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Autore: Laylath    28/08/2015    4 recensioni
1920.
Proprio quando sta per scadere il trattato di non aggressione tra Amestris e Drachma, il tradizionale nemico del nord si ritrova ad affrontare un cambio al vertice del potere. Per la prima volta ad Amestris viene concesso di inviare ambasciatori, ma cosa può nascondere un invito simile, in uno Stato così potente?
Dal capitolo 2:
“Da quanto ho capito dovrò fare io l’ambasciatore – commentò Roy con sguardo furbo – beh, la mia esperienza con Xing è certamente un ottimo precedente.”
“O più che altro so che tu sei abbastanza scaltro da saperti muovere – sorrise Grumman con noncuranza – tu e la tua squadra siete disposti a questa trasferta? Del resto quando ero a capo del Quartier Generale dell’Est mi avete sempre dato grandi soddisfazioni e notevole divertimento.”
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Capitolo 32.
Sprazzi di fine missione



La mano di Derekj era rapida e precisa nel stilare la propria firma nel fondo di quella lunga pergamena: alla fine fece uno svolazzo e poi passò la penna a Roy che firmò appena sotto, in qualità di ambasciatore di Amestris.
“E con questo trattato, per la prima volta da quando sono state fondate, Amestris e Drachma sono in pace – dichiarò l’Autarca, prendendo in mano la pergamena e passandola al notaio affinché ci mettesse i dovuti sigilli – abbiamo scritto una pagina di storia, generale, ne dobbiamo essere più che fieri.”
“Posso considerare la mia missione felicemente riuscita.” si limitò a commentare Roy con un lieve sorrisetto, cercando di non tradire la propria soddisfazione.
Quella l’avrebbe esternata direttamente a Central City, davanti a tutti gli altri componenti dello stato maggiore e ancora prima ed in maniera del tutto particolare quando sarebbe tornato a Briggs, davanti alla cara Olivier Armstrong.
La sua faccia sarà la ricompensa più grande dopo tutti questi mesi di missione…
Quasi gongolava all’idea, tanto che una secca gomitata di Riza dovette ricordargli che si trovava nella stanza consiliare dell’Autarca, alla presenza di tutto il Consiglio dei Dieci. Si schiarì quindi la gola con noncuranza e tornò serio, ascoltando Derekj che faceva un piccolo discorso per suggellare ulteriormente quel grande passo diplomatico che era stato appena compiuto.
Certo Briggs non sarebbe stato smilitarizzato, la cosa non era da prendere nemmeno in considerazione, tuttavia era prevista l’apertura di ambasciate stabili in ogni paese, l’apertura di rotte commerciali, l’alleanza in caso di attacchi da paesi confinanti e tutta un’altra serie di clausole più che convenienti che avrebbero portato grande prosperità ad entrambi i paesi.
E soprattutto una pace più che duratura – rifletté il soldato – senza contare che adesso abbiamo letteralmente messo a posto pure Creta: non tenterà più mosse false con noi quando verrà a conoscenza di questa alleanza.
Certo, sarebbe rimasto il confine caldo con Aerugo, ma a conti fatti per Amestris si prospettava un periodo di grande pace e tranquillità… e Roy Mustang aveva messo la propria personale impronta in un simile processo, un fatto che gli avrebbe dato una grande spinta verso una carica molto più importante, ovviamente a tempo debito.
“Generale – lo chiamò Derekj – vuole dire pure lei qualche parola?”
Roy annuì e si fece avanti: benedetto Falman che aveva pensato a stilare un discorso per l’occasione durante la scorsa settimana. Lui non ne avrebbe avuto mai voglia.
 
***

“E così presto partirai – sospirò Karla, quella sera stessa, posando pigramente la testa sul petto di Breda – ammetto che mi ero abituata alla tua compagnia, soldato…”
Breda annuì lievemente, ammettendo pure lui che la compagnia di quella ragazza così arguta e sagace gli sarebbe mancata, specie nei primi tempi. La missione si era prolungata più del previsto e questo aveva significato anche che la sua relazione si era sviluppata più del dovuto. Tuttavia, per quanto doloroso, restava una persona pragmatica e sapeva benissimo che certe cose erano destinate a concludersi spontaneamente.
“Senti, e Amestris è così diverso da qui?”
“Decisamente diverso – confermò – a partire dal clima. Poi, dove sto io, la neve si vede davvero raramente: non credo che sia il posto giusto per una piccola e scattante creatura della neve come te.”
La piccola e scattante creatura arricciò il naso con disappunto, pure lei sorpresa nel trovarsi coinvolta emotivamente più di qualsiasi altra relazione avesse intrattenuto.
“Presumo quindi che le olive che faccio io…”
“Manco l’ombra… e lascia che ti dica – con mossa abile la rovesciò sotto di lui – che nessuna donna con cui sono stato sa fare l’amore come te.”
“Senti – mormorò lei, prima di gemere con forza quando le venne morsicato un seno – e se… diciamo… un giorno volessi passare a ricambiare la visita?”
Breda si bloccò: stava per entrare dentro di lei, ma quella domanda l’aveva spiazzato.
Gli occhi grigi scrutarono quelli scuri e grandi di lei, cercando di capire quanto un’idea simile potesse esser realizzabile. Certo, Karla era una donna che gli andava a genio: intelligente, sapeva cucinare divinamente, stimolava la sua arguzia… e chi se ne importava se era una cameriera e prima di lui aveva avuto diversi uomini? Quando c’era un’alchimia così perfetta simili dettagli non importavano, e lui era il primo a non curarsi di dettagli come il ceto di provenienza.
Però…
“Facciamo così – mormorò, riprendendo la manovra e strappandole un gridolino di sorpresa – ti lascio il mio indirizzo e se avrai bisogno di me – la penetrò con maggior forza – saprai dove trovarmi.”
“Dannazione, soldato – ansimò Karla, aggrappandosi alle sue spalle con foga – se continui così prenderò quel maledetto treno assieme a te.”
Breda non rispose.
Forse perché era troppo impegnato nel fare l’amore.
O forse perché per una volta tanto non voleva pensare al domani.
 
***

E così, una tiepida mattina di giugno, arrivò il momento della partenza.
La piccola fermata ferroviaria che si trovava all’interno della Cittadella brulicava di paggi e servitori che provvedevano a caricare i bagagli e a sistemare le ultime cose per il viaggio.
Solo una persona non era lì, a sovrintendere a tutto quanto, a porgere gli ultimi calorosi saluti con le persone che ormai erano diventate amiche.
Fury infatti aveva approfittato di quegli ultimi momenti nella Cittadella per andare nelle cripte sotto il palazzo a visitare la tomba di Kora. Non l’aveva mai fatto da quando era stata sepolta ed un po’ se ne vergognava: erano passate settimane e lui non aveva mai trovato la spinta giusta per andare… o forse il coraggio.
Il sarcofago di marmo bianco era veramente bello, senza però troppe decorazioni che l’avrebbero reso pesante da osservare: stava accanto a quello più grosso della principessa Doris, e sembrava in qualche modo protetto da quella stazza più grossa, come se anche nella morte quella madre cercasse di proteggere la figlia.
Era inevitabile che prima o poi ci si chiedesse se c’è qualcosa dopo la morte: Fury l’aveva fatto diverse volte nella sua vita, ma poi, com’era naturale, non si era soffermato troppo a pensare. Sperava sinceramente che esistesse un aldilà, un posto dove tutti loro potessero rincontrarsi dopo aver lasciato il mondo dei vivi: gli piaceva l’idea di poter stare veramente per sempre con le persone che amava, senza nessuna delle sofferenze che li aveva tormentati in vita.
Nel silenzio di quella cripta si sorprese a desiderarlo ancora di più, ma questa volta per Kora. Voleva sinceramente che la ragazza fosse al sicuro, con la madre, priva di quella follia che aveva reso la sua vita un vero e proprio tormento.
Una mano si posò sulla sua spalla e per qualche istante Fury fu certo che si trattasse di qualcuno dei suoi compagni che era venuto a cercarlo data la partenza imminente. Fu quindi sorpreso quando si girò e vide Michael che gli sorrideva gentilmente.
“Sei venuto a salutarla?” gli chiese il monaco.
“Sì, presumo di sì…”
Rimasero diversi minuti in silenzio, ciascuno immerso nei suoi ricordi e rimpianti per quella figura così tormentata che, in modi così differenti, aveva scosso le loro vite.
“La vostra religione crede in un aldilà?” chiese Fury all’improvviso.
“Sì – annuì Michael – le anime delle brave persone vanno sempre in un paradiso: è la ricompensa per essere stati buoni e puri in vita…”
Non finì la frase e si morse il labbro inferiore: effettivamente quella definizione stonava davanti alle tombe di due persone che avevano avuto un’esistenza non proprio perfetta. E soprattutto sembrava profondamente ingiusta perché diverse situazioni non le avevano create loro, ma si erano trovate in mezzo, lottando con le unghie e con i denti per salvare quello che ritenevano importante.
“Credo che… – il monaco riprese a parlare dopo qualche secondo, facendo una lieve smorfia – spesso una religione si rinchiuda da sola in regole che forse non sono proprio giuste… non per tutte le occasioni.”
“Anche la tua?”
“Credo che… voglio credere che il mio Dio sappia giudicare caso per caso e non sia così rigido nelle sue decisioni, come invece sono stato io troppe volte. A questo proposito ti stavo proprio cercando, Kain: volevo chiederti scusa.”
“Scusa? – Fury arrossì – e per cosa?”
“Per aver messo in dubbio la fiducia che ti lega al tuo superiore, quando ancora ritenevo che fosse un eretico e una persona malvagia.”
“Oh – il giovane soldato non sapeva come rispondere – ecco… io… non devi assolutamente… in fondo credevi di fare del bene.”
“E’ forse questo il problema – sospirò Michael – molto spesso si crede di fare del bene senza soffermarsi a pensare se è davvero quello che facciamo. Con le mie parole credo di averti messo in crisi.”
“No, non era per quella – scosse il capo lui – sono subentrate altre questioni… molto più personali, diciamo così. Proprio come hai detto tu, ossia che non sempre si fa del bene anche quando si è in buona fede… a volte anche delle azioni che in apparenza appaiono sbagliate hanno una loro spiegazione.”
Michael annuì lievemente, come se avesse intuito quello che Fury voleva dire.
Rimasero qualche altro minuto ad osservare quel sarcofago di marmo e alla fine voltarono le spalle a quella sepoltura, in un ultimo silenzioso saluto a Kora Esdev.
 
***
 
Il treno viaggiava a velocità sostenuta mentre le placide pianure di Drachma scorrevano davanti ai finestrini. La prima volta che Riza le aveva viste, durante il viaggio d’andata, erano tutte coperte da un manto di neve di almeno un metro che le aveva fatte sembrare estremamente monotone e alienanti; adesso invece, con l’erba alta e macchie di fiori sparse, erano brulicanti di vita ed era un vero e proprio piacere osservare nell’attesa di vedere qualche mandria di mucche al pascolo o gli stormi di uccelli selvatici che si alzavano all’improvviso in volo.
La donna passava diverse ore al finestrino, felice di vedere quel panorama, ma un po’ malinconica nel pensare che quel treno la stava portando via da quello strano sogno che era stata la Cittadella di Drachma. Un mondo incantato che l’aveva fatta sentire più volte come una principessa, sebbene poi la sua vera natura di soldato avesse sempre preso il sopravvento. Però quelle strane ed inebrianti esperienze le avrebbe sempre portate con piacere nel suo cuore perché, diciamolo… non a tutte le ragazze di Amestris capita di ballare con il campione dell’Autarca in un salone da favola e con un vestito meraviglioso, o ancora di cavalcare con il sovrano di quella nazione ed un principe di Xing, o ancora chiacchierare allegramente con la futura regina di un regno così vasto.
Persone splendide che aveva lasciato con rimpianto, ma anche con la promessa di rivederle prima o poi.
“Tra poco giungeremo al confine della provincia di Alexand – disse Roy, accostandosi a lei – conviene che tieni il mantello a portata di mano perché come inizieranno le montagne la temperatura si abbasserà di diversi gradi: è praticamente certo che ci sarà la neve.”
Riza annuì mentre il generale si sedeva al suo fianco. Non c’era nessun altro in quel vagone e così non si pose nessun problema a posarsi con disinvoltura alla sua spalla, sentendo con piacere il braccio che l’avvolgeva con protezione.
Voleva godersi quei momenti più che poteva: sapeva bene che una volta ad Amestris sarebbe stato molto difficile concedersi simili libertà. Avrebbero dovuto calcolare ogni mossa, ogni sguardo, ogni parola… si sarebbero dovuti nascondere dietro quelle divise come in fondo avevano sempre fatto.
“Tuo nonno sarà estremamente felice del trattato di pace che abbiamo concluso – commentò Roy, giocherellando con una ciocca dei capelli biondi – non penso che una missione abbia mai avuto simile successo.”
“Godiamo dell’amicizia personale dell’Autarca di Drachma e dell’imperatore di Xing: quanti altri possono vantare una cosa simile?”
“Già... considerati questi successi prima o poi ci dovremmo prendere anche qualche soddisfazione personale, non credi?”
“Generale…” sospirò lei, alzando lo sguardo su quel viso affascinante, su quegli occhi neri che la fissavano con aria interrogativa.
“Lo so, è prematuro: cercare di rendere ufficiale la nostra relazione adesso vorrebbe dire far esplodere una bomba vera e propria. Presumo che ci vorranno anni, però credo che a breve dovremmo parlarne con tuo nonno: se iniziasse lui il progetto di abrogazione delle leggi anti fraternizzazione sarebbe molto meglio.”
“Credi che lo farà senza troppi problemi?”
“E’ da quando ero colonnello che mi chiede di prenderti in sposa, lo sai bene… allora lo diceva sapendo bene che non avresti mai lasciato la divisa. Ma allora c’era anche una situazione ben diversa, con Bradley al potere, ed arrivare così in alto sembrava molto difficile. Ma ora le cose sono cambiate ed è più fattibile… e poi, diciamolo, allora le cose tra di noi non erano mature.”
“Però non conviene correre troppo.”
“No, tranquilla, basterà essere discreti… possiamo contare sui ragazzi per questo. Male che vada, quando ci va, facciamo finta che ci sia bisogno di noi a Drachma e facciamo una fuga romantica tra la neve.”
“Tutte scuse per non lavorare, signore, la conosco bene!”
Forse avrebbe aggiunto anche altro, ma le labbra di Roy le impedirono di continuare il discorso.
In fondo era bello poterci credere… poter sperare che un giorno il loro amore avrebbe potuto esser espresso alla luce del sole, senza che le divise costituissero un problema.
 
***
Due giorni dopo una piccola carovana di cavalli giunse in prossimità della fortezza di Briggs.
Immediatamente vennero lanciati dei richiami che riecheggiarono nel silenzio delle montagne e poi i viaggiatori si disposero ad attendere che le porte venissero aperte.
“Non dovevate prendervi il disturbo di venire sino a qui – disse Roy, smontando da cavallo come tutti gli altri e rivolgendosi ad Alexand – non è un posto…”
“Mio padre è morto qui… non c’ero ancora stato in tutti questi anni, lo ammetto – dichiarò il giovane campione, fissando i relitti di quell’ultimo scontro tra Amestris e Drachma – era l’occasione per chiudere finalmente i conti con il passato. Quanto al venire fino a questo punto… beh, generale, dobbiamo così tanto a lei e alla sua squadra che mi pareva il minimo. Al mio signore è dispiaciuto non poter venire di persona e doversi limitare a salutarvi in Cittadella.”
“Tornerete subito lì?”
“Starò un paio di settimane nei possedimenti di famiglia a sistemare alcune cose: manco da diverso tempo e comunque devo occuparmi anche delle mie terre. Ma avrò buona compagnia: ho promesso al principe Ming di mostrargli la provincia.”
Entrambi si girarono a guardare il nobile xinghese che parlava con Riza e Fury, sventolandosi con il suo solito ventaglio come se il paesaggio nevoso e selvaggio attorno a lui non esistesse.
Forse Roy avrebbe fatto qualche commento in merito, ma proprio in quel momento le porte si aprirono e lui si godette la scena di un’impassibile Olivier Armstrong che si faceva avanti con un plotone dietro le sue spalle.
Oh sì – gongolò Roy, assumendo la sua espressione più professionale – mi vorresti sparare, vero? O meglio ancora infilzarmi con la tua spada. Quanto ti sta bruciando che io sia qui con il campione di Drachma a sventolarti davanti un trattato di pace?
“Generale! – salutò con voce entusiasta – Eccoci di ritorno! Permettete? Il campione dell’Autarca, il barone Alexand Anditev, signore di questa provincia… è stato così gentile da voler accompagnare tutti noi fino a Briggs: sapete, l’Autarca voleva essere sicuro che il viaggio andasse bene…”
“Mustang…” sibilò lei, mentre la mano che stringeva l’elsa della spada iniziava a tremare per la rabbia.
“… del resto portiamo con noi un trattato di pace niente male – continuò Roy, implacabile – bisogna proteggere in tutti i modi un simile pezzo di storia!”
“Ma certo… certo! – ringhiò lei, rivolgendo appena un’occhiataccia ad Alexand, l’unico benvenuto che era capace di dargli. Un’occhiataccia che il barone fu rapido a restituire – Vogliamo andare?”
“Più che volentieri! – sogghignò Roy – Sentito, truppa? Torniamo a casa!”
La frase “io ti sventro” fu fortunatamente sibilata così piano che nessuno, eccetto l’interessato, la sentì.
 
***

Due giorni dopo Rey Falman stava finendo un disegno di cui era particolarmente orgoglioso.
Ci stava lavorando dal giorno prima e a dispetto dei suoi quattro anni gli stava uscendo davvero bene: non poteva essere altrimenti dato tutto l’impegno che ci aveva messo.
“E’ papà!” esclamò Lisa, arrampicandosi sulla sedia accanto alla sua e gattonando poi sopra il tavolo.
“Sì, è papà – annuì il bambino, levando prudentemente il foglio dalla portata della sorellina – ma tu non lo devi toccare: è per lui, quando ritorna!”
“E quando torna?” chiese la bambina, tendendo una mano per avere il foglio.
“Non si sa – spiegò Rey con aria importante, mostrandole il disegno a distanza di sicurezza – la sua è una missione speciale e le missioni speciali durano tanto tempo.”
“Quanto tempo?”
“Ti ho detto che non lo so… ora scendi dal tavolo! Mamma non vuole!”
Rey cercò di usare il tono più autoritario che poteva: la mamma si stava facendo il bagno e gli aveva affidato la responsabilità della casa e della sorellina mentre lei era impegnata. Una responsabilità che Rey sentiva più che mai dato che, in assenza del padre, era lui l’uomo di casa.
“Papà non ha quei pallini gialli!” disse Lisa mentre scivolava di nuovo sulla sedia e poi per terra.
“Non sono pallini! Sono i gradi della divisa! Vedi… sono le stellette: perché è capitano dell’esercito! Oh no, dammelo!”
Rapidissima Lisa aveva afferrato il foglio che il fratello aveva imprudentemente avvicinato per far vedere quell’importante dettaglio del disegno. Soddisfatta di quella conquista iniziò a correre via dalla cucina, cercando un rifugio dove potersi godere quella strana e curiosa forma del suo adorato genitore.
Tuttavia il suo passo traballante la tradì e all’altezza dell’ingresso di casa cadde rovinosamente a terra.
“Ahia… bua…! – iniziò a singhiozzare, anticipando il vero e proprio strillo – Bua! Bua! Mammaaaa!”
“Oh no! – Rey le fu subito accanto – Non piangere, dai, non è niente!”
Stava per risollevarla da terra, lieto di vedere che non ci fossero macchie di sangue a segnalare una ferita seria, quando qualcuno busso alla porta, proprio a pochi passi da loro.
“Mamma non vuole che apri…” mormorò Lisa con timore, nascondendosi dietro il fratello.
Rey annuì, indeciso sul da farsi e leggermente impaurito: chi mai poteva essere? La mamma non riceveva delle visite… forse la cosa migliore era stare zitti e far finta che in casa non ci fosse nessuno. Anzi la cosa migliore sarebbe stata correre in bagno e chiamare la mamma: almeno con lei sarebbero stati certi che dietro la porta non ci fosse alcun mostro.
Ci fu un lieve brusio e delle voci provenienti da dietro l’uscio.
“Papà! – esclamò Lisa, correndo alla porta e battendo con la manina – Papà!”
“Papà?” ansimò Rey.
Il dilemma di venire meno a quella regola di non aprire la porta se si era soli durò solo qualche istante: pure lui sentì la voce del genitore. Due secondi dopo armeggiava con la chiave, le mani tremanti e le lacrime agli occhi.
“Ehilà, bambini!” esclamò Falman, chinandosi per prenderli in braccio.
“Papà! – gioì Lisa – allora è finita la missione speciale! Vero?”
“Verissimo, principessa – la baciò il capitano – e sono subito tornato da voi… la mamma?”
“A fare il bagno – spiegò Rey, la voce soffocata dall’aver il viso nascosto nella spalla paterna – lo so che non dovevo aprire la porta, però…”
“Oh, lascia stare, Rey – lo consolò il padre – per questa volta hai fatto più che bene.”
Non era da poco tornare a casa dopo così tanto tempo.
 
***

Fury osservava le rotaie che venivano lasciate indietro dal treno: teneva le mani posate contro la ringhiera della passerella posteriore dell’ultimo vagone e si perdeva nella strana continuità di quelle strisce nere costellate di marrone che scorrevano sotto i suoi occhi.
E così tra qualche ora sarebbero arrivati a casa, ad East City.
Tutto sarebbe tornato normale, tutto come prima… di nuovo una squadra senza Falman, di nuovo il solito avanti e indietro tra la città e New Ishval. In parte avrebbe dovuto essere felice di tutto ciò, ma era come se quella vecchia realtà non gli andasse più a genio.
Forse in parte dipendeva dalla ferita alla spalla e tutto quello che era legato ad esso.
Non lo sapeva, ma sentiva di essere in qualche modo diverso.
“Nano – lo raggiunse Havoc – pensieroso?”
“In parte…” ammise.
“Dai che i gemelli vorranno rivedere anche lo zio Kain – gli batté una mano sulla spalla provocando un lieve pizzicore che però svanì subito. Davvero entro poco quella zona sarebbe diventata completamente insensibile come gli avevano annunciato i medici? La cosa lo spaventava non poco – la versione col broncio non piacerebbe per niente.”
“Non si deve preoccupare, signore… è solo un attimo – sorrise debolmente lui – è stanchezza per il viaggio, tutto qui. Non vedo l’ora di essere a casa, lo ammetto.”
“Ci aspettano almeno due settimane di vacanza, non ne sei felice? Che farai?”
“Credo tornerò in paese – lo disse con sincera aspettativa. Forse quello di cui aveva bisogno davvero era staccare la spina per qualche tempo anche dalla sua squadra in modo da metabolizzare veramente il tutto. E il luogo ideale era la sua meravigliosa e pacifica campagna – non vedo i miei da tempo.”
“Benissimo… e come torni ci penserò io a te!”
“Pensare a me…?” Fury alzò lo sguardo verso il suo compagno di squadra, sentendo un lieve brivido lungo la schiena.
“Ma certo – Havoc sghignazzò, accendendosi una sigaretta – ormai l’operazione Perdita della verginità è diventata un vero e proprio imperativo. Cazzo, non va bene che tu fossi drogato e che quella matta furiosa ti abbia cavalcato privandoti di tutto il piacere che…”
“Sei un idiota!” esclamò Breda, arrivando giusto in tempo per sentire l’ultima parte del discorso.
Mentre i due compagni di squadra litigavano, Fury ne approfittò per dileguarsi dentro il vagone. Raggiunse Riza che stava seduta a leggere alcuni documenti, giusto per portarsi avanti con il lavoro, e si accomodò accanto a lei.
“Tutto bene, tenente?” chiese la donna senza nemmeno alzare lo sguardo da quei fogli.
“Sì, tutto bene…” rispose di nuovo lui, rifugiandosi dietro quella frase che voleva dire tutto o niente.
“Forza e coraggio, ancora qualche ora – sorrise Riza, mettendo un appunto sul lato del foglio che leggeva – scommetto che Rebecca ed i gemelli avranno portato anche Hayate alla stazione.”
E per la prima volta in quel giorno Fury sorrise davvero con sincerità.




Ehilà, salve a tutti!
Eccomi tornata ad aggiornare questa fic dopo le vacanze.
Nonostante vi avessi promesso l'epilogo per i primi di agosto, diversi imprevisti mi hanno impedito sia di scrivere che di connettermi e così ho rimandato tutto al mio ritorno a casa. Come avevo già anticipato nella mia pagina fb, prima dell'epilogo è venuto fuori questo capitolo, un po' striminzito e frammentario, ma era davvero diffcile fare una cosa uniforme tenendo conto che dovevo chiudere la trama di molti punti di vista.
A breve l'epilogo vero e proprio e poi mi potrò dedicare alle altre opere che ho in mente!
Besos!

Laylath

 
 
  
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