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Autore: alicecascato    30/08/2015    3 recensioni
Soltanto quel giorno Lydia si era resa conto di aver perso Stiles già da tempo, sebbene passassero le loro giornate insieme, si considerassero l'uno il migliore amico dell'altra e sarebbero morti per proteggersi a vicenda, Lydia lo sapeva, le cose sarebbero soltanto potute peggiorare, perché forse anche un giovane amore appassisce sotto il sole cocente di una vita che va in fiamme.
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lydia Martin, Malia Hale, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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A Beacon Hills piovve per una settimana intera dopo la morte di Lydia Martin.
Stiles era convinto che se Lydia l’avesse saputo sarebbe impazzita, esattamente come lui.
Ma la mancanza di consapevolezza da parte di entrambi aveva fatto sì che vivessero quell’ultima settimana con l’ingenua certezza che la vita fosse una lunga strada in discesa e non uno strapiombo.
Il mattino del 13 Aprile, Stiles si svegliò alle cinque e mezzo, come d’altronde faceva ormai da mesi, dormire era diventata una tortura da quando era tornato dalla morte l’anno precedente.
Passò l’ora successiva ad affrontare il peso della consapevolezza di aver ucciso una persona, o quello che ne era rimasto.
Salì in macchina e senza rendersene conto si trovò sotto casa di Scott, sebbene non andassero più a scuola insieme da quando l’amico aveva ricevuto la moto.
Stiles fece per andarsene quando sentì bussare contro il finestrino, era Scott.
-Va tutto bene?- chiese Scott sedendosi accanto a Stiles.
Stiles lo sapeva che non andava bene, niente andava bene e aveva come questa costante sensazione di star precipitando. Sapeva anche di non poter mentire a Scott, che l’avrebbe sentito, che avrebbe capito.
-Sì, certo.-
-Perché sei qui? Non che mi dia fastidio, ma non ti aspettavo.-
-Non lo so.- rispose Stiles, stando attento a non incontrare lo sguardo di Scott.
Scott sospirò e non disse nulla, nell’ultimo periodo lo faceva fin troppo spesso. Stiles era certo che quello non fosse un buon segno, era come se avesse capito che non c’era più nulla da fare, che non c’era modo di riparare l’amico.
Stiles non sapeva se era diventato ancora più paranoico e per questo vedeva il marcio in tutto, oppure la loro amicizia si stava davvero sgretolando come un ferro arrugginito.
Stiles mise in moto e Scott non si oppose.
-Scott…- tentò Stiles.
Scott si voltò ma non disse nulla.
-Credi che ce la faremo?-
Scott indugiò ma poi rispose: -Sì, credo che ce la faremo. Ma ho come la sensazione che dovremo sacrificare molte cose.-
Sentire quelle parole pronunciate da Scott fu come una pugnalata per Stiles, se anche i più forti ammettono di star sanguinando, è forse l’inizio della fine?
 
La giornata passò lentamente e la sera arrivò strisciando come un serpente nel labirinto dei pensieri e i demoni di Lydia.
Era convinta che stare sola le piacesse, eppure in quel momento avrebbe accetta qualsiasi compagnia pur di mettere a freno le voci nella sua testa.
 Se ne stava lì ad osservare il buio della sua stanza e non aveva nemmeno la forza di accendere la luce.
Quelli che dovevano essere gli anni più belli della sua vita si erano trascinati con lentezza e incredibile tragicità e l'avevano consumata, privandola di parti che riteneva fondamentali di se stessa.
Aveva perso la sua innocenza e la sua ingenuità, a stento intravedeva lo spettro di quella ragazzina che credeva nel mondo, che davanti a sé vedeva una strada striata di diamanti, ora era l'ombra di un centinaio di sogni infranti che l'avevano ferita con atroce brutalità.
Guardò distrattamente la figura riflessa nello specchio davanti a sé. Se c'era una cosa che Lydia non aveva ancora perso era la bellezza, pure e glaciale. Eppure non sapeva che farsene di quel bel viso, lei le sentiva con la punta delle dita tutte cicatrici che si nascondevano sotto i suoi vestiti e ogni volta ricordava di quanti orrori il suo corpo fosse museo.
Desiderava disperatamente parlare con qualcuno, il primo a cui pensò, fu, irrimediabilmente, Stiles.
Pensò all'ultima volta in cui l'aveva visto, aveva lo sguardo vuoto e quando lo aveva sfiorato aveva sentito freddo.
 Lydia provava per Stiles qualcosa che a parole non poteva essere spiegato, era certa che il termine "amore" apparisse un diminutivo dinanzi al sentimento tanto forte che sentiva, eppure aveva lasciato che lui si allontanasse da lei senza muovere un dito.
Perché infondo Lydia sentiva di meritare tutto quel dolore, come se le fosse stato prescritto dal medico. Osservava la sua vita andare in pezzi con una freddezza che stupiva anche se stessa.
Ma soltanto quel giorno si era resa conto di aver perso Stiles già da tempo, sebbene passassero le loro giornate insieme, si considerassero l'uno il migliore amico dell'altra e sarebbero morti per proteggersi a vicenda, Lydia lo sapeva, le cose sarebbero soltanto potute peggiorare, perché forse anche un giovane amore appassisce sotto il sole cocente di una vita che va in fiamme.
Decise di chiamare Malia con la scusa di aiutarla con i compiti.
Non l'aveva mai odiata, sebbene spesso ci avesse pensato. D'altra parte Stiles non si era allontanato da Lydia per via di Malia, era solo colpa sua.
Lydia però non poteva negare di provare un certo disappunto per via della scelta di Stiles, come aveva potuto preferire Malia?
In parte Lydia lo sapeva il perché, Malia aveva dato a Stiles tutto quello che aveva dal primo momento, e lei che aveva fatto, invece, a parte servire polvere su un piatto d'argento alla persona che preferiva al mondo?
 
Malia arrivò dopo pochi minuti, aveva un sorriso incerto sul volto e portava tra le braccia un gran numero di libri.
-Scusa se sono arrivata così presto, ma mi stavo annoiando a morte.- disse la ragazza posando i libri sulla scrivania.
-Non preoccuparti, anche io non avevo nulla da fare.- rispose Lydia distrattamente, cominciava già a pentirsi di aver chiesto proprio a Malia.
-Kira se n'è andata.- tentò Malia dopo un silenzio fin troppo lungo.
Lydia provò una fitta dolorosa allo stomaco, nessuno si era preso la premura di informarla, pensò che in quel momento la sua unica amica era proprio accanto a lei e le venne voglia di piangere.
Sorrise a Malia e la invitò a sedersi.
Malia rimase a casa di Lydia fino a mezzanotte, Lydia cercò in ogni modo di sfuggire da qualunque conversazione personale e ogni volta riportava l'attenzione della ragazza alla trigonometria.
 
Il pomeriggio del 14 aprile Stiles vagava nei corridoi della Beacon Hills High School cercando una ragione, strisciava come un'ombra tra le macerie di una giovinezza che oramai non gli apparteneva più.
Passò accanto alla biblioteca e gli sembrò di morire ancora una volta, vide il sangue uscire dalla porta e sentì la voce di Donovan, l'immagine dei suoi occhi vuoti della vita che Stiles gli aveva sottratto lo seguirono fino al bagno, si chiuse la porta alle spalle e cercò di respirare, sentiva il panico crescergli nello stomaco, la vista gli si annebbiò, un dolore lancinante lo colpì allo stomaco.
Si accasciò contro la parete e il contatto con il pavimento freddo gli fece salire il cuore in gola, voleva solo che tutto questo smettesse una volta per tutte.
Non c'era nessuno per lui in quel freddo bagno, e nessuno ci sarebbe mai più stato.
Stiles lo sapeva che stava perdendo tutto, eppure il panico non arrestava la sua corsa.
Piantò le unghie nel palmo della mano con tutta la forza che aveva in corpo, il dolore lo aiutò, il dolore lo aiutava sempre.
Si tirò in piedi dopo qualche minuto, si lavò via il sangue dalle mani e osservò i tagli rossi che solcavano i suoi palmi, avrebbe voluto bruciassero di più, che quel dolore non lo lasciasse solo.
Uscendo dal bagno incontrò Lydia e in quel momento cominciò a pensare che la vita fosse davvero crudele, guardò la ragazza temendo il suo sguardo più di ogni altra cosa.
Lydia fissò il viso pallido del ragazzo e seppe immediatamente che anche solo dicendo qualsiasi cosa avrebbe invaso il suo dolore.
Stiles le mostrò un sorriso stanco e sperò che la ragazza lo lasciasse soltanto andare.
Lydia non disse nulla ma camminò accanto a Stiles.
-È successo qualcosa?- chiese infine il ragazzo, senza capire il comportamento di Lydia.
Lei osservò l'amico e cercò aiuto nei suoi occhi, questo le allungò la mano e lei la strinse, il sole improvvisamente si fece più splendente.
Camminarono l'uno accanto all'altro senza una destinazione, la vita sembrava averli portati alla deriva e  non c'era più niente che potessero fare.
 
Come ormai capitava fin troppo spesso, Lydia si ritrovò a casa di Scott, circondata da quelli che un tempo avrebbe definito "i suoi amici", ma che ora apparivano soltanto pedine di una scacchiera così grande da inghiottirli uno alla volta.
Malia sedeva a gambe incrociate sul divano accanto a Theo, Scott osservava il vuoto con la certezza che presto ne sarebbe stato avvolto, Stiles gli era accanto e da tutto il pomeriggio scavava con le unghie nel dorso della sua mano, Liam non c'era e Lydia temeva di sapere il perché.
Giunti a quel punto Lydia credeva che riunirsi  in quella casa tanto familiare era diventata l'unica cosa a tenerli umani, sebbene ogni volta si inventasse una nuova scusa per sedersi attorno a quel tavolino in legno, la sola ragione era ed era sempre stata preservare quello che ormai era diventato uno spettro senza volto.
Quando il sole calò Theo disse di doversene andare e Malia nemmeno un minuto dopo inventò una scusa piuttosto sbrigativa per andarsene a sua volta.
Stiles non disse nulla, non riusciva mai a dire niente in quel periodo, sarebbe voluto scappare via da se stesso e dai suoi pensieri che si nascondevano dietro gli armadi e sotto i letti, ma che non lo lasciavano mai solo.
Rimasero soltanto Lydia, Scott e Stiles, nei loro silenzi vibrava l'assenza di troppe cose e si udivano i fantasmi gridare nella loro sorda disperazione.
Lydia non aveva mai più visto Scott in quel modo dopo la morte di Allison e ora tutto sembrava tornato all'anno prima, Stiles divorato dal senso di colpa, Scott in mille pezzi, Lydia e la sua maschera.
Nessuno di loro meritava quel dolore eppure esso sembrava non temere l'ingiustizia.
Lydia sapeva che Stiles e Scott avevano bisogno di stare soli, così ad un certo punto s'inventò una commissione improvvisa e lasciò la casa, attese in macchina perché la curiosità non le dava scampo.
 
Dopo qualche minuto Lydia si ritrovò in una strada che non percorreva da anni, accostò accanto a quello che un tempo era il video noleggio ma che era stato costretto a chiudere a causa dell'attacco di un leone di montagna, anche chiamato Peter Hale.
A distanza di più di due anni di quel negozio non era rimasto che una rovina con l'odore di morte che aleggiava nell'aria.
Lydia non aveva idea di come fosse arrivata lì, ma una terribile consapevolezza gravò su di lei. Le era capitato troppo volte perché non sapesse a cosa stava andando incontro.
Entrò nel negozio da una vetrina rotta.
Ricordò Jackson, quanto fosse certa di amarlo, l'ingenuità di una ragazzina di sedici anni che non aveva idea di doversi preparare ad affrontare la tempesta.
Sul pavimento vide una scia di sangue fresco, decise di non seguirla ma di prendere un percorso laterale, quando si ricongiunse con la linea rossa, notò che questa si era allargata di molto e alzando lo sguardo si trovò davanti al cadavere di una ragazza, frequentava il secondo anno, aveva la gola tagliata e i polsi squarciati, sul muro con il sangue era stato scritto "Per Lydia, stiamo arrivando, stiamo arrivando per tutti voi".
Lydia cadde sulle ginocchia e urlò più forte che poté, il suo grido echeggiò per la stanza e un centinaio di brividi le tolsero il respiro.
Sentì dei passi pesanti e capì di non avere scampo, poi qualcuno urlò: -Lydia!-
La ragazza riconobbe la voce di Stiles, si tirò in piedi il più velocemente possibile e gli corse incontro, si nascose tra le sue braccia e sperò di non doverne più uscire.
Stiles la strinse a sé e gli venne voglia di piangere, Lydia tremava e Stiles avrebbe fatto di tutto pur di essere in grado di proteggerla meglio.
-Dobbiamo andare via di qui.- disse Stiles con voce tremante.
Lydia non protestò e lo seguì fino alla sua macchina, quando si sedette sul sedile cercò il coraggio di dire qualcosa.
-Chiunque abbia fatto questo l'ha fatto perché io lo vedessi, non è stato un caso che mi trovassi lì, non è stato come al solito, ho fatto quello che voleva.- Lydia parlò in fretta e si rese conto che le sue parole erano fin troppo confuse.
-Ma che può voler dire "Per Lydia, stiamo arrivando, stiamo arrivando per tutti voi", è chiaro che è una minaccia, ma da chi potrebbe provenire?- Proseguì Stiles guardando dritto avanti a sé.
-Una ragazza è morta.-
-Cosa?-
-Una ragazza è morta e noi pensiamo alla scritta sul muro, ma quella è la parte minore, una ragazza è morta per colpa mia.- Lydia provò un dolore lancinante allo stomaco dicendolo.
-Lydia... Morirai tu se non scopriamo chi è e che cosa vuole.-
-Frequentava il secondo anno.-
-Lydia...-
-Era soltanto una ragazzina, probabilmente non sa nemmeno per cosa è morta.-
-Lydia, ti prego-
-Chissà quali erano i suoi programmi per l'estate? Chissà cosa le aveva preparato sua madre per cena? Chissà che vestito voleva indossare al ballo? Ma non ci sarà nessun'estate, nessuna cena e nessun ballo per colpa mia.-
-Lydia finiscila, tu non c'entri niente con la sua morte, chiameremo la polizia e poi ti accompagnerò a casa, va bene?-
-Non voglio andare a casa.- sussurrò la ragazza, le lacrime la avevano annebbiato la vista e le mani non smettevano di tremarle.
 
Lydia si sedette sul letto di Stiles e immediatamente si rese conto che non andare a casa era stata una pessima idea.
Stiles si mise al suo fianco e le prese una mano, stingendola delicatamente fra le sue.
Lydia gli accarezzò il viso con la mano libera e pensò che, in quel momento, se l’avesse baciato, sarebbe crollata e in nessun modo si sarebbe potuta riparare.
Stiles trattenne il respiro e per un secondo tutte le voci che infestavano i suoi pensieri tacquero.
Si avvicinò in fretta a Lydia, sfiorò le sue labbra e si allontanò con la stessa velocità.
I loro baci erano diventati come cerotti, li usavano solo in casi eccezionali per medicare una ferita o per tamponare il dolore. Non erano altro che un’ancora di salvataggio momentanea.
Lydia combatté con tutte le sue forze per fermare le lacrime, ma fallì. Lasciò infine che queste le segnassero il viso e lo scaldassero. Stiles avvolse la ragazza in un abbraccio, uno di quelli che riservava solo a lei, sebbene Lydia non lo sapesse.
La vita li aveva allontanati e riavvicinati con brutale violenza e ad ogni impatto i loro angoli si erano smussati, ora non erano altro che meravigliose sculture ricoperte di tremende crepe.
Quando Lydia smise di piangere si decise a parlare, sebbene temesse che anche solo aprendo la bocca non sarebbe stata in grado di reprimere le lacrime.
-Quel messaggio, quello scritto col sangue, l’altro giorno sono svenuta e ho ricordato una cosa che probabilmente era stata così traumatica da essere rimossa dalla mia memoria. Ero ad Eichen House, mia madre mi aveva raccomandato di restare in macchina, ma io non l’avevo ascoltata, l’avevo seguita a pochi metri di distanza da lei per poi sgattaiolare dentro la stanza, lì trovai mia nonna, si era trapanata la testa o qualcosa di simile e stava morendo, ma quando mi vide mi disse quasi la stessa frase: stanno arrivando, stanno arrivando per tutti noi,  io non so cosa voglia dire, ma se ho ricordato questa cosa soltanto ora è perché qualcuno voleva che la ricordassi.-
Stiles rimase per un po’ in silenzio ripensando a ciò che aveva appena sentito.
-Magari questo qualcuno voleva aiutarti, metterti in guardia. Ma certamente la scritta sul muro è una minaccia, non solo per te, ma per tutto il branco, credo, per Scott.-
-Perché non l’hai ancora chiamato?- chiese Lydia inclinando leggermente la testa verso Stiles.
Il ragazzo non disse niente, perché effettivamente non aveva alcuna giustificazione, escludendo l’enorme barriera creatasi tra i due negli ultimi mesi.
-Stiles…-
A Stiles veniva da piangere, ma sapeva che farlo sarebbe stato scorretto, per cui lasciò che tutte quelle lacrime diventassero veleno e che esso si mischiasse al suo sangue.
-Glielo dirò domani mattina, ora come ora non ha bisogno anche di questa preoccupazione.-
Lydia non protestò, il fatto che la polizia se ne stesse già occupando la faceva sentire molto meglio.  Lo sceriffo Stilinski aveva deciso di risparmiare la pena di un interrogatorio notturno alla migliore amica di suo figlio.
-Dovrei andare a casa.- sussurrò Lydia, sperando segretamente che Stiles non la sentisse.
-Posso accompagnarti, ma se preferisci puoi dormire qui per stanotte, io starò sul divano, non c’è problema.-
Lydia sorrise timidamente al ragazzo.
-Sicuro?-
-Ma certo.-
Dopo pochi minuti Stiles tornò dal piano di sotto con un cuscino, una maglietta e una bottiglia d’acqua.
-Non sono mai stato un grande fan dei pigiama party, per cui perdona la mia inesperienza. Buonanotte, Lydia.- disse Stiles alla ragazza mostrandole un mezzo sorriso.
Il ragazzo fece per lasciare la stanza.
-Resta con me.- disse piano Lydia.
Stiles si voltò lentamente e si avvicinò alla ragazza. Si stese sul letto accanto a Lydia, lei gli afferrò una mano e la strinse con forza finché il sonno non la annegò nelle sue acque fredde e profonde.
Lui faticò a dormire sebbene il respiro caldo e regolare della ragazza contro il suo collo rallentasse di gran lunga la sua ansia.
 
Il mattino seguente i due si svegliarono entrambi a causa del suono della sveglia di Stiles, puntata alle sette e mezzo. Per la prima volta dopo mesi nessun incubo aveva infestato i sogni di Stiles.
Entrambi cercarono di comportarsi come se non fosse successo nulla la sera precedente, cercando inevitabilmente di riparare l’irreparabile.
Stiles chiamò Scott e tentò di far durare la telefonata il meno possibile, poi accompagnò Lydia a scuola, dove fu costretto ad incontrare lo sguardo di quello che oramai faticava a chiamare il suo migliore amico.
 
I giorni passavano silenziosi, avvolti nella loro ombra di tragicità. Nessuno sembrava più pensare a ciò che era accaduto a Lydia, nessuno tranne Stiles.
Il ragazzo faticava a respirare al solo pensiero e l'indifferenza da parte di Scott non faceva che incrementare il rancore nei suoi confronti.
Il loro branco stava letteralmente cadendo a pezzi eppure nessuno aveva il coraggio di dire niente.
A Lydia restavano due giorni e non ne aveva idea.
 
-Stiles.- la voce di Malia fermò la corsa di Stiles contro lo strapiombo.
-Stai bene?- chiese il ragazzo più per abitudine che per altro.
-No.- rispose Malia secca, un tempo Stiles riteneva questo lato del suo carattere un pregio, ma ora come ora lo trovava totalmente inopportuno.
Lo afferrò per un braccio e lo trascinò in un luogo appartato, al di fuori della calca del corridoio.
-Non ce la faccio Stiles, è troppo.-
Stiles non disse nulla, si limitò ad osservare Malia e in lei vide una fotografia sbiadita di quello che oramai era un ricordo confuso.
-Dobbiamo parlare, o forse no. Non lo so se provi quello che provo io, ma credo che niente abbia più senso. Capisci cosa intendo?-
Stiles annuì senza guardarla, sentiva i cocci affilati ferirlo a morte.
-Stiles, ti prego dì qualcosa, anzi no. Fai come vuoi, ma non odiarmi per questo, sento solo che non c'è più alcuna ragione.-
-Hai ragione, per me va bene. Scusami devo-
Stiles si sforzò con tutto se stesso per non correre, quando arrivò alla porta del bagno faticava a riconoscerne i contorni.
Si lasciò scivolare lungo la parete, non riuscì a trattenere le lacrime, queste scesero incontrollate e Stiles per una volta le lasciò fare.
Ormai non faceva che rifugiarsi tra quelle quattro mura, erano in grado di fungere come scudo per il mondo, ma ognuna delle voci nella sua testa echeggiava ad un volume doppio o triplo.
Si rese conto di non riuscire a respirare solo dopo qualche secondo, le lacrime gli impedivano di vedere e i suoi disperati tentativi di riprendere fiato erano del tutto vani. Nemmeno le unghie conficcate nei palmi riuscivano ad aiutarlo.
Frugò nelle tasche dei pantaloni e con mani tremanti afferrò le sue chiavi di casa, con una di esse si graffiò l’avambraccio il più forte possibile, più spingeva contro la sua pelle pallida più il suo respiro si regolarizzava e i singhiozzi diventavano semplici lacrime.
Il dolore acuto gli faceva da anestetico, sapeva non ci fosse nulla di normale in tutto quello che gli stava accadendo, ma non riusciva a pensare anche a quello.
Le voci nella sua testa si erano calmate e sentiva che il sangue gli aveva riempito il braccio e la maglietta; ma Stiles non se ne curò più di tanto, chiuse la zip della sua felpa.
Andò verso il lavandino, si lavò via il sangue dalla pelle e riconobbe a stento la figura riflessa nello specchio.
Aveva il volto e gli occhi arrossati a causa delle lacrime, due cerchi violacei gli facevano da contorno agli occhi stanchi, aveva bisogno di dormire ma non voleva farlo, dormire era diventato una delle sue più grandi paure.
Distolse lo sguardo in fretta, si fece calare le maniche e respirò a fondo prima di girare la maniglia, aprire quella porta voleva dire lasciare che il mondo tornasse a fargli dal male.
 
Anche Lydia aveva smesso di pensare alla minaccia ricevuta, si era convinta che la sua preoccupazione per se stessa fosse un segno di irrimediabile egoismo e per questo aveva tentato con tutta se stessa di dimenticarsene.
Eppure Lydia vedeva il corpo morto di Elizabeth Fernandez in ogni angolo, la guardava con occhi vuoti e le gridava che era tutta colpa sua.
Lydia era seduta nella biblioteca della scuola, aveva un libro aperto ma non riusciva proprio a concentrarsi, sentiva delle urla, che era certa esistessero solo nella sua mente, nessuno sembrava udirle.
Provava un strana sensazione, come un specie di dolore al petto. Sapeva cosa voleva dire e un paura cieca le attanagliò lo stomaco. Qualcosa di terribile stava per accadere.
Il libro che aveva davanti era aperto ad una pagina che lei non aveva letto, un frase era stata sottolineata con una riga rossa che sembrava fatta col sangue, diceva: non puoi salvare nessuno.
Lydia voltò la pagina in fretta, le parole erano incomprensibili dato che l’impronta insanguinata di una mano vi era sopra.
La ragazza chiuse il libro e se lo infilò nella borsa senza guardarlo una seconda volta.
Camminò velocemente lungo il corridoio della scuola, senza realmente volerlo si rivolse a Stiles.
Lo trovò davanti ad un distributore di merendine, si fermò un secondo ad osservarlo. Per un attimo rivide il ragazzino pallido e con la lingua troppo lunga che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di starle accanto, quando la vita non l’aveva ancora ferito a tal punto, quando i suoi demoni erano ancora nascosti dentro l’armadio e tutto quello che stava capitando loro, non sembrava altro che un grandiosa nuova avventura.
Lydia avrebbe dato la vita pur di tornare indietro nel tempo, per rifare tutto da capo.
Quando Stiles si voltò verso di lei, Lydia riconobbe le macerie di quello che un tempo era stato.
Il ragazzo le sorrise, ma quel sorriso fu interrotto alla visione dell’espressione dell’amica.
Lydia gli afferrò la mano e cominciò a camminare verso l’uscita.
-Lydia, cosa sta succedendo?-
La ragazza non rispose, un’improvvisa sensazione di urgenza l’aveva investita. Le urla si erano intensificate.
-Lydia, puoi spiegarmi che-
-Lydia!-
Solo in quel momento Lydia si fermò e si voltò di scatto verso Stiles.
-È importante, ti prego ho bisogno del tuo aiuto.- con questo proseguì a camminare.
Stiles non protestò e si limitò a seguire la ragazza.
Lydia lasciò la mano di Stiles solo quando arrivarono davanti alla sua macchina, lei si sedette al posto del guidatore e il ragazzo le sedette accanto.
-Puoi spiegarmi ora?- chiese Stiles cercando di non sembrare sgarbato.
Lydia prima di partire frugò nella sua borsa e posò il libro sulle gambe di Stiles.
-Pagina 228, ero in biblioteca e il libro si è aperto a quella pagina. Continuo a sentire delle voci che gridano, non credo che questo sia un buon segno, Stiles.-
Stiles osservò la pagina e quando la voltò sentì la pelle d’oca invadergli il corpo.
-Lydia devi andare a casa.-
-Aspetta, Lydia dove stiamo andando?-
Lydia non lo sapeva, ma una parte di lei conosceva la strada a memoria.
-Devi andare a casa e non muoverti da lì.-
-Per cosa? Aspettare che chiunque mi stia cercando venga a bussarmi alla porta?- Lydia aveva afferrato il volante con così tanta forza che le sue nocche erano diventate bianche.
-Dobbiamo andare al Nemeton, qualcosa sta succedendo lì.- proseguì la ragazza.
-Lydia, ti stanno attirando lì, proprio come la prima volta. Solo che magari questa non è una minaccia, ma qualcosa di più. Non possiamo dare loro quello che vogliono!-
-Stiles, per quanto io possa provare a fuggire, loro mi troveranno. Per cui tanto vale andare là e scoprire che sta succedendo. Non sei obbligato a venire.-
Stiles sospirò scuotendo la testa.
-Non ti lascio andare da sola.-
Lydia si voltò verso di lui e gli sorrise.
Stiles le accarezzò la mano che aveva appoggiata al cambio.
-Andrà tutto bene.- sussurrò la ragazza sorridendogli.
Dopo qualche minuto Lydia accostò e proseguirono a piedi, cominciava a calare il sole e questo poteva essere soltanto un male.
-Credo dovremmo tornare indietro, Lydia, ho una brutta sensazione.-
-Sono io la banshee, non tu.- la ragazza gli mostrò un sorrisetto e continuò a camminare a passo spedito.
-Sai almeno dove stiamo andando?- chiese Stiles, parlare lo faceva sentire meglio.
-Ovviamente.-
Camminarono per almeno un quarto d’ora, fino a che Lydia non si fermò di colpo, e Stiles per poco non le finì addosso.
-Ci siamo.-
La ragazza fece qualche passo per poi fermarsi nuovamente.
-Chiama Scott.-
-Cosa?-
-Devi chiamare Scott, digli di venire con Malia, Theo e Liam.-
Stiles non riusciva a capire.
-Stiles, avremo bisogno di tutto l’aiuto possibile.-
Stiles avanzò per arrivare accanto a Lydia.
-Qualcosa di terrificante sta succedendo al Nemeton, le urla, le urla sono sempre più forti.-
Lydia afferrò la mano di Stiles e lo guardò negli occhi così a lungo da dimenticare la ragione per cui lo stesse facendo.
Lo osservò incapace di dire qualunque cosa, sentiva soltanto il panico crescerle dentro, l’unica cosa che riuscì a fare fu baciarlo. Lo baciò come non aveva mai fatto prima, sentì le sue labbra contro quelle del ragazzo, avrebbe voluto che quel bacio durasse per sempre, che le mani di lui non smettessero mai di accarezzarle i capelli e che i loro corpi restassero vicini per sempre, perché era così che le cose dovevano andare.
Stiles trattenne il respiro per tutto il tempo, non si sarebbe mai abituato ai baci di Lydia, così rari e speciali. La amava con tutto se stesso, amava i suoi occhi che lo fissavano e riuscivano a vedergli dentro, amava il suo sorriso dolce, amava il suo sguardo sveglio, amava le sue dita che sfioravano i contorni del suo volto.
Non avrebbe mai amato nessuno nel modo in cui amava Lydia Martin, lei era stata la prima e probabilmente sarebbe stata anche l’ultima, chiunque sarebbe venuto dopo non sarebbe stato che la sua copia priva di valore; perché quando Stiles guardava Lydia, in lei vedeva il riflesso di se stesso e allo stesso tempo vedeva il mondo.
 
Scott, Theo e Malia arrivarono dopo appena dieci minuti, Stiles e Lydia li aspettavano all’inizio della foresta.
-Che sta succedendo?- chiese Scott rivolto a Lydia.
-Scott, quando hai visto tua madre l’ultima volta?- domandò di rimando la ragazza.
-Ieri pomeriggio, aveva il turno di notte e io sono uscito prima che lei tornasse. Ma questo che c’entra?-
-Credo che non sia mai tornata a casa. Scott, penso si trovi al Nemeton.-
Lydia cominciò a camminare verso il Nemeton e tutti si limitarono a seguirla.
A pochi metri dal Nemeton una distesa di cadaveri indicò loro la strada, le urla nella testa di Lydia erano così forti da riuscire a malapena a sentire i rumori attorno a lei. Era certa che anche gli altri le sentissero, seppur non così forte.
-Ma che sta succedendo…- sussurrò Malia, l’ansia nella sua voce era palpabile.
Le urla provenivano dal sottosuolo, era stato aperto un buco.
Scott ci entrò senza nemmeno consultarsi con gli altri.
Tutti lo seguirono, Theo fu l’ultimo a scendere.
Due persone erano legate a dei tronchi, tra cui Melissa, e un’altra decina di cadaveri era ammucchiata a terra.
-Scott va via!- urlò la donna a piani polmoni.
Due dei dottori si erano parati davanti al gruppo di ragazzi, uno aveva una siringa puntata alla gola dell’uomo accanto a Melissa.
-Che state facendo?- disse piano Scott, più a se stesso che a chiunque altro.
-Sacrifici- rispose il dottore più lontano, che in quel momento premette quel liquido nel collo dell’uomo, facendogli perdere i sensi, dopo pochi secondi il mercurio cominciò a uscirgli dal naso e dalla bocca.
Lydia lo riconobbe era un ragazzo che frequentava il suo stesso corso d'inglese.
-Perché?- gridò Malia da dietro le spalle di Lydia.
-Mantenere l’equilibrio-
Scott si scagliò contro uno dei dottori e Malia si unì immediatamente, Theo li seguì dopo qualche secondo.
Stiles e Lydia nel frattempo si precipitarono a cercare di liberare Melissa.
Lydia tirò fuori dalla sua borsa un paio di forbici per tagliare le corde.
I rumori della battaglia alle spalle dei due fece rabbrividire Lydia.
Riuscirono a liberare Melissa e a farla nascondere dietro ad un tronco, ma poi uno dei dottori prese Stiles.
-NO!- gridò Lydia scagliandosi contro di lui, ma fu buttata a terra da un semplice calcio.
Solo in quel momento Lydia vide con maggiore chiarezza la scena: Theo era sparito, Scott era ferito e Malia stava facendo il possibile.
Stiles riuscì a liberarsi dalla presa del dottore grazie ad una siringa, che gli piantò nel cuore.
Il dottore lasciò la presa, e Malia lo prese alle spalle facendolo cadere.
Approfittarono di quel vantaggio per fuggire, Lydia portò Melissa fuori.
-Dobbiamo andare via.- disse Malia.
Ci volle meno di un istante, Lydia sentì come un pizzico e poi un dolore atroce le invase tutto il corpo, sentì le ginocchia cedere e si accasciò a terra.
-Equilibrio-
A Stiles ci volle qualche secondo per rendersi conto di cosa stesse accadendo, ma appena capì cadde sulle ginocchia e mise la testa di Lydia sulle sue gambe.
-Lydia! Lydia! Lydia… Lydia ti prego…-
Lydia non riuscì a dire niente, ma fu grata di vedere il viso di Stiles per tutto il tempo, di sentire le sue dita che le accarezzavano il viso e la sua mano che stringeva la sua.
Il mercurio cominciò a uscirle dal naso e dalla bocca, non era così che sarebbe voluta morire, non quel giorno, non in quel modo, le lacrime cominciarono a bagnarle le guance, un po’ per il dolore e un po’ perché tutto le pareva così ingiusto in quel momento.
-No Lydia… Ti prego Lydia.-
Il volto di Stiles cominciò a diventare un’immagine sfocata ai suoi occhi. Improvvisamente tutto quello a cui riuscì a pensare fu che non voleva morie, voleva vivere e ogni volta in cui aveva desiderato che tutto finisse si era sbagliata, lei voleva fare tante cose e no, non era pronta.
Ma il buio non la stette ad ascoltare e la porto con sé nel suo profondo abisso; riuscì a sentire Stiles che bisbigliava: ti amo, e mentre Lydia nella sua mente gridava che non era giusto, osservò inerme la morte che la strappava dalle braccia dell’amore della sua vita.
 
Stiles rimase accanto a Lydia tutto il tempo, le tenne la mano quando arrivò la polizia, quando la caricarono sull’ambulanza, sebbene non ci fosse più niente da fare, le tenne la mano anche se sapeva che della ragazza che aveva tanto amato non c’era più niente.
 Quando lui si decise a lasciarla andare la luce stava già sorgendo. Fuori dalla porta dell’obitorio lo aspettava suo padre che lo strinse a sé così forte e così a lungo che Stiles penso che tra quelle braccia avesse pianto tutte le sue lacrime.
-Andiamo a casa.- sussurrò l’uomo.
Stiles sapeva che dopo quella notte di lui non era rimasto più niente, ma continuò comunque a camminare lungo il corridoio dell’ospedale, sentendo di star morendo dissanguato sebbene non avesse alcuna ferita.
Davanti alla porta di casa sua lo aspettava Scott, il volto pieno di tagli non ancora del tutto rimarginati.
Non lasciò il tempo a Stiles di dire nulla che lo abbracciò, lo fece come non accadeva da tempo.
-Mi dispiace tanto, per tutto. Se hai bisogno di qualcuno, ricordati che io sarò sempre qui per te. Spero solo tu possa perdonarmi.- detto questo se ne andò e Stiles lo osservò sparire sotto la pioggia.
Quando Stiles si chiuse nel silenzio della sua camera, abbassò le veneziane e si sedette sul letto ad osservare il buio, non avrebbe mai più trovato il coraggio di uscire di lì.
Sentiva un dolore che non aveva mai provato, tanto forte e atroce, era così che ci si sentiva quando si perdeva l’unica ragione che si avesse mai avuto? Perché Lydia era questo per lui, lei era la sua casa e ora non aveva più niente, solo la polvere e il sangue.
Lasciò che le coperte lo riparassero dal mondo, ma non da se stesso.
Pianse a lungo nel freddo della sua lenta autodistruzione. Il panico lo venne a trovare spesso e il dolore lo aiutò, ma non fermò quello che stava accadendo dentro di lui. Il sangue non sarebbe mai stato un valido sostituto per Lydia.
Se mai Stiles fosse sopravvissuto a tutto quel dolore, sarebbe stata la cosa più difficile di tutta la sua vita.
 
 
Hola!
Allora, dato che a quanto pare almeno le OS riesco a finirle, eccone un'altra.
Questa OS è ambientata nella quinta stagione, ma tutto accade prima dell'ultima puntata della 5b. So che c'è un bel po' di angst ma non odiatemi. 
Spero vi piaccia.
Un bacio, Ali
  
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