Gonna
stay
(Dedicato
a noi fan)
Our love’s in motion
Give me a notion ‘cause
You know we’ll never part
Our love goodbye
Se
ne stava seduta su una panchina di ferro alquanto scomoda, con la
vernice verde scrostata in alcuni punti a darle un leggero prurito al
sedere - facilmente ignorabile - e circondata da spiazzi verdi,
monumenti antichi richiamanti la storia della sua città, e
una fontana di fronte a completare il quadro.
Spostava gli occhi da sinistra a destra, noncurante di ciò
che realmente vedesse; aveva molto intorno a sé per cui
distrarsi, ma lei aveva scelto di passare il tempo in altro modo.
Portava tra le mani un piccolo aggeggio elettronico, di fondamentale
importanza nella sua vita, collegato con un filo che andava a dividersi
in due, come due erano le orecchie nel quale si trovavano le cuffiette.
Era un caldo pomeriggio di fine agosto, numerose persone le passavano
affianco ignorando la sua figura e ciò che quel giorno
significasse.
Lei invece lo sapeva bene. Era lì apposta.
Schiacciò il tasto play sul suo I-Pod e il mondo circostante
assunse i contorni indefiniti di un sogno, fino a scomparire del tutto.
Socchiuse poco gli occhi, rilassando il viso giovane e si
lasciò cullare da una voce che conosceva ormai fin troppo
bene.
Faceva parte dei suoi tesori più preziosi, quelli custoditi
in un cassetto fatto di carne e sangue, pulsante di vita
all’interno del petto.
Lo proteggeva gelosamente dagli attacchi di chi lo guardava, ancora a
distanza di anni, con disprezzo e pregiudizio, dall’alto
delle loro menti ottuse, offuscate da un presuntuoso senso di
superiorità che non aveva motivo di esistere.
Perché
nessuno era migliore di lui
E nessuno l’avrebbe anche solo eguagliato.
Ma
per quanto ogni giorno cercasse di auto convincersi che ciò
non le importasse, la verità era che se ne faceva un cruccio
di quegli sguardi indagatori, di quelle offese taciute ma tangibili.
La colpivano dritta in petto, là dove la sua immagine
risiedeva, stringendo in più parti per sgretolare quel
guscio protettivo, aprire il cassetto e derubarla del gioiello
più pregiato.
Tuttavia, resisteva.
Contro gli attacchi di chi avrebbe voluto vederla piegata, inculcandole
le loro verità, costruite su bugie, castelli di sabbia
tremolanti al contatto con la sua determinazione, forte e decisa come
il vento d’inverno.
Piegarla
era impossibile; vederla vacillare una mera illusione; combattere per
chi amava l’assoluta verità.
Si
alzò lenta, dopo aver spento l’I-Pod,
poggiò le mani sulla panchina esercitando forza su di essa e
lavorò a fatica i muscoli delle gambe.
Non era il corpo ad essere intorpidito.
Aveva appena ritrovato davanti a sé la realtà in
cui viveva, quella dove il tempo sembrava essere un treno in continua
corsa, e lo stress aveva trovato la sua fonte di nutrimento.
Assistette disturbata alle madri che urlavano ai propri figli di
correre piano, come se cadere e farsi male fosse un atto da evitare
alla pari della peste e non uno stimolo ad imparare, a vivere; lo smog
della città, invece, le ferì le narici, filtrava
anche attraverso i rami degli alberi, impetuosi agli angoli della
piazza in cui si trovava, piantati solo per dare un tocco di verde in
una città troppo artificiale, come artificiali erano le
menti che la abitavano.
Imponenti nella loro bellezza, molti si limitavano a posare lo sguardo
sul verde delle foglie, ignari del fatto che il loro fascino risiedeva
sottoterra, nelle radici possenti.
Si chiese se gli altri vedessero il mondo con i suoi stessi occhi o se
non ci fosse più nulla da fare per salvare quel minimo di
sensibilità di cui tutti, nel bene o nel male, siamo
portatori.
Per un attimo si sentì persa, come chi si allontana troppo
da casa e non riconosce più la strada in cui si trova; e
pensò di essere soprattutto sola, nonostante la vista le
suggerisse che la piazza era gremita di gente.
Ma
poi la sentì, inconfondibile come solo la sua musica sapeva
essere.
Si girò attorno alla ricerca della fonte di quel suono.
Le sembrò di scalpitare nell’attesa di posare gli
occhi su un’emozione che aveva i tratti dolci di occhi scuri
e una voce calda come un raggio di sole primaverile.
Trovò un piccolo stereo, in un primo momento abbandonato, in
un angolo della piazza.
Aveva l’aria malconcia causata dagli anni, il suono che
filtrava tra le casse strideva a volte in un fastidioso gracchiare,
eppure svolgeva lo stesso il suo lavoro, perché per
l’arte della musica era stato costruito, e fino
all’ultimo le avrebbe reso omaggio.
Inconsapevolmente gli mandò un silenzioso grazie per tanta
lealtà.
E
poi lo vide.
***
I love in season
Give me a reason ‘cause
You know we’ll never part
Our love goodbye
Prese
tra le mani la giacca nera ricoperta di paillette, constatando per
l’ennesima volta quanto fosse morbida al tatto.
Se ne meravigliava ogni volta che la toccava, di averla lì
in suo possesso.
Se l’era guadagnata dopo averla a lungo desiderata; quello
che per molti sarebbe potuto sembrare un oggetto insignificante, lui
invece aveva buttato fuori sudore e fatica per vederselo davanti agli
occhi.
Rappresentava il simbolo della sua dedizione a chi l’aveva
accompagnato nella crescita, a chi gli aveva fatto vedere il mondo da
una nuova prospettiva - dove ogni movimento era l’eco di un
suono ritmico e danzante - e a chi era stato sempre presente nei
numerosi momenti no della vita.
La sua musica, prima di tutto il resto, era entrata a far parte del suo
universo, stravolgendone la monotonia, e lui aveva appena deciso che
quel giorno gli avrebbe reso omaggio a modo suo.
In
quella piazza, in mezzo al via vai di persone che affollavano lo
spazio, fece un profondo respiro, allentando la tensione.
Ci aveva messo del tempo prima di decidere se l’avrebbe fatto
o meno.
La determinazione si era scontrata spesso con la paura di non farcela,
di sbagliare qualche passo, di lasciarsi vincere
dall’emozione.
Ma si era esercitato tanto prima di quel giorno, si poteva dire che
ballava sulle sue note da una vita.
Certe melodie le aveva impresse nella mente, come i segni che si
portano sulla pelle, indelebili.
Eppure, un’altra cosa lo preoccupava, lo rendeva nervoso,
esitante.
Il giudizio di chi lo avrebbe visto, per alcuni istanti si era
infiltrato nel suo cervello, ed aveva continuato a cantilenare, come un
tarlo fastidioso.
Era lì presente a ricordargli che molte facce lo avrebbero
visto e forse additato, rendendolo oggetto di scherno.
Ma poi si rese conto che non lo avrebbe fatto per loro.
Loro non l’avrebbero fermato, neppure se ciò lo
faceva sentire solo.
Sapeva
di non essere un bravo ballerino, nonostante ci mettesse tutto
l’impegno nel migliorare di volta in volta, davanti lo
specchio della sua minuscola camera.
Era ancora maldestro nell’eseguire i passi, perdeva in
fluidità risultando macchinoso, ma non
era quello l’importante.
Forse i suoi piedi non avrebbero scivolato bene sul pavimento della
piazza, o non sarebbero rimasti perfettamente in punta dopo aver
finito la roteazione, ma ci sarebbero stati.
A discapito di chi non avrebbe capito, di quei pochi sguardi che lo
avrebbero guardato perplessi e accigliati, loro ci sarebbero stati, a
mostrare quanto fossero sprezzanti nella loro audacia, a gridare per
nulla intimiditi tutta la loro inesperienza, perché non era
quello il punto.
Non
era lì per mostrare se stesso.
Quel talento non ce l’aveva nel sangue come lui.
Ma avrebbe trasmesso la sua arte
finché le gambe sarebbero state abbastanza solide da reggere
la fatica, sarebbe stato devoto alla sua musica
perché la sua musica era energia pura.
Premette
il pulsante play, pronto a dare spettacolo, e lo stereo prese a suonare
sulle note di Billie Jean, la sua canzone preferita.
Un fremito gli attraversò dalla testa ai piedi, fu
l’unica incertezza che avvertì prima di lasciarsi
andare al vuoto della mente.
Si mosse non appena sentì il basso vibrare e prendere il
sopravvento su di lui e su chi lo stava a guardare.
A quel punto, chiunque egli fosse stato l’attimo prima perse
di significato, diventò uno sconosciuto persino a se stesso,
a lui che in quel momento gli parve di stare su un palcoscenico, gli
sembrava di essere Michael Jackson.
E non gli importava nient’altro.
I suoi piedi erano l’unico punto di riferimento.
La musica il suo direttore d’orchestra.
Fu così fino a quando le ultime note di Billie Jean si
dispersero nell’aria.
E poi la vide.
***
And together we’ll fly
I’ll give you my heart
No place too far for us
We
don’t need it …
L’esibizione
finì tra gli applausi della gente.
L’emozione era palpabile nell’atmosfera di festa
che si era venuta a creare, la vista di tutti si era illuminata alla
visione di quell’entusiasmo e le orecchie si erano beate di
quel ritmo incalzante.
Si poteva sentire crescere l’eccitazione generale, alimentata
dai bambini che, pur non avendo mai sentito quella canzone, ne erano
rimasti affascinati.
Un giorno avrebbero saputo a chi apparteneva.
La
ragazza mantenne gli occhi incollati come una calamita su quella figura
danzante.
Aveva visto i suoi passi di danza preferiti prendere luogo sul
pavimento della piazza, cercando di tenere a bada
quell’improvvisa voglia di ballare nata quasi come
un’esigenza.
Il pensiero di chi ci fosse dietro quel travestimento le
solleticò più volte la curiosità, ma
lo congedò quasi subito, assorbita da un’altra
consapevolezza.
Sentì vagamente la piazza esplodere di urla quando i loro
occhi si incrociarono.
I suoi erano colmi di riconoscenza verso l’artista di strada,
per aver danzato spinto da una passione irrefrenabile, dalla voglia di
rendere omaggio a chi aveva stregato le loro vite.
Gli occhi di lui, invece, erano nascosti da qualche ciocca ribelle di
capelli neri, probabilmente una parrucca, ed erano fieri, gonfi di
orgoglio come il cuore che sembrava scoppiargli in petto a causa
dell’affaticamento.
L’adrenalina si faceva ancora strada tra gli spasmi del
corpo, la pelle d’oca era lì a ricordargli che
tutto era reale, che ce l’aveva fatta.
Le sorrise, notando la maglietta della ragazza, arricchita dal disegno
di una sagoma che conosceva molto bene.
E diventarono complici di un sentimento e un amore che li accomunava,
che era solo loro, in mezzo a quella folla di spettatori.
Lei strinse più a sé la borsa posata su un
fianco, non trovando altro modo per contenere l’euforia che
quel tacito accordo aveva suscitato in lei.
Solo pochi minuti prima si erano sentiti estremamente soli in quel
giorno speciale di fine agosto.
Si consideravano entrambi dei lottatori, per nulla intimoriti dalla
guerra che il più delle volte si trovavano a combattere.
La loro voce era più forte di qualsiasi attacco esterno.
Così quella sera si riconobbero soldati dello stesso
esercito, quello che portava il nome di colui per cui ogni giorno ne
onoravano il ricordo.
Si erano promessi di mantenere in vita il suo carisma, chi in un modo
chi in un altro, per non lasciar scivolare via il pensiero della sua
musica e il messaggio scritto tra le righe.
Era
la loro missione, e non erano soli. Finalmente lo avevano capito.
Baby
don’t make me
Baby don’t make me
Baby don’t make me
Fly away
Gonna stay
Love today
“Quando
vorrete starmi vicino, ascoltate la musica. L’amore
è riposto lì, e non morirà
mai”
_
Michael Jackson _
Nota
dell’autrice:
Salve
a tutte ^^
Come già scritto all’inizio questa OS è
dedicata principalmente a noi fan, a quelli che continuano a portare
avanti il ricordo di Michael e di ciò che lui ha significato
per noi. Insomma, è per noi combattenti.
E poi, soprattutto, è dedicata agli artisti di strada che
con coraggio mostrano la loro passione più grande.
È proprio dopo averne visto uno che mi è venuta
l’idea.
Era la prima volta che vedevo un artista interpretare le canzoni e i
movimenti di Michael.
E come in questa One Shot, prima sentii le note di una canzone, credo
fosse Thriller ma non ne sono sicura, eccitata all’idea che
qualcuno stesse mettendo proprio la sua musica,
e poi lo vidi.
È stato fantastico assistere a quello spettacolo; lui di per
sé non aveva nulla di eclatante, era maldestro come
l’artista di questa storia, ma gli piaceva ciò che
faceva e per chi lo faceva.
Era una sensazione palpabile e questo lo rendeva unico.
Quindi eccomi a proporla in questo giorno speciale.
È il mio personale tributo a Michael.
Credo di aver detto tutto =D
Un bacio a voi e uno a Michael *_*
Martina.
P.S.
Buon compleanno Michael