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Autore: Laylath    30/08/2015    5 recensioni
1920.
Proprio quando sta per scadere il trattato di non aggressione tra Amestris e Drachma, il tradizionale nemico del nord si ritrova ad affrontare un cambio al vertice del potere. Per la prima volta ad Amestris viene concesso di inviare ambasciatori, ma cosa può nascondere un invito simile, in uno Stato così potente?
Dal capitolo 2:
“Da quanto ho capito dovrò fare io l’ambasciatore – commentò Roy con sguardo furbo – beh, la mia esperienza con Xing è certamente un ottimo precedente.”
“O più che altro so che tu sei abbastanza scaltro da saperti muovere – sorrise Grumman con noncuranza – tu e la tua squadra siete disposti a questa trasferta? Del resto quando ero a capo del Quartier Generale dell’Est mi avete sempre dato grandi soddisfazioni e notevole divertimento.”
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Epilogo



East City, Novembre 1920.

Quando Rebecca era nervosa pure Jean Havoc lo era: non per solidarietà, ma perché diventava l’inevitabile valvola di sfogo della moglie che strillava contro di lui le peggio cose con un volume di voce che spesso e volentieri si sentiva in tutto il palazzo. E niente rendeva più nervosa Rebecca Catalina dell’organizzare la festa per il compleanno dei gemelli: mancava ancora una settimana, ma lei era già partita di testa già da quella prima. Liste, inviti, cose da preparare, cucinare, appuntamenti con metà dei negozi di East City… tutte cose che avevano il potere di farla entrare in un circolo vizioso di stress, ansia ed impazienza.
E tutta la squadra, quando arrivava Havoc la mattina, capiva subito se le commissioni del giorno fossero andate bene o male… e quasi sempre era la seconda.
“Il colore dei confetti… non le andava bene lo stramaledettissimo colore dei confetti! – sbottò Havoc per la centesima volta, sbattendo con rabbia il dossier sulla sua scrivania – ma da quando in qua può fregare a qualcuno del colore dei confetti… eh no! A quanto pare il rosa era troppo rosa e l’azzurro poco azzurro! Che cazzo ci deve fare? Un dipinto da appendere in una galleria d’arte?”
“Adesso passa alla tovaglia…” ridacchiò discretamente Breda, rivolgendosi a Riza, seduta nella scrivania davanti a lui.
“… e la tovaglia? – continuò appunto Havoc, accendendosi una sigaretta – mi dite perché se la tovaglia è un centimetro più lunga del previsto non va bene? Non mi pare che il nostro tavolo sia così pretenzioso!”
Riza sorrise con indulgenza davanti a quella sfuriata: sapeva benissimo che Rebecca voleva sfoggiare le sue doti di perfetta casalinga… anche se perfetta non era proprio il termine giusto. Semplicemente non si sentiva ancora a suo agio in quel ruolo, specie dopo aver indossato la divisa per così tanto tempo, e così quegli eventi diventavano dei banchi di sfida in cui voleva strafare.
“Stasera passerò da voi, maggiore – dichiarò con calma – vedrò di parlare con Rebecca.”
“Grazie di esistere, tenente colonnello – sospirò Havoc – almeno per qualche ora mi darà tregua quell’arpia. Piuttosto, ma Falman non doveva tornare oggi? Se non torno a casa con la notizia del suo arrivo Rebecca mi spara!”
“Effettivamente il capitano aveva annunciato che sarebbe arrivato col treno di oggi – ammise Fury, levandosi le cuffie – però ci sono stati alcuni ritardi e treni soppressi per via dei lavori che stanno facendo nel tratto di linea appena fuori Central City e…”
“Anche i treni si mettono contro di me! – inveì Havoc – Possibile che nessuno capisca la gravità della situazione?”
“Fai che arrivi Falman… fai che arrivi Falman – iniziò a pregare Roy, seduto alla sua scrivania con aria esasperata ed una forte emicrania che lo tormentava da quella mattina: sembrava che la pastiglia che gli aveva procurato Riza ci mettesse più tempo del previsto per fare effetto… e certo lo sbraitare di Havoc non rendeva le cose più semplici – ti prego… ti prego! Concedimi un minimo di tregua!”
Quasi le sue suppliche avessero avuto successo, non passarono nemmeno due minuti che bussarono alla porta e un sorridente capitano Falman fece il più formale dei suoi saluti.
“Capitano Vato Falman a rapporto, generale! – salutò l’uomo – Perdoni il ritardo, ma ho dovuto prima sistemare la famiglia in albergo.”
Furono le uniche frasi che riuscì a dire prima di venire sommerso dai saluti del resto della squadra. Persino Roy si dimenticò del suo mal di testa per alzarsi dalla scrivania e stringere con affetto la mano del suo sottoposto.
“Ci mancavi, capitano – dichiarò – la tua assenza si faceva sentire.”
Sarebbero stati solo dieci giorni, lo sapevano tutti quanti, ma il senso d’unione e di famiglia che c’era in quel momento era troppo bello per indulgere in altri dettagli. Anche se Falman era lì in forma più ufficiosa che ufficiale, dato che il vero motivo della sua presenza era il compleanno dei gemelli Havoc, non c’era nessun motivo che gli impedisse di stare in ufficio con tutti quanti loro.
Ovviamente, come c’era d’aspettarsi, quell’arrivo fu un’occasione perfetta per andare a festeggiare con una pausa fuori programma, nonostante quella giornata il lavoro da fare fosse quantitativamente notevole. Ma quando Breda e Havoc prendevano in mano la situazione c’era poco da fare e così, nell’arco di tre minuti, Roy e Riza si trovarono da soli, con la promessa di raggiungere gli altri al bar che stava appena fuori dal Quartier Generale.
“Addio mattinata di lavoro – sospirò con rassegnazione la donna, guardando con malinconia i vari dossier sparsi sulle scrivanie degli assenti – e presumo che per il resto del tempo si cercherà di fare delle pause ben oltre il consentito…”
Avrebbe aggiunto anche altro, ma le labbra di Roy le sfiorarono il collo con sensualità, facendola rabbrividire.
“Stasera presumo che ci sarà una cena di squadra – dichiarò il generale – ma poi possiamo andare a casa mia, non ti pare una buona idea?”
Riza arrossì, come sempre succedeva quando riceveva simili proposte.
Ormai era da quasi cinque mesi che la loro relazione procedeva ad Amestris e tutto andava per il meglio. Avevano subito imparato ad essere discreti, a contare sulla fedeltà dei loro sottoposti: incredibilmente si erano adattati a questa nuova situazione con notevole disinvoltura. A lavoro ben pochi gesti espliciti, certo, anche per rispetto nei confronti degli altri…
Oh, ma di notte…
Riza fremette d’aspettativa. Roy era capace di amarla come nessun altro, ne era certa: le sue mani, la sua bocca, il suo corpo… era tutto estremamente perfetto, ogni volta: che si trattasse dell’amore dolce, lento e romantico o di quello più sfrenato. Quell’uomo aveva la grande dote di farla perdere in un mondo di estasi e piacere… ma soprattutto era in grado di darle una sicurezza emotiva che le era sempre mancata.
Perché la faceva sentire bella, amata, desiderata: in poche parole una vera donna.
“Credo che… mio nonno – come sempre cercò di cambiare argomento – forse, nell’ultima visita, ha capito qualcosa… ne dovremmo parlare con lui…”
“Riza – la canzonò il moro, sistemandole una ciocca bionda sulla fronte – quello ha capito tutto dal primo momento che ci ha visti tornare da Drachma… e mi è sembrato estremamente compiaciuto.”
“Dice davvero?”
“Dico – inarcò il sopracciglio nel sentire che era scivolata nel “lei” d’ufficio, ma non ci fece caso: faceva parte del fascino tutto particolare di Riza Hawkeye. La abbracciò con sensualità sfiorandole la fronte con un bacio che chiaramente sarebbe voluto andare oltre – vedrai che alla prossima visita vorrà parlarne in maniera più specifica. Comunque… sai che la pastiglia per il mal di testa ha funzionato? Adesso ho proprio voglia di prendere qualcosa al bar, senza contare che gli altri ci staranno di certo aspettando.”
Quasi a conferma la porta si aprì ed entrò Fury che arrossì e fece un passo indietro nel vederli impegnati in simili effusioni.
“Ecco io… io – balbettò con imbarazzo – noi vi stiamo aspettando, signori…”
“Arriviamo…” annuì Riza, approfittandone per sciogliersi da quella presa poco professionale durante l’orario lavorativo e portarsi accanto a Fury.
I tre si scambiarono un rapido giro d’occhiate: ogni tanto i due di grado maggiore si chiedevano se il piccolo della squadra stesse assimilando bene l’idea che tra loro ci fosse una relazione, ma sembrava che ormai Fury avesse superato del tutto la prima fase d’assestamento.
In particolare Roy ne era sollevato: non solo perché vedeva Riza felice, ma anche perché Fury stesso lo era… ed era un po’ come un figlio che approva la nuova relazione dei genitori, in una maniera del tutto confusa e diversa dall’ordinario, ma il paragone poteva calzare.
La mia squadra senza Fury? – pensò, mentre gli tornava alla memoria quei tragici giorni in cui aveva rischiato di perderlo – manco a pensarci. La mia squadra non fa a meno di nessuno dei suoi membri… e Falman è solo questione di tempo prima che torni in pianta stabile da me. Adesso che l’alleanza con Drachma è una realtà il controllo sulla Armstrong potrà diventare mano a mano meno serrato…
“Forza, andiamo – dichiarò, avviandosi assieme agli altri – ho proprio fame!”
 
L’arrivo di Falman e famiglia sembrò segnare una svolta nel dramma della preparazione della festa di compleanno dei gemelli: Elisa si propose subito di dare una mano a Rebecca e questa iniziativa riuscì a far entrare un minimo di buon senso e di tranquillità in casa Havoc.
Peccato che venga coinvolto pure io nei preparativi di questo compleanno… almeno che la torta sia decentemente buona e grande per tutti!
Breda, qualche giorno dopo, maledì mentalmente il suo miglior amico e la consorte: il suo giorno libero era stato biecamente sfruttato per mandarlo a fare commissioni che, a detta di Rebecca, non potevano essere rimandate e lei aveva altre diecimila cose da fare assieme ad Elisa.
E ovviamente era più che lecito sfruttare il miglior amico del marito… nonché padrino dei gemelli, una cosa che veniva astutamente tirata fuori quando più faceva comodo,come in quel caso.
“E ora basta! – sbottò, chiudendo con un sospiro la porta di casa sua e crollando senza troppe cerimonie sul divano – Non voglio sentire parlare né di pasticcerie, né di panifici o qualsiasi altra cosa che riguardi quella festa! Basta! Amen! Ho fatto la mia parte!”
Si allentò il colletto della camicia e chiuse gli occhi aspettando che quel momento di sfinimento finisse: erano le  sette e mezza di sera… tutto sommato aveva ancora il tempo di rilassarsi. Accendere la radio? No, non ne aveva voglia: quel divano e quel silenzio erano tutto quello che desiderava in quel momento. Alla cena avrebbe pensato più tardi, dopo un bel pisolino.
Il sonno stava proprio per arrivare, lo sentiva: un bel riposo ristoratore che avrebbe cancellato tutta la stanchezza e l’irritazione per quella giornata…
“Oh no – sospirò, sentendo qualcuno che bussava alla porta – vi prego no! Che altro volete da me?”
Si immaginava già che si trattasse di Havoc o Rebecca che venivano a dirgli che qualcosa nelle commissioni che aveva fatto non andava bene e che bisognava tornare ai negozi prima della chiusura, ossia tra nemmeno un quarto d’ora, per rimediare.
Non apro… non apro… non apro! La risolvo così – si disse, prendendo uno dei cuscini del divano e premendoselo sulle orecchie – Vai via, Havoc, Rebecca… chiunque tu sia!
Il bussare comunque proseguiva e questo lo spinse a buttare via il cuscino e ad alzarsi con un grugnito di rabbia. Doveva finirla di essere così tenero con Havoc… doveva metterlo in riga almeno sul non rompere le scatole a certi orari.
“Allora… che cosa è successo? – chiese, andando ad aprire la porta – non mi dire che ti sei ricordato di una nuova…”
La frase si fermò a metà quando si ritrovò una sorridente Karla sulla soglia.
Per un attimo strabuzzò gli occhi, credendo che quella visione drachmiana sparisse all’improvviso, ma lei continuava a stare lì e a fissarlo con i suoi grandi occhi scuri ed il viso gaio. Vestiva una semplice gonna lunga e una camicia, come se il clima di novembre di East City fosse uno scherzo per lei.
“Ehilà, soldato – lo salutò con la sua voce musicale – come stai?”
“Bene – si riprese Breda – però non mi aspettavo di aprire la porta e trovare te.”
“Aspettavi visite?”
“Temevo visite, è diverso – si fece di lato per farla entrare, notando come avesse due pesanti valige con sé – ma è una storia lunga. Allora, che si dice a Drachma? Derekj si sta comportando da bravo Autarca?”
“Ovvio, è un Drachvoic…a primavera prossima si sposerà con lady Valerya! Ci sarà grande festa e voi non potrete mancare – lei si guardò attorno – e così… questa è casa tua.”
“Casa da scapolo, scusa il disordine… sono appena tornato da una giornata pesante di commissioni.”
“Scusa, non ti ho nemmeno avvisato – sospirò lei, andandogli davanti e prendendogli il viso tra le mani – però… sai, ero lì, che lavoravo alla taverna come sempre… e dieci minuti dopo stavo facendo i bagagli. Per fortuna i collegamenti col treno sono molto più semplici adesso e di soldi ne avevo da parte.”
“Sarai esausta – sorrise lui accarezzandole i capelli scuri e mossi – è più di una settimana di viaggio.”
“Oh, sono giovane ed in forze! E poi è stata una bella esperienza: non avevo mai preso un treno in vita mia e poi… indovina! Ti ho portato le mie olive! Il barattolo tanto è sigillato e le ha conservate benissimo!”
E continuava a parlare, parlare, sebbene si capisse che fosse tremendamente stanca.
E Breda continuava ad ascoltare, facendole cenno di seguirlo nella sua stanza, non ponendosi nessuna domanda sul che cosa fare davanti ad una situazione simile che non rientrava in quello che era solito pensare di una relazione con una donna. Ma in quei momenti non gli importava altro che stendersi sul letto assieme a lei, abbracciarla e sentire il suo respiro che si faceva più calmo mentre si addormentava placidamente con il viso posato contro il suo collo.
Dovrò chiedere ad Havoc se posso portare anche lei alla festa…
Fu l’unico pensiero che gli venne in mente.
 
Il compleanno dei gemelli era il giorno dopo.
Fury correva come un disperato verso la stazione, pregando di arrivare in tempo: pensava ormai di essersi liberato dei diecimila compiti che gli aveva affibbiato Havoc, ma a quanto sembrava ne aveva trovato uno last minute, proprio a cinque minuti dall’uscita da lavoro.
Al contrario di Breda, tuttavia, l’indole buona del tenente Fury non lo faceva imprecare contro il biondo. Sperava solo di fare il più in fretta possibile, per quanto non fosse mai stato un fulmine nella corsa.
Attraversò la strada di corsa, rischiando quasi di essere investito da una macchina e poi quasi inciampò in un gruppetto di bambini che stavano giocando a campana sul marciapiede. Sentiva i polmoni esplodergli nel petto, ma tutto era preferibile a subire le ire del maggiore Havoc.
Quando vide l’edificio della stazione ferroviaria esultò interiormente: almeno era arrivato.
Salì i gradini due a due, notando con timore come il flusso delle persone che uscivano fosse davvero poco. E questo voleva dire che il treno delle diciannove e quaranta era già arrivato da un pezzo.
“Binario due…? Vero? Era il due? – ansimò cercando di orientarsi – Ha detto il due… ah ecco!”
Adesso doveva cercare la sorella di Havoc… e solo davanti a quel dettaglio Fury si ricordò di averla vista appena al matrimonio del suo amico anni prima. A pensarci bene non ci aveva nemmeno mai parlato.
“Signorina Janet?” chiamò, osservando quella banchina desolatamente vuota.
Iniziò a camminare con aria perplessa, chiedendosi se la giovane avesse preso l’iniziativa di andare a casa del fratello maggiore da sola: osservando l’orologio appeso alla parete notò che aveva fatto ben oltre mezz’ora di ritardo e sarebbe stato più che lecito che lei avesse pensato che nessuno era venuto a prenderla.
Con un sospiro sconsolato andò fuori dalla stazione, sedendosi su uno dei gradini e concedendosi di riprendere fiato: ormai era scontato che il maggiore l’avrebbe fatto nero.
“Speriamo che non se la prenda troppo…” mormorò, chiudendo gli occhi e arruffandosi i capelli scuri.
Ultimamente Havoc gli aveva procurato solo grane… a partire dal fatto di volerlo per forza sverginare per bene, come aveva gentilmente definito. Fury capiva la buona volontà dell’amico, ne era anche commosso, ma tutti quegli appuntamenti si erano sempre conclusi nel peggiore dei modi… e l’ipotesi bordello sembrava avvicinarsi sempre di più. Ed una cosa del genere Fury non la poteva sopportare: non avrebbe mai potuto guardare in faccia i suoi genitori o il tenente colonnello dopo aver fatto sesso a pagamento.
E se doveva essere sincero… dietro tutte quelle ragazze che aveva incontrato c’era sempre l’ombra di Kora a tormentarlo.
Se solo…
“Ah, ma mi ricordo di te! – esclamò una voce allegra – Eri al matrimonio di mio fratello! Allora è davvero venuto qualcuno a prendermi!”
Fury alzò lo sguardo,colto di sorpresa da quel richiamo e rimase impietrito.
Davanti a lui c’era la più bella ragazza del mondo… la treccia color del grano, gli occhi color cielo, le guance rosse e un sorriso che ebbe il potere di fulminarlo.
“Sono Janet Havoc – spiegò lei, porgendo la mano abbronzata – perdonami, ma non ricordo il tuo nome! A dire il vero dei colleghi di Jean conosco bene solo Heymans… tu sei…?”
“Kain… cioè, tenente Kain Fury, signorina –  balbettò, alzandosi in piedi e mettendosi sull’attenti – mi… mi perdoni per il ritardo ma…”
“Che? Tutta questa formalità? – lo bloccò lei, arricciando il naso – No, non va bene, suvvia! Manco fossi chissà quale personalità: direi che Kain e Janet vanno più che bene!”
“Bene…” annuì lui.
“Allora, vogliamo andare?” chiese Janet, indicando la sua valigia.
“Ma certo!”
E quando dopo una decina di passi lei infilò il braccio sotto il suo, il fantasma di Kora sparì definitivamente dalla mente di Kain Fury.




______________
Ed eccoci arrivati anche alla fine di questa fic! (evvai, ce l'ho fatta entro agosto!!) :)
E' stato un viaggio lungo, per me iniziato molto prima da quando iniziai ad abbozzare il regno di Drachma nei vari fogli sparsi della mia scrivania. Sono molto contenta di quello che è venuto fuori, compresi i diversi personaggi originali creati per l'occasione e per tutto lo svolgersi della vicenda. Da tempo avevo in mente di far scoprire a Fury il segreto di Riza e più di una volta mi ero chiesta quale sarebbe stata la sua reazione. Ne è venuto fuori che il punto di vista del piccolo della squadra è quasi importante come quello di Roy e Riza, ma per chi legge le mie storie sa che non è questa grande novità.
Per quanto riguarda questo epilogo era già deciso che Kain dovesse incontrare Janet, chiudendo così il cerchio di collegamenti con Un anno per crescere. Su di Breda invece sono stata indecisa fino all'ultimo, ma Karla era un bel personaggio ed è da lei fare un'improvvisata simile: se poi son rose fioriranno anche per il nostro soldatone rosso ^_^

Spero che la fic vi sia piaciuta: ringrazio in primis tutti quelli che l'hanno recensita, quelli che l'hanno messa tra le preferite, le ricordate e le seguite. E' certamente una delle mie produzioni che avete apprezzato di più.
Se anche i silenziosi lettori vogliono lasciare un pensierino finale ne sarò più che lieta, anche poche righe ^___^

Per quanto riguarda i progetti futuri, sui quali vi terrò aggiornati anche sulla mia pagina fb ( https://www.facebook.com/pages/Laylath-Efp/297627547093139?ref=aymt_homepage_panel ), sappiate che ho già iniziato con la creazione del regno di Xing per lo spin off dedicato al principe Shao, uno degli OC più apprezzati della storia (merito di Green Star che mi ha praticamente chiesto ad ogni recensione una storia su di lui).
E poi si vedrà con gli altri che bollono in pentola

A presto!


Laylath

 
  
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