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Autore: Ignis    30/08/2015    1 recensioni
Eli De Vile è un vampiro, così come lo sono tutti i membri della sua famiglia. Ha diciassette anni e le sue preoccupazioni sono piuttosto poche; non è il tipo da cacciarsi nei guai, è diligente alla Scuola Notturna ed evita di fare incontri indesiderati.
Bianca Petresi, invece, è l'umana che, piombando all'improvviso in casa De Vile, gli sconvolgerà la vita in modi che Eli non può nemmeno immaginare.
Tratto dalla storia:
«Secondo me credono che tu sia il ragazzo di Bianca».
Il vampiro rise di gusto. «Sì, certo! Che razza di rubacuori dovrebbe essere Bianca per trovarsi un ragazzo in un paesino sconosciuto nel giro di una manciata di giorni?»
Luca si mise seduto sulle zampe posteriori, continuando a guardarlo fisso. «Perché, tu sei così sicuro di poterti mettere con una ragazza nel giro di pochi giorni? Una come Bianca, con cui vai così poco d'accordo e perfino in lutto per i suoi genitori?»
«Io sono bello. Piaccio facilmente».
Genere: Sentimentale, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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01. L'intrusa in casa De Vile

Eli, quella sera di novembre in cui tutto cambiò, ebbe un brusco risveglio. Katrina sollevò il coperchio della sua bara e cominciò a riempire suo fratello minore di pizzicotti, come si era abituata a fare da quando erano piccoli per mettergli fretta.
«Sveglia, impiastro! Vatti a preparare!» ordinò in tono autoritario.
Come previsto, il ragazzo non la prese bene. La sua bocca si distese in una smorfia contrariata mentre socchiudeva gli occhi gialli e li puntava con sguardo assassino in quelli azzurri della sorella maggiore. Dall’interno della bara, buia com’era, le sue iridi sembravano brillare ancora di più del normale, come due piccole lampadine.
Uno dei consigli più preziosi da seguire quando si ha a che fare con i vampiri è proprio questo: evitare di svegliarli. Per tutti loro il sonno è una delle due uniche fonti di energia che hanno e quindi deve proseguire indisturbato, preferibilmente all’interno di una bara comoda e ben chiusa. Disturbare il sonno di un vampiro equivale a un altissimo rischio di essere assaliti e morsi, dal momento che per loro l’unica alternativa al sonno è l’assunzione di sangue. Se siete umani, quindi, assicuratevi di girare al largo dai vampiri che dormono.
Per il povero Eli non fu questo il caso, dato che Katrina era un vampiro proprio come lui. Vedere il viso della maggiore appena sveglio non fu un così gran piacere. Gli dava fastidio quel trucco scuro che le cerchiava gli occhi di nero (facendoli sembrare ancora più grandi) e le evidenziava di viola le labbra; anche i piercing all’altezza delle fossette, sul labbro inferiore e alla narice sinistra secondo lui non erano un bel vedere. Notò che quella sera la vampira aveva deciso di impastarsi le ciglia in modo strano: adesso al posto delle raffinate ciglia nere e ricurve che aveva ereditato dalla mamma c’era una specie di fila di spuntoni neri modellati dal mascara. Anche tra i suoi capelli lisci e neri, identici a quelli di Eli, brillava qualche accessorio metallico in più.
Con fare pigro, Eli allungò un braccio verso il bordo del coperchio con l’intenzione di richiudersi dentro. «Falla finita, è ancora presto!» biascicò, il labbro superiore leggermente arricciato per il fastidio.
«Mamma e papà ci vogliono in salotto». Katrina gli schiaffeggiò la mano che aveva sollevato. «Io devo andare a lavorare, perciò vedi di darti una mossa». Detto questo, la ragazza diede le spalle a suo fratello minore ed uscì dalla sua stanza con ampie falcate, lasciando la porta aperta.
Eli si mise seduto nella bara e si passò lentamente le mani sul viso. Probabilmente mancavano ancora una quarantina di minuti all’ora di alzarsi, ma bastavano quei minuti in meno per farlo sentire esausto. Si passò la lingua sulle labbra sottili, battendo più volte le palpebre per fare mente locale e cominciare a lavarsi e vestirsi.
Triste ma vero, ormai era abituato a quei comportamenti da parte di Katrina. Non era facile essere un vampiro ed essere uno dei due unici maschi in una famiglia di sette persone: spesso e volentieri sentiva che la presenza femminile di sua madre, di sua nonna e delle sue tre sorelle riusciva a insinuarsi fin dentro camera sua, passando da sotto la porta, finché non restava più neanche un angolino dove lui potesse starsene in santa pace.
Quando ebbe finito di prepararsi, Eli si diede un’occhiata rapida per vedere come gli stavano i jeans. Sarebbe stato comodo poter fare come quelli delle altre specie, che avevano l’abilità prodigiosa di potersi vedere riflessi negli specchi, ma lui doveva arrangiarsi come poteva; non poteva nemmeno sistemarsi i capelli lunghi e neri come preferiva. Una volta constatato che la combinazione pantaloni-camicia-scarpe era a posto, uscì dalla propria stanza.

Così come tutte le altre cose in quella casa, il salotto era un ambiente enorme. Su tutte le pareti erano appesi tantissimi quadri di diverso tipo, in un angolo c’era un busto di marmo a grandezza naturale e una delle pareti recava due finestre enormi che davano sul giardino. Per terra c’erano stesi morbidissimi tappeti di fattura nordafricana carichi di arabeschi. C’erano, infine, due diversi circoli di divani e poltrone: uno sul lato sinistro, dove c’era la televisione; l’altro accanto al camino.
Dopo aver fatto colazione, fu lì che Eli si diresse. La sua famiglia si era accomodata vicino al camino, segno che dovevano parlare di qualcosa di importante. Angela e Katrina sembravano piuttosto impazienti, Heidi invece era persa nel suo mondo come al solito. I coniugi De Vile puntarono da subito gli sguardi penetranti sul loro unico figlio maschio.
Eli si sedette sul divano accanto alla sorella maggiore Angela, all'estremità. Sollevò lo sguardo verso i genitori e fu solo a quel punto che notò qualcosa di strano.
«Dov'è la nonna?» chiese.
«Già, dov'è?» si aggiunse Katrina, fulminando con lo sguardo i genitori. «Sentite, io devo andare a lavorare. Non posso restare tutta la sera appresso a voi...»
«Calma! Sybil ci raggiungerà tra poco» disse in fretta Sonja De Vile. «Sta portando qui un'ospite».
La notizia spinse i quattro giovani vampiri a guardarsi. Eli constatò che né Angela né Katrina dovevano aver invitato nessuno, a giudicare dalle loro espressioni; con Heidi il problema non si poneva affatto, dato che non era solita invitare amici a casa.
«Che ospite?» chiese Angela, confusa. «Non ci avete detto niente nei giorni scorsi... perché così all'improvviso?»
«Non è un'ospite qualsiasi» disse il signor De Vile. «E' una ragazza che d'ora in poi vivrà in questa casa insieme a noi. Voglio che la accogliate non appena sarà arrivata e che la trattiate come una di famiglia».
Eli restò sbalordito. «Che cosa?! E perché dovremmo ospitarla proprio noi? Come se non ci fossero abbastanza femmine qui dentro, poi!» protestò infastidito.
«Infatti, che rottura! Solo perché abbiamo tanto spazio non significa che siamo tenuti a prendere in casa gente a caso!» protestò Katrina. «E' qualcuno che conosciamo, almeno? Che cos'è, una vampira?»
A dispetto delle proteste, però, Eli sapeva bene che Abel Orlando De Vile era un vampiro troppo riservato e conservatore per poter accogliere in casa una persona qualsiasi: se aveva deciso di farlo doveva esserci una spiegazione più che valida.
Il vampiro ignorò le loro proteste. «Mia madre anni fa ha conosciuto un certo Armando Petresi. Sono diventati buoni amici e hanno cominciato a farsi spesso favori a vicenda, in caso di necessità».
«E tutto questo che c'entra con l'ospite?» incalzò Eli, insofferente.
«Eli! Non rivolgerti così a tuo padre!» lo ammonì la signora De Vile severa. «Non ha ancora finito. Vai avanti, Abel».
Lui rivolse un mezzo sorriso alla moglie prima di continuare. «La nostra ospite è Bianca Petresi, la nipote di Armando. Due giorni fa i suoi genitori sono morti in un incidente nella loro stessa casa, mentre lei era a una festa con dei suoi compagni di scuola. Non ha parenti in vita che possano occuparsi di lei».
Per qualche secondo ci fu un silenzio attonito.
«Che sfiga» commentò Katrina, appoggiandosi allo schienale del divano.
«No, un momento, un momento! Non è possibile che non abbia parenti. Non c'è suo nonno? Un qualche zio che possa prendersene cura?» chiese Angela, sporgendosi verso i genitori. «Se è una fattucchiera avrà sicuramente qualcuno!»
«E' un'umana» la corresse la madre.
Angela si coprì la bocca a due mani, sbalordita. La notizia sortì lo stesso effetto su Eli, che tuttavia non rimase in silenzio come la sorella maggiore.
«Un'umana?! Volete dire che da oggi in poi un'umana verrà a stare in una casa piena di vampiri?!» esclamò esasperato. «A questo punto perché non consumarle tutto il sangue per pranzo, allora?»
Heidi ridacchiò deliziata per quella proposta. «Che bello! Mamma, possiamo?»
«Non se ne parla nemmeno!» esclamò subito Sonja. «Bianca non va sfiorata, chiaro?»
Eli si alzò in piedi, sporgendosi oltre il tavolino con fare minaccioso. «Se non vuoi che la sfioriamo, non farla venire qui! Non ha senso che un'umana si metta a vivere in casa nostra!»
«Eli ha ragione! Gli umani hanno esigenze troppo diverse da noi vampiri e sono complicati da mantenere!» concordò Angela.
«Io non ho tutto questo tempo per le mani da passare a prendermi cura di una ragazzetta!» si aggiunse Katrina.
La discussione si stava facendo davvero animata. Eli non era esattamente d'accordo con le sue sorelle: la presenza di un'umana secondo lui non era davvero un impegno o una seccatura. Più semplicemente, trovava assurda l'idea di accogliere in casa una perfetta sconosciuta, e tutto per dei "favori" che Sybil De Vile aveva promesso di fare a un Armando a caso. In famiglia sapevano tutti troppo bene che Sybil, spesso, si lasciava conquistare più facilmente da un nome proprio che suonava bene che da una bella persona. Eli era davvero contrario a condividere i propri spazi solo perché la nonna aveva preso l'ennesima decisione impulsiva.
Per di più quella Bianca era un'umana. Nel caso a uno di loro fosse venuta sete, era probabile che facesse una brutta fine. Disturbarsi tanto a darle un posto dove stare sarebbe stato inutile, se fosse andata a finire in quel modo. Secondo lui, insomma, Bianca era un'intrusa - anzi, un parassita di cui sbarazzarsi.
«Adesso basta!» sbraitò il signor De Vile in tono imperioso.
Tutti quanti si zittirono. Eli si mise a braccia conserte e tornò a sedersi, contrariato. Quando Abel Orlando De Vile faceva così, nessuno era mai capace di contestarlo: la sua parola diventava legge.
«Bianca verrà a vivere qui. Voglio che con lei siate gentili e disponibili. Ha perso la sua famiglia da pochissimo tempo e la solitudine non le farà bene, quindi cercate di fare amicizia con lei. Sa già qualcosa sui vampiri e sulle creature notturne, ma non conosce ogni cosa, perciò se vi fa delle domande siate pazienti e rispondete chiaramente».
Eli abbassò lo sguardo sul tavolino. «Io non ho intenzione di avere niente a che fare con lei. L'avete voluta voi qui, perciò pensateci voi».
«No, Eli, tu e Heidi avrete a che fare con lei più di tutti gli altri, perché frequenterà la Scuola Notturna insieme a voi».
Gli occhi gialli di Eli si fecero quasi incandescenti a quella notizia, tanto il ragazzo era arrabbiato. «Ma perché?! Papà!» protestò. «Io non voglio farlo, non puoi costringermi!»
«Così ho deciso, Eli! Smetti subito di fare il bambino viziato. Vedi anche di non comportarti in maniera così imbarazzante davanti alla nostra ospite».
Punto sul vivo, il vampiro dovette capitolare una seconda volta. Sentiva la lingua ancora piacevolmente umida per la colazione appena consumata, ma aveva una gran voglia di mordere qualcosa per sfogarsi. Dovette accontentarsi di stringere i pugni più forte che poté, perché gli occhi ambrati di suo padre lo stavano trafiggendo come brucianti raggi solari.
«Bene». L'uomo sospirò. «Questa è la decisione che ha preso vostra nonna. Rispettatela come ho deciso di fare anche io. Bianca sarà minorenne ancora per poco tempo, ma abbiamo comunque deciso di darle il sostegno necessario perché finisca i suoi studi e si renda autonoma».
Suonava come un capriccio - uno di proporzioni molto grandi, ma sempre un capriccio. Sicuramente a convincere la nonna era stato il nome della ragazza, Bianca: Sybil De Vile aveva un debole per le persone con i nomi di colori, perché pensava che conferissero a chi li portava un'aria molto raffinata. Eli quasi riusciva a immaginarsi la scena: l'umana che trovava i suoi genitori morti, la polizia e l'ambulanza, i servizi sociali... e tra loro Sybil, un'affascinante donna dall'aspetto molto giovanile che la ipnotizzava con i propri occhi viola e le prometteva di prendersi cura di lei. Un po' come raccogliere un cucciolo abbandonato al lato della strada.
«Arriveranno tra poco?» domandò Katrina. Anche lei sembrava improvvisamente priva di spirito combattivo.
«Tra pochissimo. Preparatevi vicino all'ingresso: andiamo ad accoglierle» disse la signora De Vile.
Ubbidendo alla madre, i quattro rampolli di casa si alzarono dal divano e si diressero verso l'uscita del salotto, diretti all'ingresso di casa. Angela aveva cominciato a torcersi distrattamente le dita, segno che era piuttosto nervosa, mentre Heidi aveva raggiunto la madre per prenderla per mano.
Eli teneva lo sguardo basso, lasciando che i folti capelli neri gli coprissero la maggior parte del viso, oltre agli occhi gialli che ancora portavano una luce irritata. Quella sarebbe stata una nottata orrenda, se lo sentiva.

Si posero ai due lati dell'ingresso, alla fine: i coniugi De Vile a sinistra con Heidi, i tre figli maggiori a destra. Eli era il più vicino alla porta e provò l'impulso di uscire subito da lì e andarsene a scuola. Non aveva voglia di incontrare quella tipa: ora che sapeva che avrebbe dovuto sopportare la sua presenza anche a scuola, non aveva proprio bisogno di passare altro tempo in sua compagnia.
Da una parte era triste che lei avesse perso la sua famiglia... ma secondo Eli questo non le dava alcun diritto di piombare nelle famiglie altrui a rompere le scatole - specialmente a lui.
«Che barba...» borbottava sua sorella Katrina accanto a lui. Sfiorava ripetutamente il piercing del labbro inferiore con gli incisivi e intanto sbirciava l'orologio del suo cellulare. Probabilmente stava facendo tardi per il suo lavoro.
Angela, dal canto suo, era molto più tranquilla del previsto. Giocherellava con i suoi riccioli castani come al solito, facendo vagare gli occhi ambra sul proprio abbigliamento o sulle proprie unghie. Era come se per lei quello non valesse più né meno di un qualsiasi appuntamento serale.
«Mi raccomando, non siate bruschi con lei. Presentatevi educatamente e non mostrate le zanne» si raccomandò la signora De Vile.
«A questo punto perché non piazziamo delle transenne? Tanto per sicurezza» suggerì Katrina in tono ironico. Eli e Angela ridacchiarono.
«Molto spiritosa, Katrina. Dico sul serio, ragazze... e anche tu, Eli: nessuno ama stare in compagnia del suo predatore naturale, ma dobbiamo essere in grado di convivere pacificamente» sentenziò il signor De Vile. «Eccole».
Proprio in quel momento la serratura del portone d'ingresso scattò, rivelando il porticato fuori e... due figure.
La prima, inconfondibile, era quella di nonna Sybil. I suoi capelli biondi acconciati in eleganti boccoli erano impeccabili come al solito e per quella sera aveva deciso di sorprenderli tutti con un abbigliamento sobrio - pantaloni e camicia - invece di uno dei suoi abiti eleganti. I suoi occhi viola erano di un generale appena tornato da una battaglia vittoriosa: tradivano la stanchezza di chi ha visto o sentito qualcosa che non avrebbe voluto, ma era comunque di buonumore.
«Buonasera, giovincelli» esordì con il suo solito tono forte e prepotente. «Vi presento la nuova fanciulla di casa!»
Si sporsero tutti verso la porta, impazienti di vedere la ragazza. Quest'ultima si fece avanti da dietro la donna solo dopo un lungo attimo di esitazione.
La famigerata Bianca Petresi, constatò Eli, non era niente di eccezionale. Era più alta rispetto alla media – forse un paio di centimetri meno di lui, misurò a occhio – con una corporatura decisamente poco armoniosa nei suoi accumuli di grasso in eccesso posti nei punti sbagliati. Se non era sovrappeso, ci andava vicino. I suoi capelli erano una massa castana che le si era annodata in cima al capo come un nido di tortore e i tratti del suo viso erano a dir poco anonimi: occhi marrone scuro, naso a patata con qualche accenno di acne, labbra troppo sottili. Se ne stava impalata lì, con le spalle curve in avanti e lo sguardo da cane bastonato che puntava verso terra.
In linea generale, ad Eli parve bruttina. Il suo giudizio poteva essere sbagliato, ovviamente: passare diciassette anni di vita in compagnia di una madre, una nonna e due sorelle maggiori dalla bellezza mozzafiato alzava gli standard di chiunque... ma fu la prima opinione sincera che ad Eli venne in mente.
Bianca parve da subito parecchio intimorita dall'ambiente. Erano nella penombra e si trovava in una casa sconosciuta circondata da vampiri, il tutto poco dopo la dipartita accidentale dei suoi genitori: non le si poteva dare torto.
Sybil appoggiò le mani sulle sue braccia – era troppo bassa per raggiungerle le spalle – in un gesto che voleva essere di conforto, ma che fece sobbalzare l'umana per lo spavento. «Non avere paura, cara. Questa è la tua nuova casa: qui non ti accadrà niente di male». Fece cenno verso i signori De Vile. «Lui è mio figlio Alec, mentre lei è la mia adorata nuora, Sonja».
Alec fece due passi avanti e porse la mano a Bianca per stringere la sua. «È un piacere fare la tua conoscenza».
Bianca trovò da qualche parte il coraggio di sollevare lo sguardo, ma non appena intercettò il viso del signor De Vile tornò a guardare accuratamente a terra e si limitò a porgergli la mano. «Piacere» disse con un filo di voce. La sua voce era roca, leggermente più alta di quello che Eli si aspettava.
Furono un po' tutti incoraggiati dall'esempio di Alec; Sonja si fece a sua volta avanti per presentarsi e stringerle la mano.
«Andiamo anche noi, o qui non la finiranno più» borbottò Katrina rivolta al fratello, per poi seguire a ruota Angela mentre si avvicinava alla nuova arrivata e le stringeva la mano.
Eli, suo malgrado, dovette capitolare. Vedendo che si stava avvicinando, la madre sorrise soddisfatta: «Ed ecco qui il nostro ometto!»
Il ragazzo la fulminò con lo sguardo, senza ottenere altro che un sorriso più largo. Poi, con un sospiro, fece per stringere la mano a Bianca.
«Benvenuta, io sono Eli» disse in tono funereo.
Forse la ragazza aveva rotto il ghiaccio o forse si sentiva meno in soggezione con qualcuno della sua età: appena lo guardò in faccia non gli staccò più gli occhi di dosso.
«P-piacere» mormorò.
Fin troppo strano per i gusti del ragazzo, che le lasciò la mano e si rivolse direttamente alla madre. «Io e Heidi stiamo facendo tardi per la scuola. Possiamo andare adesso?»
«Eli!» lo richiamò Sybil, offesa per quella maleducazione.
«Speravo che potessi mostrare tu la casa a Bianca...» mormorò Sonja incerta. Vedendo la faccia del figlio a quelle parole, però, si affrettò ad aggiungere: «...ma hai ragione tu. Andate pure, ragazzi».
Soddisfatto, Eli si diresse alla svelta al piano superiore per recuperare la propria borsa e lo zainetto della sorellina. Quando tornò nell'ingresso erano già spariti tutti: c'era solo Heidi ad aspettarlo.
Dopo averle dato lo zaino e aver chiuso il portone di casa alle loro spalle, Eli sorrise alla bambina e le carezzò piano i capelli.
«Allora, Heidi? Cosa ne pensi di Bianca?»
Heidi ci dovette pensare, gli occhioni verdi fissi sulle proprie scarpe. «Ha un odore tanto dolce, ma se mamma e papà non vogliono che la mordiamo non serve a niente».
Eli sorrise divertito. Quello che gli piaceva di più di Heidi era esattamente quello: pur essendo piena di fantasticherie, tendeva a concentrarsi sul lato pratico delle cose. Per certi versi era molto più simile a un vampiro di quanto non lo fossero tutti gli altri membri della famiglia. «Non intendevo in quel senso, ma come persona. Come ti è sembrata?»
«Tanto triste».
Che Heidi si riferisse all'umore di Bianca o al come le era sembrata come persona restò un totale mistero. Eli decise di lasciar perdere.

Le creature sovrannaturali esistevano da sempre nel mondo ed erano delle specie più disparate. A Montenebbia in particolare se ne contavano alcune: ad esempio c'erano una popolazione ben folta di fattucchieri e una certa diffusione di lupi mannari; queste erano le due specie più comuni che abitavano nei pressi del piccolo borgo in cima alla collina. Andando per numero sempre più esiguo si contavano poi un piccolo gruppo di folletti, degli spettri, una cerchia ristretta di gargoyle, due famiglie di vampiri e due maghi. Se da una parte l'integrazione con la civiltà umana era fortemente incoraggiata, dall'altra c'erano sempre quelle persone che non potevano o non volevano mescolarsi ad essa; per questo motivo era stata creata la Scuola Notturna.
La Scuola Notturna, per l'appunto, consisteva in corsi privati della scuola primaria e secondaria che si svolgevano nel cuore della notte – dal lunedì al sabato, dalle otto di sera fino all'una. Era stata creata innanzitutto per quelle creature che non avevano la possibilità di studiare nelle scuole umane, come i vampiri, i lupi mannari e i gargoyle, ma col passare del tempo l'accesso era stato concesso anche agli altri sovrannaturali per una maggiore uguaglianza tra le specie.
Eli però non aveva mai visto un'umana alla Scuola Notturna, né credeva fosse possibile ammetterne una. Non solo sarebbe stato costretto a condividere con lei gli spazi di casa, ma avrebbe anche dovuto vederla durante le lezioni... e chissà cos'altro ancora.
«Ciao!» salutò una voce. Eli alzò lo sguardo.
Si stava avvicinando a loro quello che aveva tutto l'aspetto di un grosso lupo grigio. Il suo passo era furtivo ed Eli non lo biasimava mai per questo: non era facile passare assolutamente inosservati quando si aveva un aspetto del genere.
«Buonasera Luca!» lo salutò Heidi in tono allegro.
«Buonasera a te» rispose lui in tono tranquillo, ponendosi al lato libero di Eli. «Cos'è quella faccia? È successo qualcosa a casa vostra?»
«È stato assurdo: mia nonna ha deciso di adottare una perfetta estranea!» si lamentò il giovane vampiro. «Nessuno della mia famiglia l'aveva mai vista prima. Le sono morti i genitori e mia nonna ha pensato bene di portarla da noi».
Luca inclinò l'orecchio sinistro all'indietro. Il muso dei lupi non era granché espressivo, perciò quello era il massimo che riusciva a ottenere per mostrarsi confuso. «In che senso? Vuoi dire che a lei è morta la famiglia... e per questo adesso vive con voi? Così, di punto in bianco?»
«Esatto».
Ci fu un silenzio attonito da parte di Luca. Probabilmente non sapeva cosa dire. «Assurdo» borbottò infine. «Si sa quando arriverà questa tipa?»
Eli si passò i denti sul labbro inferiore. «È già arrivata, purtroppo».
«Come sarebbe, è già arrivata? Non è normale che una persona perda la famiglia e si trasferisca da degli sconosciuti nel giro di una giornata!»
Il lupo mannaro parve assolutamente smarrito, esattamente come doveva essere sembrato Eli prima di uscire. Era successo tutto così in fretta che non sapeva neanche come metabolizzare la cosa. Lui dopotutto era un semplice diciassettenne; amava che le cose restassero al loro posto il più possibile, dal momento che aveva già le proprie grane adolescenziali a cui pensare. Invece no, non solo la nonna decideva di metterci di mezzo un'estranea: aveva anche tutta l'intenzione di scaricargli addosso il dovere di starle dietro. Nessuno gli aveva ancora detto niente del genere, ma se lo sentiva.
Davanti alla mancanza di una risposta di Eli, Luca si spinse delicatamente contro di lui mentre camminavano, in una spintarella gentile.
«Ehi, Eli. Stai tranquillo. Supereremo anche questa rottura, no? Un'umana non può certo rovinare la vita di un vampiro».
Il ragazzo gli sorrise, sperando vivamente che avesse ragione.






Ebbene, eccomi qui.
Lo so cosa state pensando: non dovrei provare a pubblicare ancora delle storie a capitoli se non sono mai stata capace di terminarne una... eppure stavolta mi sento un tantino più sicura del solito. Potrei anche riuscire a concluderla - almeno spero.
Fatemi sapere cosa ne pensate. Al momento ci sono molti punti interrogativi per la storia e l'inizio è piuttosto confuso, ma spero di essere riuscita a intrattenervi comunque. >///<
Al prossimo capitolo.
Ignis

   
 
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