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Autore: Porsche    29/08/2015    2 recensioni
Premette il pulsante play, pronto a dare spettacolo, e lo stereo prese a suonare sulle note di Billie Jean, la sua canzone preferita.
Un fremito gli attraversò dalla testa ai piedi, fu l’unica incertezza che avvertì prima di lasciarsi andare al vuoto della mente.
Si mosse non appena sentì il basso vibrare e prendere il sopravvento su di lui e su chi lo stava a guardare.
A quel punto, chiunque egli fosse stato l’attimo prima perse di significato, diventò uno sconosciuto persino a se stesso, a lui che in quel momento gli parve di stare su un palcoscenico, gli sembrava di essere Michael Jackson.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Gonna stay

(Dedicato a noi fan)

 

 
 

Our love’s in motion

Give me a notion ‘cause

You know we’ll never part

Our love goodbye

 
 

Se ne stava seduta su una panchina di ferro alquanto scomoda, con la vernice verde scrostata in alcuni punti a darle un leggero prurito al sedere - facilmente ignorabile - e circondata da spiazzi verdi, monumenti antichi richiamanti la storia della sua città, e una fontana di fronte a completare il quadro.
Spostava gli occhi da sinistra a destra, noncurante di ciò che realmente vedesse; aveva molto intorno a sé per cui distrarsi, ma lei aveva scelto di passare il tempo in altro modo.
Portava tra le mani un piccolo aggeggio elettronico, di fondamentale importanza nella sua vita, collegato con un filo che andava a dividersi in due, come due erano le orecchie nel quale si trovavano le cuffiette.
Era un caldo pomeriggio di fine agosto, numerose persone le passavano affianco ignorando la sua figura e ciò che quel giorno significasse.
Lei invece lo sapeva bene. Era lì apposta.
Schiacciò il tasto play sul suo I-Pod e il mondo circostante assunse i contorni indefiniti di un sogno, fino a scomparire del tutto.
Socchiuse poco gli occhi, rilassando il viso giovane e si lasciò cullare da una voce che conosceva ormai fin troppo bene.
Faceva parte dei suoi tesori più preziosi, quelli custoditi in un cassetto fatto di carne e sangue, pulsante di vita all’interno del petto.
Lo proteggeva gelosamente dagli attacchi di chi lo guardava, ancora a distanza di anni, con disprezzo e pregiudizio, dall’alto delle loro menti ottuse, offuscate da un presuntuoso senso di superiorità che non aveva motivo di esistere.

Perché nessuno era migliore di lui
E nessuno l’avrebbe anche solo eguagliato.

Ma per quanto ogni giorno cercasse di auto convincersi che ciò non le importasse, la verità era che se ne faceva un cruccio di quegli sguardi indagatori, di quelle offese taciute ma tangibili.
La colpivano dritta in petto, là dove la sua immagine risiedeva, stringendo in più parti per sgretolare quel guscio protettivo, aprire il cassetto e derubarla del gioiello più pregiato.
Tuttavia, resisteva.
Contro gli attacchi di chi avrebbe voluto vederla piegata, inculcandole le loro verità, costruite su bugie, castelli di sabbia tremolanti al contatto con la sua determinazione, forte e decisa come il vento d’inverno.

Piegarla era impossibile; vederla vacillare una mera illusione; combattere per chi amava l’assoluta verità.

Si alzò lenta, dopo aver spento l’I-Pod, poggiò le mani sulla panchina esercitando forza su di essa e lavorò a fatica i muscoli delle gambe.
Non era il corpo ad essere intorpidito.
Aveva appena ritrovato davanti a sé la realtà in cui viveva, quella dove il tempo sembrava essere un treno in continua corsa, e lo stress aveva trovato la sua fonte di nutrimento.
Assistette disturbata alle madri che urlavano ai propri figli di correre piano, come se cadere e farsi male fosse un atto da evitare alla pari della peste e non uno stimolo ad imparare, a vivere; lo smog della città, invece, le ferì le narici, filtrava anche attraverso i rami degli alberi, impetuosi agli angoli della piazza in cui si trovava, piantati solo per dare un tocco di verde in una città troppo artificiale, come artificiali erano le menti che la abitavano.
Imponenti nella loro bellezza, molti si limitavano a posare lo sguardo sul verde delle foglie, ignari del fatto che il loro fascino risiedeva sottoterra, nelle radici possenti.
Si chiese se gli altri vedessero il mondo con i suoi stessi occhi o se non ci fosse più nulla da fare per salvare quel minimo di sensibilità di cui tutti, nel bene o nel male, siamo portatori.
Per un attimo si sentì persa, come chi si allontana troppo da casa e non riconosce più la strada in cui si trova; e pensò di essere soprattutto sola, nonostante la vista le suggerisse che la piazza era gremita di gente.

Ma poi la sentì, inconfondibile come solo la sua musica sapeva essere.
Si girò attorno alla ricerca della fonte di quel suono.
Le sembrò di scalpitare nell’attesa di posare gli occhi su un’emozione che aveva i tratti dolci di occhi scuri e una voce calda come un raggio di sole primaverile.
Trovò un piccolo stereo, in un primo momento abbandonato, in un angolo della piazza.
Aveva l’aria malconcia causata dagli anni, il suono che filtrava tra le casse strideva a volte in un fastidioso gracchiare, eppure svolgeva lo stesso il suo lavoro, perché per l’arte della musica era stato costruito, e fino all’ultimo le avrebbe reso omaggio.
Inconsapevolmente gli mandò un silenzioso grazie per tanta lealtà.

E poi lo vide.

 

***

 

I love in season

Give me a reason ‘cause

You know we’ll never part

Our love goodbye

 
 

Prese tra le mani la giacca nera ricoperta di paillette, constatando per l’ennesima volta quanto fosse morbida al tatto.
Se ne meravigliava ogni volta che la toccava, di averla lì in suo possesso.
Se l’era guadagnata dopo averla a lungo desiderata; quello che per molti sarebbe potuto sembrare un oggetto insignificante, lui invece aveva buttato fuori sudore e fatica per vederselo davanti agli occhi.
Rappresentava il simbolo della sua dedizione a chi l’aveva accompagnato nella crescita, a chi gli aveva fatto vedere il mondo da una nuova prospettiva - dove ogni movimento era l’eco di un suono ritmico e danzante - e a chi era stato sempre presente nei numerosi momenti no della vita.
La sua musica, prima di tutto il resto, era entrata a far parte del suo universo, stravolgendone la monotonia, e lui aveva appena deciso che quel giorno gli avrebbe reso omaggio a modo suo.

In quella piazza, in mezzo al via vai di persone che affollavano lo spazio, fece un profondo respiro, allentando la tensione.
Ci aveva messo del tempo prima di decidere se l’avrebbe fatto o meno.
La determinazione si era scontrata spesso con la paura di non farcela, di sbagliare qualche passo, di lasciarsi vincere dall’emozione.
Ma si era esercitato tanto prima di quel giorno, si poteva dire che ballava sulle sue note da una vita.
Certe melodie le aveva impresse nella mente, come i segni che si portano sulla pelle, indelebili.
Eppure, un’altra cosa lo preoccupava, lo rendeva nervoso, esitante.
Il giudizio di chi lo avrebbe visto, per alcuni istanti si era infiltrato nel suo cervello, ed aveva continuato a cantilenare, come un tarlo fastidioso.
Era lì presente a ricordargli che molte facce lo avrebbero visto e forse additato, rendendolo oggetto di scherno.
Ma poi si rese conto che non lo avrebbe fatto per loro.
Loro non l’avrebbero fermato, neppure se ciò lo faceva sentire solo.

Sapeva di non essere un bravo ballerino, nonostante ci mettesse tutto l’impegno nel migliorare di volta in volta, davanti lo specchio della sua minuscola camera.
Era ancora maldestro nell’eseguire i passi, perdeva in fluidità risultando  macchinoso, ma non era quello l’importante.
Forse i suoi piedi non avrebbero scivolato bene sul pavimento della piazza, o non sarebbero rimasti perfettamente in punta dopo aver
finito la roteazione, ma ci sarebbero stati.
A discapito di chi non avrebbe capito, di quei pochi sguardi che lo avrebbero guardato perplessi e accigliati, loro ci sarebbero stati, a mostrare quanto fossero sprezzanti nella loro audacia, a gridare per nulla intimiditi tutta la loro inesperienza, perché non era quello il punto.

Non era lì per mostrare se stesso.
Quel talento non ce l’aveva nel sangue come lui.
Ma avrebbe trasmesso la sua arte finché le gambe sarebbero state abbastanza solide da reggere la fatica, sarebbe stato devoto alla sua musica perché la sua musica era energia pura.

Premette il pulsante play, pronto a dare spettacolo, e lo stereo prese a suonare sulle note di Billie Jean, la sua canzone preferita.
Un fremito gli attraversò dalla testa ai piedi, fu l’unica incertezza che avvertì prima di lasciarsi andare al vuoto della mente.
Si mosse non appena sentì il basso vibrare e prendere il sopravvento su di lui e su chi lo stava a guardare.
A quel punto, chiunque egli fosse stato l’attimo prima perse di significato, diventò uno sconosciuto persino a se stesso, a lui che in quel momento gli parve di stare su un palcoscenico, gli sembrava di essere Michael Jackson.
E non gli importava nient’altro.
I suoi piedi erano l’unico punto di riferimento.
La musica il suo direttore d’orchestra.
Fu così fino a quando le ultime note di Billie Jean si dispersero nell’aria.

E poi la vide.

 

***

 


And together we’ll fly

I’ll give you my heart

No place too far for us

We don’t need it …

 

L’esibizione finì tra gli applausi della gente.
L’emozione era palpabile nell’atmosfera di festa che si era venuta a creare, la vista di tutti si era illuminata alla visione di quell’entusiasmo e le orecchie si erano beate di quel ritmo incalzante.
Si poteva sentire crescere l’eccitazione generale, alimentata dai bambini che, pur non avendo mai sentito quella canzone, ne erano rimasti affascinati.
Un giorno avrebbero saputo a chi apparteneva.

La ragazza mantenne gli occhi incollati come una calamita su quella figura danzante.
Aveva visto i suoi passi di danza preferiti prendere luogo sul pavimento della piazza, cercando di tenere a bada quell’improvvisa voglia di ballare nata quasi come un’esigenza.
Il pensiero di chi ci fosse dietro quel travestimento le solleticò più volte la curiosità, ma lo congedò quasi subito, assorbita da un’altra consapevolezza.
Sentì vagamente la piazza esplodere di urla quando i loro occhi si incrociarono.
I suoi erano colmi di riconoscenza verso l’artista di strada, per aver danzato spinto da una passione irrefrenabile, dalla voglia di rendere omaggio a chi aveva stregato le loro vite.
Gli occhi di lui, invece, erano nascosti da qualche ciocca ribelle di capelli neri, probabilmente una parrucca, ed erano fieri, gonfi di orgoglio come il cuore che sembrava scoppiargli in petto a causa dell’affaticamento.
L’adrenalina si faceva ancora strada tra gli spasmi del corpo, la pelle d’oca era lì a ricordargli che tutto era reale, che ce l’aveva fatta.
Le sorrise, notando la maglietta della ragazza, arricchita dal disegno di una sagoma che conosceva molto bene.
E diventarono complici di un sentimento e un amore che li accomunava, che era solo loro, in mezzo a quella folla di spettatori.
Lei strinse più a sé la borsa posata su un fianco, non trovando altro modo per contenere l’euforia che quel tacito accordo aveva suscitato in lei.
Solo pochi minuti prima si erano sentiti estremamente soli in quel giorno speciale di fine agosto.
Si consideravano entrambi dei lottatori, per nulla intimoriti dalla guerra che il più delle volte si trovavano a combattere.
La loro voce era più forte di qualsiasi attacco esterno.
Così quella sera si riconobbero soldati dello stesso esercito, quello che portava il nome di colui per cui ogni giorno ne onoravano il ricordo.
Si erano promessi di mantenere in vita il suo carisma, chi in un modo chi in un altro, per non lasciar scivolare via il pensiero della sua musica e il messaggio scritto tra le righe.

Era la loro missione, e non erano soli. Finalmente lo avevano capito.

 

Baby don’t make me

Baby don’t make me

Baby don’t make me

Fly away

Gonna stay

Love today

 

 

“Quando vorrete starmi vicino, ascoltate la musica. L’amore è riposto lì, e non morirà mai”

_ Michael Jackson _

 

 

 

Nota dell’autrice:

 

Salve a tutte ^^
Come già scritto all’inizio questa OS è dedicata principalmente a noi fan, a quelli che continuano a portare avanti il ricordo di Michael e di ciò che lui ha significato per noi. Insomma, è per noi combattenti.
E poi, soprattutto, è dedicata agli artisti di strada che con coraggio mostrano la loro passione più grande.
È proprio dopo averne visto uno che mi è venuta l’idea.
Era la prima volta che vedevo un artista interpretare le canzoni e i movimenti di Michael.
E come in questa One Shot, prima sentii le note di una canzone, credo fosse Thriller ma non ne sono sicura, eccitata all’idea che qualcuno stesse mettendo proprio la sua musica, e poi lo vidi.
È stato fantastico assistere a quello spettacolo; lui di per sé non aveva nulla di eclatante, era maldestro come l’artista di questa storia, ma gli piaceva ciò che faceva e per chi lo faceva.
Era una sensazione palpabile e questo lo rendeva unico.
Quindi eccomi a proporla in questo giorno speciale.
È il mio personale tributo a Michael.
Credo di aver detto tutto =D
Un bacio a voi e uno a Michael *_*
Martina.

P.S.

Buon compleanno Michael

  
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