Serie TV > Constantine
Segui la storia  |       
Autore: Ambaraba    26/08/2015    1 recensioni
[Constantine]
Chas era la cosa più simile a una famiglia che avesse mai avuto. Se “famiglia” significava sostegno, calore e fiducia assoluta, allora Chas era la sua famiglia. Senza quel gigante taciturno, che molto spesso si esprimeva a monosillabi quando non addirittura a grugniti, la sua vita sarebbe stata uno schifo.
(John/Chas)
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
chastantine 11

    «Zed... Ciao, sì, lo so che stai arrivando... Quanto ti manca? No, non è successo niente di grave, no, non ti sto chiamando per questo... Cioè, sì, in effetti è successo qualcosa, ma-- Stiamo tutti bene, solo-- C'è stato un imprevisto. Senti, non so come spiegartelo per telefono, penso che dovresti vederlo di persona... No, non ti preoccupare. Ci vediamo al mulino. Ok, ok. A dopo, ciao.»
    Quando Chas riattaccò, vide miniJohnny che sgambettava in giro allegramente, tenendo su con entrambe le mani lo strascico di una maglietta troppo grande per lui – una semplice t-shirt, la più piccola che Chas aveva trovato: ma ovviamente gli stava enorme, come una tunica. Sempre meglio che continuare a lasciarlo infagottato nella camicia e nei pantaloni di John, aveva pensato il più grande, ma doveva comunque trovargli dei vestiti adatti al più presto. Un secondo dopo, sul volto di Chas si dipinse un'espressione inorridita e dovette attraversare la stanza con un balzo per poter acchiappare Johnny al volo, perché lo spericolato si era arrampicato sullo scaffale della libreria col chiaro intento di lanciarsi di sotto, in un'improbabile simulazione di volo.
    «Dio, John, NO.» Chas era esasperato. Cinque minuti di convivenza con il piccolo John e già non ce la faceva più. «Perché hai questa pessima tendenza al suicidio?» lo sgridò, ma il bambino ovviamente non capì e rise. Chas alzò gli occhi al cielo.
    «Senti, io non lo so se sei ancora là dentro e se puoi sentirmi,» disse, dopo essersi seduto per terra di fronte a Johnny. «Ma ho bisogno di tutta la tua collaborazione, se vogliamo sopravvivere a questa cosa, ok?» Silenzio. Chas si sentiva stupido. Il bambino lo guardò con l'aria perplessa e interrogativa di uno che non ha capito una sola parola, poi sorrise e si guardò intorno, spensierato, alla ricerca del prossimo posto da cui buttarsi di sotto. «Ok, come non detto,» si arrese Chas, sospirando. Poi raccolse il bambino e lo sostenne, tenendolo con un braccio, mentre con la mano libera cercava le chiavi del taxi nella tasca dei jeans.
    «Adesso andiamo a prendere un po' di cose,» gli disse; ma tutto l'interesse di miniJohn era concentrato a passare le manine sulla sua barba. «Poi torniamo al mulino e aspettiamo che torni Zed, e poi... Poi non lo so,» ammise, affranto. Guardò il bambino e, per la prima volta da quando lo aveva tra i piedi, pensò che John era stato un bambino davvero adorabile, con quel nasino all'insù e l'aria pestifera, e davvero non riuscì a capacitarsi di come suo padre avesse potuto avere il coraggio di maltrattarlo. Sentì un lieve moto di rabbia nei confronti del padre di John, ma lo soffocò rapidamente. Il passato era passato, e non c'era più molto da fare, in proposito. Tutto quello che poteva fare, ora, era concentrarsi sui bisogni di John e rendergli questa parentesi infantile, se non bella, almeno piacevole. «Fa' il bravo. Ti prego,» lo implorò. MiniJohnny gli mise le braccia al collo e posò la testa sulla sua spalla. Sembrava calmarsi un po', quando lo prendeva in braccio.
    «Ok,» concesse Chas. «Così va meglio.»
Lo sistemò come meglio poteva sul sedile anteriore del taxi, accanto a quello del guidatore – il posto in cui solitamente sedeva John, quando viaggiavano. Il taxi non era attrezzato per scarrozzare un marmocchio, ma Chas fece comunque del suo meglio per tenerlo al sicuro, mettendogli la cintura e bloccando lo sportello.
    «Non toccare niente,» gli disse. MiniJohn lo guardò, seduto compostamente accanto a lui, con aria leggermente intimidita. Chas non riuscì a trattenersi e lo accarezzò sulla testa, arruffandogli i capelli.
    «Non fare quella faccia. Non sono arrabbiato con te,» lo rassicurò. MiniJohnny sorrise – e quel sorriso conteneva già una traccia del ghigno che poi avrebbe caratterizzato il John adulto.
    «Chas,» disse il bambino, perfettamente a suo agio.
    «Ti ricordi come mi chiamo?», domandò l'adulto, con un briciolo di speranza. Forse, c'era ancora qualcosa del John stronzo cinico e bastardo, in quella deliziosa creatura.
    «Sì,» rispose il bimbo, estremamente soddisfatto, le manine aggrappate alla cintura di sicurezza.
    «Che altro ti ricordi?» chiese Chas, speranzoso.
Il bambino si guardò attorno, assorto, come se si stesse sforzando di far riemergere un ricordo. Poi si sporse e afferrò qualcosa da sotto il sedile.
    «Le sigarette!» esclamò felice, come se avesse vinto qualcosa. Chas si affrettò a sfilargliele di mano, allibito.
    «Impazzirò, me lo sento,» mormorò, lanciando il pacchetto fuori dal finestrino. MiniJohn lo guardò imbronciato e offeso, a braccia conserte.
    «Non guardarmi così! Ne riparliamo quando torni... Be', quando torni normale,» balbettò l'adulto, mettendo in moto. Dispettoso, con un'innata tendenza a farsi del male e un continuo bisogno di attirare l'attenzione: se davvero esistevano delle differenze, tra il John adulto e il John bambino... Be', Chas faticava a vederle.
    Seriamente.

    Al supermercato, tenere d'occhio Johnny si rivelò un'impresa impossibile: il piccolo molestatore si infilava dappertutto, correva tra i reparti e approfittava della piccola taglia per fare scherzi alla gente senza essere visto. Chas fu costretto a infilarlo nell'apposito spazio del carrello, per non perderlo di vista. Il piccolo John era una vera peste, ma era anche stupendo; e, più passavano i minuti, più Chas sentiva che si stava affezionando a lui – nonostante gli risultasse ancora molto strano rapportarsi con John in quella forma così anomala. Amava il John adulto, e si sarebbe preso la massima cura del Johnny bambino. Doveva solo fare in modo che stesse bene fino alla fine di quello strano incantesimo, poi tutto sarebbe tornato alla normalità. Poteva farcela.
    Gli prese due cambi d'abito e due paia di scarpe, un pigiama, e tutto quello che poteva servire a un bambino di quattro anni. Fortunatamente, grazie alla precedente esperienza con Geraldine, Chas non era del tutto impreparato ad affrontare la cosa. Quando stavano andando alla cassa per pagare, una signora sulla settantina si avvicinò al carrello.
    «Ma che bel bambino! È suo?» chiese la donna, e Chas, che era lievemente esaurito, pensò: No, l'ho rubato. Che razza di domande.
    «Sì...» rispose invece, anche se poco convinto. Poi vide gli occhi del piccolo Johnny brillare di una strana luce, solo per un istante – lo sguardo di qualcuno che ha appena avuto un'idea malvagia. La signora non aveva intenzione di schiodare.
    «Quanti anni hai, bel bambino?»
    Johnny alzò quattro dita, esibendosi in un sorriso tutto miele e innocenza infantile, tanto irresistibile quanto fasullo. Poteva cascarci chiunque, ma non Chas. Lo conosceva troppo bene per non sapere che, se Johnny diventava improvvisamente zuccheroso, era perché sperava di ricavare un qualche vantaggio dalla situazione.
    «Ma che bravo...! Suo figlio è un amore,» insistette l'anziana, ormai soggiogata.
Chas non disse nulla, anche se sentire chiamare John “suo figlio” gli suonava sbagliato. Riuscì a liberarsi della presenza della vecchia solo quando la fila alla cassa cominciò a scorrere, e la donna dovette allontanarsi per pagare. Quando anche Johnny e Chas furono usciti dal negozio, l'adulto scaricò la spesa nel bagagliaio e poi assicurò di nuovo il bambino al sedile. Johnny lo guardava con aria compiaciuta.
    «Cos'era quello sguardo, John?» gli chiese Chas, alzando un sopracciglio. «Lo so che avevi in mente qualcosa,» aggiunse. A quelle parole, il bambino infilò una mano sotto la maglietta ed estrasse un portafogli.
All'interno, la foto sulla carta d'identità ritraeva la povera signora di poco prima, ignara del furto che aveva subito.
    «Piccolo ladro ruffiano,» commentò Chas, ma era troppo sorpreso per poterlo sgridare sul serio. Era il genere di cose che il John adulto faceva di continuo. «Dopo glielo andrò a restituire, ho capito,» sbuffò, roteando gli occhi.
    «Sono stato bravo?» chiese Johnny, con un sorriso di attesa e speranza. Chas sospirò. Non sarebbe mai riuscito a sgridarlo, se lo guardava così.
    «Non si fanno queste cose, Johnny,» gli spiegò soltanto. «Adesso andiamo a casa, ci cambiamo e aspettiamo Zed, va bene?» Lanciò il portafogli della signora sul sedile posteriore e accarezzò il bambino sulla testa. Il marmocchio si liberò velocemente della cintura di sicurezza – l'escapismo era un'altra delle abilità del John adulto che evidentemente il John bambino già coltivava – e si agganciò al suo braccio.
    «John, devo guidare. Siediti,» cercò di dirgli Chas, ma il bambino continuava a guardarlo con quell'espressione che richiedeva attenzioni, e alla fine Chas fu costretto a metterselo sulle ginocchia. «Se ci ferma la stradale mi fa un culo così. Non dovrei portarti in questo modo, sai? È pericoloso,» borbottò; ma il bambino rimase accoccolato buono buono contro di lui, saldamente aggrappato alla sua giacca e con la testa posata sul suo petto per tutto il viaggio, e Chas proprio non se la sentì di farlo spostare.


  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Constantine / Vai alla pagina dell'autore: Ambaraba