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Autore: bacinaru    28/08/2015    1 recensioni
"Dean adesso ha una mano sulle sue scapole - come ha fatto a muoversi tanto in fretta? - e preme, preme sempre più forte, preme fino a fargli male, fino a quando le sue ali sono troppo inzuppate e stropicciate per spiccare il volo."
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quinta stagione
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Titolo: Polvere d'angelo
Fandom: Supernatural
Personaggi: Castiel, Dean
Words: 838
Genere: Introspettivo, drammatico
Rating: Arancione
Beta: PandaCho
Note: Piccola premessa. La storia è ambientata nell'end-verse, quindi Castiel è del tutto umano. Tuttavia, il racconto è dal punto di vista di un Cass drogato e quindi la coerenza non è proprio il massimo. Il titolo fa riferimento a una droga che è chiamata "Polvere d'angelo" e che causa allucinazioni. Detto tutto, ma in caso volete domandarmi qualcosa non esitate a chiedere ;)








Polvere d'Angelo







Il pavimento ha una consistenza gelatinosa, è così strano che non ci abbia mai fatto caso. Si domanda se ne abbia anche lo stesso sapore, ma poi assaggia la polvere sulla punta della lingua e il pavimento, si scopre, ha un sapore forte, salato, un po' bagnato.
È inzuppato, Castiel.
Diverse ciocche di capelli si sono appiccicate alla sua fronte, ne hanno artigliato la pelle e qualcosa - sangue? - cola fino alla punta del naso, poi giù sulle assi di legno.
Solo che non è rosso ma trasparente: potrebbe essere sudore.
C'è un martello, però, che gli colpisce il cranio ripetutamente e Castiel ne può sentire l'odore, l'odore del sangue che gli inzuppa i vestiti.
Giace rannicchiato sul pavimento in una pozza di sangue che non ha colore.
Ride, una risata spezzata dal respiro corto e veloce.
Ha tanta sete.
Dean ha con sè una bottiglia di birra, la tiene stretta per il collo ma non beve. Si limita a guardarlo da lontano, seduto in un angolo della piccola stanza.
Castiel schiocca le labbra infastidito. Ha sete e Dean non gli permette di bere.
È crudele anche per lui.
Cerca di alzarsi dal pavimento, ma le mani scivolano e ricade al suolo, sbatte il mento a terra e geme addolorato.
Dean adesso ha una mano sulle sue scapole - come ha fatto a muoversi tanto in fretta? - e preme, preme sempre più forte, preme fino a fargli male, fino a quando le sue ali sono troppo inzuppate e stropicciate per spiccare il volo.
Strano che non possa sbarazzarsi di lui con un solo tocco di dita. Crede che non gli sia permesso, però.
Dean fugge sempre quando cerca di toccarlo.
Chissà se l'impronta sulla spalla del cacciatore sia ormai sbiadita col tempo.
 
*  *  *
 
Ricorda vagamente di essere inciampato nella neve, però fa troppo caldo perché possa essere inverno.
Con qualche piccolo sforzo si sfila la felpa di dosso, lasciando che sia solo la camicia a sfiorargli la pelle accaldata.
Un bottone è saltato, probabilmente è colpa di Dean: non sa come essere delicato, non con lui.
Pazienza, resta comunque la migliore camicia che possiede.
Ricade di nuovo sul pavimento e si arriccia su se stesso.
Fa così caldo che non può smettere di tremare.
 
*  *  *
 
Deve addormentarsi, solo per qualche minuto alla volta, perché ha degli spazi vuoti nella memoria che non riesce a colmare.
Non ricorda come sia arrivato sul pavimento. Non ricorda di aver vomitato, anche se ne sente l'odore rancido da qualche metro di distanza. Non ricorda il nome delle stelle né quello dei suoi fratelli.
Dean se lo ricorda, però.
Il suo nome ha un che di fastidioso, invadente, occupa tutto lo spazio che ha nel corpo e preme per trasudare dai pori della sua pelle.
Ricorda di come lo ha salvato dall'inferno, l'anima ribelle stretta tra le braccia e il fuoco che gli bruciava le ali.
Quello lo ricorda, anche se Dean l'ha dimenticato.
Forse dovrebbe ricordarglielo di tanto in tanto.
 
*  *  *
 
In qualche modo riesce a mettersi in piedi. La stanza gira e si restringe, vuole intrappolarlo tra le quattro mura bollenti.
Quasi inciampa dalla fretta mentre esce dalla capanna.
Fuori è buio, una luna mezza piena che gioca a nascondino nel cielo.
Non c'è anima viva quando Castiel si incammina sulla strada: deve esser già scattato il coprifuoco.
Spera solo che le sentinelle non gli sparino a vista se lo vedono barcollare da solo.
L'aria è una carezza così dolce, ma non è abbastanza.
Ha bisogno di respirare, ha bisogno dell'ossigeno che i suoi polmoni non possono prendere.
Sale le scale dell'edificio più alto del campo, un passo dopo l'altro anche quando non riesce piú a respirare, sale fino ad arrivare lì sul tetto dove gli sembra di toccare il cielo.
Sa che non può toccarlo per davvero, ha bisogno delle sue ali per farlo.
Le spiega con accortezza, sono ancora così bagnate, e poi le sbatte giusto un po', quel tanto necessario affinché il sangue senza colore salti via dalle piume.
Sono leggere e se non sentisse il lieve odore di bruciato, Castiel potrebbe quasi credere che non ci siano più.
Eppure eccole lì, le sue piume color cenere.
Castiel alza il volto al cielo e fa un passo verso il cornicione, cammina fino a sfiorarne il bordo con la punta dei piedi.
Guarda giù, solo per un secondo.
La Terra non gli è mai davvero appartenuta.
Muove un passo oltre il bordo.
Cade.
Indietro sul tetto.
«Che cazzo stai facendo?!»
Dean ha le braccia strette attorno a lui e sono entrambi seduti a terra, Castiel con la schiena contro il petto del cacciatore.
Il respiro di Dean é veloce, a tempo col suo cuore spaventato, e la stretta che ha su di lui è troppo forte: lo lega a sé con un laccio che non può spezzare.
Castiel ride come un pazzo. Le sue ali stanno bruciando e non fanno male.
«Dean, Dean! Guarda, c'è polvere d'angelo che cade dal cielo.»
  
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