e parlava di pace,
parlava di amore,
diceva “nella vita non c’è solo dolore”


“Che assurdità che va cianciando”
Dicevano quelli che lo stavano ascoltando,
“l’unica cosa bella che abbiamo in terra,
è per l’appunto proprio la guerra!
che ce ne facciamo di pace e amore
quando possiamo uccidere e combattere a tutte le ore?”
 
Ma Giantancredi non voleva ascoltare,
voleva solo continuare a predicare,
predicare quel suo strano concetto
che diceva gli venisse dal petto.
 
Passarono gli anni
E insieme a loro anche molti malanni,
ma il suo non accennava proprio a partire
e Giantancredi a rinsavire.
 
Era allora tempo di pieno furore,
si combatteva e si moriva in preda al più atroce dolore,
così i genitori del povero matto
per poter partire all’attacco
decisero di assegnare ad un povero fante
l’arduo compito di fargli da badante.
 
Così tutti i suoi sproloqui si dovette subire
Da quando si alzava a quando andava a dormire
E inutilmente gli cercava di spiegare
Il piacere di uccidere e di ammazzare.
 
Giantancredi a quelle parole addirittura piangeva
E allora quel poveretto così si diceva:
“ma perché mentre c’è la guerra che impazza
devo subirmi ‘sto qui che non capisce una mazza?”
Potete ben credere quindi, che un giorno scappò
Lo cercarono ovunque ma mai più lo si trovò.


Si decise allora di mettere alla prova il destino,
di vedere fino a che punto il nostro matto era davvero cretino.
Lo buttarono in strada, tra il polverone
E subito fu circondato da un battaglione.
Non appena quello vide le armi
Subito disse “che vorreste mai farmi?
Io non voglio la guerra, voglio solo armonia
E viver con tutti in sintonia.”
 
I nemici si scambiarono occhiate perplesse,
chiedendosi l’un l’altro che demenze dicesse.
Tentennarono un po’ su cosa fare,
avendo gran voglia di porre una fine a quel suo farneticare,
ma ad uccidere uno scemo non ci sono poi tanti vanti,
così lo mandarono al diavolo e passarono avanti.
 
E non ti dico come reagì Giantancredi!
Improvvisò un balletto, così, su due piedi,
E organizzò tutta una festa
Per quanto si era montato la testa.
Compose poesie, odi e canzoni
In qui spiegava che oltre all’odio ci sono anche altre emozioni.
Cantava di felicità, di gioia di vivere
E del piacere di tornare a sorridere.
 
Cose inaudite,
e finora mai sentite,
cose che faceva venire da pensare
“non c’è niente da fare
questo è matto da legare!”

La gente infatti lo fissava di sbieco
E commentava “questo è più malato di un cieco.”
E pure il Signore l’Altissimo lo guardava strano
E si diceva “questo mi è proprio sfuggito di mano.”
 
Ormai era diventato quasi un attrazione
Un oggetto di scherno e di derisione,
ma lui non si lasciava intimidire
e nonostante tutto quello schernire
continuava nell’affermare i suoi precetti
che raccontava con fiabe e con i suoi poemetti.


Non ci fu un giorno in cui smise di provare
D’insegnare alle altre persone il dono di amare,
non smise finchè un giorno
dal suo sonno profondo non fece ritorno.
Vennero in molti al suo funerale,
a dare un ultimo addio a quel pazzo epocale.
Sulla lapide incisero anche una scritta mai vista:
“Qui giace Giantancredi, il pacifista”.
 
E sopra la tomba qualcuno vi mise una rosa rossa,
simbolo del delirare che si portò fin dentro alla fossa.
 
Vi potreste magari adesso domandare,
chi fece quel gesto così dolce e sincero?
Ebbene era quel povero fante che, dico davvero,
aveva finalmente imparato ad amare.

 
  
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