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Autore: veronika95    27/08/2015    3 recensioni
[seguito di it's time to perdition, ma può essere letta come storia a sè]
[AU Mystrade]
Mycroft continua a vivere nella vecchia dimora Holmes, ma la presenza di Gregory ha irrimediabilmente spezzato i vecchi equilibri e l'antica armonia sembra perduta.
Mycroft si interrogherà su cosa vuole veramente, mentre fuori, in giardino, le rose sono pronte per sbocciare.
"Ciò che davvero mi tormenta è, posso io che ho fatto della mia ossessione il succhiare vite straordinarie da pagine di carta, accontentarmi di un uomo di carne e sangue?"
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lestrade, Mycroft Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Every rose has its thorn


Il catalogo altro non è che un vecchio quaderno, che se ne sta all’ingresso della biblioteca. Vi annoto, lì, tutti i libri in entrata e quelli in uscita, i quali, settimanalmente, vengono stipati in grandi scatoloni e riposti nelle soffitte. Ritengo assolutamente necessario rivedere quotidianamente il catalogo, in maniera tale che sia tutto in perfetto ordine.

Ad oggi è un mese che non aggiorno il catalogo, un mese che i nuovi arrivi stanno raffazzonati sulla scrivania e gli scatoloni prendono la polvere abbandonati tra uno scaffale e l’altro, un mese che non compongo poesie, un mese, oh buon Dio, che quasi non leggo.

Gregory è quel tipo d’uomo in grado di prosciugare tutte le mie attenzioni e convogliarle su di sé.
Non credo d’aver ancora capito il meccanismo con cui compie questa impresa. Eppure sembra essere il detentore di una formula magica, che mi obbliga a guardare verso il giardino tutte le volte in cui metto piede in biblioteca.

Fin da bambino sono sempre stato attratto dalla biblioteca dai soffitti a volta, zeppa di pensieri d’inchiostro. Ho sempre provato una sorta di magnetismo, anche nei momenti in cui non dovevo necessariamente leggere mi ritiravo lì, come fosse il mio habitat naturale: la giungla per il leone, la gabbia per l’uccello, l’altare per l’agnello.

Potevo star seduto lì protetto dalle grazie dei caratteri sopraffini dei libri rilegati in pelle; le bibbie immutabili, l’inchiostro appena sbiadito, l’assenza dell’orologio sulla parete bloccavano lo scorrere del tempo, non mi facevano invecchiare.

Gregory mi ha reso consapevole dell’invecchiamento, del precipitare del tempo, dello scorrere inesorabile verso la fine e, poi, di nuovo, verso un nuovo inizio. Gregory cura le rose, di giorno in giorno sempre più belle, e all’improvviso la mia esistenza mi appare priva di senso.



Gregory non teme le spine. Dovrebbe. L’ammagliante bellezza è sempre legata da invisibile spire avvelenate.



Ho sempre condotto un’esistenza morigerata, ben definita dentro rigidi schemi, malgrado ciò è bastato così poco per sconvolgerla.

Gregory ascolta, da ormai un mese, sempre nella stessa posizione, seduto sul divano con le gambe distese verso il caminetto, mentre il fuoco tiepido fa sgocciolare via il freddo.
Ascolta e non capisce, me ne accorgo che non capisce, è così palese.
Come può un umile giardiniere capire il dramma di Edipo, lo struggimento di Medea, la determinazione di Antigone. O, ancora, il trasporto di Anna Karenina verso il suo Vronskij, l’edonismo di Dorian Grey, la passione di Jean Valjean.
Eppure ogni sera torna, dopo aver riposto gli attrezzi nel capanno, viene a chiamarmi nella biblioteca, dopo aver acceso il fuoco del camino. Si siede, ascolta e chiede. Fa così tante domande, Gregory, abbastanza da farmene stupire, ma non abbastanza da farmi irritare. Mi ubriaca quesito dopo quesito.

Ed è bravo, Dio sì, è così bravo nell’acuto inganno che sta tessendo. Intervalla domande riguardanti i libri a domande personali con una tale maestria che quasi non me ne sono reso conto; è un uomo intelligente, determinato ad ottenere ciò che vuole, non un semplice giardiniere, ma una creatura complessa, da studiare, interessante. Non lo credevo.



Gregory non teme le spine. Credo si sbagli. Prima dell’incanto dei petali c’è sempre uno stelo pungente.



Così Gregory è riuscito in un mese in ciò che altri hanno fallito in una vita intera. Non che qualcuno ci abbia mai davvero provato prima, a risultare interessante ai miei occhi, intendo.

Per Gregory avere la mia totale attenzione sembra essere di vitale importanza. Quindi sfodera tutto il suo intelletto, ma in maniera furba, nascosta; crede di potermi ingannare, senza sapere che probabilmente c’è già riuscito.

Mi toglie le parole di bocca con il semplice luccichio degli occhi, l’aggrottassi della fronte o l’alzarsi delle spalle.
Sono attratto da lui come l’ape dal fiore: incontro inevitabile.

Così ha saputo di come sono solito prendere il the, della biblioteca di mio nonno, dell’incidente dei miei genitori, dei tanti litigi con Sherlock e di come lui se ne sia andato anni fa.

Ho la sensazione di non aver mai raccontato queste cose, eppure Gregory non ha avuto altri modi di venire a conoscenza di alcune informazioni se non dalla mia bocca.


Gregory è bello
Ed io me ne sono già innamorato, Dio, posso essere tanto stupido?

Eppure già me ne sono innamorato senza nemmeno conoscere il sapore delle sue labbra, il calore del suo corpo contro il mio, la forza delle sue braccia che mi stringono la vita. Senza sapere chi sia, ma lui cura le rose ed ama ascoltare le mie storie senza capire.

Non me ne faccio una colpa, l’essermene innamorato, infondo sono un esteta: innamorarmi delle cose belle rientra nella mia natura.

Non mi spaventa nemmeno, ad essere sinceri. Mi è già capitato altre volte, senza risvolti catastrofici, per quanto impossibile da credere.



Gregory non teme le spine. Avrà le sue ragioni. Rari, per l’amore della rosa, sopportano di essere punti.



Sono convinto che non innamorarsi di Gregory sarebbe stato sbagliato.
Un po’ come non emozionarsi di fronte ai Botticelli, o non commuoversi alla lettura della Commedia o, che so, non meravigliarsi per la bellezza del ‘Paradiso Perduto’.

Non me ne pento, dunque.

Gregory ha le mani callose e le unghie sempre un po’ sporche di terra, nonostante i guanti.
Io ho i pensieri sporcati di inchiostro e la testa affollata, nonostante l’apatia.

Gregory è vivo, pulsante, spontaneo; ha i polsi abbronzati da un pallido sole invernale e due occhi troppo profondi per non poterci cadere dentro.

Io sono pigro, indolente, non mi curo di altri che non di me stesso. Sono incapace d’amare.

E, credetemi, amare è così diverso dall’innamorarsi.

Trascorrere il mio tempo con qualcun altro, condividere le passioni che mi alimentano, sentire risuonare passi estranei nella casa, i baci, i litigi, il materasso che penderà sempre un po’ a destra. Non sono sicuro di voler tutto questo. Potrei volere lui, ma di sicuro non questo.

Mi conosco. Mi annoierei poco dopo. Non sono fatto per spartire la mia vita con un altro essere umano, per guardare fuori dalle grandi vetrate, per raccontare storie davanti al camino e rispondere a domande senza esserne cosciente. Non sono fatto per amare, per sperare che le rose fioriscano in primavera.

Si riduce tutto ad una questione di noia, infine. Non si tratta di saper amare, di credere di meritare o meno una persona, sono così egoista che lo terrei per me al di là di ogni merito.

Ciò che davvero mi tormenta è, posso io che ho fatto della mia ossessione il succhiare vite straordinarie da pagine di carta, accontentarmi di un uomo di carne e sangue?


Ma Gregory, ostinato, cammina nei corridoi, si instaura piano nella mia quotidianità, mi prende la mano, ride, mischia il suo odore di terra al mio di carta.

Non riesco a cacciarlo.

Dice che le rose sbocceranno. Dice che si è innamorato delle rose nonostante sapesse delle loro spine.

Mi sussurra che lui ci riesce, ad amarle, perché sa come prenderle senza pungersi.
Mi sussurra che sa come fare per poter essere abbastanza.



Gregory non teme le spine. Chi sono io per contraddire un impavido giardiniere?
   
 
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