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Autore: barb_s91    30/08/2015    0 recensioni
ONE SHOT SU HARRY STYLES
Madison è una ragazza che ama la musica, talmente tanto che nella sua vita vorrebbe vivere di questo, della sua arte.
E lo è anche Harry, anche lui ama incondizionatamente la musica, e ne ha fatto il suo lavoro.
Per Madison la musica è passione, cuore, non ha niente di razionale, mentre per Harry la musica è studio e dedizione.
Ma sarà davvero così?
Cosa succederebbe se ragione e cuore si incontrassero una sera come tante, in un pub come tanti? Chi vincerà? O meglio chi si arrenderà, cuore o ragione?
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Image and video hosting by TinyPic Little black dress, what’s your favorite song?
Little black dress I won’t do you no harm
It’s so right, it’s so right, it’s so right to know
It’s so right, it’s so right, ‘cause I’ll take you home




Le pareti erano ancora fresche d’intonaco, emanavano odore di nuovo, e si sentiva inaspettatamente bene Madison in quella stanza, a cui ormai si era quasi abituata. Erano bianche e prive di ricordi quelle pareti, totalmente pure ed immacolate, completamente diverse da quelle di casa sua, che aveva ormai lasciato più di due settimane prima. La sua vecchia stanza era piena di ricordi di una vita, ricordi della sua infanzia, del liceo e delle sue migliori amiche, Felicity e Sophie, piena di loro foto, di regali fatti dai suoi genitori, che l’avevano sempre resa felice.
Anche se non l’aveva ammesso a nessuno, era molto spaventata da quella nuova esperienza universitaria, lontana chilometri e chilometri da casa, ma sapeva, in fondo, che quella esperienza l’avrebbe fatta maturare, e Madison voleva proprio quello, crescere e diventare finalmente indipendente. Era sempre stata una ragazza socievole ed estroversa, e per fortuna aveva trovato la perfetta compagna di stanza, Caroline che, per quel poco che conosceva, era un tipo allegro e solare, sempre vivace e pronta a divertirsi. Erano molto simili in fondo, ma anche totalmente diverse, ma la loro diversità riusciva a completare reciprocamente le loro mancanze.
«Stasera i miei amici ci hanno invitato in un pub a Soho, qualche birra e musica dal vivo. Ti va di andare?» chiese Caroline, intenta a sistemare i suoi nuovi acquisti in un armadio già stracolmo di vestiti.
«Non si va a ballare dopo, vero?» ribatté Madison.
Era sempre stata una ragazza a cui piaceva divertirsi, ma c’erano cose che non la divertivano affatto, come andare in discoteca. Amava ascoltare la musica, non a caso aveva scelto di frequentare una delle scuole di musica più illustri dell’Inghilterra, la musica era la sua vita, la salvava quando era triste, e l’accompagnava nelle cose belle della vita. Per lei la musica era tutto, e dall’età di cinque anni aveva iniziato a suonare la chitarra, poi a cantare, ed infine a scrivere le proprie canzoni, che però non aveva mai avuto il coraggio di far ascoltare.
Per Madison era quello la musica, era vita, era quella sensazione che ti parte dal cuore e non puoi fare a meno di mettere su carta, quel pezzo di carta che resterà sempre in vita, che non resterà nella mente, ma dovrà essere condiviso con qualcuno, anche con se stessi, perché mettere su carta qualcosa è molto diverso dal pensarlo o provarlo, diventa vera e propria vita.
«No, non preoccuparti! Non te l’avrei nemmeno proposto» rispose Caroline sorridendo.
Anche Caroline, ormai, aveva imparato a conoscere Madison, sapeva quanto quell’ambiente non le piacesse, e non era di certo il suo genere musicale preferito. Nonostante l’aspetto esuberante, Madison era tutto fuorché tipo da discoteca, era più un cuore di musica e parole racchiuso da un guscio di lunghi capelli lilla e trucco appariscente. Era una di quelle ragazze che prediligeva di gran lunga stare seduta in un pub a bere birra ed ascoltare buona musica dal vivo, piuttosto che stare in un luogo chiuso, pieno di persone ammassate l’una all’altra che tentano di ballare.
«Allora ci sto!» sorride in risposta Madison.


°°°°°


Erano finalmente arrivate di fronte al pub, dopo aver trascorso ore ed ore a prepararsi.
Madison era stata indecisa su cosa indossare fino all’ultimo secondo, voleva fare una buona impressione sugli amici di Caroline, non voleva apparire per quella che non era, per questo aveva indossato un semplice tubino nero e le sue amate converse, da cui, nonostante le avesse comprate molti anni prima, non riusciva più a staccarsi.
Aveva sempre avuto uno strano effetto sui ragazzi, dato il suo aspetto, tutti la vedevano come una facile da conquistare, una che non si fa il minimo scrupolo in fatto di ragazzi, ma lei non era così in realtà, il suo aspetto faceva vedere ai ragazzi solo quello che volevano vedere, ma lei era completamente diversa. Madison non si era mai innamorata veramente, aveva avuto storie, finite per colpa di altri, o per colpa sua, perché lei voleva quel tipo di amore che ti travolge l’anima, non la passione di una notte, ma quella di una vita intera.
«Dovrebbero essere già dentro» sentì la voce di Caroline arrivare al suo orecchio.
Madison non era mai stata in quel locale, era ancora nuova in quella città, e ne conosceva poco, troppo poco in confronto a quello che avrebbe voluto. Una volta entrata, però, non si sentì un’estranea lì dentro, era come se quel posto gli appartenesse, sentiva quest’aria di casa, come se fosse una sorta di rifugio, non sapeva se era dovuto all’atmosfera calda e familiare data dai tavoli in legno scuro e la luce soffusa, o se per la musica che proveniva dal palchetto in fondo al pub. Sentiva una voce maschile cantare sopra una leggera melodia, che era sicura provenisse da una semplice chitarra acustica. Quella voce, valorizzata dal suono del suo strumento preferito, aveva catturato subito la sua attenzione, tanto che per un momento si scordò dove si trovasse e cosa  fosse andata a fare in quel locale. Sentiva la voce pulita e allo stesso tempo rauca del cantante arrivarle dritto nel cuore, non era un timbro particolare, e magari per molti non aveva niente di speciale, ma lei ci lesse il mondo dentro.
I suoi piedi si mossero incontrollati verso quel suono mai sentito prima, ma già familiare, verso quel palco, di cui lei aveva sempre avuto paura, ma che la richiamava ogni qualvolta se ne trovava uno davanti, come se le stesse parlando, come se la stesse richiamando al suo destino. Quando gli arrivò davanti, si sarebbe aspettata di tutto, tranne che quella voce appartenesse a quel ragazzo. Si era fatta una visione totalmente diversa, si aspettava un ragazzo, sì, ma uno di quelli anonimi fuori e pieni di colori dentro, uno di quelli che non noti in mezzo alla strada, ma che noti solamente nel momento in cui si trova su un palco, con la sua chitarra rovinata in mano, invece Madison si ritrovò davanti una persona totalmente diversa.
Si ritrovò davanti ad un ragazzo, seduto su una vecchia sedia in legno, con una chitarra in mano ed un piccolo microfono davanti al volto, ma riusciva a vederlo bene quel volto, che non avrebbe mai associato alla voce, se solo non l’avesse visto con i suoi occhi. Il ragazzo se ne stava con gli occhi chiusi, come se stesse ascoltando le sue stesse parole uscire dalla bocca, la sua stessa musica, quella che faceva delicatamente uscire dalle corde della sua chitarra, mentre toccava con delicatezza quelle corde usate fino allo sfinimento, perché anche se non lo conosceva, Madison sapeva che quello strumento aveva una storia molto lunga da raccontare, sapeva che quelle corde raccontavano la sua vita. La cosa che la scombussolò di più fu ammirare la bellezza di quel ragazzo dalla voce semplicemente perfetta per lei, la pelle chiara, leggermente inscurita dal sole estivo, i capelli color cioccolato, raccolti in una stretta crocchia, i lineamenti fini del suo viso, contratti mentre, concentrato, punzecchiava le corde della chitarra, e le dita piene di anelli d’argento, fatte apposta per incastrarsi nella melodia delle sue canzoni.
Era il ragazzo più bello che avesse mai visto, perché, sotto quella maglietta grigio chiaro, sotto tutti quei tatuaggi dipinti sulla sua pelle, la ragazza sentiva che si nascondeva un qualcosa di speciale, che sotto quell’aria da duro, da poeta maledetto, c’era un mondo da scoprire, proprio come era lei, che si nascondeva dietro trucco e capelli lilla, dietro i vestiti eccentrici.
E nello stesso momento in cui Madison pensava tutte quelle cose, Harry aprì gli occhi, come se stesse sentendo di essere osservato, e la prima cosa che vide fu una ragazza sotto al suo palco, intenta a guardarlo come se non avesse mai visto un ragazzo, come se non avesse mai sentito una canzone, come se stesse scoprendo un nuovo mondo. 
Harry non aveva mai visto quella ragazza al pub, e passava lì tutte le sere della sua vita, se fosse andata lì prima di quella sera l’avrebbe sicuramente notata, perché non era una ragazza che passava inosservata, e non per il suo abbigliamento succinto, o per i suoi capelli interamente lilla, no, ma per l’intensità dei suoi occhi grandi, che, nonostante la luce poteva vedere di che colore fossero, uno di quei colori indefiniti, che cambiano con l’umore, con la luce, con le emozioni, e in quel momento quegli occhi erano quasi dorati, e non aveva mai visto occhi così belli.
Restarono a fissarsi quei due, come se non avessero mai visto veramente un essere umano nella loro vita, ma allo stesso tempo, come se si conoscessero da una vita intera, come se si fosse finalmente rincontrati.
«Mad! Si è liberato un tavolo, possiamo sederci» urlò Caroline per farsi sentire da una Madison ancora fissa su quel ragazzo, l’aveva chiamata infinite volte, ma lei non aveva completamente sentito una singola volta, per questo aveva dovuto urlare per farsi finalmente sentire.
Madison, come se si fosse appena svegliata da un sogno, dovette staccare lo sguardo da Harry, che ormai cantava dentro i suoi occhi, arrivando proprio ad accarezzare dolcemente la sua anima, e lei ebbe come l’impressione che non si sarebbe mai stancata di sentirlo cantare, se solo avesse potuto ascoltarlo per sempre.
E mentre Madison si allontanava, Harry non aveva smesso un secondo di seguirla con lo sguardo, catturato da quella visione, da quel modo di camminare, che, nella sua semplicità, non puoi fare a meno di notare, perché Harry quella ragazza l’avrebbe notata anche senza le sue maschere, senza quel trucco appariscente. Non sapeva per quale motivo, ma voleva conoscerla quella ragazza, e l’avrebbe fatto quella sera stessa.
Per quanto si fosse sforzata, Madison non era riuscita a prestare la minima attenzione agli amici di Caroline, non era riuscita ad intraprendere nessuna conversazione, perché troppo impegnata ad ascoltare quella voce che l’aveva intrappolata. Per quel motivo, con una banale scusa, si era alzata dal tavolo e si era diretta al bancone del bar, aveva proprio bisogno di qualcosa di forte, e Madison sapeva che, se Caroline l’avesse vista bere una tequila, si sarebbe stranita, perché Madison non beveva mai super alcolici, a meno che non ci fosse un buon motivo, e quella sera l’aveva trovato.
«E’ la prima vota che ti vedo qui».
Harry aveva continuato ad osservare quella ragazza dai capelli lilla per tutto il tempo, anche quando si era seduta al suo tavolo dandogli le spalle. Aveva osservato tutti i suoi movimenti, la frequenza dei suoi respiri, che cambiavano ritmo ogni volta che una canzone finiva, aumentando di nuovo quando ricominciava a cantare. Non appena l’aveva vista alzarsi da quel tavolo, Harry non aveva pensato nemmeno un secondo a prendersi una pausa per raggiungerla, ed ora era lì, a parlare con una sconosciuta, cosa che non era nuovo fare, ma sentiva che quella volta c’era qualcosa di diverso, quella volta aveva davanti una ragazza che sentiva diversa.
Madison sobbalzò al suono di quella voce, e si girò verso di essa timorosa, perché aveva riconosciuto quella voce, e sapeva a chi appartenesse.
«E’ la prima volta che vengo qui, infatti» rispose la ragazza con un filo di voce.
Madison non era mai stata una ragazza che si imbarazzava davanti ad un ragazzo, anzi, di solito si trovava nella condizione opposta, ma quella sera era diverso, e non ne riusciva a capire il motivo. Harry fu contento di quella risposta, perché aveva ragione, avrebbe notato quella ragazza se fosse stata prima d’allora in quel locale, e fu contento di essere andato da lei, e anche lui non capiva il motivo di quella inaspettata felicità.
«Io sono Harry» disse il ragazzo allungando la mano verso di lei.
«Madison» sorrise la ragazza, ritrovando la lucidità.
E quando le loro mani entrarono contatto sentirono entrambi un calore inaspettato, sentirono le loro pelli morbide, e i piccoli calli sulle dita, causati da una vita di musica, e fu come se i loro corpi si fossero finalmente trovate, perché quelle due mani combaciavano alla perfezione, come se fossero nate per stringersi.
«Mad, scusami - Caroline era arrivata accanto a Madison, poggiandole una mano sulla spalla, ed ebbe come l’impressione di aver interrotto qualcosa tra quei due ragazzi seduti al bancone - dobbiamo andare, non voglio fare tardi domani».
«Ok» rispose Madison, che si era completamente dimenticata che l’indomani sarebbe stato il suo primo giorno di lezione.
E se ne andò, sentendo l’amaro in bocca, sentendosi per la prima volta veramente incompleta. Uscì da quel locale, mentre Harry, ancora seduto sullo sgabello, la guardò andare via, chiedendosi se l’avrebbe mai rivista.

°°°°

Madison aveva aspettato quel giorno con così tanta voglia e aspettativa che non credeva fosse veramente arrivato, non credeva che finalmente avrebbe iniziato il suo primo anno alla Royal Academy Of Music.
Era arrivata in anticipo, ed era entrata impaziente in aula, trovandola ovviamente vuota, ma con tutta tranquillità si soffermò ad osservare la stanza, le sedie sulle quali avrebbe passato intere giornate, e scelse il posto in prima fila, perché Madison ci teneva veramente a fare del suo meglio, quello era il suo sogno, aveva lottato per arrivare fin lì, e nessuno gliel’avrebbe portato via.
Mancava ancora una buona mezz’ora all’inizio della lezione, e ancora nessuno era entrato in aula, perciò prese uno dei suoi infiniti taccuini dalla borsa, lo aprì ed entrò nel suo mondo, nel mondo nel quale poteva essere chi voleva, fare tutto quello che nella vita reale le risultava impossibile, e si ritrovò a scrivere di un ragazzo incontrato in un pub, con la chitarra in mano e la voce angelica.
Era così assorta nella scrittura, che si accorse solo quando ebbe finito il nuovo testo della sua canzone che l’aula si era riempita e il professore aveva fatto il suo ingresso.
«Buon primo giorno a tutti. Io sono il professor Hilton, spero riusciremo ben presto a fare le presentazioni, e spero di imparare in fretta i vostri nomi».
Un uomo di mezza età era entrato frizzante in aula, a Madison sembrava un brav’uomo, e aveva sentito parlare di lui, sapeva fosse una figura di rilievo in quella scuola, e la ragazza non vedeva l’ora di iniziare la lezione, che sapeva già sarebbe stata la sua preferita. 
«Ora, prima di prendere le vostre chitarre in mano, vi presento il mio assistente».
E nello stesso momento in cui il professor Hilton finì quella frase la porta dell’aula si aprì e ne entrò un ragazzo abbastanza alto, che Madison riconobbe subito, non avrebbe mai potuto scordare quella figura nemmeno se avesse voluto.
La ragazza non poté non arrossire quando vide Harry entrare in aula, scandagliando ogni suo minimo particolare, il suo modo elegante di camminare, racchiuso da un abbigliamento semplice ed essenziale, perché al contrario di lei, Harry non sembrava essere una persona che si nascondeva sotto un abbigliamento stravagante, la sua maschera erano i tatuaggi sulle sue braccia, in quel momento nascosti dalle maniche di una camicia di lino bianca, ma Madison sapeva cosa nascondeva sotto quel tessuto.
«Ragazzi, lui è Harry, mio assistente ed ex alunno, mi aiuterà per l’intero anno con le lezioni, e qualche volta mi sostituirà quando mi dovrò assentare».
Harry era visibilmente in imbarazzo, non gli piaceva stare al centro dell’attenzione, nonostante fosse abituato ad esibirsi di fronte a molte persone, stare davanti ad un’intera classe a parlare e cercare di insegnare loro il suo sapere, lo mettevano molto a disagio. Per distrarsi mentre il professor Hilton spiegava il programma del corso, il ragazzo decise di scandagliare l’aula, studiando anche lui i ragazzi che avrebbe seguito per l’intero anno.
Partì dall’alto, dove di solito si sedevano i ragazzi con meno voglia, quelli che magari avevano scelto quel corso non per loro volontà, ma per i loro genitori, troppo fieri della dote del figlio da non accorgersi che quello avrebbe avuto altri sogni nel cassetto, sogni che non si sarebbero mai realizzati per colpa loro. Poi piano piano scese con lo sguardo, fino ad arrivare al primo banco, dove c’erano i ragazzi che lo attiravano di più, quelli che tenevano veramente ad arrivare lontano, quelli che si erano guadagnati quel banco con sudore e sacrificio, che avevano fatto anche due lavori per racimolare i soldi dell’iscrizione. Li guardò ad uno ad uno, quei ragazzi, fino a quando i suoi occhi ebbero una sorta di abbaglio, videro dei capelli di un insolito colore, per lui ormai non più così tanto insolito, perché lo aveva sognato quella notte, così intensamente da doversi alzare e mettersi a scrivere, perché la sua mente era troppo incasinata di lei, di quella ragazza che ora incredibilmente si trovava davanti a lui, nella stessa scuola, nella stessa aula, a cui avrebbe dovuto fare lezione per un anno intero. Harry non sapeva il perché, ma in quel momento avrebbe solo voluto scappare, mentre Madison, che non aveva staccato un secondo gli occhi dal ragazzo, era felice che il destino avesse permesso loro di incontrarsi di nuovo. La ragazza aveva seguito ogni movimento di Harry, come se volesse studialo, lo aveva visto guardare tutta la classe di sfuggita, per questo, quando l’aveva riconosciuta, non aveva potuto non notare il suo sguardo cambiare, era stupito, ma allo stesso tempo c’era qualche altro sentimento che Madison non era riuscita a decifrare, per quanto avrebbe voluto farlo.
Nessuno dei due ragazzi prestò attenzione a quella lezione, nonostante entrambi sapessero quanto era importante, nessuno dei due riusciva ad ascoltare il professor Hilton. La loro mente era troppo piena dell’altro, piena di pensieri che vorticavano senza sosta, per questo quando la campanella suonò tirarono un sospiro di sollievo.
Harry sentì di dover uscire subito da quell’aula, aveva bisogno di prendere aria, perché riteneva assurdo provare quel turbinio di emozioni per una ragazza appena incontrata, si sentiva sciocco ed infantile, perché non aveva mai creduto ai colpi di fulmine, figuriamoci a quello che stava provando in quel momento. Doveva allontanarsi da quella ragazza, destabilizzava i suoi equilibri.
Al contrario di quanto pensava il ragazzo, Madison era attirata da quel ragazzo dagli occhi verde oceano, come una falena è attirata dalla luce, ed Harry era la sua luce. Non era spaventata da quello che aveva provato rivedendolo, a differenza del ragazzo, perché Madison viveva di emozioni, si nutriva di esse, ed era sempre alla ricerca di nuove sensazioni, mai provate prima, e ne aveva trovata un’altra, che avrebbe inseguito.
Per questo motivo, senza pensarci un secondo in più, Madison si alzò di scattò da quella sedia, uscendo dall’aula alla ricerca di Harry. C’era rimasta un po' male quando lui, dopo averla vista, non aveva fatto nemmeno un accenno di saluto, nemmeno flebile sorriso, ma sapeva che l’aveva riconosciuta, se lo sentiva, e voleva delle spiegazioni.
«Ehi» urlò Madison una volta intercettato Harry nei corridoi.
Il ragazzo la sentì, e non poté fare a meno di voltarsi verso di lei, anche se aveva paura di quella ragazza, aveva paura delle emozioni che poteva fargli provare, ma non poteva evitarla.
«Come mai non mi hai salutato in aula?» Harry non poté fare a meno di sorridere a quella domanda, perché quella ragazza era proprio come lui si sarebbe aspettato, senza peli sulla lingua, coraggiosa e determinata, e per questo avrebbe dovuto stare lontano da lei.
«Perché non ti conosco» rispose lui, mentre Madison non capiva il motivo di quella risposta.
«Ci siamo conosciuti ieri sera al pub, non ti ricordi?» La ragazza non poteva credere che lui non si ricordasse di lei, sentì un vuoto dentro, dove tutte le sue certezze si sfaldarono, dove tutte quelle emozioni provate vennero demolite, come da una folata di vento.
«Ci siamo solo presentati, Madison».
La ragazza fu internamente felice che almeno si ricordasse il suo nome, ma non riusciva a capire il motivo di quel suo comportamento freddo e distaccato, quando la sera precedente era stato lui ad andare a parlare con lei. Madison non riuscì a rispondere, non sapeva cosa dire a quel ragazzo, il ragazzo più strano che avesse mai conosciuto, mentre Harry, visto che non aveva più ricevuto una risposta, ritenne fosse meglio andarsene senza aggiungere una parola, per questo si girò e proseguì a camminare verso l’uscita.
Nemmeno lui sapeva perché avesse reagito in quel modo con Madison, sapeva solo che, per quanto avesse voluto conoscerla la sera prima al pub, c’era qualcosa dentro di lui che lo spingeva a tenersi a debita distanza da quella ragazza, come se averla accanto potesse farlo destabilizzare, come se potesse farli perdere gli equilibri della sua vita.

°°°°°

Erano passati giorni dall’ultima volta che si erano rivolti la parola, e da quel giorno non c’era più stato il minimo contatto tra di loro, Madison non staccava lo sguardo da quello di Harry per l’intera durata delle lezioni, mentre il ragazzo tentava di non guardarla, anche se sentiva lo sguardo di lei sul suo corpo, sul suo viso, sapeva che lo stava cercando, che stava cercando un contatto tra di loro, ma lui lo evitava accuratamente.
Quel giorno Harry era particolarmente in ansia, perché il professor Hilton era assente, e aveva chiesto a lui di fare lezione proprio nell’aula di Madison. Era in parte divertito dal comportamento di quella ragazza, era determinata, e non aveva timore di mostrare le sue emozioni. Harry non poteva fare a meno di osservarla di sfuggita, e ogni volta che lo faceva la trovava a fissarlo, nonostante lui non le desse motivo di farlo.
Il ragazzo entrò in aula, dopo aver fatto un profondo respiro, mentre sentiva i battiti del suo cuore aumentare incontrollati, mentre piano piano la sua saliva diminuiva, sentì sudare freddo, e in fondo sapeva chi era la causa di tutto quel turbinio di emozioni. Infatti non appena entrò, la trovò lì, seduta al solito posto, e una parte fu felice quando lei alzò lo sguardo verso di lui, mentre l’altra parte di lui urlava di scappare.
Madison aveva sentito subito la presenza di Harry, aveva sentito l’aria attorno a lei cambiare non appena la porta si era aperta, come se lo sentisse dentro le ossa che lui avesse qualcosa che le apparteneva, ma non era ancora riuscita a capire cosa fosse.
«Ragazzi, il professor Hilton è assente oggi. Farò io lezione» e ci fu un sospiro generale nell’aula, non per l’assenza del professore, ma perché tutte le ragazze di quel corso avrebbero voluto interagire con Harry, ma lui non era interessato a quel tipo di approccio, era sempre stato professionale nel suo lavoro, e grato ad Hilton per avergli dato quell’opportunità. Ma c’era una ragazza tra quelle, una ragazza dai capelli lilla, di nome Madison, che gli avrebbe potuto far cambiare idea, con cui avrebbe voluto parlare ed interagire, perché non era mai stato così curioso di conoscere una persona come in quel caso, e forse quel caso sarebbe stato la sua rovina.
«Non voglio fare una lezione noiosa, sono ancora i primi giorni di lezione, quindi prima di passare al lato tecnico, volevo farvi una domanda, e vorrei una risposta sincera da tutti: cosa è per voi l’arte, la musica? Cosa provate quando avete davanti a voi lo strumento della vostra vita? Iniziamo dalle ultime file» concluse Harry sedendosi sulla cattedra, mentre Madison non poteva non notare quanto sembrasse sexy nelle sembianze di un professore, nonostante sapesse che non lo fosse.
Portava i capelli sciolti quel giorno, Harry, e Madison non poté fare a meno di pensare che sensazione avrebbe provato se avesse potuto toccarli; s’immaginò di immergere le sue mani in quel mare di capelli color cioccolato, fino ad arrivare a toccare la sua cute, per poi massaggiarla con delicatezza.
Mentre Madison viaggiava con la mente, Harry cercava di prestare attenzione alle risposte dei suoi alunni, con poco successo, perché era troppo impegnato ad attendere l’unica risposta che gli interessava, quella di Madison. Voleva sapere cosa pensasse dell’arte e della musica, voleva vedere i suoi occhi ,mentre ne parlava, la sua espressione, perché solo in quel momento avrebbe capito se quello che pensava di quella ragazza fosse reale, solo dalla sua risposta avrebbe veramente capito se quell’aurea speciale che la circondava fosse reale o solo frutto della sua immaginazione.
«Madison, tocca a te» e Harry si maledisse per averla chiamata per nome, si maledisse per aver sentito la sua stessa voce tremare, e sperò in cuor suo che nessuno avesse fatto caso a quei due particolari.
«Per me la musica è istinto - cominciò a parlare la ragazza, fissando Harry nei suoi caldi occhi verdi - è qualcosa che ti nasce dentro senza chiedere il permesso, è un dono che ti viene dato, esattamente come l’intelligenza, non tutti possono dire di averlo quel dono, perché è come se fosse qualcosa che ti viene dato alla nascita, vieni scelto per quel compito, è il tuo destino, e tu non puoi fare altro se non seguirlo ed inseguirlo».
«Ti sei dimenticata che la musica è anche studio e dedizione, impegno e sacrificio. Senza queste componenti nessuno di noi potrebbe fare il musicista».
Per la prima volta in quella giornata, Harry rispose a qualcuno, e non era un caso che avesse scelto proprio lei per farlo, ed entrambi ne erano consapevoli. Per la prima volta dal primo giorno di lezioni si erano rivolti la parola, ed entrambi sapevano che sarebbe successo, perché era come se loro fossero inevitabili.
«Penso che lo studio sia qualcosa di aggiunto, e lo dico per esperienza. Io non ho mai studiato, ho imparato tutto da sola, o meglio ho imparato da sola ad usare il mio dono. Perché chi ha l’arte dentro vede oltre quello che la gente comune riesce a percepire. Per la gente comune, una pianta, ad esempio, è solamente una pianta, ma per te, che hai il dono dell’arte, non lo è, o almeno non è solo quello, è qualcosa di più. In un semplice oggetto di vita quotidiana, chi ha questo dono, chi ha l’arte dentro di sé, riesce a vedere un mondo, mondo che le persone comuni non riescono a vedere, a percepire»
«Si, ma senza lo studio non riusciresti a scrivere quello che scrivi, a sentire la musica nel modo in cui la senti» e con quelle parole Harry si fregò, perché Madison capì che, nonostante facesse finta di evitarla, il ragazzo l’aveva notata, la teneva d’occhio e aveva visto che, prima di ogni lezione, lei si metteva a scrivere.
Harry non sapeva cosa lei scrivesse, ma sapeva dentro di lui che non era un semplice diario, sentiva dentro di sé che lei scriveva, che aveva quell’arte di cui tanto parlava, solamente che lui era stato abituato allo studio sfrenato, a stare ore ed ore sui libri per raggiungere i suoi obiettivi, mentre in quel momento si trovava davanti alla sua perfetta antitesi, si trovava davanti a colei che poteva far cadere tutte le sue certezze.
«Finora non ho mai avuto problemi. Non dico che lo studio non sia importante, dico solo che lo studio è un’aggiunta».
«Mi trovo in disaccordo» ribatté deciso Harry, come punto nell’orgoglio.
«Chissà perché non avevo dubbi» controbatté Madison, soddisfatta di averlo messo in crisi.
Il ragazzo fece per rispondere, ma fu interrotto dal suono della campanella, seguito dal rumore delle sedie che strisciavano nel pavimento e, mentre lui era innervosito dall’impossibilità di ribattere ulteriormente, Madison fu soddisfatta di averla avuta vinta almeno per quella volta. 
Da quel giorno, non ci fu lezione dove i due non interagissero, come se per loro fosse inevitabile, non mancavano discussioni accese, o velate battute, non importava loro cosa potessero pensare gli altri studenti e, nonostante Harry sapesse quanto fosse sbagliato, non riusciva a smettere di punzecchiare quella ragazza così strana e passionale.
Il ragazzo aveva dovuto ammetterlo anche a se stesso, Madison gli piaceva, e non riusciva più a negarlo; la trovava bellissima quando era assorta nei suoi pensieri, o quando, raramente, si ritrovava a fissarla senza essere osservato di rimando, amava vedere i suoi occhi dorati fissare il vuoto, mentre la mente navigava in posti che avrebbe voluto visitare insieme a lei. Avrebbe pagato oro per vedere cosa pensasse, che pensieri e opere producesse la sua mente, ma per farlo avrebbe dovuto parlare con lei, e non poteva. Si accontentava di fissarla ogni giorno di nascosto prima di ogni lezione. Madison arrivava sempre in anticipo, si sedeva al suo solito posto e prendeva immediatamente il taccuino dalla sua borsa, lo apriva e, senza pensare un secondo, si metteva a scrivere, restando dentro il suo mondo fino a quando la campanella non annunciava l’inizio delle lezioni. Harry era sempre stato uno che arrivava in ritardo ad ogni lezione, ma un giorno era inaspettatamente arrivato in anticipo e l’aveva trovata lì, con lo sguardo sul taccuino e la mente sui suoi sogni, e da quel giorno il ragazzo non era più arrivato in ritardo, se ne stava per una buona mezz’ora a guardarla scrivere, a guardarla sognare, immaginandosi cosa stesse scrivendo.
Anche quel giorno l’aveva osservata scrivere, ma inaspettatamente Madison si era accorta della sua presenza. Harry si sarebbe aspettato un sorriso da lei, che però non era arrivato, e il ragazzo non poté fare a meno di incupirsi, passando tutta la lezione a cercare il motivo di quella assenza. Madison non era di buon umore quel giorno, era stanca di pensare sempre a Harry, senza mai avere nulla in cambio, nonostante nelle ultime settimane la sua ispirazione era esponenzialmente aumentata, era stanca di viaggiare con la mente e, però, restare ancorata al pavimento nella realtà. Si era stancata di tutti quegli sguardi non ricambiati, di tutta quella indifferenza, di tutte quelle lezioni passate aspettando un suo minimo gesto, per quei motivi si era imposta di tornare alla realtà e cercare di scordarsi di Harry, per quanto in quel momento le risultasse impossibile riuscirci.
Quel giorno ci fu silenzio tra di loro, nessun’interazione o battuta, e per la prima volta fu Madison ad evitare lo sguardo di Harry, per quanto questo la facesse star male. La ragazza sospirò di sollievo quando sentì il suono della campanella annunciare la fine della lezione, si alzò e di fretta si diresse verso l’uscita.
«Madison» si sentì chiamare.
Non appena si girò, vide uno dei suoi compagni di classe davanti a lei. Ricordava a malapena il suo nome, perché non aveva avuto molta voglia di fare amicizia in quelle settimane, ma era quasi sicura si chiamasse Ashton.
«Si?» disse lei, tentando di sembrare interessata, mentre evitava accuratamente lo sguardo di Harry fisso su di loro.
«Ti andrebbe di andare a prendere una birra stasera? Con me?».
Non sapeva cosa rispondere, le succedeva sempre quando qualcuno la prendeva alla sprovvista in quel modo, e non sapeva perché si ritrovò a voltare lo sguardo verso Harry, che aveva sentito la loro conversazione, trovandolo sorridente. Il ragazzo indossava un sorriso furbo, come fosse sicuro che la ragazza avrebbe rifiutato l’invito, per questo Madison non ebbe più dubbi sulla risposta che doveva dare.
«Si, certo» e quella volta fu lei a sorridere sorniona, vedendo l’espressione di Harry alla sua risposta.

°°°°°

«Non ero mai stato in questo locale» disse Ashton, emozionato di essere riuscito ad uscire con Madison. L’aveva notata fin dal primo giorno di lezione, era difficile non notarla, Madison era bellissima, e soprattuto particolare, ma non aveva mai dato confidenza a nessuno in quelle settimane di lezione, per questo Ashton era quasi sicuro di ricevere un due di picche, invece poi era riuscito nel suo intento.
«Ci sono venuta una sera con la mia compagna di stanza» rispose Madison.
Aveva scelto il locale in cui l’aveva portata Caroline, quello dove aveva incontrato per la prima volta Harry, e si sentì un po' in colpa nei confronti di Ashton, ma non aveva potuto farne a meno. Voleva vedere il ragazzo, che era ormai il protagonista dei suoi sogni, suonare un’altra volta, voleva vederlo per come l’aveva visto la prima sera, dimenticando per un giorno il comportamento scontroso che invece aveva assunto nei giorni a seguire, voleva vedere di nuovo la luce dei suoi occhi illuminarsi non appena le sue mani toccavano la chitarra.
Non a caso scelse proprio il tavolino vicino al palchetto, non molto indicato per un appuntamento dove si presuppone tu debba conoscere la persona che ti sta di fronte, parlare e scherzare, ma a Madison non importava, a costo di apparire maleducata, voleva bearsi della visione di Harry.
I due ragazzi si sedettero e iniziarono a parlare, Madison lasciò parlare Ashton della sua vita, dei motivi che lo avevano spinto a trasferirsi dall'America a Londra, cercando di prestare attenzione e fingersi coinvolta. Il ragazzo che le stava di fronte non sembrava uno di quegli scemi con cui era abituata ad uscire, ma forse era arrivato nel momento sbagliato, nel momento in cui Madison avrebbe preferito trovarsi di fronte il ragazzo sbagliato che suona la chitarra, piuttosto che il ragazzo di buona famiglia che le avrebbe dato tutte le attenzioni che lei aveva sempre desiderato.
Smise di ascoltarlo non appena sentì il suono delle corde di una chitarra che si preparavano a suonare, perché sapeva a chi appartenessero, e non poté fare a meno di voltarsi.
«Ma quello non è l’assistente del professore?» chiese un Ashton al quanto stranito.
«Mi sembra di si» rispose Madison fingendo noncuranza.
«Non sapevo suonasse qui».
Lei invece lo sapeva, ma evitò di dire un’ulteriore bugia.
Per fortuna anche Ashton fu catturato dalla bravura di Harry, e le lasciò ascoltare gran parte delle canzoni in assoluto silenzio. 
Harry aveva notato subito Madison seduta al tavolo sotto di lui, e non aveva potuto smettere di guardarla un secondo, nel suo tubino nero, che sperava avesse messo apposta per lui, nonostante il fastidio che provasse nel vederla interagire con un altro, si beò della sua bellezza. Ma la vedeva, vedeva il modo di atteggiarsi e di rispondere, così distante da quello che usava quando parlava con lui, sapeva che in fondo quello che avevano speciale loro due non era lontanamente vicino a quello a cui stava assistendo.
Cantò per un po’, Harry, guardando la sua bella ragazza dai capelli lilla che di tanto in tanto si voltava a guardarlo, facendogli scappare un sorriso, poi prese una decisione inaspettata, ed iniziò a parlare.
«Questa è una nuova canzone, l’ho scritta nemmeno una settimana fa. E’ ispirata al dono dell’arte, che grazie ad una persona ho ricominciato ad apprezzare. Qualcuno mi ha risvegliato, ha risvegliato la mia arte, chiusa nello studio e nella dedizione, nella perfezione irraggiungibile. Quindi vorrei ringraziare questa persona facendole ascoltare questa canzone».
Madison s’irrigidì a quelle sue parole, perché, anche se non ne era sicura, quella canzone era dedicata a lei, era lei la persona di cui Harry parlava, perché troppe parole coincidevano con quelle che aveva usato lei in risposta alla domanda del ragazzo nel suo primo giorno di lezione. Sentiva dentro di lei sentimenti contrastanti, era emozionata, forse troppo, al pensiero che lui avesse scritto pensando a lei, ma l’altra parte di lei era furiosa, perché quel ragazzo era la persona più strana ed incoerente che avesse mai conosciuto. La evitava deliberatamente, le rispondeva male, e c’erano giorni in cui era come se lei non esistesse proprio, poi, quando lei aveva deciso di allontanarsi, ecco che Harry partiva all’attacco e rompeva tutti i muri che lei stava cercando di issare.
«Assomiglia molto al discorso che hai fatto tu l’altro giorno» disse ingenuamente Ashton.
«Si, voglio sentirla».
E fu in quel momento che il ragazzo capì perché Madison avesse accettato il suo invito, e perché l’avesse portato proprio in quel locale. Doveva aspettarselo che una ragazza come lei non sarebbe uscita con un ragazzo normale come lui, perché quelle come Madison preferivano sempre quelli come Harry, come l’assistente di un professore.
Nel frattempo Madison non si perse una parola di quella canzone che ora era certa parlasse di lei, fregandosene del suo accompagnatore, fregandosene dell’intero mondo accanto a lei, perché in quel momento esistevano solo lei e Harry, nonostante dentro di sé fosse furente con lui a causa della sua equivocità.
Occhi negli occhi per tre interminabili minuti, cuori che battono inconsapevolmente all’unisono, respiri che desiderano mischiarsi per poi fondersi, era quello che provavano quei due ragazzi, incastrati dal destino che gli aveva permesso di incontrarsi senza un apparente motivo, ma in realtà c’è sempre un motivo per cui due anime s’incontrano.
Harry non appena finì di cantare quella nuova canzone che contava tanto per lui, si sentì stanco e svuotato, e aveva bisogno di aria, per quello chiese il permesso al suo capo, e si alzò di tutta fretta. E allo stesso tempo, Madison, capendo le intenzioni di Harry, inventò ad Ashton una scusa, e si alzò anche lei dal tavolo.
«Tu che problemi hai? - urlò Madison, puntellando l’indice sulla spalla di Harry, una volta raggiunto - la prima volta che ci vediamo mi vieni a parlare, come se ci conoscessimo da una vita, il giorno dopo invece fai il maleducato e nemmeno mi saluti, poi ti metti a fare battute e discorsi senza senso e, quando io mi decido a mandarti a quel paese, tu che fai? Mi scrivi una canzone? Ma ti sembra…».
Fu interrotta da un fiato caldo sul suo volto, da una mano callosa sulle sue guance accaldate dalla conversazione, e da due morbide labbra sulla bocca.
Madison fu colta alla sprovvista da quel gesto apparentemente senza senso, perché non poteva credere che Harry la stesse baciando, sicuramente non dopo il modo in cui l’aveva evitata per tutto quel tempo, eppure lo stava facendo davvero, la stava baciando.
«Tu sei strana forte!» disse Harry non appena si staccò da lei e, senza darle nemmeno il tempo di rispondere,quello strano ragazzo che l’aveva appena baciata, scombussolando anche la più piccola parte di lei, era tornato a cantare sul palco, come se non fosse appena successo niente.
Quando però tornò dentro il locale, Ashton non era più seduto al loro tavolo e, quando si avvicinò trovò venti sterline, accompagnante da un biglietto.

‘Ho capito che non sono la persona con cui avresti voluto passare questa giornata. Sei una bella persona, Madison, spero tu possa essere felice.

Ashton.’

Madison si sentì tremendamente in colpa per aver usato quel ragazzo, che non si meritava assolutamente la sua indifferenza. Non sapeva come comportarsi, se andare a cercarlo, o restare lì a sentirsi in colpa, ma pensandoci, se lo avesse cercato, l’avrebbe solo illuso ulteriormente, o mortificato. Decise di restare lì, a finire la sua birra mentre la voce di Harry accompagnava i suoi pensieri, che non potevano fare a meno di vorticare tra Ashton e il bacio appena ricevuto.

°°°°°

«Il tuo accompagnatore ti ha lasciato da sola?».
Era talmente assorta nei suoi pensieri da non accorgersi nemmeno che il locale era ormai in chiusura e che Harry, che ora si trovava davanti a lei, aveva smesso di suonare.
«Diciamo che me lo sono meritato».
Harry fu sorpreso dalla riposta di Madison, priva di sarcasmo, e si chiese se fosse stata colpa sua, se fosse stato il loro bacio a causare tutto quello. L’aveva osservata mentre cantava le ultime canzoni, e l’aveva vista spaesata ed indifesa, come non l’aveva mai vista in quelle settimane, era abituato a vederla forte e determinata, sempre con la risposta pronta, mai incerta come in quel momento.
«Vuoi che ti accompagni a casa?» non poté fare a meno di chiederle.
«Non si dovrebbero dare passaggi agli sconosciuti» rispose lei, e Harry rise contento per la sua risposta sarcastica.
«Beh, ti ho baciato. Non siamo più così estranei, posso fare uno sforzo. Allora?».
«Io non voglio andare a casa» rispose Madison diretta, perché lei era così, diretta e senza filtri, ed era per quello che a Harry piaceva, perché era diversa e genuina, forte e al tempo stesso fragile, strana tanto da farlo sentire a casa.
«E chi ha detto che ti avrei accompagnato a casa tua?».
Circa un quarto d’ora dopo si trovarono di fronte casa di Harry, erano stati silenziosi per tutto il tragitto, e pieni di aspettative. Non sapevano cosa li avrebbe aspettati, o meglio, sapevano cosa sarebbe successo, ma non sapevano come avrebbe reagito l’altro a quella scoperta.
Harry la guidò dentro casa, facendole fare un breve giro, facendola sentire quasi a casa, perché non appena era entrata, Madison aveva sentito la stessa sensazione di protezione che aveva sentito al locale la prima volta che c’era andata.
«Ti piace?» chiese Harry, avvicinandosi cautamente a Madison fino ad affiancarla.
«Si» si limitò a rispondere lei, intenta ad osservare l’ambiente che la circondava.
Erano in imbarazzo, perché sentivano che quella non era una semplice notte passata con una persona incontrata in un pub, quella sera significava molto di più per entrambi.
Fu Madison a fare la prima mossa, accarezzando il dorso della mano di Harry con il suo indice destro, e in risposta il ragazzo le prese la mano, incastrandola alla sua.
Poi accadde tutto in un attimo, si ritrovarono con le mani nei capelli dell’altro, e finalmente Madison poté sentire l’attrito dei capelli di Harry tra le sue dite, e il ragazzo poté stringere quei fianchi che avevano accompagnato tutti i suoi più oscuri sogni. Si baciarono fino allo sfinimento, si morsero con forza le labbra, fino quasi a volerle staccare, perché il loro era un desiderio malsano, quel tipo di desiderio che senti per la persona sbagliata, per la persona opposta a te che non può fare a meno di attrarti. 
"È dalla prima volta che ti ho visto che volevo strapparti di dosso questo vestito" furono le uniche parole dette in quella casa, poi solo sospiri e gemiti.
Harry la prese per le cosce e, con a poca delicatezza che gli era rimasta, offuscata del desiderio irrefrenabile di lei, la buttò sul suo letto, iniziando subito a spogliarla, e lo stesso fece lei. In pochi secondi erano nudi, uno davanti all’altro, ma era come se fosse una cosa naturale vedere i loro corpi nudi, perché non c’è cosa più intima di denudare la propria anima davanti ad un’altra persona, e loro l’avevano già fatto, in fondo.
Madison cominciò a baciargli il collo, assaporando il sapore della sua pelle, che sapeva di pulito e arte, mentre Harry cominciò a baciare ogni parte del corpo di Madison, come se volesse scoprire ogni singolo centimetro della sua pelle. Poi finalmente si unirono, in un incastro perfetto, fatti per completarsi, la mente e il cuore, la musica e le parole, l’istinto e la ragione, iniziarono a muoversi uno sull’altro, insieme, come se non fosse la prima volta, come se fossero abituato a farlo da una vita, e finalmente arrivarono insieme, dove nessuno dei due sarebbe potuto arrivare senza l’altro, dove non ci sono schermi, muri o apparenza, ma dove la ragione si confonde con l’istinto, dove la musica e le parole sono fuse in un unica entità.
Non sapevano cosa sarebbe successo il giorno dopo, non pensavano al futuro in quel momento, sapevano solo che quella notte non l’avrebbero mai dimenticata.

ANGOLO DELL'AUTRICE:

Buona sera a tutti! Ecco a voi la sorpresina che vi avevo promesso. 
È la prima volta che mi cimento in una OS, ed è la prima volta che scrivi in terza persona, insomma, è stata un'avventura! Spero che sia riuscita a scrivere bene e a far capire quello che hanno provato questi due ragazzi travolti dalla musica e dalla passione.

Sarei felice se commentaste e mi diceste la vostra opinione a riguardo, e chissà, magari non sarà più un esperimento e ci saranno nuove storie tutte per voi ❤️

Ora aspetto vostre notizie!

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E se volete farmi qualche domanda in particolare, anche di come è nata questa storia, o volete farmi domande su quello che sarebbe potuto accadere dopo, vi lascio il mio ASK, lì potete farmi tutte le domande che volete :) ask.fm/barbystew

 

All the love,

BARB 

 

   
 
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