Broken
Ero in camera mia, come sempre stavo giocando
silenziosamente con le mie fidate Barbie, quel giorno
erano Rossana, Heric e Funny,
i protagonisti del mio cartone animato preferito: “Rossana”.
I dialoghi erano tutti nella mia mente, non volevo
farli sentire ad altre persone, non volevo che sentissero quello che si dicevano le mie Barbie, erano i
miei pensieri, alcuni cattivi, per quanto potessero essere cattivi i pensieri
di una bambina, altri piacevoli e pieni di amore ed affetto.
La mia famiglia non poteva permettersi di comprarmi
una casa delle Barbie vera e
propria, quindi mi adattavo, infatti in camera mia c’era un grosso armadio con,
al fondo, uno scompartimento non utilizzato e lì avevo creato due stanze,
mettendoci da una parte un frigo giocattolo che risaliva ai tempi di mia
sorella e un tavolo fatto con un foglio di carta, mentre dall’altra parte c’era
un letto disegnato su un altro foglio di carta.
Avevo appena fatto tirare alla Barbie-Sana
uno schiaffo alla Barbie-Funny perché le aveva “rubato”
il Barbie-Heric e allora lui cercava di calmare le
due ragazze; ero in piena azione quando li sentii quel
giorno.
Stavano urlando, ancora. Lui le aveva chiesto se poteva andare al bar quella sera. Che
novità.
“Cosa me lo chiedi a fare?
Tanto lo sai benissimo che mi dà fastidio, vai, vai
pure” aveva detto lei.
“Cosa devo fare? Va bene rimango qui, stiamo tutta la sera a guardare la
televisione” stava urlando.
“No, no vai pure” lei era
calma, lui si imbestialì.
“NO!Adesso rimango qui!” sentii le chiavi cadere sul
tavolo e una sedia che si spostava.
Silenzio. Stavano fintamente guardando la tv, ormai
quella scena la ricordavo a memoria: lei seduta sulla sedia che stava di fronte
alla tele, appoggiava il mento sulla mano e aveva lo
sguardo rivolto verso la tv, ma era impossibile che la seguisse realmente.
Lui invece era stravaccato sulla sedia da capotavola,
quella più vicina alla porta, con ancora addosso la
giacca, braccia conserte e sguardo rivolto alla tv.
Restavano così per minuti interminabili. Io muovevo le
Barbie, ma non stavo più giocando, la mia mente non
si stava più concentrando nei dialoghi dei miei personaggi, emetteva solo una
parola: “cibo, cibo, cibo”.
“Vai, nessuno ti trattiene” era stata lei a parlare,
naturalmente.
Lui rise fintamente. Sentii
spostarsi una sedia e il tintinnio delle chiavi, poi dei passi si dirigevano
in camera mia. La porta si aprii e io alzai lo sguardo, era mio padre.
“Ciao amore, io vado un po’ al bar” usava un tono
dolce.
“Va bene, ciao” dissi io abbassando lo sguardo sulle
mie Barbie. Chiuse la porta
di camera mia e salutò mia madre dall’ingresso, lei in risposta disse un “ciao”
piuttosto annoiato.
Mi alzai da terra e andai in sala da pranzo dove mia
madre stava guardando la tv:
“Ciao” le dissi.
“Ciao” mi disse lei voltandosi.
“Tutto bene?” le chiesi.
“Si” mi disse lei.
“Ho fame”
“Mangia qualcosa”
Andai nel corridoio dove c’era la dispensa, l’aprii e
mi presi una brioche.
Entrai in camera mia e mangiai la brioche e tutto fu
più tranquillo. Masticavo quel cibo malsano, in qualche modo, ma mi sentivo
bene, tutto tornava normale e non era successo assolutamente nulla. Quando la finii lasciai l’involucro che la ricopriva
sull’armadio e tornai alle mie Barbie. Ora Barbie-Sana doveva chiedere scusa. E
non solo lei.