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Autore: saffyj    27/08/2015    0 recensioni
Seguendo i dialoghi e la storia originale... vi racconterò New Moon vissuto nei panni di Edward Cullen e soprattutto cosa è successo nei mesi passati lontano da Bella!
E' il mio primo libro ... Mi auguro vi piaccia.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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La voglia di tornare da Bella era sempre più pressante, quanto la consapevolezza che la nostra relazione non poteva esistere se non solo nei miei pensieri. Le visioni di Alice continuavano a tormentare la mia mente ormai stanca. Bella vampira, Bella con un altro uomo, Bella sciupata per le vie di Port Angeles… Bella sorridente e felice tra le mie braccia, nella nostra valletta, nel suo letto, in camera mia … no! Dovevo starle lontano, era il modo migliore per dimostrarle il mio amore.
Quando mi trovai per l’ennesima volta in aeroporto con il biglietto per Seattle in mano, lo stracciai e decisi di prendere il primo volo per Londra. Dovevo allontanarmi il più possibile e porre un oceano tra me e Forks era sicuramente un’ottima idea.
A Londra c’erano Emmett e Rosalie in viaggio di nozze. Non li avrei contattati, non andavo a Londra per loro… o almeno così continuai a ripetermi per tutto il volo.
Arrivai all’aeroporto a notte inoltrata, presi una camera d’albergo e mi obbligai a non contattare Emmett. Mi rigirai il cellulare tra le mani fin quando lo lanciai sul letto e decisi di visitare la città.
Andai a Picadilly Circus, la piazza nel quale si trova tutto ciò che si desidera. La descrivevano come il tempio della notte, con tantissimi locali di ogni genere… mi mischiai tra la folla e mi lasciai travolgere dai pensieri della gente.
Camminavo con un sorriso beato sul volto, chi mi incrociava sicuramente mi reputava un folle, ma volevo convincermi di stare bene. Che tutto stava andando a meraviglia. Mi fermai a Rock Circus e mi feci trasportare dalle note del Rock. Volevo a tutti i costi riempire il mio cervello di musica, pensieri, suoni, volti … tutto pur di non pensare a dove veramente fossi e perché.
Ballai tra la gente come fossi anche io un umano, applaudii come un vero fan e feci l’occhiolino a tantissime ragazze sorridendo felice. Tutto era amplificato: le luci, i suoni, i pensieri … mi sentivo ebbro.
Continuai a ballare per tutta la notte… feci pure nuove amicizie e bevvi alla salute di due ragazzi irlandesi che mi offrirono una birra. Non mi sentii nemmeno schifato dal liquido nauseante che scendeva nella mia gola. Ero felice, dovevo essere felice e dovevo sentirmi nuovamente umano, vivo e mortale.
Finito il concerto il locale si svuotò. Uscii ancora entusiasta, ancorato a quella felicità fittizia che tenevo con le unghie obbligando il mio labbro a mantenere il sorriso. Perché chi è felice sorride.
Uscii salutando i passanti e barcollai per la piazza in direzione dell’Hotel.
“Scusa?” la voce di una ragazza mi fece voltare. “E’ per caso tua questa?” mi chiese indicandomi la giacca grigia che teneva in mano.
“Oh. Sì, che sbadato!” risposi dandomi una pacca sulla fronte. Non era da me dimenticare qualcosa. “Grazie!” e sorridendole allungai la mano.
“Di nulla.” Rispose mentre le sue gote si colorivano di un rosso imbarazzato.
Nel porgermi la giacca le nostre mani si toccarono, la sentii rabbrividire al contatto del freddo della mia pelle e, guardandomi sorpresa, si ritrasse velocemente.
“Qui a Londra la temperatura è molto bassa, meglio che mi vesta” dissi sfoderando il mio miglior sorriso ammaliatore sapendo che quel sorriso avrebbe scompigliato i suoi pensieri allontanandola da eventuali domande pericolose, ed indossai la giacca.
“Sì, Londra è la città più fredda del pianeta” rispose avvicinandosi maggiormente e strofinandosi le mani sulle braccia per scaldarsi.
Era una ragazzina di circa sedici anni, con i capelli biondi lisci come spaghi e gli occhi azzurri affusolati. Mi sorrise con le gote arrossate. Mi stupii che non fosse intimorita dalla mia presenza, solitamente gli umani sentivano la necessità di starmi distante, ma quella ragazzina non era intimorita, nei suoi pensieri vidi solo le classiche fantasie da adolescente.
“Grazie ancora e… buona serata!” dissi voltandole le spalle e ricominciando a camminare sentendo la felicità artefatta allontanarsi.
“Mica starai andando a dormire? La notte è giovane… solo i vecchi vanno a dormire!”
Risi di gusto alla battuta… povera piccola umana, non sapeva quanto fossi vecchio. Avrei dovuto già essere a dormire, a dormire il sonno eterno come ogni mio coetaneo… però, effettivamente, il mio corpo aveva solo diciassette anni e la notte era per quelli della mia età!
“Lucyyyy!” una ragazzina dall’altro lato della piazza chiamava sbracciandosi.
La ragazzina rispose con un gesto della mano e continuò: “Io ed i miei amici stiamo andando ad una festa poco fuori Londra… vuoi venire?”
“Perché no!” risposi alzando le spalle.
Mentre attraversavamo la piazza il buon senso mi stuzzicò. Cosa diavolo stavo facendo? Non dovevo avere rapporti con umani, non dovevo interagire con loro, non dovevo essere lì, dovevo andare via. Ero un immortale e dovevo vivere con gli immortali o vivere solo, non fare nuove amicizie con dei mortali!
Allargai il sorriso sul volto per schernire il buon senso ed accelerai il passo verso il gruppo di ragazzini. Non mi importava: ero sempre stato alle regole, mi ero sempre comportato secondo quanto richiesto, ero sempre stato attento ed in disparte… e cosa ne avevo guadagnato? Mi ero stufato di essere il perfetto Edward Cullen. Volevo essere felice, volevo sentirmi umano e se ai Volturi non andava bene potevano venirmi a prendere, non li avrei fermati. Ormai la mia non-vita non aveva più valore quindi, se non gli andava bene che frequentavo mortali, potevano venire a prendersi la mia immortalità.
Mi avvicinai ai ragazzini e mi presentai con entusiasmo. Le ragazzine sgranarono gli occhi dalla sorpresa ed i loro pensieri furono molto espliciti. Sorrisi e feci l’occhiolino aumentando le loro fantasie, a differenza degli ultimi ottant’anni non chiusi fuori i loro pensieri, ma li guardai compiaciuto di come il mio aspetto le facesse sognare. Non potevo più far correre il cuore di Bella, ma potevo far volare il cuore di quelle ragazze… almeno per una sera.
Lucy mi rimase sempre al fianco e lanciò occhiate di avvertimento alle sue amiche. Nei suoi pensieri ero il suo ragazzo e nessuna doveva avvicinarsi. I ragazzini maschi, invece, avevano visto il mio arrivo come un’invasione del loro territorio. Si avvicinarono alle ragazze abbracciandole e guardandomi con aria di sfida, erano le loro ragazze ed io dovevo tenere le mani a posto. Potevano stare tranquilli, le mie mani erano troppo fredde, non mi sarei mai permesso di toccarle.
Nei pensieri dei componenti del gruppo, maschi e femmine, sentii forte il bisogno di evadere, di dimostrare di essere adulti, di essere pronti al mondo e di volerlo conoscere in ogni modo possibile. Avevano coraggio, anche se dettato dall’incoscienza e dalla non conoscenza, si sentivano invincibili, invulnerabili e capaci di spaccare le montagne… mi piacquero i loro pensieri perché mi diedero una carica che non avevo mai sentito. … mi sentii anch’io un adolescente.
David, un ragazzino alto come me, con occhi e capelli castani ed il fisico leggermente robusto fu l’unico ragazzo che mi si avvicinò per fare la conoscenza. Non era spensierato come gli altri ragazzini, era più maturo e molto gentile. Vidi nei suoi pensieri la tristezza che nacque quando vide Lucy avvicinarsi con me. Era innamorato, di un amore adolescente, ma era timido e con una bassa autostima. Lo trovai subito simpatico e mi dispiacque per la sua infelicità.
Lo osservai per tutta la sera. Era un bravo ragazzo e volevo far qualcosa per lui.
Lucy vedendomi distratto mi si avvicinò e con sguardo languido mi chiese di fare una passeggiata. Vidi la tristezza accrescere in David. Con gentilezza rifiutai l’invito e mi avvicinai al ragazzino. Gli offri la birra che tenevo intonsa in mano e mi sedetti vicino a lui, come due vecchi amici. Lucy, come avevo immaginato, mi seguì e si sedette con noi. Iniziai a parlare di Stonehenge, come un turista interessato a volerla visitare. L’avevo già visitata, ma era un discorso che sapevo interessare sia Lucy che David. David mi spiegò con entusiasmo ogni minimo particolare del luogo e mi raccontò degli aneddoti che non avevo mai sentito raccontare. Lucy rimase affascinata dai racconti del ragazzino e potei notare con piacere che i suoi pensieri si stavano spostando da me e quel gentile adolescente. Quando li vidi immersi nella loro conversazione, dimentichi della mia presenza, mi alzai e tornai nella folla a ballare. La felicità che mi aveva invaso da quando ero arrivato a Londra iniziava a scemare. Provai ad obbligarmi a sorridere, a ridere, a ballare, a parlare con sconosciuti, ma non riuscii più a inebriarmi come ero riuscito ad inizio serata.
Il sole stava sorgendo ed anche quella festa stava volgendo al termine. Vi erano persone addormentate negli angoli più impensabili, sotto i tavoli, sulle casse, nel prato… e altre che barcollando si dirigevano verso le auto.
Lucy e David continuarono a parlare dei luoghi caratteristici. Erano così assorti nei loro discorsi che non si accorsero di essere rimasti gli unici ancora svegli nella sala. Quando il proprietario del locale li chiamò per farli uscire si ridestarono come da un sogno. Mi ricordarono il primo pranzo di me e Bella, anche noi non ci eravamo accorti di essere rimasti soli in sala mensa, i nostri discorsi ci avevano così incantati da farci dimenticare che esisteva un mondo oltre a noi.
Mi si avvicinarono, David era felice e Lucy confusa, sentiva nascere in lei un sentimento mai provato per il ragazzo, cercava di guardarlo con occhi oggettivi, ma non riusciva più a vederlo come lo vedeva poche ore prima. Sentiva il bisogno di continuare quella chiacchierata e di stare con lui, anche se cercava, chissà per quale strano motivo, di convincersi che non era il ragazzo giusto per lei.
Sorrisi a quei pensieri. La povera Lucy non comprendeva la fortuna che aveva. Era insieme al ragazzo che la amava e nulla, oltre agli stereotipi umani, poteva separarli.   
Il resto del gruppo si era già ritirato, non volevo essere il terzo incomodo e quindi li lasciai con la promessa che ci saremmo rivisti la sera al solito posto.
Era una giornata piovosa e riuscii a camminare per le vie di Londra senza problemi, alla ricerca della felicità provata la sera prima.
Il pensiero di Bella continuava ad insinuarsi in me, la voglia di riprendere l’aereo e tornare da lei non era scemata, anzi, essendo così lontano da lei, mi sentivo ancora più inquieto.
La sera, come promesso, mi presentai all’appuntamento. Il gruppo era lo stesso, mi salutarono ed iniziarono a riempirmi di domande sul mio passato, sui miei sogni e sui luoghi che avevo visitato. Inventai completamente la mia vita, i miei sogni ed il mio passato. Dissi ciò che volevano sentirsi dire e cercai di recuperare dai loro pensieri la stessa energia che avevo percepito la sera prima, ma senza risultato.
David e Lucy arrivarono insieme, si tenevano leggermente distanti e si guardavano impacciati, ma il sentimento che li univa traspariva dai loro occhi. Mi avvicinai a David e, senza farmi vedere e sentire dagli altri, gli allungai due biglietti per Amesbury. Diventò rosso in viso e balbettò un ringraziamento.
“Sono per te e Lucy. Li avevo comprati per me ed un amico, ma ha avuto degli impegni improvvisi annullando la visita. Mi dispiacerebbe buttarli.” Gli spiegai facendogli l’occhiolino.
Mi sorrise felice e li nascose in tasca prima di unirsi alla compagnia.
Provai a stare con quei ragazzini per tutta la sera, ma non riuscii più a provare le forti emozioni provate la sera prima. Il buon senso iniziò ad urlare che un immortale non doveva fare amicizia con dei mortali, che dovevo fare dietro front e cercare dei miei simili… e dopo aver lottato per un paio di ore contro di esso, decisi da dargliela vinta e gentilmente salutai la compagnia di ragazzini.
 
Decisi di visitare il Cimitero di Highgate, che secondo la tradizione era la dimora di vampiri antichi.
Scavalcai le alte mura ed iniziai a girovagare per le tombe. L’odore di miei simili era forte come l’odore di sangue. Mi diressi verso la tomba di Karl Marx, curioso di trovare la famosa tomba di Elizabeth Siddal. Non avevo ancora fatto due passi che un immortale mi sbarrò la strada mostrando i denti.
Mostrai i miei ed emisi un profondo ruggito acquattandomi. Era molto magro, con capelli lunghi scompigliati e vestiti di altri tempi molto logorati.
Rimanemmo in stallo per alcuni minuti, fin quando non si unì un altro vampiro.
“Cosa succede?” chiese perentorio, posizionandosi tra me ed il mio avversario.
Continuai a fissare il primo vampiro, ma lasciai la posizione di attacco e nascosi i denti.
“Quindi?” chiese il nuovo venuto.
“Mi chiamo Edward Cullen.” dissi senza distogliere lo sguardo dal primo immortale. “Non cerco problemi. Volevo solo visitare il cimitero” continuai.
“Cullen?” chiese stupito facendo segno al compagno di rilassarsi. Vidi nella mente dello sconosciuto il viso del mio padre adottivo.
Lo guardai per la prima volta in volto. Non avevo mai incontrato quell’uomo, di corporatura longilinea, con capelli biondi lunghi oltre le spalle ed un abbigliamento simile al suo compare.
“Sono il figlio di Carlisle Cullen” dissi porgendogli la mano.
La guardò schifato e si rivolse al compagno.
“Nessun problema Fred. E’ un amico. Avvisa gli altri che abbiamo compagnia” ancor prima che terminasse la frase Fred era svanito.
“Vieni, ti presento agli altri…” disse indicandomi la direzione “A proposito, mi chiamo Igor Makarov” rimasi immobile e sondai la sua mente per capire se potevo fidarmi. Vidi una cripta affollata di miei simili con al centro un altare in pietra con corpi di umani ormai dissanguati.
Feci una smorfia e mi irrigidii. Il pensiero di sentir l’odore di sangue umano mi spaventò. La sera precedente mi aveva dimostrato che qualcosa in me era cambiato, avevo timore che anche la mia capacità di trattenermi da quel tipo di sete fosse mutata.
“Preferisco stare all’aria aperta, se non vi dispiace” dissi cercando di ricacciare la sete che ardeva la mia gola al solo pensiero di quel profumo.
Alzò un sopracciglio ed inclinò la testa di lato guardandomi curioso.
“Troppo sangue umano…” spiegai tra i denti abbassando lo sguardo.
“Ommioddio… non mi dire che Carlisle ti ha convinto di seguire la sua folle dieta” disse scoppiando in una sonora risata.
“Sì” sussurrai.
“Sei arrivato la sera sbagliata, ragazzo mio! Oggi abbiamo fatto caccia grossa perché avevamo ospiti” affermò senza smettere di ridere.
“Sarà per un’altra volta” risposi incamminandomi verso il muro di cinta.
“Dai… cosa dici! Non è gentile rifiutare un invito. Se vuoi vado a cercarti qualche topo… qui ne siamo invasi!” mi derise mentre prendendomi poco gentilmente per il braccio.
Trattenni il ringhio e con il capo chino lo seguii, continuando a visualizzare il volto di mio padre e ripetendomi che ero sazio, non avevo fame e non avrei ceduto.
Arrivati nella cripta l’odore mi colpì così forte che ogni istinto ebbe il sopravvento ed i pensieri dei presenti furono così forti che ammutolirono completamente il mio autocontrollo. Il velenò mi riempì la bocca e lo stomaco si contrasse per la fame. Gli occhi si fissarono verso l’altare ed il demone esultò per il cibo prelibato che lo attendeva. Mi divincolai dalla presa di Igor e volai su un corpo non completamente dissanguato. Avvicinai la mia bocca a quella pelle profumata e… con un ringhio acuto volai contro il muro, mi coprii la bocca con le mani e smisi di respirare.
Calò il silenzio e tutti i presenti mi guardarono con gli occhi sgranati dallo stupore.
“E’ il figlio di Carlisle Cullen” spiegò Igor scoppiando nuovamente a ridere.
Tutti iniziarono a ridere e scuotendo le teste ritornarono al loro pasto. Chiusi i loro pensieri fuori dalla mia testa e uscii dalla cripta, avevo bisogno di aria.
Igor mi seguì, continuando a ridere tenendosi la pancia con le mani.
“Sei proprio strano, ragazzo! Ma chi te lo fa fare. Goditi una buona mangiata e non ci pensare più!” disse dandomi una pacca amichevole sulla schiena “Ti giuro che non lo dirò a Carlisle” e si baciò le dita incrociate per sugellare la promessa.
“Non puoi capire” dissi tra i denti cercando di allontanare il pensiero di cosa stavo per fare in quella maledetta cripta.
“Esatto! E non mi interessa capire! Siamo bevitori di sangue… di sangue umano! Non siamo nient’altro! E’ come chiedere ad una mucca di mangiare carne o ad un leone di mangiare erba!”
Aveva ragione… in tutta la mia esistenza da immortale avevo cercato di rinnegare la mia natura. Non mi cibavo di sangue umano, come un leone che si ciba di erba, e mi ero innamorato di una umana, come un leone che si innamora dell’agnello…
La gola bruciò e lo stomacò si attorcigliò, il ricordo dell’odore nella cripta mi fece venire l’acquolina. Mi alzai convinto di ritornare all’hotel, lontano da quella tentazione, ma un profumo ancora più delizioso mi fece saltare oltre la cinta. Mi ritrovai di fronte ad un uomo in giacca e cravatta che si fermò terrorizzato dalla mia apparizione. Vidi la vena pulsante del suo collo e il velenò riempì la mia bocca.
Il volto dell’uomo si trasformò in quello di mio padre, deluso per il mio comportamento. Serrai i pugni e mi concentrai sui pensiero del mortale. Era un brav’uomo, con una vita monotona, senza famiglia e senza amore, ma non aveva cattivi pensieri e non avrebbe fatto del male ad una mosca senza sentirsi in colpa. Scossi la testa per riprendermi e come ero apparso svanii, nascondendomi sull’albero vicino al muretto.
Lo vidi correre lungo la strada, troppo terrorizzato per urlare e mi vergognai di me stesso.
“Sei proprio strano!” disse Igor, accovacciato sul ramo accanto al mio, mentre scuotendo la testa deluso guardava l’umano che fuggiva.
 “Londra non fa per me.” Dissi più a me stesso che a lui.
“Credo che tu abbia ragione! Torna a casa! Carlisle ti aspetta!!!” mi parlò per la prima volta senza ridere e stringendo la mano sulla mia spalla.
“Salutami Carlisle, mi raccomando!” e scomparve nel cimitero.
Non tornai nemmeno in albergo, le emozioni provate in pochi giorni a Londra mi convinsero a ritornare in America. Sarei stato più vicino a Bella, ma il tormento di voler tornare da lei era più gestibile che le forti emozioni che mi avevano invaso in quel breve periodo in Inghilterra.
 
 
Ciao a tutti,
per la prima volta commento un capitolo!!
Prima di tutto ringrazio tutti coloro che hanno messo questa FF nei preferiti, seguiti etc... e ringrazio con tutto il cuore coloro che hanno perso alcuni minuti della loro vita per scrivere una recensione! I vostri commenti ed il vostro entusiasmo e ciò di cui ho bisogno per continuare a scrivere questa storia! GRAZIE GRAZIE GRAZIE!!!

Vorrei spendere due parole per questo capitolo! E' particolare, ve lo concedo. Edward si comporta come un umano, perde il controllo e sembra un adolescente... sicuramente lontano da come solitamente ho immaginato e descritto Edward Cullen!
Anche se è particolare ho voluto comunque pubblicarlo... il perchè? Perchè mi sembrava giusto farlo! 
Quando ho scoperto che secondo la Meyer, Edward, nei mesi lontano da Bella, aveva visitato Londra, ci sono rimasta! 
Non mi ero mai immaginata Edward a Londra, ma ho dovuto rimediare e quindi ho scritto questo capitolo di getto... non l'ho pensato... è uscito dalle mie dita esattamente come lo pubblico! 
Quando mi sono seduta alla tastiera per scriverlo vedevo solo un foglio bianco... ma appena posate le dita sulle lettere, questa hanno iniziato ad uscire ... e quindi credo che sia giusto pubblicarlo esattamente come è sbocciato!
Spero vi piaccia!!!
Con la promessa di postare il prima possibile... vi auguro BUONA LETTURA!!!

 
   
 
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