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Autore: Layla    30/08/2015    0 recensioni
Jennifer Jenkins è una cheerleader qualunque.
Tom DeLonge il suo stalker personale che vuole farla diventare la sua ragazza a tutti i costi.
Jennifer non sopporta Tom.
Tom la vuole.
Tutto statico fino a quando, dopo una serie di avvenimenti, Jen si accorgerà che forse non ha poi così bisogno che Tom esca dalla sua vita.
Genere: Comico, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom DeLonge, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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16)Petalidi noi.

 

Il venticinque dicembre sembra arrivare solo un secondo dopo la cena tra me Tom, invece sono passati cinque giorni.
Cinque giorni di messaggini continui e di chiamate chiuse frettolosamente dal tipico gesto di mia madre di tagliare.
Il giorno di Natale si è presentato a casa mia per il caffè, ha dato un mazzo di fiori a mia madre, un album piuttosto raro dei Ramones a mio padre e una nuova cinghia per la chitarra a mio fratello.
In quanto al mio regalo… beh, mi ha regalato un anellino con una tartaruga che somiglia a quella della collana. Mi chiedo se sappia cosa vuol dire regalare un anello a una ragazza.
Mentre i miei sono in cucina mi siedo accanto a ui.
“Sai cosa significa regalare un anello a una ragazza?”
“Ehm, ha un significato?”
Io ridacchio.
“Significa impegnarsi in una relazione seria, se lo danno i fidanzati e, beh, le persone che si sposano.”
“Oh, sarebbe stato meglio se mi fossi fatto aiutare da zia Kate e ti avessi regalato un vestito. Non è che non ti ami o non mi voglia impegnare in una relazione, ma così è troppo impegnativo. Adesso capisco perché la commessa mi ha riempito di complimenti quando le ho detto che era per la mia ragazza.”
Io ridacchio.
“Almeno nessuno ci proverà con me vedendolo.”
Lui sorride, la questione è andata a posto.
Mi bacia e con questo sigla la sua richiesta di perdono – che gli avrei accordato comunque, perché negargli qualcosa quando fa una faccia da cucciolo è impossibile – fino a che mamma si schiarisce la voce.
Ci stacchiamo e lui rimane a giocare a tombola e a monopoli con noi fino alle undici, a quell’ora se ne va.
Ci baciamo a lungo sotto il portico, poi lui mi indica la station wagon verde bottiglia – quella di sua zia Kate – e a malincuore lo lascio andare.
Una volta che la macchina è sparita dall’orizzonte io stringo a me l’anellino, guardo i diamantini brillare alla scarsa luce e sorrido.
Con un gesto solenne me lo metto al dito e poi alzo la mano per ammirare come mi sta alla luce della lampada del portico.
Sta benissimo sulla mia mano, è assolutamente perfetto!
Rientro in casa con un sorrisone e nessuno ha bisogno di domandarmi perché sorrido, me lo si legge in faccia.
Tom mi rende felice.
Il suo anello mi rende felice.
E mi rende felice persino il suo modo un po’imbranato di  fare le cose.
È assolutamente adorabile!
“Sei felice, Jen?”
Mi chiede mia madre.
“Sì, mi ha regalato un anello.”
"Probabilmente non sapeva cosa significasse."
“Non fa niente. Lo sapevo che era per errore.”
Lei ride.
“Vado a letto. Buonanotte e grazie, microbo!”
Urlo a mio fratello che mi sorride e mi fa un gestaccio che scandalizza profondamente nostra madre, ma non me.
Salgo in camera mia, mi tolgo i vestiti, mi butto sotto la doccia e poi a letto.
Mi addormento subito.
Questo è stato uno dei Natali migliori della mia  vita!

 

A capodanno è Tom a organizzare le cose, mi chiede solo di mettere un vestito un po’ punk. Io compro una camicia fatta a chimono nera con dei fiori rossi e bianchi, un obi rosso stretto da una striscia e da cordicella nera e una gonna nera il cui orlo termina con lo stesso motivo floreale della camicia (che ha delle maniche lunghissime!).
Indosso un paio di spesse calze nere appositamente fatte con il pollice separato dalle altre dita e un paio di infradito tipicamente giapponesi con la zeppa. Rosse.
Mi trucco in modo vagamente giapponese e sono pronta, sono certa di sorprendere Tom, visto che ho sorpreso tutta la mia famiglia.
“È davvero strano, ma ti sta davvero bene.”
Commenta mia madre, dandomi un’occhiata di quelle che scannerizzano.
“Sì, davvero.”
Dice mio padre in tono ammirato.
“La mia bambina è cresciuta ed è diventata una bellissima ragazza, anche se un po’ troppo giapponese.”
Ridacchio un po’ imbarazzata.
“Sorella, sei fighissima! Tom lo stendi!”
In quel momento suona il campanello e – a giudicare dai salamelecchi di mia madre – deve essere Tom. Io arrossisco all’istante, chissà cosa dirà?
Gli piacerà?
Non gli piacerà?
“Jen, ehi Jenny!”
Lo guardo un po’ spaesata.
“Eri in para?”
“Sì, da cosa l’hai capito?”
“Ti ho detto che stavi benissimo e non hai fatto una piega.”
“Oh! Ti piace, allora?”
“Moltissimo! Signori Jenkins, rapisco Jen per questa serata!”
Sorridendo esce di casa con me, mano nella mano.
“Ti piace davvero?”
“Sì, perché?”
“Ci ho messo un sacco a trovare le cose, tutto qui.
E poi alle ragazze piacciono i complimenti.”
Dico precipitosa.
“Lo so.”
Entra nella mia macchina e si mette alla guida, io lo guardo curiosa.
“Ho trovato un posticino okay, ti piacerà.
Forza,entra!”
Io annuisco e salto in macchina, chiedendomi dove mi porterà. Lui si dirige verso il centro e poi verso il lago dove parcheggia, poi mi trascina in un minuscolo locale dove suonano punk, non l’avevo ma notato!
“Figo, non l’ave…”
La voce mi muore in gola quando vedo un’arrabbiatissima Amber marciare verso di noi, un toro davanti al drappo rosso praticamente.
“Tu, puttana di una troia!
Come osi farti Kevin e un altro ragazzo contemporaneamente?
Sei proprio una cheerleader!”
Metà della gente in fila si gira verso i noi: imbarazzante.
“Io sono il suo unico ragazzo, Kev è un amico e io so che differenza c’è tra un amico e un fidanzato, a differenza sua. Sei una psicopatica, levati dalle palle!”
“Cornuto!”
E a questo la bestia dentro di me si risveglia e le mollo un pugno. Iniziamo una rissa a cui viene posto fine solo dal personale del locale, due robusti buttafuori.
Inutile dire che grazie alla mia mattata non possiamo entrare nel locale e alla fine ci ritroviamo seduti su una panchina che dà sul lago con una birra in mano.
Tom sta ridendo da solo da dieci minuti e io non capisco perché, sorseggio la mia birra e continuo a guardarlo in attesa che mi dia un segno che mi faccia capire il motivo della sua ilarità.
“Si po’ sapere cosa hai da ridere?”
Chiedo infine.
“Penso a te e alla pazza che vi picchiate, hai un bel destro.”
“Il destro della iena furiosa.”
“Dai i nomi ai colpi come nei manga giapponesi?”
“No, cerco di uscire in maniera dignitosa da una figuraccia orribile. Ho rotto anche il mio vestito, io quella l’ammazzo.”
“Ma no! È stato divertente!”
“Sì, ci ha mandato a puttane la serata.”
“Io penso che sia bello anche stare qui a guardare il lago, mi piacerebbe facesse un filo più caldo, ma non mi posso lamentare, ehi!, ci sono persino le stelle!”
Io alzo gli occhi e noto che oltre alle luci della città e a quelle di Natale, ci sono effettivamente anche le stelle.
“Bello, amo il cielo stellato.”
“Anche io, spero sempre di incontrare un alieno.”
“A random?
Cioè, immagini che potrebbe passare anche qui davanti a noi, adesso?”
“Perché no?
Che ne sai di come ragiona un alieno?”
“Niente, non so nemmeno se esistano.”
“Se starai con me imparerai tutto su di loro.”
“Vedo una minaccia all’orizzonte.”
Lui ride come un matto, sbrodolandosi di birra.
“Stando con te non ci si annoia mai, Jen!”
“Ma dai! Detto da uno che si è sbrodolato di birra!”
Lui si pulisce alla bell’e meglio e inizia un lungo discorso sugli alieni, sulle varie razze, su come ci stiano dominando, parla di rettiliani, grigi, venusiani e della teoria secondo cui siamo stat creati artificialmente all’inizio del tempo da degli alieni.
Sembra quasi vero da quanto è convinto di quello che dice.
Si zittisce solo quando parte un fuoco di artificio che illumina l’acqua e la colora di arancione, io guardo l’orologio: manca un minuto e mezzanotte!
“Manca un minuto!”
Sessanta secondi dopo le sue labbra sono incollate alle mie  ci stiamo baciando come se non ci fosse domani.
Quando ci stacchiamo brindiamo con le nostre birre.
Non c’è modo migliore di iniziare l’anno nuovo!

 

Pasqua cade in aprile quest’anno.
Quattro mesi senza vedere Tom sono tanti, ma ce la faccio grazie a Kev. Non che siamo tornati insieme, ma siamo amici e vado a genio alla sua nuova ragazza, Audrey.
Audrey va alla scuola pubblica vicina alla nostra, è una ragazza minuta dai coarti capelli lilla e un piercing al labbro: uno di quelli con una pallina sotto e l’altra che spunta sopra il labbro.
Ogni tanto esco con lei e Jamelia per delle serate tra ragazze e con anche gli altri per andare ai concerti vari che si tengono qui.
Amber ha iniziato ad andare da uno psicologo e sembra già meno pazza di prima, almeno ogni vota che mi vede non tenta di farmi del male, ma forse quello è dovuto anche alla mia minaccia.
Ho il sospetto che non si sia dimenticata della mia promessa di infilzarla con un bisturi se avesse rotto ancora le palle a me o a Kev.
Audrey è fortunata a non andare alla nostra scuola, comunque. Se andasse alla nostra passerebbe probabilmente metà del suo tempo in infermeria a causa degli attentati di Amber.
In ogni caso adesso Audrey e Kevin mi stanno portando all’aeroporto di Chicago, i miei hanno acconsentito a farmi andare a San Diego, ospite di mia zia Sheila. Veramente volevano mandarmi dalla nonna, ma io mi sono opposta. Nonna crede che non si possa uscire dopo le nove di sera e che si debba andare a letto a quell’ora.
Non è esattamente il mio ideale di via o di vacanza.
“Sheena is a punk rocker nooow!”
Urlo insieme ad Audrey sulle note dei Ramones, l’aeroporto in vista.
“Eccitata, eh Jen?”
“Ma certo! Lo rivedo dopo quattro mesi!
Viene lui a prendermi.”
Gli rispondo con un sorrisone a trentadue denti.
“Non fate sesso sulla via per la casa di tua zia.”
“Kev!”
“Eddai, Jen! Prima o poi…”
Audrey gli rifila una gomitata e lui non prosegue. Ah, i ragazzi!
Pensano sempre a quello, anche se l’idea di fare sesso con Tom ha sfiorato più volte anche me, ma credo sia troppo presto.
Magari quando torno a San Diego quest’estate, non ho intenzione di fare l’università qui, voglio andare là e spero di incontrare gente decente.
Kev parcheggia e mi dà una mano a scaricare le due valigie, le porta persino dentro l’edificio e poi le scarica vicino all’entrata. Mi abbraccia senza dire nulla, è il suo modo di dire “Stai attenta e non fare cazzate!”, è sempre protettivo verso di me.
“Audrey, mi dispiace.”
“Di cosa? Siete amici e sei mia amica, non ho paura che mi possiate ferire.”
Dice serena.
“Passa una buona vacanza e divertiti più che puoi con Tom, fai delle foto anche!”
“Grazie, Audrey! Tom non ama fare le foto, ma lo obbligherò.
Non vedo l’ora di essere là, mi ha detto che la sua band adesso ogni tanto suona a un locale di San Diego che si chiama Soma. Secondo Danny è un grande traguardo, ci suonano le band da tutta la California. Lui suona nel primo piano, si chiama…”
“Dungeon.”
“Come fai a saperlo?”
“Beh, è famoso tra i punk e la gente che ascolta pop-punk. Porca puttana, è, boh, il Metropolitan dei punk. Se arrivi a suonare lì vuol dire che la tua band spacca di brutto e spaccherà in futuro!”
Kev ha gli occhi che brillano, io arrossisco.
Non sapevo che fosse così importante, gli ho fatto i complimenti, ma se avessi saputo che era così importante gliene avrei fatti di più!
Glieli farò ora.
“Jenny, vai! È ora del check-in!”
“Sì. Ciao, ragazzi!”
Li saluto tutti e due e presento i miei biglietti all’accettazione e poi vengo mandata a far pesare e imbarcare il bagaglio. Sono nel limite per un pelo, ho preso troppa roba come al solito.
Passeggio per un po’ nella zona duty free e poi salgo sull’aereo.
È un volo breve e vengo accolta da un tempo meraviglioso: un sole che spacca le rocce.
E non ho menzionato Tom, quando mi vede si mette a correre, mi abbraccia e solleva da terra. È passato troppo tempo, non resisto e lo bacio subito con passione, tanto che sento qualcosa premere contro la mia coscia.
Troppa passione, Jen!
Ridiamo tutti e due e mi scorta verso l’uscita spingendo il carrello dei bagagli, intanto parliamo di cazzate tipo la vita scolastica e i nostri amici.
È felice di sapere che Kev abbia una ragazza simpatica e che Amber sia in cura.
“Cazzo, Jenny! Quella era pazza da legare, pensavo che un giorno ti avrebbe ammazzato, per fortuna che si sono accorti che era fuori.”
“Grazie a me!”
Mi batto una mano sul petto.
“Dopo la rissa al locale, la sicurezza ha chiamato a casa sua e – visto che non sembrava fosse la prima volta – i suoi hanno deciso di prendere provvedimenti. Sembra più calma adesso, ma sono felice che Audrey vada in un’altra scuola, se fosse andata alla nostra l’avrebbe fatta a pezzi.
Quella donna non sta bene.”
Tom ride e io mi godo la sua compagnia e il sole caldo della California, che è tutt’altra cosa rispetto al pallido sole di Chicago.
“Dio, sto proprio bene. Non vedo l’ora che sia giugno, così posso tornare qui.”
“Io non so se farò l’università, i blink stanno andando proprio bene, sai?
Si parla di registrare un album.”
“Oddio, ma è meraviglioso!
Sono così felice per voi!”
“Allora, stasera sei dei nostri?”
“Suonate al Soma?”
Lui annuisce.
“Kev e Audrey mi hanno detto che è un locale importante, quindi ci sarò. Devo far capire alle altre ragazze che sei mio.”
Lui ride di nuovo e poi si ferma, siamo a Poway, davanti alla casa di mia zia Sheila.
“Siamo arrivati, principessa.”
Lui mi aiuta a scaricare le cose, ma prima di poter suonare il campanello vengo travolta dall’abbraccio di una furia dai capelli rossi: mia zia.
“Tesoro, sono così felice di vederti! Stai benissimo!
E lui? È il tuo ragazzo?”
Guarda Tom con aria curiosa.
“Tua madre mi ha detto che ne avevi uno.”
“Sì, è il mio ragazzo. Si chiama Tom.”
“Bei capelli ossigenati!”
“Oh, grazie. Stasera la mia band suona al Soma, Jen potrebbe venire?”
“Al Soma? Ma certo!”
Entra in casa con le valigie, lasciandomi sola con Tom che mi dà un bacio dolce e gentile.
“Stasera sei dei nostri quindi. Passo alle nove, ti amo.”
“Anche io.”
Lo bacio a mia volta e poi entro in casa sorridendo, mia zia mi sta aspettando al primo piano.
“Sembra un tipo a posto, temevo di dover fare gli onori di casa a un fighetto.”
“Sono fuori da un po’ dalle cheerleader, non corri questo rischio.”
Lei ride e mi fa vedere la mia camera, io inizio a mettere via le mie cose e poi mi faccio una doccia per poi scendere a pranzo. Zia mi fa un vero e proprio interrogatorio che dura fino a sera, quando – dopo cena – inizio a vestirmi. Indosso una mini di jeans, calze rosse e nere e una maglietta dei Ramones che mi ha regalato Audrey, gli anfibi non possono mancare, così come il trucco pesante nero.
Mia zia alza entrambi i pollici in segno di approvazione, io le sorrido di rimando, sono curiosa di sapere cosa ne penserà Tom. Alle nove suona il campanello e zia lo fa entrare, quando mi vede gli si illuminano gli occhi e in due falcate è accanto a me.
“Sono io che devo fare capire agli altri che sei mia, Jen.
Sei uno schianto.”
“Grazie mille.”
Dico rossa.
“Jenny, devi essere a casa per mezzanotte e mezza, non un minuto più tardi.”
Io annuisco.
“Sì, grazie zia.”
Usciamo e saliamo nella sua macchina, cantiamo e chiacchieriamo per tutto il percorso, poi lui parcheggia e mi dà un bacio veloce.
“Sono in ritardo, gli altri mi aspettano. Là ci sono Josie, Anne e Peggy Sue.”
“Ciao e buon fortuna.”
Muovo la mia mano in un cenno di saluto, lui corre via. Mi accendo una sigaretta e raggiungo il gruppetto guidata dalla chioma viola di Peggy Sue e da quella blu di Luke, ci sono anche David e Andrew.
Le ragazze si mettono a urlare quando mi vedono, mi abbracciano e mi chiedono di Chicago e poi iniziano a parlare a ruota di quello che è successo in questi mesi per far passare il tempo, come se non fosse successo nulla prima che io me ne andassi.
Chiacchierando arriva il momento di entrare e corriamo per accaparrarci i post vicino al palco.
“Cazzo, non vedo l’ora di sentirli.”
Esclamo eccitata e poco dopo partono le note di Carousel, per la prima volta vedo il batterista – Scott, un tizio biondo con un’aria da ragazzino, mi pare abbia tre anni meno di me – e vedo anche Mark che adesso ha i capelli azzurri.
La musica è trascinante, ti fa venire voglia di saltare – ed è quello che faccio – pogare e cantare a squarciagola, senza contare che le battute che dicono tra una puntata e l’altra sono studiate apposta per far ridere la folla.
Non sapevo che fossero così bravi, quello stronzo non me l’ha detto per niente al telefono!
Quando finalmente finiscono salto in braccio a Tom e quasi lo stritolo.
“Perché non mi hai mai detto che eravate così bravi?”
Gli urlo a due centimetri dalle orecchie.
“Eh, mi è passato di mente.”
“Non ti dovrebbe mai passare di mente una cosa del genere.”
Dice una voce sconosciuta accanto a noi.
“Lei chi è?”
Chiede curioso Mark.
“Sono Rick Devoe, un manager che ritiene di aver appena scoperto una band ce potrebbe funzionare.”
L’annunci ci lascia senza parole, i blink sfonderanno.
Sono qui con Tom a festeggiare il suo trionfo, potrei chiedere di più.

   
 
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