Autore: LazySoul
Titolo della fic: Non è mai troppo
tardi per sorridere
Lunghezza della fic: long-fic
Pacchetto scelto: Sorriso-Pianto
Personaggi principali: Fred
Weasley, Mirtilla Malcontenta
Genere: Generale, Introspettivo,
Triste
Avvertimenti: Nessuno
Raiting: Verde
Note dell’autore: 1)
“Senti-Il-Profumo-E-Non-La-Puzza” me lo sono inventato, mentre gli altri
prodotti di Zonco li ho trovati facendo alcune ricerche su internet
Non
è mai troppo tardi per sorridere
CAPITOLO 1
{Quarta regola di mamma Molly: avere sempre rispetto
dei morti, soprattutto quelli che potrebbero vendicarsi}
Gennaio
1990
Sulla
scrivania i grandi occhi gialli di Mrs. Purr si spostavano ogni due secondi,
studiando ogni movimento dei ragazzi che le erano seduti di fronte. Gazza era
dovuto correre in Sala Grande per una questione urgente che implicava un
Folletto della Cornovaglia che si era introdotto nella scuola mettendo alle
strette alcuni studenti del primo anno, lasciando alla gatta il compito di
sorvegliare i gemelli Weasley, beccati più volte a gironzolare nei pressi della
Foresta Proibita.
Fred
e George, con un sorriso furbesco stampato in volto, studiavano a loro volta il
pelo color polvere, i baffi vibranti, la coda guizzante e le orecchie a punta
di Mrs. Purr, aspettando il momento migliore per agire.
Già
da più di una settimana si aspettavano di venir convocati nell’ufficio del
signor Gazza e avevano fatto di tutto per accelerare il più possibile i tempi,
assicurandosi di essere visti da più testimoni per volta mentre si dirigevano
furtivamente verso la Foresta Proibita, anche se non avevano mai avuto
intenzione di addentrarvisi, o almeno non ancora.
Quando
avevano elaborato il piano avevano sperato Gazza si portasse dietro Mrs. Purr
per catturare più facilmente il Folletto della Cornovaglia – che i gemelli
Weasley avevano catturato durante le vacanze di Natale ed avevano liberato solo
quella mattina, creando il diversivo perfetto per avere l’ufficio di Gazza a
loro disposizione.
Percy,
il loro amato fratello perfetto,
aveva raccontato l’anno precedente che giravano molte storie a proposito del
contenuto dei cassetti della scrivania nell’ufficio del custode e loro, curiosi
undicenni, avevano voluto accertarsene di persona. Peccato che nessuno li
avesse avvisati del terribile odore di pesce che albergava in quel triste e
ristretto stanzino, altrimenti avrebbero prima ingerito un po’ di pozione
“Senti-Il-Profumo-E-Non-La-Puzza” di Zonco. 1)
Intanto
Mrs. Purr continuava a non perderli di vista un solo istante e il tempo filava
via alla velocità di una Nimbus 1990.
Fu
George a prendere l’iniziativa e, alzatosi dal suo posto a sedere, incominciò a
dirigersi verso quella che sembrava la ciotola per la pappa della gatta,
tirando fuori dalla tasca un sacchetto con dentro alici marinate con della
Pozione Soporifera e lasciandole cadere accidentalmente nel piattino rosa su
cui c’era scritto in nero “Kitten”.
Mrs.
Purr era una gatta seria e dedita al suo lavoro, ma un animale prima di tutto, per
questo motivo non riuscì a resistere e in due balzi aveva già raggiunto la sua
ciotola, dando le spalle ai gemelli.
Fred
si alzò a sua volta e, battuto il cinque col gemello, iniziò a frugare tra i
cassetti della scrivania, mentre George si occupava del piccolo mobiletto alla
destra della porta.
Mrs.
Purr nel frattempo cominciava a barcollare, quasi si fosse ubriacata, e, nel
giro di pochi secondi, era a terra, profondamente addormentata.
«Trovato
qualcosa, Fred?», chiese il fratello, tirando fuori dall’armadio un completo
elegante che doveva avere una trentina d’anni – come testimoniavano i buchi
causati dalle tarme e il tanfo che emanava – ed era ormai inutilizzabile: «Io
penso di aver appena riesumato un reperto archeologico ancora più antico e
puzzolente della prozia Tess».
Entrambi
fecero una smorfia prima di ridacchiare e tornare alla ricerca di… beh, non
avevano idea di cosa stessero cercando, ma erano certi che l’avrebbero trovato.
George
stava soppesando su una mano un sacchetto di “Caccabombe” e sull’altra uno di “Dolci
Singhiozzini”, indeciso su quale tenersi, ma propenso a sgraffignare entrambi,
quando Fred richiamò la sua attenzione.
Dal
fondo di uno dei cassetti della scrivania di Gazza era venuto fuori un foglio
di pergamena piegato più volte su se stesso che aveva un aspetto antico e
rovinato; era classificato come “altamente pericoloso”.
«Bravo»,
disse George, dando una pacca sulla spalla al fratello: «Questo è il genere di
cose inutilizzabili che speravo proprio di non trovare».
Fred
sorrise mentre confutava la teoria del fratello: «Se fosse come dici tu, perché
non è sulla scrivania accanto a tutte le altre pergamene bianche e inutili?
Perché è contrassegnata con la scritta “altamente pericoloso”?»
George
aggrottò le sopracciglia e rifletté un istante prima di fare spallucce: «Prendila,
se ci tieni; è comunque una pergamena bianca in più».
Fred
la infilò in una delle grandi tasche della divisa, certo che quella non fosse
una normale pergamena, ma qualcosa in più.
Sentirono
dei passi avvicinarsi e si affrettarono a chiudere cassetti e ante, prima di
tornare seduti nelle sedie davanti alla scrivania.
Pochi
istanti dopo entrò nell’ufficio Gazza che, con tono brusco, scacciò i ragazzi
dall’ufficio, dicendo che in quel momento doveva occuparsi di questioni più
serie di due mocciosi in cerca di guai e che li avrebbe convocati poi in futuro
se avessero continuato a non rispettare le regole della scuola.
I
gemelli Weasley non se lo fecero ripetere due volte e raggiunsero il corridoio
con quattro veloci falcate. Avevano appena svoltato l’angolo verso le scale che
portavano ai piani superiori, quando sentirono l’urlo furioso di Gazza e i suoi
passi che si avvicinavano.
Qualcosa
suggerì loro che il custode si fosse reso conto dello stato della gatta e che
avesse intenzione di vendicarsi.
Senza
bisogno di dirsi nulla iniziarono a correre e, per mettere in difficoltà
l’uomo, presero strade diverse: George prese la scala che portava direttamente
al quarto piano, mentre Fred quella che portava al secondo.
Il
signor Gazza, che aveva raggiunto una certa età e si stancava facilmente,
avrebbe preferito dare le dimissioni e ritirarsi in una spiaggia deserta con la
sua inseparabile gatta, ma dato che lo stipendio da custode non era
particolarmente generoso, aveva calcolato che avrebbe dovuto lavorare ancora
una decina di anni prima di poter vivere di rendita per il resto della propria
vita. La cosa che odiava di più in assoluto erano i mocciosi e l’impossibilità
di dare loro qualche bella punizione, come le torture che decenni prima
venivano utilizzate per premiare i
ragazzini meritevoli. Ecco, il signor
Gazza, senza pensarci due volte, avrebbe preso i due nuovi Weasley e li avrebbe
legati per i piedi al soffitto, tenendoli lì per qualche giorno, come giusta
punizione per aver osato drogare la
sua povera e amata gatta.
Quando
Fred e George si separarono, Gazza si fermò, considerando le tre opzioni che
aveva davanti: come prima cosa avrebbe potuto fare dietro front, per andare ad
assicurarsi che Mrs Purr stesse bene e poi raggiungere il preside Silente per
metterlo a conoscenza del comportamento dei gemelli, la seconda opzione era
quella di seguire quello che aveva preso le scale per il secondo piano e
accontentarsi di beccarne solo uno, la terza possibilità era uguale a quella
precedente solo che al posto del secondo piano sarebbe dovuto andare al quinto.
Alla
fine optò per il ragazzo che era corso al secondo piano, il quale aveva meno
possibilità di sfuggirgli raggiungendo la torre di Grifondoro.
Nel
frattempo Fred, accortosi di avere il signor Gazza alle calcagna, decise di
fare l’unica mossa che il custode non si sarebbe mai immaginato e che gli
avrebbe permesso di sfuggirgli: si nascose nel bagno delle ragazze infestato
dalla famigerata Mirtilla Malcontenta.
Il
giovane Weasley sapeva che il “fantasma del gabinetto”, come l’aveva
scherzosamente soprannominata con suo fratello, avrebbe potuto fare la spia col
custode, ma sperava di riuscire a tenerla buona il tempo necessario per far
perdere le proprie tracce.
Si
chiuse la porta del bagno alle spalle e corse verso uno dei cubicoli,
nascondendovisi all’interno.
Con
tutti i sensi all’erta sentì i passi del custode produrre un forte e ininterrotto
“tum-tum” contro il pavimento in pietra, mentre continuava a correre, superando
il bagno delle ragazze del secondo piano.
Non
aveva ancora finito di riprendere fiato – corto a causa della corsa – che
iniziò a ridacchiare più silenziosamente possibile, dandosi da solo il cinque,
in mancanza del suo gemello.
«Ehm,
ehm», sentì qualcuno schiarirsi la voce e, interrompendo lo sfogo di ilarità,
si voltò verso il gabinetto alle sue spalle, dal quale spuntava per metà il
corpo perlaceo di Mirtilla Malcontenta.
La
ragazza aveva come suo solito i
capelli dritti e scuri schiacciati sul viso, e gli occhiali dalle lenti spessi
che sembravano ingrandire smisuratamente i suoi occhi neri e perennemente
lucidi di lacrime.
«Cosa
ci fai tu qui?», chiese, con la voce fastidiosa e acuta, mentre emergeva
completamente dalla tazza del water e stringeva con forza le braccia al petto:
«Perché ridi?»
Il
volto stravolto dalla rabbia del fantasma scatenava ulteriormente l’ilarità di
Fred ma, come sua madre aveva insegnato a lui e i suoi fratelli, bisognava
portare rispetto per i morti, soprattutto a quelli che non se ne erano ancora
andati del tutto e che quindi avrebbero potuto essere vendicativi.
«Mi
dispiace, Mirtilla», disse, sorridendole – non sapeva perché, ma sperava che
lei avrebbe ricambiato e si sarebbe mostrata a sua volte felice, cosa che non
accadde: «Sono riuscito a seminare Gazza, è per questo che sono contento».
Mirtilla
scosse le spalle con noncuranza e fece una smorfia: «Non tollero che si rida
nel mio bagno!», esclamò, lagnandosi.
«Non
ti stanchi a stare sempre chiusa qui dentro a piangere?», chiese ingenuamente
l’undicenne, mentre immaginava quanto sarebbe stato fico avere il potere di attraversare i muri, fare scherzi ai vivi,
spaventarli e spiarli, spettegolando poi dei segreti di tutti con tutti.
L’espressione
sul viso di Mirtilla Malcontenta s’indurì e un tic nervoso le fece chiudere
ripetutamente l’occhio destro: «Cos’altro dovrei fare?!», urlò, fluttuando ad
una velocità sovrumana a due centimetri dal viso di Fred Weasley, sul volto del
quale scomparve il sorriso.
«Sono
morta! Non c’è nessun tipo di divertimento quando si è morti! Tutto ciò che si
ha è il rimpianto!», si sfogò il fantasma, aumentando sempre più il volume
della voce, a mano a mano che andava avanti col suo discorso.
Fred
abbassò lo sguardo: «Oh», sospirò, prima di sorridere: «So di cosa hai bisogno!
Ti ci vuole un amico che ti tiri su di morale!»
Mirtilla
Malcontenta allontanò il viso da quello del bambino e lo studiò con occhio
critico per qualche istante: lentiggini, capelli rossi, occhi azzurri e un
sorriso smagliante in volto; assomigliava in modo impressionante ad un
ragazzino di Grifondoro che aveva conosciuto in vita e di cui non ricordava il
nome.
«Un
amico...», mormorò il fantasma, sedendosi sulla tazza del gabinetto, mentre con
le mani si sistemava la gonna della divisa di Corvonero.
Mirtilla
pensava alla sua vita, al fatto che non avesse mai avuto una vera amica,
altrimenti quel giorno del lontano 1943 non sarebbe corsa in bagno a piangere,
ma avrebbe raggiunto una persona cara con cui sfogare la sua tristezza. Aveva
sempre pensato di non essere una persona abbastanza socievole da meritarsi
l’affetto di un altro essere umano ed ora quel ragazzino pieno di lentiggini
voleva esserle amico?
Lei
non aveva bisogno di amici!
«Vattene
via!», urlò lei, sollevandosi nuovamente in piedi, prima di iniziare ad ululare
tra le lacrime e di svanire nel gabinetto da cui era venuta.
Fred
non riusciva a sopportare il pensiero di aver fatto piangere una ragazza. Certo, tecnicamente, lei era un
fantasma, non era propriamente viva e
si divertiva quando altre persone erano disperate, ma questo non voleva dire
che non gli dispiacesse per lei. Avrebbe voluto chiederle com’era morta e
perché aveva deciso di rimanere nel mondo dei vivi come fantasma, ma sapeva che
erano questioni delicate; mamma gli aveva detto più volte di non inimicarsi un
fantasma e lui non aveva intenzione di disobbedire.
«Volevo
solo farti sorridere», sussurrò, abbassando il capo, dispiaciuto per non esser
riuscito nell’impresa che si era prefissato, o forse semplicemente offeso per
il fatto che lei non avesse voluto accettare la sua proposta di amicizia.
Fred
Weasley abbandonò il suo rifugio solo quando si fu accertato che Gazza non era
più nei paraggi, mentre si allontanava dal bagno delle ragazze del secondo
piano, sentì il forte desiderio di tornare presto a fare visita a Mirtilla
Malcontenta: voleva farla sorridere.