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Autore: Scar_    31/08/2015    0 recensioni
Scese con cautela, aveva scelto di proposito dei tacchi piuttosto scomodi nella speranza che il dolore la mantenesse lucida e distante, perchè conosceva fin troppo l'effetto che quel maledetto grosso tricheco le faceva, ovvero far regredire il suo intelletto a quello di una bambina di due anni. O peggio. Eeeeeeeee. Elettroencefalogramma piatto. E tanti saluti.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Tornare è un'abitudine 
Per quelli come te 
Fedeli ancorati, all'ovile di sempre


Lui non l'avrebbe mai ammesso, ma aveva una dannata paura di questo matrimonio. Bè, non che avesse mai amato i matrimoni, specialmente quelli d'estate, in cui era costretto a sudare in giacca e cravatta invece di godersi un po' di tanto agognato mare. E doveva pure fare la  faccia contenta! 
Ma questo matrimonio faceva eccezione, non poteva non esserci, lo sposo era uno dei suoi migliori amici. 
"Sei pronto?" Sua moglie infiló la testa nella camera da letto, lui quasi saltó, tant'era immerso nei pensieri. E nei ricordi. 
"Arrivo" la rassicuró con un sorriso, facendo correre le mani alla cravatta, fingendo di aggiustarla un'ultima volta. Arrivó nell'ingresso di casa, cercó con gli occhi le chiavi dell'auto, abbandonate accanto a quelle di casa, con attaccato quel buffo manichino in legno. Suo figlio arrivó vestito di tutto punto, ormai aveva cinque anni, ma si sorprendeva sempre di come il tempo fosse passato in fretta. Lo prese in braccio, in un moto d'affetto, e assieme uscirono di casa, seguiti dopo poco da sua moglie. 
Arrivarono in poco tempo, la chiesa era in una città lì vicino, accostando si accorse di star sudando nonostante l'aria condizionata, e cominciò a dare un'occhiata agli invitati già arrivati attraverso la doppia copertura di finestrino e occhiali a specchio.
Non la vedeva, ma questo non significava niente. Magari non era ancora arrivata, o magari non riusciva più a riconoscerla visto che non la vedeva da anni. "Ma si possono scordare degli occhi così?" Si chiese un minuto dopo. 
Uscì dall'auto e la sua mano sinistra s'infiló per abitudine in tasca, alla ricerca di pacchetto e accendino. Si accese una merit e cercó Roberto con lo sguardo, in un improvviso bisogno di scappare da sua moglie e da tutto quello che in questo momento gli stava dicendo ma che, in tutta onestà, lui non stava assolutamente ascoltando. 
"Sembri ancora più grasso con questo vestito" questa fu la frase di esordio di Roberto, che più che un insulto era il suo personalissimo modo di fargli capire che lo trovava molto elegante. Lui rise, con una scrollata di spalle, sapendo quello che l'amico e collega voleva dirgli. 
Caló un attimo di silenzio, in cui si chiese se fosse il caso o no di affrontare subito l'argomento 
"Che c'è?" Chiese quasi esausto Roberto, conosceva troppo bene l'altro per non sapere che qualcosa lo preoccupava. Anche se considerando la circostanza era facile intuire cosa 
"Nulla, figurati. Sai se è già arrivata?" Aggiunse poi, non riuscendo proprio a trattenersi 
"No" risponde semplicemente l'altro
"E sai se verrà?" 
"No" 
"Sei sicuro di non saperlo?" 
"Perchè dovrei saperlo proprio io?" Ribattè, inasprendo un po' il tono di voce, segno del fatto che voleva concludere la conversazione 
"Perchè adesso lavora nel tuo studio, magari" 
"In ogni caso, non sono cose che ti riguardano. Sei un uomo buono e lo sei sempre stato, ti rispetto e ti voglio bene, ma per favore, cerca di starle lontano. Ha appena iniziato a dimenticare" 
La discussione fu interrotta dall'arrivo della moglie di Roberto, una bella donna nonostante l'età, piena di vitalità e gesti spontanei, con una buona parola per tutti "oh ben arrivato caro, ho visto tua moglie entrare, siete entrambi molto molto belli oggi!" 
"Ti ringrazio" ribattè lui, un po' imbarazzato. I complimenti lo facevano sempre arrossire un po', non era abituato a sentirsi dire quanto fosse bello. 
Un ricordo lo raggiunse all'improvviso, una risata leggera, una voce cristallina:"Doc, per me la barba non dovrebbe tagliarla, le sta bene. Sì bè... Le sta molto, molto bene" 

Il ricordo fu interrotto dall'arrivo di un'auto piuttosto familiare. Fin troppo familiare, a dirla tutta. Sentì i battiti schizzare a tutta velocità, e sorrise al vuoto, pensando che la tachicardia era una sua prerogativa, e che di solito questa scenetta era a parti invertite. 
Vide il parcheggio fin troppo preciso, si ricordó della sua brutta abitudine a mangiare vivo chiunque le dicesse che non sapeva parcheggiare, e vide due occhiali scuri guardarsi intorno attraverso il finestrino. La vide uscire dall'auto in un lungo vestito amaranto, la pelle leggermente dorata, i lunghi capelli lasciati ad onde sulla spalla destra. 
Ripensò a quello che le aveva chiesto sua moglie stamattina. "Sei pronto?" No, non lo era per niente, all'improvviso si sentiva pronto solo per sparire.
Era bella, era più bella di quanto ricordasse, era stata il suo bocciolo in fiore, e in quei tre anni di distanza era sbocciata, e si scoprì terribilmente depresso all'idea che lei fosse sbocciata anche senza che lui le fosse accanto. 
La vide aprire la portiera posteriore e tirarne fuori un passeggino, sistemarlo, e poi, senza che lui riuscisse a smettere di fissarla, si chinó ulteriormente e slaccio il seggiolino di un bambino, che timidamente scese dall'auto e mise qualche passettino a terra, attaccandosi immediatamente alla gamba della donna. 
Lui si ghiacciò sul posto. 
Un bambino. 
Una cosetta piccola che poteva avere non più di due anni e mezzo. Una cosetta piccola che aveva due enormi occhi neri.
Un altro ricordo improvviso lo raggiunse, quella stessa voce cristallina, quella volta in un sussurro fra le lenzuola costose di sua moglie, quando guardandolo dritto negli occhi gli disse "io voglio un figlio coi tuoi occhi. Io voglio un figlio coi tuoi grandi occhi neri" 

Come dirai a tua moglie 
Che hai un figlio identico a me 
Ha grandi occhi neri 
Ha compiuto tre anni
  
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